<<< RITORNA ALL'INDICE DEI COMUNICATI

 

(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

   Comitato Centrale
                        Sito: http://www.nuovopci.it
                        e.mail: lavocenpci40@yahoo.com

    Delegazione
                        BP3  4, rue Lénine   93451 L'Île St Denis (Francia)
                        e.mail: delegazionecpnpci@yahoo.it

Ricordiamoci del Luglio ’60, cinquanta anni fa e della fine del governo Tambroni!
Comunicato del Comitato Centrale
18 giugno 2010


Comunicato CC 14/10 - 30 giugno 2010

[Scaricate il testo del comunicato in Open Office / Word / PDF]

Pomigliano conferma, a un livello superiore, gli insegnamenti
dell’INNSE e delle elezioni regionali di marzo!

 

Avanti, verso un governo d’emergenza delle Organizzazioni Operaie
e delle Organizzazioni Popolari che faccia fronte alla crisi!

 

Marchionne e i suoi soci con in prima linea Sacconi, Marcegaglia, Tremonti, Brunetta e i loro complici Bonanni e Angeletti, avevano sollevato una pietra per scagliarla contro i lavoratori e le masse popolari. La pietra si chiamava Pomigliano. La pietra gli è ricaduta sui piedi. Ora bisogna incalzarli, passare all’offensiva, non dargli tregua finché non si sarà costituito un governo d’emergenza delle OO e delle OP, il Governo di Blocco Popolare.

Se non passeremo all’offensiva, i nemici dei lavoratori si riprenderanno dalla sconfitta che hanno subito e attaccheranno da un’altra parte. Per Pomigliano, passeranno alla chiusura dello stabilimento. Confermeranno la condanna di Termini Imerese. Poi l’offensiva di Marchionne raggiungerà le altre fabbriche FIAT: Melfi, Cassino, Val di Sangro, Mirafiori. Finché non è costituito il GBP, le aziende FIAT sono dove a Marchionne e agli Agnellini conviene: sono cosa loro. La manovra Tremonti colpirà servizi sociali (cioè tutte le masse popolari), pensionati e impiegati della Pubblica Amministrazione, della sanità, della scuola, dell’università e della ricerca. L’offensiva padronale si svilupperà in attacco al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, allo Statuto dei lavoratori e ai diritti sindacali e politici dei lavoratori, persino a quelli sanciti dalla Costituzione e dalle leggi, in riduzione dei posti di lavoro e degli ammortizzatori sociali, nell’innalzamento dell’età pensionabile e nei cento altri fronti su cui oggi borghesia e clero attaccano le masse popolari.

Pomigliano ha mostrato, su scala più grande dell’INNSE, che la vittoria dei padroni non è fatale e che i padroni non hanno affatto già vinto. Ha smentito i depressi, i rassegnati e i disfattisti. Gli operai che hanno votato no a Marchionne nonostante il ricatto e la campagna di intimidazione e di criminalizzazione, hanno dato una lezione di coraggio e di forza morale ma soprattutto hanno mostrato la riserva di forze di cui disponiamo. Hanno dimostrato che quando le organizzazioni e i dirigenti impostano una battaglia giusta, la massa risponde.

Ora sta alle forze organizzate e ai capi fare la loro parte. Noi comunisti la faremo. Dobbiamo partire da noi. Dobbiamo non lasciare in pace quei dirigenti che addossano alle masse compiti che le masse per loro natura non possono svolgere senza il lavoro delle organizzazioni e dei dirigenti, per pararsi dietro le masse: per spiegare e giustificare la loro inerzia (l’inadempienza del loro ruolo di intellettuali e dirigenti), con il fatto che la masse non fanno quello che le masse non possono fare.

Le masse popolari sono disposte a combattere se hanno una direzione che promuove la guerra: indica la direzione giusta e organizza la guerra. Se le masse non rispondono, vuol dire che la direzione non è giusta. Se la direzione è giusta, le masse popolari combattono e possono vincere: la partita è  tutt’altro che chiusa. Possiamo vincere. Ma il nostro campo deve alzare il tiro, passare rapidamente dalla difesa all’attacco. La FIOM, lo SLAI Cobas e la Confederazione Cobas che si sono impegnati a Pomigliano contro il ricatto di Marchionne & C hanno visto ripagato il loro impegno: tanto più quanto più si sono impegnati. Ora devono assumere la responsabilità della vittoria. Bando al basso profilo e alla rassegnazione: a ridursi a contrattare la misura o le forme della resa a Marchionne & C.

L’idea che Landini e del resto del gruppo dirigente della FIOM pubblicamente propone, non sta in piedi. Vuol dire contrattare come gli uomini e le donne direttamente addette alla produzione si spremono di più. Ma proprio questa è la causa della crisi dell’attuale sistema sociale.  Non possiamo accettare nel particolare di ogni singola azienda, ogni volta come eccezione, quello che rifiutiamo come stato generale del paese. Di questo passo, si avvelena l’intero paese e il risultato sarebbe quello che Marchionne, Berlusconi, Marcegaglia e soci dicono.

Oggi a livello mondiale il tempo dedicato direttamente alla produzione è diventato una frazione enormemente piccola del tempo di cui l’umanità dispone. Ma il sistema capitalista lo fa dare da una frazione sempre più ridotta di uomini e donne: gli altri li butta fuori come disoccupati, precari, immigrati. Stanno in piedi solo le aziende che stanno a questa regola. Per fare lo stesso numero di vetture nell’industria automobilistica oggi sono impiegati un decimo dei lavoratori che erano impiegati 50 anni fa. Sempre meno persone sono direttamente addette alla produzione e quelle devono produrre sempre di più; e quanto più producono tanto più il Marchionne di turno riduce il loro numero, “se no, va fuori mercato”, non vende. Il sistema impiega direttamente nella produzione sempre meno persone e queste le soffoca per il troppo lavoro. Mentre esclude dalla partecipazione diretta alla produzione una parte crescente dell’umanità e a queste persone rende la vita impossibile perché disoccupate o precarie.

Questo sistema è incompatibile con i diritti dei lavoratori e anche con i diritti dei disoccupati e dei precari. È incompatibile con la democrazia. Ci sta avvelenando fisicamente, moralmente e intellettualmente. Dobbiamo regolare diversamente le cose. Per questo occorre che le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari, d’azienda e territoriali, costituiscano un governo d’emergenza. I sindacati devono mettersi alla testa del loro movimento per costituire un governo che attui le seguenti sei misure generali. 

1.       Assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa).

2.       Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.

3.       Assegnare ad ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato, nessun individuo deve essere emarginato).

4.       Eliminare attività e produzioni inutili e dannose per l’uomo o per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti.

5.       Avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione.

6.       Stabilire relazioni di collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.

Un simile governo avrà una grande capacità d’azione e una forza irresistibile. Le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari che già esistono e quelle che si formeranno in tutto il paese man mano che il movimento si svilupperà, assolveranno al compito di

- indicare caso per caso al GBP i provvedimenti particolari e concreti che deve adottare per realizzare nel caso concreto le sei misure generali,

- far attuare i provvedimenti che il GBP adotta e attuarli direttamente quando i funzionari pubblici recalcitrano ad attuarli,

- stroncare le manovre a cui certamente i gruppi più reazionari e criminali della borghesia, del clero e dei loro accoliti, complici e alleati ricorreranno per boicottare e sabotare l’azione del GBP.

In questo modo le masse popolari organizzate impareranno a governare.

Si creeranno così le condizioni per accelerare la rinascita del movimento comunista e deludere le speranze della classe dominante (la borghesia imperialista, il Vaticano, le Organizzazioni Criminali, con i loro padrini esteri: gli imperialisti USA e i gruppi sionisti) di riprendere in mano la situazione e reimporre il loro assurdo mondo.

 

Se ora, dopo che gli operai di Pomigliano hanno sonoramente battuto Marchionne e i suoi soci e servi (i sindacati asserviti),  la FIOM, lo SLAI Cobas, la USB, la Confederazione Cobas e gli altri sindacati non legati al governo della banda Berlusconi, non si mettono con le OO e le OP a costituire un simile governo d’emergenza, le fabbriche di Pomigliano, di Termini Imerese, tutte le fabbriche FIAT e le fabbriche e aziende dell’intero paese resteranno a disposizione dei vari Marchionne e Marcegaglia. Allora perfino la contrattazione che oggi Landini propone sarà stata inutile perché appena gli conviene, Marchionne si rimangerà ogni impegno, col pretesto vero o inventato del mercato. Invece i lavoratori avranno perso il vantaggio della vittoria attuale. La contrattazione è al più una mossa ausiliaria, la mossa principale oggi è lanciare la lotta per il GBP. Nessuna azienda deve essere chiusa, ad ogni adulto un lavoro dignitoso, ad ogni azienda quanto le serve per funzionare: in breve le sei misure generali del GBP. Solo così gli operai di Pomigliano consolidano la loro vittoria: mobilitando gli altri operai FIAT, i disoccupati di Napoli, gli altri operai, gli immigrati, le masse popolari di tutto il paese per costituire un governo d’emergenza che faccia fronte alla crisi.

Per vincere, anzitutto bisogna voler vincere, bisogna essere decisi a combattere, bisogna non dare tregua al nemico quando è in difficoltà. La campagna di Pomigliano non è finita e ha i suoi tempi. Finirà quando sarà costituito il GBP. Allora si aprirà una nuova campagna. Non bisogna lasciare che il nemico si riprenda, ora che gli operai di Pomigliano gli hanno inferto una sonora batosta. Non bisogna lasciare la direzione della guerra a chi non la vuole combattere: solo se siamo decisi a combattere, possiamo mettere a frutto anche gli indecisi e gli oscillanti.

 

La crisi è un dramma che sta andando verso uno scioglimento, almeno provvisorio: una svolta nel corso degli avvenimenti. Vi sta andando in molti paesi e nelle relazioni internazionali. Per non guardare la realtà in faccia o per imbrogliare il pubblico, ogni giorno qualcuno dei signori dichiara che la crisi è finita. In realtà nessuno può arrestare questo processo senza una svolta politica: la crisi economica e la crisi ambientale sono diventate crisi politica. Trovano la loro soluzione nella crisi politica. La crisi è il prodotto del sistema di governo che l’attuale classe dominante ha ereditato dalla sua storia di lotta vincente contro il movimento comunista e la prima ondata della rivoluzione proletaria. Noi comunisti non siamo stati capaci di estendere la rivoluzione proletaria e il socialismo a tutto il mondo, quindi l’umanità è impantanata nella seconda crisi generale del capitalismo.

La crisi è la manifestazione che il sistema di governo della società messo in opera dall’attuale classe dominante, a livello dei singoli paesi e a livello delle relazioni internazionali, non è più in grado di assicurare né alla classe dominante la prosecuzione degli affari (mette istituzioni, gruppi e Stati in antitesi l’uno con l’altro) né alle masse popolari, alla massa della popolazione, la riproduzione delle condizioni materiali di vita. Quindi il sistema di governo deve cambiare e cambierà. Il problema è in quale direzione cambierà. Sta a noi farlo cambiare nella direzione dell’instaurazione del socialismo.

Andare in questa direzione, nell’immediato nel nostro paese vuol dire costituire un governo d’emergenza che faccia fronte alla crisi: le OO e le OP e primi tra esse i sindacati che non vogliono essere travolti dalla mobilitazione reazionaria, devono costituire il GBP.

Nel nostro paese stiamo andando a grandi passi verso una svolta. Ma ancora non è deciso in che senso sarà la svolta. Mobilitazione rivoluzionaria, cioè nell’immediato Governo di Blocco Popolare? O mobilitazione reazionaria, cioè la sistematizzazione e l’aggravamento delle iniziative prese in questi ultimi tempi da Berlusconi, da Sacconi, da Tremonti, da Marchionne, da Brunetta, da Maroni, da Bossi e dai suoi, fino a costituire un regime di diversa qualità? Niente è fatale, niente avviene da sé. Non è vero che i padroni hanno già vinto. Ma non è vero neanche che noi stiamo già vincendo. Quello che avverrà, sarà quello che saremo capaci di fare!

 

Nel nostro paese i poli dei due opposti schieramenti si stanno meglio definendo, di giorno in giorno. Lo schieramento continuerà nei prossimi mesi, mentre si moltiplicheranno gli scontri.

Il nuovo Partito comunista occupa con determinazione la sua posizione di direzione nel campo della masse popolari grazie alla sua concezione strategica (illustrata nel nostro Manifesto Programma - www.nuovopci.it) e impegna tutte le sue ancora deboli forze a diffondere orientamento (fare del posto di lavoro il problema centrale dell’ordine pubblico fino a costituire il GBP) e a tessere la rete delle sue relazioni con le masse popolari organizzate, le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari, perché costituiscano il GBP.

Questa è la strada della mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari, la via per uscire dall’attuale crisi e riprendere la strada del progresso che è, anche nel nostro paese, la strada verso la costituzione di nuovi paesi socialisti. Non è un processo automatico, non avviene da solo, per forza delle cose. Ma è un processo possibile, realistico, conforme alla logica delle cose: Pomigliano, l’INNSE, le elezioni regionali di marzo, mille altri episodi confermano che dispone delle forze necessarie per vincere. Noi comunisti faremo di tutto perché sia quello che si realizza. Si realizzerà se saremo capaci di comporre una dopo l’altra le tessere del mosaico, partendo da quelle che già ci sono e grazie a quelle creandone altre e raccogliendo quelle che la situazione generale, al contorno suscita. C’è lavoro per ognuno, per tutti quelli che sono abbastanza generosi e attivi per mettersi al lavoro. La funzione di ogni organismo e la regola principale di condotta (la morale) di ogni individuo in questa fase si misurano su questo: su quanto contribuisce alla costituzione del GBP. I discorsi di politica e di morale che prescindono da questo, sono chiacchiere o imbrogli. Obiezioni se ne possono fare molte e alcune sono del tutto ragionevoli. Ma questa è la strada e questa dobbiamo percorrere, meglio che siamo capaci, migliorando via via quello che siamo capaci di migliorare.

In questo tutti si misurano e si rinnovano. Dopo il Comunicato del 1° maggio (www.nuovopci.it) con cui il nostro CC salutò il 16° Congresso della CGIL, alcuni compagni e lavoratori avanzati sono insorti contro il nostro appello ai membri e ai dirigenti della CGIL. Ci hanno ricordato le malefatte della FIOM e della CGIL. Come abbiamo già ampiamente spiegato in VO 34 (pag. 40, seconda colonna - www.nuovopci.it), nelle cose vi è una logica che trascina e travolge gli individui che non hanno convinzioni forti, socialmente radicate, “ideologiche” (e lo stesso vale per gli organismi). I compagni che si fanno guidare dai risentimenti per i crimini, gli errori e i limiti del passato, i Vittorio Granillo per mille buone ragioni pieni di livore contro la FIOM e la CGIL, se si fanno guidare dai loro risentimenti, oggi fanno alla causa delle masse popolari un danno non inferiore a quello che hanno fatto nel passato i dirigenti della FIOM e della CGIL che collaboravano con la Confindustria e col Vaticano.

Oggi chi ne ha, deve mettere a frutto l’esperienza del passato per contribuire di più e meglio alla costituzione del GBP. Veramente non ci sono che due vie e la mobilitazione reazionaria comporta l’eliminazione della CGIL oltre che della FIOM. Quindi anche solo per questo gran parte della FIOM e anche della CGIL si metteranno sulla strada che noi indichiamo: la costituzione del GBP. Le buone ragioni del passato si dimostrano e confermano mettendosi davanti sulla strada della costituzione del GBP e costringendo con l’esempio e con il metodo delle leve la FIOM e la CGIL a seguire la stessa strada. È sbagliato limitarsi a imprecare e recriminare per quello che gli altri non fanno: bisogna anzitutto mettersi a fare!

 

La lotta per la costituzione di un governo d’emergenza delle OO e delle OP si sta sviluppando, passo dopo passo.

Nel mese di aprile (24 e 25 aprile) a Roma vi è stato il primo congresso nazionale dei Comitati degli Immigrati in Italia. Dopo Castelvolturno, Rosarno, via Padova-MI e le manifestazioni del PrimoMarzo2010, è stato un passo importante sulla via dell’organizzazione degli immigrati, componente delle masse popolari del nostro paese da cui nessun movimento per porre fine alla crisi può prescindere, che anzi deve farne un elemento di forza internazionale.

Il mese di maggio 2010 è stata la stagione dei congressi sindacali: FIOM e altri sindacati di categoria della CGIL, CGIL, SLAI Cobas, USB.

Si sono riuniti a congresso gran parte dei sindacati che per scelta o per tradizione (per la realtà creata dalla storia che hanno alle spalle) sono tali che la mobilitazione reazionaria per prevalere, dovrebbe eliminarli. I sindacati che già oggi si distinguono dai sindacati collusi con il governo della banda Berlusconi (CISL, UIL, UGL in primo luogo), di Bossi e dei fascisti, dai sindacati che per la loro storia, formazione e composizione sono disponibili a diventare agenzie che forniscono servizi ai loro iscritti, dai sindacati territoriali o comunitari, agenzie delle “comunità di lavoro” costituite e governate dal padrone.

Si sono riuniti a congresso gran parte dei sindacati su cui noi comunisti possiamo e dobbiamo agire (con la linea di massa, con il metodo delle leve, con il metodo della seconda gamba) per farli diventare promotori del movimento per costituire un governo di emergenza delle OO e delle OP, il Governo di Blocco Popolare. Sia perché i loro dirigenti non possono prescindere totalmente dall’orientamento e dallo stato d’animo della massa dei lavoratori, anche se non adottano ancora lo slogan coniato nel ’94 dall’allora segretario della FIOM Claudio Sabattini: “Mai più un accordo che non abbia il consenso dei lavoratori”. Quindi noi possiamo far leva sulla sinistra dei lavoratori attivisti o iscritti a questi sindacati per agire sui dirigenti e sul complesso del sindacato. Sia perché i dirigenti stessi sarebbero travolti dalla mobilitazione reazionaria. Questo resta vero benché nella CGIL sia forte la nidiata di socialisti di formazione craxiana (a partire da Susanna Camusso, la probabile futura segretaria generale della CGIL dal prossimo settembre), stretti colleghi di Cazzola, Sacconi, Brunetta, Tremonti, Cicchitto, Brancher e di altri loschi personaggi passati dal servizio indiretto (mediato da Craxi) che per anni hanno reso al Vaticano e alle Organizzazioni Criminali capeggiate da Berlusconi, al servizio diretto di Berlusconi.

È importante per noi che persino il capo della destra della CGIL, Guglielmo Epifani, abbia esplicitamente proclamato che la crisi in corso non ha niente a che vedere con le crisi cicliche e con le crisi settoriali del passato. In termini d’analisi anche la destra riconosce che non è in vista alcuna uscita dal tunnel e che la crisi economica è combinata con la crisi politica: eliminazione dei diritti dei lavoratori, delle donne, ecc. È importante perché vuol dire che è coscienza diffusa che la crisi andrà per le lunghe, che si aggraverà, che ci vogliono misure d’emergenza. Le proclamazioni della destra CGIL rafforzano questa coscienza e la diffondono ancora di più. Certo la destra si limita a chiedere al governo in carica di fare quello che il governo ovviamente non farà: anche per questo è la destra.

Un passo più avanti, Rinaldini, Cremaschi, Landini, il gruppo dirigente della FIOM e i promotori dell’area programmatica “La CGIL che vogliamo”, hanno proposto la costruzione di un movimento di lotta, sindacale e politico, di opposizione, “in grado di cambiare la situazione”. Quindi affidano le sorti non al governo in carica, ma alle masse popolari, a se stessi, non dicono chiaramente a chi. Siamo ancora ai capi che si appellano ad altri.

Se qualcuno dei sindacati alternativi si porrà con decisione e coraggio a promuovere simile movimento dando ad esso un obiettivo adeguato al momento (il GBP), il sistema delle leve farà il resto: muoverà la FIOM che è in grado anche da sola di promuovere il movimento che Rinaldini ha indicato a nome di gran parte della FIOM. Ma la FIOM, quando si muoverà, non si muoverà da sola. Certamente trascinerà più di metà del resto della CGIL. Già nello scontro ancora solo elettorale tra le due Mozioni del Congresso CGIL, alla Mozione 2 (maggioritaria nella FIOM) è andato il 17% dei membri votanti, ma erano già il 24% tra i lavoratori in attività e la Mozione 2 è stata presentata solo nel 52% delle assemblee congressuali. Adesione a una mozione congressuale non è ancora militanza e lo schieramento in definitiva sarà determinato sia dalla capacità di mobilitazione del nostro campo, sia dalla rivolta che susciterà tra i lavoratori e le masse popolari l’iniziativa del campo nemico. Ben lo si è visto nel referendum del 22 giugno alla Giambattista Vico di Pomigliano. Lo scarso 29% di adesioni a FIOM e SLAI Cobas al tesseramento, è diventato più del 42% del voto degli operai (esclusi gli impiegati e i capi-operai).

Arriviamo quindi ai sindacati di base e ai sindacati alternativi. Anche una parte importante dei loro dirigenti è ancora tentata dal nascondersi dietro l’iniziativa delle masse popolari, di affidare alle masse popolari compiti che esse per loro natura non possono svolgere. O di fare quello che con maggiore forza e seguito fanno la CGIL e la FIOM: limitarsi a convocare dimostrazioni e scioperi rivendicativi e poi lamentarsi che i lavoratori non li seguono. Nel passato i sindacati di base e alternativi hanno avuto seguito quando hanno fatto quello che FIOM e CGIL non facevano, hanno riempito il vuoto che FIOM e CGIL lasciavano: ma in questo ruolo restavano subalterni a FIOM e CGIL, scomparivano quando quelle si mettevano in moto. I sindacati di base e alternativi avranno un ruolo chiave, e possono avere un ruolo chiave nella situazione attuale, se si fanno promotori dell’offensiva, se combinano le lotte rivendicative con il movimento per costituire un governo d’emergenza che faccia fronte alla crisi, il GBP. Altrimenti non hanno futuro. Come promotori di lotte rivendicative saranno surclassati dalla FIOM e dalla CGIL e come queste avranno via via meno seguito, man mano che sarà evidenza comune che le lotte rivendicative da sole non pagano.

Perché i sindacati sono importanti per la costituzione del GBP?

Per determinare un cambiamento di governo, un governo d’emergenza come il GBP, attraverso un movimento di piazza (“fare del posto di lavoro un problema di ordine pubblico”, “rendere ingovernabile il paese”), ci vuole una struttura diffusa e che goda della fiducia di elementi decisivi ai fini della mobilitazione di massa, capaci di mobilitare a partecipare al movimento centri (come le aziende metalmeccaniche e le altre grandi aziende) egemoni e autorevoli, trainanti tra la massa della popolazione. I sindacati come la CGIL, la FIOM, la USB e gli altri sindacati di base e alternativi in misura diversa lo sono.

 

In nessuno dei sindacati riunitisi a congresso vi sono oggi correnti di un certo rilievo apertamente sensibili al nostro appello ad approfittare dei loro legami con i lavoratori per promuovere un movimento per la costituzione del GBP. Ma vi sono mille sintomi e accenni in questa direzione. E stanno già pagando le conseguenze del loro ostinato limitarsi all’ambito rivendicativo. In primo luogo le sta pagando la FIOM: la manovra Pomigliano promossa da Marchionne, per passare doveva passare sopra il cadavere della FIOM. E per chi si ostina a sbagliare contro la sua propria natura, non c’è miglior maestro che il nemico. Gli operai della FIAT di Pomigliano per il momento hanno tolto le castagne dal fuoco per la FIOM. I risultati del referendum non solo hanno scornacchiato Marchionne, ma hanno salvato la FIOM e hanno lanciato un segnale a tutti gli operai e alle masse popolari dell’intero paese. Lo SLAI Cobas e la Confederazione Cobas a Pomigliano hanno mostrato cosa possono fare organizzazioni sindacali anche piccole ma che seguono una linea giusta. Il sistema delle leve, prima di esistere nell’armamentario dei nostri metodi di lavoro, esiste nelle relazioni reali tra organismi e tra organismi e masse.

 

Al di là dei sindacati di base e alternativi si sono moltiplicate e si moltiplicano nel paese le OO e le OP suscitate dalla crisi economica, dalla crisi politica e dalla crisi ambientale. Sono già numerose e il loro numero cresce di giorno in giorno e sempre più si coordinano in reti locali o nazionali. l’INNSE, Pomigliano, la Vinyls, l’ALCOA, l’Eutelia e la altre lotte di fabbrica le rafforzano e le moltiplicano. La classe operaia diventa sempre più influente. Tutte le OO e OP che già sviluppano iniziative pratiche da sole (difesa dell’acqua, ricostruzione di L’Aquila, Gruppi di Acquisto Solidale, ecc.) o in collaborazione con alcune autorità (comunali) già disponibili, concorrono al movimento per costituire il Governo di Blocco Popolare.

Si può fare, la parola d’ordine che noi abbiamo lanciato e che sosteniamo può avere successo. La situazione spinge in quella direzione. Il successo della nostra azione sulle OO e sulle OP dipende solo dal nostro metodo di lavoro e dalla concezione del mondo che guida effettivamente la nostra attività: non quella che diciamo, ma quella che si materializza nelle nostre iniziative nazionali e più ancora in quelle particolari e concrete. Il nostro successo non dipende dalle idee prevalenti attualmente nelle OO e nelle OP. Siamo effettivamente in un’epoca in cui le ideologie sono morte”. Questo in negativo vuol dire che sono venute meno, che la borghesia e il clero sono riusciti, in larga misura, a cancellare quelle ferme convinzioni comuniste e di solidarietà popolare nate e consolidate profondamente in milioni di operai, di lavoratori e di casalinghe nel corso delle dure lotte che li avevano uniti durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, convinzioni che i revisionisti del PCI (eurocomunisti & C) per un verso e la sinistra dogmatica del PCI (brezneviani & C) per l’altro avevano reso gusci vuoti: articoli di fede avulsi dalla attività pratica di adesione alla Repubblica Pontificia cui i revisionisti del PCI avevano costretto le masse popolari. Ma in positivo vuol dire che l’orientamento di ogni OO e di ogni OP, e persino di ogni membro di OO e di OP è precario, fragile, può cambiare facilmente e repentinamente. Mentre l’interesse pratico che ha fatto sorgere ognuna di esse è ben stabile e ha la testa dura. E noi comunisti, per la nostra linea generale e per la concezione espressa nel nostro Manifesto Programma, ne siamo gli interpreti più avanzati. Sta quindi a noi portare l’orientamento di cui le masse popolari hanno bisogno perché riflette il loro interesse reale. Dipende da noi, solo da noi, portarlo in modo efficace.

 

Per costituire il GBP, le OO, le OP e i sindacati devono mobilitare i lavoratori e le masse popolari al punto da rendere il paese ingovernabile da un normale governo emanazione del Vaticano e della borghesia imperialista, devono ripetere su grande scala il Luglio ’60. Ma ora a rendere ingovernabile il paese da parte di un normale governo del Vaticano e dei padroni, non concorreranno solo le rivolte, le dimostrazioni, gli scioperi, gli espropri e le occupazioni. Vi concorreranno anche i contrasti che già si sviluppano in campo nemico, sui più diversi terreni: dalle Regioni che restituiscono al governo centrale le competenze che la manovra Tremonti ha privato del finanziamento, alla ribellione di tanta parte della Lega Nord alla beffa Brancher e all’affossamento del federalismo, alla rivolta dei giornalisti che contro la legge bavaglio fanno quello che noi abbiamo fatto con il nostro sito www.nuovopci.it e con il sito “Caccia allo sbirro”, ai magistrati che protestano contro l’impunità di Berlusconi e dei suoi accoliti, al clero che protesta contro la pedofilia e la corruzione cui il cardinal Sepe e la banda Berlusconi (quello che non avrebbe rubato, “perché era già tanto ricco”!) hanno dato nuovo lustro.

 

Quindi grandi sono le nostre possibilità di vittoria. Sostanzialmente dipende da noi.

Noi dobbiamo combattere con forza e determinazione, senza esitazioni. Ma anche con serenità e senza catastrofismi. Bando al panico. Nessuno può abolire la lotta di classe, non è nel potere di nessuno. I padroni e i preti possono aspirare e aspirano ad abolirla, ma non ne hanno né la capacità né la forza. I gruppi fascisti fanno dell’abolizione della lotta di classe il loro programma consapevolmente perseguito. Il programma dei gruppi fascisti si riassume in “unità di operai e padroni per far fronte al comune destino” della comunità locale o della nazione o della razza.

Padroni e preti possono reprimere, interdire, vietare, denigrare. Ma la lotta di classe per sua natura non scompare finché vi sono classi oppresse: e la borghesia non può fare a meno del proletariato. Se viene bloccata una via, la lotta di classe si esprime in un’altra. Neanche i nazisti di Hitler sono riusciti ad abolirla, neanche in Germania. Noi combatteremo con ogni mezzo per far prevalere la mobilitazione rivoluzionaria. Ma se nell’immediato dovesse prevalere la mobilitazione reazionaria, cosa che non possiamo in assoluto escludere, l’umanità e con essa il nostro paese andranno egualmente verso il socialismo. Solo che vi andremo per una strada più lunga, più tormentosa e più distruttiva di uomini, di cose e di relazioni di quella che percorreremo se nell’immediato la mobilitazione rivoluzionaria sbarrerà la strada alla mobilitazione reazionaria e riusciremo a costituire il Governo di Blocco Popolare.

Quindi combattiamo serenamente, con determinazione, accanimento e intelligenza. Possiamo vincere. la situazione internazionale ci è favorevole. Il sistema imperialista fa acqua da tutte le parti. Gli Stati e i gruppi imperialisti hanno già disperso le loro forze su cento fronti. Il movimento comunista rinasce in tutto il mondo.

 

Occorre farla finita col capitalismo!

Occorre una società nuova, in Italia e nel mondo!

Ogni lavoratore che non vuole subire i padroni deve contribuire a costruirla! Può contribuire a costruirla!

 

Facciamo del posto di lavoro un problema di ordine pubblico!

 

Nessuna pace sociale senza giustizia sociale!

Senza giustizia sociale, pace sociale significa lasciare sola ogni persona che i padroni mettono nei guai!

 

Un governo d’emergenza deve prendere il potere e rimettere in sesto il paese devastato dalla Repubblica Pontificia, dalla banda Berlusconi, dai suoi accoliti e dai suoi padrini!

 

FIOM, USB, CGIL, SLAI Cobas, ogni organizzazione che per qualsiasi motivo hanno voce in capitolo nella campagna di Pomigliano, se è realmente dalla parte degli operai di Pomigliano deve mettersi alla testa della mobilitazione delle masse popolari di tutto il paese per costituire un governo d’emergenza che faccia fronte alla crisi!

 

Gli operai di Pomigliano e di Termini Imerese devono mettersi alla testa della riscossa di tutti i lavoratori!

Sono così salvano anche se stessi!

 

Che in ogni fabbrica, in ogni azienda e in ogni quartiere e paese si formi un comitato di solidarietà con gli operai delle aziende minacciate di chiusura, ridimensionamento o delocalizzazione!

 

Che in ogni zona si formino comitati e associazioni che mobilitino tutti affinché ognuno abbia dignitose condizioni di vita!

 

Che da ogni fabbrica e da ogni azienda, da ogni quartiere e da ogni paese parta un movimento di riscossa dei lavoratori e delle masse popolari che costituisca un governo d’emergenza capace di far fronte alla crisi!