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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno VI - marzo 2004

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Comunicato della Commissione Preparatoria - 10 dicembre 2003

Per un nuovo anno di lotta e di vittorie!


Comunicato della CP, 10 dicembre 2003

L’anno che sta per finire è denso di avvenimenti importanti. Da essi ci vengono insegnamenti fecondi per lo sviluppo della nostra lotta tesa a ricostruire un vero partito comunista e a creare le condizioni per fare dell’Italia un nuovo paese socialista, contribuendo così alla rinascita del movimento comunista internazionale e alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo.


1. I gruppi imperialisti USA e i loro gregari hanno aggredito e occupato l’Iraq. La resistenza delle masse popolari irachene all’occupazione del loro paese si è aggiunta alla resistenza delle masse popolari palestinesi all’occupazione sionista della Palestina e alla resistenza delle masse popolari afgane all’occupazione dell’Afghanistan da parte della coalizione di tutti i gruppi imperialisti, in particolare americani ed europei. La resistenza all’occupazione in questi tre paesi rafforza la rivoluzione democratica antimperialista che da alcuni anni si sta sviluppando nel complesso delle masse popolari arabe e musulmane.

I comunisti e i lavoratori avanzati dei paesi imperialisti devono appoggiare questa grande rivoluzione: non è possibile preparare una rivoluzione socialista in Europa e negli USA senza appoggiare la rivoluzione democratica dei paesi arabi e musulmani. Questa rivoluzione coinvolge centinaia di milioni di uomini e donne dei paesi oppressi e di emigrati nei paesi imperialisti. Essi già oggi attaccano l’imperialismo con un eroismo che è di esempio alle classi e ai popoli oppressi di tutto il mondo. Come sempre, anche questa rivoluzione non è un elegante ricamo né un raffinato dibattito. Le masse popolari lottano con le armi di cui dispongono e nelle forme che conoscono. Solo progredendo la rivoluzione definirà meglio chi sono i rivoluzionari, chi i loro alleati e chi i nemici della rivoluzione contro cui concentrare l’attacco, selezionerà le forme di lotta più efficaci, metterà fine agli eccessi. Ma i comunisti devono fin da oggi contrastare le iniziative dei gruppi imperialisti per mobilitare le masse popolari “bianche e cristiane” degli USA e della UE. Essi inviano soldati, spie, missionari e ONG a fare la crociata nei paesi arabi e musulmani e fanno leva sui morti e sulle distruzioni che derivano dalla guerra che essi hanno scatenato e sugli errori e sugli eccessi dei rivoluzionari per mobilitare ai loro ordini le masse popolari dei paesi imperialisti. I comunisti devono portare le masse popolari dei paesi imperialisti a riconoscere nella rivoluzione delle masse popolari arabe e musulmane un alleato nella loro lotta contro l’ordinamento sociale capitalista. È secondario che attualmente la rivoluzione democratica delle masse popolari arabe e musulmane sia ancora diretta da esponenti del clero e da altri notabili che hanno la mente rivolta al passato, che si sono formati alle “scuole” anticomuniste promosse dai gruppi imperialisti, che hanno ancora cento legami diretti e indiretti, finanziari e culturali con il sistema imperialista mondiale. Tutto questo esiste perché la rivoluzione è ancora all’inizio e il movimento comunista mondiale è ancora debole. Anche all’inizio della rivoluzione democratica in Europa preti riformatori e rigoristi giocarono un ruolo importante. Man mano che si estenderà e si rafforzerà, la rivoluzione si scontrerà sempre più acutamente con tutti i gruppi imperialisti e sarà costretta a tagliare i legami che risulteranno essere freni e ostacoli al suo sviluppo. Gli stessi imperialisti hanno già incominciato a tagliare i legami finanziari. La comune persecuzione a cui gli imperialisti li sottomettono alimenta l’alleanza tra i rivoluzionari dei paesi imperialisti e quelli dei paesi arabi e musulmani. 1 preti e gli altri dirigenti con la mente ostinatamente rivolta al passato mostreranno sempre più chiaramente di non essere in grado di dirigere efficacemente la rivoluzione. I partiti comunisti che avranno partecipato alla rivoluzione democratica prenderanno la sua direzione ed essa confluirà nella seconda ondata della rivoluzione proletaria mondiale. Le guerre popolari rivoluzionarie dirette da partiti comunisti marxisti-leninisti-maoisti in corso in Perù, Nepal, India, Filippine e Turchia e le altre guerre dirette da partiti comunisti come quella in corso in Colombia aprono la strada a questo sviluppo.


2. Nel corso dell’anno la borghesia imperialista ha proseguito in ogni angolo del mondo la guerra di sterminio non dichiarata che da anni essa conduce contro le masse popolari. Le manifestazioni più concentrate di questa guerra di sterminio sono i circa 850 milioni di uomini e donne, vecchi e bambini, circa il 15% della popolazione mondiale, che soffrono più o meno acutamente la fame. Di questi, circa 50 milioni vivono nei paesi imperialisti e costituiscono circa il 5% della loro popolazione. Durante l’anno passato tutti i gruppi imperialisti hanno infierito in tutti i paesi contro le masse popolari. La crisi generale del capitalismo spinge tutti i gruppi imperialisti per valorizzare i loro capitali a far regredire in ogni paese la massa della popolazione, a iniziare dagli operai e dagli altri proletari, verso le condizioni materiali, intellettuali e morali, politiche e sindacali in cui erano prima della Rivoluzione d’Ottobre (1917), della costruzione dei primi paesi socialisti, della prima ondata della rivoluzione proletaria: insomma prima che il movimento comunista diventasse una potenza mondiale e che in ogni paese diradasse in qualche misura la barbarie capitalista. In tutti i paesi i gruppi imperialisti e i loro ausiliari hanno cercato nel corso dell’anno passato di ridurre le conquiste dei lavoratori e delle masse popolari in tutti i campi: salari e redditi reali, pensioni, assistenza sanitaria, istruzione, cultura, servizi pubblici, diritti democratici e nazionali, libertà di lingua e di religione, di organizzazione, di parola e di espressione del pensiero, di scioperare, di manifestare, di attività politica e sindacale. In ogni paese hanno aumentato l’oppressione sulle donne e sui bambini, la prostituzione, il traffico di organi e di persone, la schiavitù e la persecuzione degli emigranti e dei profughi, il commercio di droghe, la delinquenza e l’insicurezza personale, l’abbrutimento intellettuale e morale, le epidemie, i disastri “naturali” e gli incidenti, l’inquinamento dell’ambiente, del cibo, dell’acqua e dell’aria, la precarietà dell’esistenza. In nome della sicurezza delle persone, della “sicurezza nazionale” e della “guerra al terrorismo” hanno reso più pesante in ogni paese la cappa del. controllo e della pressione poliziesca. Così per la massa della popolazione alla precarietà e insicurezza generali si è aggiunto un maggiore arbitrio della polizia e delle autorità statali. La borghesia imperialista ha dichiarato la sua “guerra al terrorismo” e ne fa pagare le conseguenze alle masse popolari!

I comunisti e i lavoratori avanzati devono sostenere, promuovere, orientare e organizzare ogni gruppo delle masse popolari che protesta o si rivolta contro i mali che lo affliggono. Ogni male è la manifestazione particolare del carattere oppressivo e sorpassato dell’ordinamento sociale capitalista, del freno che esso pone allo sviluppo delle forze produttive e al loro impiego, dell’ostacolo che esso costituisce a ogni cambiamento conforme agli interessi della masse popolari. Di fronte a ogni male dobbiamo promuovere l’unità e la coscienza delle masse popolari e indirizzarle a protestare contro le autorità e la classe dominante, a impedire o almeno ritardare e attenuare l’eliminazione delle conquiste, a instaurare un nuovo superiore ordinamento sociale. Non dobbiamo sostenere come rimedio un qualche aggiustamento dell’attuale ordinamento sociale: ogni rimedio del genere è una pezza che le autorità metteranno per tappare una falla del loro ordinamento sociale, ma esso ne aprirà un’altra proprio perché è l’ordinamento sociale che è sorpassato e inadeguato. Ogni aggiustamento va a danno di una parte delle masse popolari, genera nuovi disagi e nuovi mali e, se siamo noi a sostenerlo, indebolisce il nostro ruolo di orientamento e di direzione. La borghesia imperialista trasforma sistematicamente ogni contraddizione tra se stessa e le masse popolari in una contraddizione tra parti delle masse popolari. I fautori di “aggiustamenti” cadono in questa trappola. Noi dobbiamo al contrario trasformare anche i contrasti tra parti delle masse popolari in una comune lotta contro la classe dominante e il suo ordinamento sociale che impediscono soluzioni soddisfacenti per entrambe le parti delle masse popolari. Quando però le masse popolari vogliono un “aggiustamento”, dobbiamo metterle in guardia sui risultati, ma accompagnarle nella sperimentazione del danno che esso provoca.

In sintesi, noi dobbiamo fare di ogni singola lotta una scuola di comunismo per accumulare forze e avanzare verso la mobilitazione delle masse con l’obiettivo di avvicinarle a quando risponderanno alla guerra di sterminio non dichiarata con la guerra popolare rivoluzionaria.


3. Nel corso dell’anno che sta per finire si sono aggravati i contrasti tra i gruppi imperialisti. Essi non solo fanno a gara a chi sfrutta di più gli operai e il resto delle masse popolari, ma cercano anche di portarsi via l’un l’altro quello che ciascuno di essi è riuscito a estorcere alle masse popolari. Nel corso dell’anno si sono delineati più nettamente due schieramenti imperialisti contrapposti.

Uno che fa capo ai gruppi imperialisti USA. Questi godono da più di 80 anni della supremazia nel sistema imperialista mondiale e da più di 50 anni in modo aperto e per vari decenni incontrastato. Solo il campo socialista e il movimento comunista mondiale avevano impedito ad essi di estendere la loro supremazia al mondo intero. Ora essi la difendono con ogni mezzo e se ne giovano per mantenere il loro dominio sulle masse popolari americane. Con lo sviluppo della nuova crisi generale del capitalismo per essi il dominio sul mondo intero è diventato realmente una questione di “sicurezza nazionale”. Essi estromettono sempre più le masse popolari americane dall’attività politica e le abbrutiscono moralmente e intellettualmente; eliminano o riducono persino le libertà tradizionali a cui una parte di esse era abituata; le libertà che lasciano ai settori privilegiati delle masse popolari sono sempre più limitate alle più elementari attività animali: mangiare fino a diventare obesi, fare sesso fino a svuotarlo di ogni contenuto affettivo e culturale, bere fino a farne una malattia, evadere dalla realtà fino a morirne, consumare beni fino a privarsi di ogni soddisfazione. Ma il loro regime politico è in equilibrio precario ed essi non riuscirebbero a mantenerlo in vita se non succhiassero sempre più merci, finanziamenti e uomini dal resto del mondo. Quindi moltiplicano basi, insediamenti e missioni militari, insediano in ogni paese consiglieri e istruttori politici e stazioni di polizia, perfezionano senza fine i loro arsenali militari, spionistici e polizieschi, non possono fidarsi di nessun alleato e occupano direttamente sempre più paesi. Essi soffocano gli altri gruppi imperialisti, sottraggono loro mercati, campi di investimento e rendite. La stagnazione economica del Giappone e della UE è la condizione per mantenere in condizioni relativamente migliori l’economia capitalista USA.

Gli altri gruppi imperialisti sono sempre più insofferenti di questa situazione. Essi hanno bisogno di liberarsi dalle catene dell’egemonia mondiale USA: sia per valorizzare i loro enormi capitali sia per far fronte alla precarietà dei regimi politici dei rispettivi paesi. Nel corso dell’anno passato i gruppi imperialisti franco-tedeschi si sono messi con più decisione alla testa degli altri gruppi imperialisti europei, nonostante la temporanea passività del Vaticano, il dissenso dei governi italiano e spagnolo e l’esitazione di quello inglese. Essi hanno sviluppato “cooperazioni rafforzate” in vari campi e si sono posti così come centro di aggregazione, benché ancora esitante per ora, di un fronte imperialista mondiale anti USA. La creazione di uno Stato Maggiore in grado di condurre “operazioni umanitarie” in ogni angolo del mondo autonomamente dagli USA, il coordinamento dell’industria militare e della ricerca e la sua protezione dalla penetrazione finanziaria USA, il lancio del progetto Galileo, il rafforzamento dell’apparato poliziesco e repressivo europeo, la creazione di un ministero degli esteri e di una guardia di frontiera europei, l’inizio di una comune politica economica e industriale, l’esclusione delle spese per investimenti e per il riarmo dal blocco dei bilanci statali si sono aggiunti alla moneta comune e al grande mercato finanziario già esistenti. Essi sono altrettanti passi avanti sulla strada del confronto con i gruppi imperialisti USA. I gruppi imperialisti franco-tedeschi sono ormai in grado di far fronte ai gruppi imperialisti USA in tutto il mondo: di promuovere i loro interessi e di proteggere i gruppi e i governi che si affidano ad essi dal blocco commerciale, dal boicottaggio finanziario, dal taglio degli investimenti diretti e finanziari, dall’isolamento tecnologico, dalla privazione delle forniture militari, delle informazioni e dell’addestramento, dall’esclusione dalle reti mondiali di servizi, dalle operazioni di sabotaggio e di destabilizzazione politica con cui i gruppi imperialisti USA li ricattavano e li mantenevano legati a sé. Non a caso i gruppi imperialisti USA ricorrono alle aggressioni militari e alle guerre preventive unilaterali e sempre più ad alta voce diffidano (come ad esempio nel National Security Strategy of USA del settembre 2002) i gruppi imperialisti UE dal competere con loro a livello mondiale o anche solo in determinate aree del mondo. I gruppi imperialisti franco-tedeschi ed europei in generale faranno di tutto per rafforzare e, tramite l’attuale crisi istituzionale europea, per sostituire le vecchie e ormai inadeguate istituzioni comunitarie con istituzioni politiche all’altezza dei loro compiti attuali.

La formazione di due schieramenti imperialisti antagonisti non promette alcun miglioramento per le masse popolari dei paesi imperialisti e dei paesi oppressi. Sbagliano quelli che confondono la nuova situazione bipolare o multipolare che si sta creando (e che probabilmente si creerà nei prossimi anni) con quella che esisteva quando l’URSS, il campo socialista e il movimento comunista imbrigliavano e limitavano in ogni angolo del mondo (ivi compresi i paesi imperialisti e gli stessi USA) l’egemonia mondiale dei gruppi imperialisti USA. Altra era la natura degli antagonisti dei gruppi imperialisti USA, altra era la fase che vivevano le masse popolari dei paesi imperialisti (“capitalismo dal volto umano” allora, “eliminazione delle conquiste” ora) e dei paesi oppressi (“lotta di liberazione nazionale” allora, “ricolonizzazione” ora), altra era la fase dell’economia capitalista mondiale (“ripresa dell’accumulazione del capitale ed espansione dell’apparato produttivo” allora, “crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale” ora). Sbagliano quelli che sono possibilisti o attendisti circa quale politica faranno i gruppi imperialisti europei e il Vaticano verso i paesi oppressi. Tanto più sbagliano quelli che pongono il problema se noi comunisti dobbiamo porci l’obiettivo di dividere i gruppi imperialisti in due schieramenti o quello di tenerli uniti. Da alcuni decenni il movimento comunista ha cessato di essere una potenza mondiale che quindi giustamente doveva risolvere problemi come quello ora indicato. Nella nostra attuale condizione si tratta di un falso problema, di una diversione. Noi oggi non abbiamo nessuna influenza nell’immediato sui rapporti di forza tra i gruppi imperialisti e sui loro schieramenti. Neanche a livello nazionale esiste oggi per noi comunisti tale problema. Oggi il nostro principale problema, preliminare a qualsiasi altro, è esistere: costituirci in partito, ricostruire un vero partito comunista.

I gruppi imperialisti si stanno dividendo e unendo in schieramenti contrapposti a causa della crisi del loro ordinamento sociale. Noi comunisti possiamo e dobbiamo sfruttare le condizioni che essi comunque creano, secondo le condizioni concrete di ogni paese, per portare avanti la rinascita del movimento comunista. Per formare i loro contrapposti schieramenti i gruppi imperialisti costringono le masse popolari a fare sacrifici per il riarmo (questo è già oggi evidente in vari paesi: USA, Francia, Inghilterra, Italia) e per la difesa degli affari dei “propri” capitalisti (competitività, aiuti all’estero,. “interventi umanitari”, ecc.) che, per chi non lotta per instaurare nuovi paesi socialisti, sono anche “interessi nazionali”; instaurano in ogni paese regimi più autoritari, repressivi e arbitrari; rafforzano il controllo delle autorità statali sui cittadini e riducono i diritti democratici delle masse popolari; trasformano le forze armate in truppe mercenarie sempre più reclutate all’estero o tra gli immigrati; fomentano la mobilitazione reazionaria delle masse popolari; a livello mondiale dividono le masse popolari in fronti contrapposti (in nome della civiltà, della religione, della pena di morte, della democrazia o di qualunque altra bandiera tornerà loro conveniente) e preparano (più o meno consapevolmente, qui non importa) le condizioni per una nuova guerra mondiale interimperialista (che, come nei casi precedenti, “tutti” dichiarano impossibile).

Questa tendenza però non è irresistibile. In ogni paese una larga parte delle masse popolari si oppone alla politica dei gruppi imperialisti che limita ed elimina le conquiste delle masse popolari. Il grande movimento popolare contro l’aggressione all’Iraq ha mostrato gli enormi progressi intellettuali, morali e organizzativi che le masse popolari hanno fatto durante la prima ondata della rivoluzione proletaria e che neanche la decadenza del movimento comunista ha completamente cancellato. 1 governi dell’Italia, della Spagna, della Polonia, dell’Inghilterra sono entrati in guerra senza riuscire neanche a fingere di avere un’opinione pubblica favorevole; neanche negli USA i gruppi imperialisti sono riusciti a creare una compatta mobilitazione a favore della guerra e a soffocare l’opposizione nella misura che volevano, nonostante tutti gli imbrogli e le montature a cui sono ricorsi. D’altra parte il movimento no-global e new-global, pur con tutti i suoi limiti a cui ancora soggiace, è tuttavia una protesta contro le manifestazioni più gravi e più evidenti dell’ordinamento sociale capitalista nel corso della crisi generale.

Tutto ciò mostra quanto le condizioni generali sono favorevoli alla rinascita del movimento comunista mondiale. Essa dipende esclusivamente dall’iniziativa dei comunisti e dalla loro capacità di comprendere le condizioni, il corso e i risultati generali del movimento pratico di superamento della società borghese e di farne una guida per l’attività delle masse. Quindi dalla capacità di fare un giusto bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria e dei primi paesi socialisti, di ricavare da quel bilancio e dalla comprensione delle condizioni materiali e spirituali attuali delle masse popolari una linea e un metodo d’azione e di portarli alle masse perché diventino una forza materiale che trasformerà il mondo. Tutto questo noi comunisti lo possiamo fare, se costruiamo dei veri partiti comunisti marxisti-leninisti-maoisti. Il nostro internazionalismo consiste principalmente nell’appoggiare in ogni paese l’assimilazione da parte dei comunisti del marxismo-leninismo-maoismo.


4. Per quanto riguarda l’Italia, l’anno che sta per finire è caratterizzato dalla sconfitta della banda Berlusconi, benché essa sia ancora al governo. In che cosa consiste la sua sconfitta? La banda Berlusconi è andata al potere nel 2001 con l’impegno ad attuare nel giro di pochi mesi e in maniera intransigente le aspirazioni di tutta la borghesia, quel “programma comune” della destra e della sinistra borghesi che la destra proclamava a gran voce e da cui la sinistra borghese ha tante difficoltà a distinguersi persino nei suoi programmi elettorali per paura di “eccitare le masse”: lavoro precario, salari flessibili, fine dei contratti collettivi nazionali di lavoro, riduzione delle pensioni e dei sussidi, trasferimento del TFR ai fondi pensione, riduzione dei sindacati a docili cinghie di trasmissione delle aspirazioni della borghesia ai lavoratori dipendenti (e ciò intaccava direttamente il ruolo e lo stato sociali dell’aristocrazia operaia), una maggiore partecipazione al saccheggio dei paesi oppressi e al bottino imperialista. La sconfitta della banda Berlusconi consiste nel fatto che essa non è riuscita ad attuare il progetto per cui tutta la borghesia l’aveva mandata al governo e si è ridotta a continuare quello che i governi di centro-sinistra stavano facendo. Dal pacchetto Treu (1997) alla legge Biagi (legge 30/2003 entrata in vigore il 24 ottobre), dalla legge Napolitano-Del Turco alla legge Bossi-Fini, dalla riforma Amato (1992) alla riforma Dini (1995) alla riforma Maroni ancora in Parlamento, dal 17 marzo 2001 di Napoli al 20 luglio 2001 di Genova c’è una sostanziale continuità che si riscontra in tutta l’azione statale, nella caccia ai “terroristi” (immigrati e comunisti), nella caduta del potere d’acquisto delle buste-paga (del 9,2% per gli “operai” e del 13,2% per gli “impiegati” nel periodo 2000-2003 secondo l’inchiesta di Corriere-Lavoro del 7 novembre scorso). La banda Berlusconi ha quindi strappato terreno ai lavoratori e alle masse popolari in ogni campo, ma non è riuscita a metterli in rotta come aveva promessa alla borghesia. Il “nuovo miracolo economico”, che Antonio Fazio aveva annunciato nel 2001 quando per conto del Vaticano benediceva la banda Berlusconi, è naufragato nel generale ristagno a cui l’egemonia mondiale USA ha condannato l’economia UE. Quanto al nuovo ruolo mondiale promesso da Berlusconi, questi ha dovuto rinunciare persino al ruolo di belligerante a fianco dell’ “amico Bush” e si è ridotto come il centro-sinistra a fornire truppe (che Antonio Martino, figlio del Gaetano Martino protettore degli autori delle stragi naziste del 1943-45, promette di portare da 12.000 a 18.000 unità) alle imprese dei gruppi imperialisti europei e americani in Kosovo, in Afghanistan, in Iraq e negli altri teatri degli “interventi umanitari”. E i risultati si sono cominciati a vedere a Nassirya il 12 novembre: essi confermano che la borghesia ha dato al paese un governo di avventurieri, fascisti, mafiosi, clericali, razzisti e speculatori che sta trascinando il paese in un’impresa vergognosa e degradante che finirà in lacrime e sangue per le masse popolari del nostro paese.

Le novità che il governo della banda Berlusconi ha realizzato rispetto a quello che un governo di centro-sinistra avrebbe fatto (ma anche questo è dubbio perché fu proprio il governo D’Alema-Ciampi a salvare l’impero Mediaset dalle banche creditrici per Berlusconi) sono due:

- l’amnistia di fatto per Berlusconi, i suoi accoliti (Previti, Dell’Utri, ecc.) e Andreotti: un successo d’immagine per tutta la borghesia italiana e in particolare per il Vaticano,

- la legittimazione nazionale e internazionale dell’impero finanziario e mediatico di Berlusconi (anche se il tentativo della legge Gasparri non è ancora andato definitivamente in porto).

Ma il tentativo della banda Berlusconi la borghesia lo ha pagato con l’ondata di scioperi e di dimostrazioni di piazza e con il risveglio all’attività politica di lavoratori e di giovani di cui si alimenta la rinascita del movimento comunista. Se quest’ultima non è quantificabile e solo la parte più avveduta della borghesia se ne rende conto, il numero di ore scioperate e la vivacità dell’azione politica e sindacale hanno colpito gran parte della borghesia “produttiva” e l’ “opinione pubblica”. E tutto questo la borghesia imperialista non lo ascrive a merito della banda Berlusconi. Le sue vanterie di dare ai capitalisti la piena libertà di licenziare ogni lavoratore sgradito (art. 18), di ridurre a miti consigli l’aristocrazia operaia (colpire finanziariamente sindacati e cooperative), ecc. hanno prodotto solo scioperi, proteste e risveglio dell’attività politica e sindacale. La banda Berlusconi ha fallito persino nell’assistenza che aveva promesso agli Agnelli per mandare in porto il loro progetto di chiudere le fabbriche automobilistiche FIAT.

La sconfitta della banda Berlusconi conferma che la crisi politica della borghesia italiana perdura. “Putrefazione del regime DC” resta la definizione più comprensiva della crisi politica in cui essa si dibatte. La sostituzione della banda Berlusconi al governo apre un periodo di lotte acute e quindi continueranno a sussistere ampie possibilità per le FSRS di intervenire nella lotta politica che i gruppi imperialisti conducono tra loro, in particolare sfruttando la posizione dell’aristocrazia operaia.


5. La classe operaia era il bersaglio diretto e principale dell’attacco che la banda Berlusconi aveva annunciato: ciò è inscritto negli obiettivi della banda che abbiamo sopra esposto. La classe operaia è stata anche la forza principale nella mobilitazione delle masse che ha indotto la banda Berlusconi a ripiegare su un’attività governativa che non si è distinta da quella dei governi di centro-sinistra. Essa è stata infatti la forza determinante e trascinante di tutte le grandi mobilitazioni dal 23 marzo e 16 aprile 2002 al 24 ottobre e 6 dicembre 2003. Questo ruolo della classe operaia va ricordato anzitutto perché è un’ulteriore smentita dei proclami e dei dotti ragionamenti secondo i quali la classe operaia avrebbe perso (o non avrebbe mai avuto) il ruolo di unica possibile classe dirigente delle masse popolari nell’eliminazione del capitalismo e nell’instaurazione di un nuovo superiore ordinamento sociale.

Ciò che ha reso la classe operaia e le masse popolari capaci di far fallire il progetto della banda Berlusconi, che era il progetto di tutta la borghesia italiana, è la stessa cosa che ferma anche in altri paesi imperialisti, come la Germania e la Francia, il tentativo della borghesia imperialista di eliminare le conquiste. E’ la combinazione di due fattori. Da una parte il patrimonio morale, intellettuale, culturale e organizzativo che la prima ondata della rivoluzione proletaria ha sedimentato nella classe operaia e nelle masse popolari: esso è impersonato principalmente dagli operai avanzati e dagli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari. Dall’altra l’azione delle FSRS a cui vanno assimilati anche i migliori dei “sindacati alternativi”. Nel loro complesso FSRS, “sindacati alternativi” e lavoratori avanzati costituiscono quella sinistra che non a caso è dimenticata da quanti sostengono che ”è scomparsa ogni differenza tra destra e sinistra” (dimenticando di precisare che parlano di destra e sinistra borghesi) e da quanti sostengono che è “ormai obsoleta la categoria di antifascismo” (dimenticando di precisare che parlano dell’antifascismo padronale, alla Ciampi e alla Violante per intenderci): cioè da quanti riducono tutto il mondo politico al solo mondo politico borghese, tanto sono abituati a non considerare le classi quando si occupano di politica!

Ciò che fa sì che la classe operaia e le masse popolari, in Italia come in altri paesi imperialisti, riescano solo a contenere, limitare o ritardare l’attacco della borghesia, ma non riescano a contrattaccare, è la combinazione di due fattori. Da una parte, il principale, la mancanza di un vero partito comunista - che è solo in via di formazione. Dall’altra il fatto che i centri organizzativi delle mobilitazioni sono di regola i sindacati di regime, in particolare la CGIL e i suoi sindacati di categoria. Per l’azione combinata di questi due fattori la classe operaia e le masse popolari di regola marciano ancora sotto la regia dell’aristocrazia operaia.

L’aristocrazia operaia non ha alcuna volontà né capacità di impostare una lotta complessiva contro la borghesia imperialista. Non ha alcuna strategia che non sia la propria sopravvivenza nel regime difendendo il più possibile i suoi privilegi. Non ha alcuna capacità di coordinare le varie singole lotte difensive in un piano complessivo. Non usa le singole vittorie per accumulare forze. Considera ogni singolo scontro come fine a se stesso. Chi si ostina a chiedere, aspettare o “esigere” che i sindacati di regime siano la direzione della lotta delle masse popolari contro l’eliminazione delle conquiste, è destinato a continue delusioni (questo vale per il nostro come per gli altri paesi imperialisti). Questo vale per tutti i sindacati di regime e in particolare per la CGIL che svolge il ruolo determinante. Ma vale anche per il PRC e le frange di DS e del resto della sinistra borghese. Lo ha mostrato chiaramente la lotta per estendere l’art. 18 alle piccole imprese. Il PRC l’ha gestita come mossa tattica per mantenere e allargare il suo ruolo nell’ala sinistra del regime, senza alcuna strategia e neanche proposito di ribaltare i rapporti di forza tra masse popolari e borghesia imperialista: cosa che implicherebbe necessariamente il proposito di fare dell’Italia un paese socialista.

L’aristocrazia operaia ideologicamente oggi è del tutto asservita alla borghesia imperialista: non vede, non pensa, non immagina niente al di là dell’orizzonte della società borghese; ciò che in lei è al di fuori del presente e dell’immediato è rivolto al passato. Essa per la borghesia oggi è il principale e più immediato strumento di controllo e di egemonia sulla classe operaia e sulle masse popolari, una componente decisiva della sua generale egemonia sulla società. Non a caso la borghesia si preoccupa che essa sia compattamente schierata sotto la bandiera della “guerra contro il terrorismo”, che difenda il suo monopolio della violenza come legge di natura e diritto divino. Essa è terrorizzata dall’idea che “i terroristi si infiltrino” nell’aristocrazia operaia. Essa infatti teme come il diavolo l’acquasanta che i comunisti influenzino l’aristocrazia operaia, cioè che nelle fila dell’aristocrazia operaia si formino dei comunisti. Essa costringe l’aristocrazia operaia a sottostare a ripetuti esami e verifiche e a ripetute professioni di fede nella società borghese. La campagna condotta durante l’anno dalla CGIL per espellere i membri dei CARC dai suoi sindacati di categoria è la manifestazione più chiara di questo lavoro di persecuzione dei comunisti e una chiara conferma dell’importanza e della qualità del lavoro che i comunisti devono fare nei sindacati e in generale in seno all’aristocrazia operaia: un lavoro che il partito comunista deve e può sviluppare fino ad arrivare a dirigere gli attuali sindacati di regime e fare di essi, con il tempo necessario e con un lavoro metodico e lungimirante guidato e sorretto da tutto il partito, delle organizzazioni di lotta, cinghie di trasmissione dell’orientamento e dell’influenza del partito, organi del fronte delle masse popolari nella lotta contro la borghesia imperialista.

Quello che non era alla portata di lavoratori comunisti che lavoravano più o meno individualmente e in ordine sparso e senza una salda concezione, linea e metodo comunisti, è certamente possibile per il partito comunista. Quello che non si può fare alla luce del sole, lo facciamo clandestinamente; quello che non si può dire apertamente, lo camuffiamo; quello che non si può fare individualmente, lo facciamo come collettivo dividendo al nostro interno il lavoro; in tutto facciamo leva sulle masse. Applicando questi criteri verremo a capo della persecuzione.

D’altra parte l’aristocrazia operaia è costretta a fare da centro organizzativo della lotta delle masse popolari contro la borghesia da cui dipende ideologicamente: la mediazione che ne risulta è appunto che lo fa di malavoglia, senza iniziativa, senza progettualità che non sia quella della borghesia e delle sue teste d’uovo (alla Biagi, alla D’Antona, alla Gino Giugni, ecc.), caso per caso e cedendo continuamente terreno (compatibilità, meno peggio, ecc.). Ma lo deve fare e continuerà a farlo. Infatti l’aristocrazia operaia come gruppo sociale (quindi al di là della sorte personale di singoli avventurieri e arrampicatori sociali) non può rompere su grande scala con i lavoratori avanzati perché si ridurrebbe al ruolo degli “uffici personali” e romperebbe con la massa dei lavoratori. Perderebbe la sua maggiore base finanziaria, ma, ed è la cosa decisiva, diventerebbe inutile anche per la borghesia, incapace di svolgere il suo ruolo sociale che è la ragion d’essere non solo dei suoi privilegi, ma anche della sua stessa esistenza. Essa è colpita più e prima del resto delle masse popolari dall’eliminazione delle conquiste perché era il destinatario prioritario, ne godeva in misura maggiore del resto delle masse popolari ed era in molti casi la personificazione stessa delle conquiste (comitati paritetici, ecc.). Un aspetto sostanziale del progetto della banda Berlusconi, che come progetto si distingueva dalla linea del centro-sinistra, era che prendeva l’aristocrazia operaia come bersaglio diretto e immediato, iniziando dalla parte meno chiesastica o ministeriale: dalla CGIL e dalle “cooperative rosse”. La banda Berlusconi ha più volte agitato la minaccia di rivedere il regime fiscale, il regime giuridico e il sistema degli appalti delle cooperative, di abolire i finanziamenti pubblici dei sindacati (patronati, centri assistenza finanziaria, scuole professionali, permessi e aspettative, cariche pubbliche), di mettere il naso nella contabilità, nel regime fiscale e nella “trasparenza” di sindacati, partiti e associazioni: insomma di tagliare l’erba sotto i piedi proprio della parte dell’aristocrazia operaia che, se docile, è più utile ai padroni perché più autorevole presso i lavoratori. Anche per questo l’aristocrazia operaia ha partecipato con maggiore energia del solito al movimento per seppellire il progetto della banda Berlusconi. Ma dovrà partecipare anche alla lotta contro i prossimi governi di centro-sinistra o affini. Ne sarà costretta dall’influenza che le FSRS eserciteranno in essa e soprattutto e in definitiva dall’azione di orientamento e di direzione che il nuovo partito comunista eserciterà nei suoi confronti direttamente e tramite il suo legame capillare con i lavoratori avanzati. Lo sciopero degli autoferrotranvieri del 1° dicembre a Milano non è né il primo, né un caso isolato, né irripetibile: è un caso esemplare.


6. Quanto alla ricostruzione di un vero partito comunista, per il nostro paese l’anno che sta per finire è stato l’anno della prima “prova del fuoco” per il (nuovo)Partito comunista italiano. L’arresto a giugno dei compagni G. Maj e G. Czeppel è stato un duro colpo per l’attività della CP e quindi per l’attuazione del “piano in due punti per la costituzione del partito comunista”. Esso ci ha costretto a una riorganizzazione del nostro lavoro che non è ancora terminata.

Di fronte al colpo subito la linea di costruire il partito comunista dalla clandestinità si è dimostrata giusta. Nonostante la debolezza delle nostre forze e gli errori commessi, la CP e i Comitati di Partito hanno reagito prontamente agli arresti, hanno lanciato la consegna “continuare l’attività” e ognuno al suo posto abbiamo continuato l’attività. La diffusione dei n. 14 e 15 di La Voce ne è la migliore manifestazione. Ciò conferma che il (n)PCI ha messo radici. Con il tempo riusciremo a colmare i vuoti e a riprendere la marcia in avanti. Allora il (n)PCI avrà definitivamente superato la sua prima “prova del fuoco”. Infatti resistere alla repressione non è solo questione della saldezza morale e ideologica personale e individuale dei suoi membri, ma è un’azione collettiva. E non è proposito eroico ma velleitario o al massimo esemplare, ma è una linea d’azione dell’organizzazione che crea già oggi le condizioni organizzative e morali perché l’organismo continui a svolgere il suo ruolo anche quando, domani o dopodomani, la borghesia farà tutto quello che può fare per impedirglielo: il singolo può cadere, ma il collettivo deve continuare il nostro lavoro.

È a partire da questo risultato conseguito che si sviluppa la lotta per la liberazione dei compagni e la lotta per trarre il massimo vantaggio per la nostra causa dalla nuova condizione che la borghesia ha creato.

Noi chiediamo a tutte le FSRS la massima solidarietà verso i nostri due compagni prigionieri. Allo stesso titolo per cui chiediamo la massima solidarietà verso tutti i numerosi rivoluzionari, proletari e membri di altre classi delle masse popolari, quale che sia la loro nazionalità e le forme di lotta che praticavano contro la borghesia imperialista, che le forze della repressione negli ultimi sei mesi hanno perquisito, fermato, interrogato, imprigionato, espulso o in altra maniera perseguitato. La solidarietà rafforza la resistenza dei perseguitati e assieme unisce le forze rivoluzionarie e rafforzano la lotta delle masse popolari contro la borghesia imperialista. La borghesia colpisce le persone e le organizzazioni che, a torto o a ragione, essa ritiene siano o possano diventare centri di promozione, mobilitazione, orientamento, organizzazione e direzione della resistenza collettiva delle masse popolari all’eliminazione delle conquiste e ancora di più quelli che ritiene siano o possano diventarlo per la risposta collettiva delle masse popolari alla guerra di sterminio non dichiarata che essa conduce contro le masse popolari e che contribuiscano a trasformarla in guerra popolare rivoluzionaria. La persecuzione che in questa fase colpisce noi comunisti è quindi il nucleo politico, per ora piccolo, della guerra di sterminio non dichiarata che invece in ogni angolo del mondo coinvolge già tanta parte delle masse popolari. Trasformare la guerra di sterminio già diffusa in guerra popolare rivoluzionaria vuole proprio dire impedire che la borghesia vinca in quel nucleo politico ancora piccolo, ma invece allargarlo fino a farlo diventare l’aspetto non solo dirigente (quello lo è già) ma dominante e principale dello scontro tra il campo delle masse popolari e il campo della borghesia imperialista.

Con ancora maggiore forza quindi chiamiamo tutti i compagni e i lavoratori avanzati a considerare seriamente la nostra esperienza e la situazione politica. L’accanimento delle autorità italiane e francesi contro i due membri del (n)PCI conferma che è necessario costruire il partito comunista dalla clandestinità. È palese che la borghesia non può tollerare quello che il (n)PCI fa. Ma per l’insieme della situazione politica esistente non può neanche vietare apertamente per legge ogni attività politica ai comunisti. D’altra parte finché si limita a usare gli strumenti legali e giudiziari deve perseguitarci in nome di quello che non facciamo. Questo a sua volta crea una situazione che permette al partito non solo di mobilitare contro la repressione la solidarietà della classe operaia e delle masse popolari, ma anche di intervenire efficacemente nella lotta politica che i gruppi imperialisti conducono tra loro. L’uso illegale dei poteri legali da parte delle autorità è infatti a quel punto una minaccia che pesa su tutti quelli che non sono titolari di autorità. La cronaca è già ricca di esempi.

D’altra parte l’accanimento con cui la borghesia perseguita il (n)PCI è la conseguenza del fatto che il partito non ha una concezione e una pratica economiciste. Questo accanimento quindi è destinato ad aggravarsi e a riprodursi anche negli altri paesi imperialisti. La controrivoluzione e la resistenza alla controrivoluzione costituiscono un’unità di opposti: la forma inevitabile del progresso delta rivoluzione. Ed è anche la conferma che il nuovo partito comunista deve essere clandestino. Solo dalla clandestinità il partito comunista può condurre un’attività sistematica, continuativa e libera. Esso garantisce a tutto il movimento rivoluzionario non solo una base indispensabile per il lavoro organizzativo, ma anche la struttura e l’ambito per elaborare e discutere liberamente quanto necessario la concezione e le parole d’ordine e per propagandarle apertamente e liberamente, senza ricorrere alle allusioni, ai sottintesi, alte circonlocuzioni, alle attenuazioni, alla censura e alla reticenza a cui ogni organizzazione comunista legale è inevitabile che ricorra, dato che la borghesia criminalizza in vari modi la concezione comunista. Essere liberi di pensare non vuol dire solo che non esiste un espresso divieto di pensare: vuol dire anche disporre degli strumenti e dette condizioni per lo sviluppo fecondo del pensiero. Solo un partito comunista clandestino è in grado di assicurarli ai comunisti in una società come quella nostra attuate. La confusione intellettuale e teorica in cui tanto si dibattono le FSRS è la conseguenza della generale sottomissione indiretta oltre che diretta e immediata alla legalità borghese, cioè al potere della borghesia. Grazie a un partito comunista clandestino l’attività pratica e teorica delle organizzazioni pubbliche e legali può invece cessare di essere un’attività frammentaria, saltuaria, precaria e superficiale e diventare un contributo particolare alla rinascita del movimento comunista guidata dal partito clandestino e per ciò stesso può svolgersi in ogni campo senza essere strumentalizzata, deviata o stravolta dalla borghesia.

Noi chiediamo quindi ai membri più avanzati delle FSRS, agli operai avanzati e agli elementi avanzati delle altre classi delle masse popolari di abbracciare il lavoro di ricostruzione di un vero partito comunista costituendo comitati clandestini del partito ovunque: sul luogo di lavoro, nel territorio di abitazione, in seno alle organizzazioni legati e pubbliche in cui svolgono attività di qualsiasi genere esse siano. I comunisti associati clandestinamente in loro propri organismi creano un po’ alla volta gli strumenti e le condizioni pratiche necessarie per assimilare la linea e la concezione del partito, per allargare i contatti con gli elementi avanzati delle masse popolari, per esercitare tramite questi e direttamente un’opera sempre più vasta di orientamento e di influenza e, nello stesso tempo, per imparare a lavorare secondo il metodo detta linea di massa e a far lavorare tutto il partito comunista secondo questo metodo e per contribuire a sviluppare, migliorare e correggere la concezione e la linea del partito. I comunisti non devono solo fare individualmente. Devono innanzitutto pensare come collettivo, elaborare una linea d’azione collettiva, ogni organismo per il suo ambito di attività. Questo vale a ogni livello, anche a livello del più semplice comitato locale. Così troveranno il modo di mobilitare su ogni compito particolare altri compagni, di raccogliere forze e risorse per l’attività di partito. Un compagno che non dà il suo denaro per la causa, difficilmente è disposto a sacrificare per la causa la libertà e la vita sua e dei suoi familiari: bisogna tenerne conto quando si valuta la sua dedizione alla causa e ci si occupa della sua formazione. Se applichiamo sistematicamente questi criteri, le risorse di cui dispone il partito diventano illimitate come le forze che il partito riesce a mobilitare.

La costruzione del partito comunista nel nostro paese è il nodo decisivo di tutto il nostro lavoro per la rinascita del movimento comunista mondiale e per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Così come il vero cuore dello Stato della borghesia imperialista non è la messa in opera di questa o quella politica economica, ma è la repressione della classe operaia che lotta per il potere, quindi oggi l’attività svolta per impedire la ricostruzione di un vero partito comunista. Ma il successo del nostro lavoro per ricostruire un vero partito comunista è in definitiva scontato, perché la vittoria della nostra causa è ciò di cui le masse popolari hanno bisogno e per cui lotteranno quindi finché non l’avranno raggiunta.


Solidarietà con tutti i rivoluzionari prigionieri!


Sostenere la lotta della classe operaia e delle masse popolari contro l’eliminazione delle conquiste!


Fare di ogni lotta difensiva una scuola di comunismo!


Sostenere la rivoluzione democratica antimperialista delle masse popolari arabe e musulmane!


Sostenere la resistenza delle masse popolari della Palestina, dell’Iraq e dell’Afghanistan contro l’occupazione!


Sostenere la guerra popolare rivoluzionaria in corso in Perù, Nepal, India, Filippine, Turchia!


Classi e popoli oppressi, donne delle masse popolari, uniamoci nella lotta contro la borghesia imperialista!


W la rinascita del movimento comunista internazionale!


Diffondere la parola d’ordine: Fare dell’Italia un nuovo paese socialista!


Costituire ovunque comitati clandestini del (nuovo)Partito comunista italiano!