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I lavoratori e le masse popolari della Grecia insegnano!
Comunicato CC - 15 giugno 2011

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Comunicato CC 24/11 - 22 luglio 2011

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Con la stangata Tremonti di metà luglio 2011 i vertici della Repubblica Pontificia hanno messo il nostro paese nelle mani della comunità internazionale degli speculatori, come poco più di un anno fa, nel maggio 2010, il governo Papandreu mise la Grecia nelle mani della stessa comunità di predoni!

 

Ieri 21 luglio 2011 i rappresentanti e portavoce europei della comunità internazionale degli speculatori, riuniti a Bruxelles sotto la presidenza di Merkel e Sarkozy, hanno decretato un nuovo piano di assoggettamento e di spoliazione delle masse popolari della Grecia e lo hanno chiamato Piano Marshall!

 

Il nostro paese non approderà anch’esso tra qualche mese a un Piano Marshall di assoggettamento ai predoni della speculazione, di ulteriore spoliazione e di rinnovata miseria solo se le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari faranno ingoiare alla borghesia imperialista e al clero la costituzione del Governo di Blocco Popolare, il governo d’emergenza delle OO e OP!

 

Le gloriose lotte degli studenti, delle donne, degli immigrati, dei precari messe in moto dalla resistenza degli operai di Pomigliano e di Mirafiori tra giugno 2010 e febbraio 2011, le lotte degli operai della Fincantieri e della popolazione della Val di Susa, le vittorie elettorali di maggio 2011 contro la destra estrema del losco connubio Berlusconi-Bossi e la destra moderata aggregata attorno al PD, l’esito trionfale dei referendum di giugno 2011 hanno posto premesse per ulteriori passi verso la costituzione del GBP!

 

Ieri 21 luglio i portavoce europei della comunità internazionale degli speculatori, con la collaborazione del governo del “socialista” Papandreu e di altri traditori del popolo greco, degni eredi dei collaboratori dei fascisti di Mussolini e dei nazisti di Hitler durante l’occupazione all’inizio degli anni ’40 del secolo scorso, dei servi degli imperialisti angloamericani di Truman e Eisenhower alla fine degli anni ’40 e dei colonnelli che su mandato della NATO di Johnson e di Nixon torturarono il popolo greco tra il 1967 e il 1974, hanno varato un piano di estorsione feroce ai danni dei lavoratori greci, di messa all’asta internazionale delle ricchezze del popolo greco e di appalto e privatizzazione dei servizi pubblici. Lo hanno chiamato Piano Marshall in ricordo delle misure con cui alla fine della Seconda Guerra Mondiale gli imperialisti USA spaccarono l’Europa in due parti, cercarono di isolare e sabotare i primi paesi socialisti e assoggettarono l’Europa occidentale alla loro occupazione militare che dura tutt’oggi e che fa dell’Europa la base dell’aggressione imperialista contro i paesi oppressi dell’Asia e dell’Africa. Hanno dato questo nome al loro piano di miseria, di occupazione e di guerra (non a caso pochi giorni fa il governo Papandreu si è schierato a fianco del governo sionista d’Israele contro i Palestinesi e ha bloccato la Freedom Flotilla contravvenendo a leggi e convenzioni internazionali in vigore da decenni), perché il nome del Piano Marshall ricorda non l’occupazione dell’Europa da parte degli imperialisti USA, ma la ricostruzione dell’Europa dalle macerie, dai lutti e dalle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. Infatti per far fronte al movimento comunista mondiale, allora all’attacco in tutto il mondo, sotto l’ombrello dell’occupazione USA la borghesia imperialista e il clero guidarono le masse popolari europee alla ricostruzione. Tra lacrime e sangue, tra le tragedie dei minatori di Marcinelle e la discriminazione feroce degli emigrati italiani in Svizzera e in Germania, la lunga disoccupazione di milioni di lavoratori e il sangue sparso in tante strade dalla  feroce repressione clericale e borghese, l’Europa venne comunque ricostruita. Contemporaneamente borghesia e clero collaboravano con i revisionisti moderni ad alimentare tra le masse popolari l’illusione che l’umanità era entrata in un’era di miglioramento illimitato. Ma da quale guerra esce oggi la Grecia? Perché ha bisogno di un Piano Marshall? Basta porsi queste semplici ed elementari domande, per smontare il castello di carte, per dissipare la cortina fumogena che i portavoce dei predoni della speculazione internazionale hanno montato per prevenire la resistenza e la rivolta popolare che temono. Il “Piano Marshall” lanciato oggi dagli speculatori è il punto d’arrivo della politica di privatizzazione del settore economico pubblico, di finanziarizzazione dell’economia capitalista, di riduzione dei salari e di eliminazione dei diritti dei lavoratori perseguita dalla borghesia e dal clero da trenta anni a questa parte e del declino del movimento comunista a livello mondiale promosso dai revisionisti moderni a cui la sinistra del movimento comunista non ha saputo far fronte. Il “Piano Marshall” lanciato dagli speculatori, per ora contro la Grecia, vorrebbe essere (e lo sarà effettivamente se la lotta del popolo greco e dei popoli del resto d’Europa non lo butterà in aria) l’inizio di una epoca di sfruttamento più crudele, di asservimento nazionale alla comunità internazionale degli speculatori, di messa sotto tutela internazionale delle istituzioni dello Stato greco, di mobilitazione reazionaria delle masse popolari e di guerra.

 

La stangata Tremonti oggettivamente pone per il nostro paese le premesse del futuro “Piano Marshall” per l’Italia. Non approderemo al Piano Marshall solo se il movimento delle masse popolari manderà all’aria i piani dei vertici della Repubblica Pontificia e costituirà e imporrà il Governo di Blocco Popolare che, attuando concretamente nel particolare le Sei Misure Generali con l’assistenza e l’opera delle OO e delle OP, accelererà la rinascita del movimento comunista e aprirà la strada all’instaurazione del socialismo.

 

Il ruolo della stangata Tremonti nella storia della Repubblica Pontificia

 

Il Parlamento della Repubblica Pontificia ha approvato a tambur battente tra giovedì 14 e venerdì 15 luglio la nuova grande manovra finanziaria. Vi hanno concorso tutti gli attori del teatrino della politica borghese (dalla destra estrema di Berlusconi-Bossi alla destra moderata aggregata attorno al PD), ha avuto l’accordo di tutti i vertici della Repubblica Pontificia: papa Ratzinger l’ha benedetta da Castel Gandolfo e il Presidente Giorgio Napolitano (quello dei CIE e della legge Turco-Napolitano che ha preceduto la Bossi-Fini) l’ha rapidamente promulgata. L’importo della manovra non è chiaramente definito, cresce da un commentatore a un altro e di settimana in settimana: era di 50 miliardi qualche settimana fa, ora secondo alcuni commentatori supera già i 90. Essa infatti non è un preciso piano di entrate e di spese dello Stato: è principalmente un atto di sottomissione incondizionata della Repubblica Pontificia ai desideri e agli interessi della comunità mondiale degli speculatori e la messa a disposizione del nostro paese per le loro manovre. È la dichiarazione aperta e solenne che tutti i gruppi politici e le autorità della Repubblica Pontificia, per quanto litighino tra loro, sono tuttavia concordi nel collaborare con le istituzioni finanziarie e monetarie del sistema imperialista mondiale contro le masse popolari italiane anche a costo di rovinare ancora più le masse popolari italiane: è insomma anche una dichiarazione di tradimento nazionale.

La manovra contempla svariate misure: i gruppi della classe dominante e i loro padrini si sono accapigliati fino all’ultimo e ancora continueranno a farlo, ognuno per avere quelle misure e quelle interpretazioni delle misure  che più giovano ai suoi particolari interessi, affari e progetti. Ma le misure si riassumono tutte in due soli obiettivi:

1. spremere ulteriormente le masse popolari del nostro paese a beneficio della borghesia imperialista e del clero e dei collaboratori, portavoce e complici di queste due classi (più ticket e imposte, meno servizi pubblici e ammortizzatori sociali),

2. mettere in misura più ampia di quanto centro-destra e centro-sinistra (connubio Berlusconi-Bossi e circo Prodi) hanno già fatto finora, le imprese economiche ancora pubbliche e i servizi pubblici a disposizione dei capitalisti, perché ne facciano campi di investimento dei loro capitali produttivi e finanziari, terreni di azione delle loro manovre speculative e con tariffe e truffe spoglino ancora più le masse popolari.

Infatti, contrariamente alla apparenze, non sono le masse popolari che hanno bisogno dei capitalisti e dei soldi che il corso seguito dall’economia e dalla politica negli ultimi decenni ha moltiplicato e concentrato nelle mani dei capitalisti e delle istituzioni del sistema imperialista mondiale. Di fatto le masse popolari sono costrette a vivere con meno soldi e comunque a faticare di più per avere quelli che passeranno tra le loro mani: le masse popolari non vivono di soldi ma di beni e servizi, lavorano per vivere non per arricchirsi.

La realtà è che sono i capitalisti che hanno bisogno di collocare i soldi che si ritrovano tra le mani. Se ne ritrovano in quantità che supera ogni immaginazione ma essi, data proprio la loro natura di capitalisti, devono moltiplicare ulteriormente il loro denaro: hanno bisogno di tanto più nuovo denaro quanto più già ne hanno, perché per loro il denaro è capitale e deve moltiplicarsi. Quindi devono certo avere nuove imprese produttrici di merci in cui investire: privatizzare imprese pubbliche e servizi pubblici. Ma soprattutto devono ampliare la speculazione e le operazioni del capitale finanziario, visto che da anni la crescita degli investimenti in imprese produttrici di merci non tiene più il passo dell’aumento del capitale monetario che si accentra nelle loro mani. Per questo si riversano sul mondo come orde di cavallette devastatrici che seminano carestie, come cataclismi naturali che seminano macerie, come sciami di radiazioni nucleari come quelli che emanano da Fukushima e seminano morti.

 

Il contesto internazionale della stangata Tremonti

 

L’argomento per imporre alle masse popolari la manovra, per confondere le idee, distrarre l’attenzione e attenuare l’opposizione e per indurre all’unità e alla collaborazione tutti i gruppi e portavoce delle classi dominanti sul disegno di legge infine messo a punto sotto la regia di Giulio Tremonti, è stata la pressione della comunità internazionale degli speculatori (gli speculatori italiani traditori del loro paese sono una sua componente) sul Debito Pubblico dello Stato italiano. Il Debito Pubblico (statale) della Repubblica Pontificia a fine maggio era arrivato oramai a quasi 1.900 miliardi di euro. Esso aumenta costantemente a causa del deficit del bilancio annuale dello Stato: proprio a causa degli interessi che lo Stato paga sul Debito Pubblico ogni anno le sue spese superano le sue entrate.

Il Debito Pubblico è composto di titoli finanziari (BOT, CCT, ecc.) a differenti denominazioni e con differenti caratteristiche: valore nominale, interesse nominale e scadenza. Come i titoli del Debito Pubblico degli altri Stati, i titoli del Debito Pubblico dello Stato italiano costituiscono parte del materiale trattato dal mercato finanziario del sistema imperialista mondiale (assieme alle azioni delle società, ai titoli di altri debitori (enti pubblici e imprese private), ai titoli derivati di grado primo, secondo, terzo o superiore). Il tutto per un importo  annuo complessivo di alcuni milioni di miliardi di dollari. Chi è proprietario di denaro che non usa per acquistare merci, per fare pagamenti, avviare o ampliare attività produttive, se vuole aumentare la massa del suo denaro coerentemente con la concezione e la morale borghese che i capitalisti hanno diffuso e imposto (reso “naturale” come gli altri comandamenti di dio), lo investe comperando titoli sul mercato finanziario. A loro volta i proprietari dei titoli li vendono liberamente sul mercato finanziario (borse, società finanziarie, banche) per fare soldi: tanto liberamente che i professionisti della speculazione vendono anche allo scoperto, cioè vendono titoli che ancora non hanno, con l’impegno a consegnarli ad una data futura e quindi a comperarli in tempo utile.

Oggi nel mondo la quantità di denaro disponibile è enorme. È di gran lunga superiore a quanto ne è impiegato per usi commerciali, per pagamenti (imposte, affitti, multe, riparazioni, ecc.) o per usi produttivi (cioè come capitale produttivo di merci). Senza mercato finanziario e attività speculative i proprietari di denaro non avrebbero modo di farlo fruttare, cioè di usarlo come capitale nella forma specifica e moderna del “denaro che crea denaro”, senza passare attraverso la produzione e la vendita di merci. Il mercato finanziario e la speculazione sono gli sbocchi che permettono loro di far fruttare il loro denaro. I capitalisti e i loro funzionari hanno creato mercato finanziario e speculazione fino a portarli alle dimensioni attuali perché ne avevano bisogno per far fruttare il loro capitale-denaro. In corrispondenza sono aumentati enti, istituzioni e individui che cercano di avere soldi facendo debiti: i capitalisti stessi per i loro affari produttivi o finanziari (acquistare titoli con soldi presi a prestito) e le loro speculazioni e proletari ridotti a contrarre mutui e prestiti: oggi in Italia le imprese non finanziarie hanno debiti con le banche per circa 1.500 miliardi di euro e le famiglie per altrettanto. Se il mondo non fosse pieno di individui e di enti in cerca di credito, i proprietari di denaro sarebbero a mal partito: non saprebbero come far fruttare il loro denaro.

 

Il denaro

Il denaro è una delle invenzioni che più hanno contribuito al progresso morale e intellettuale della specie umana. Gli uomini lo hanno creato gradualmente nel corso dei secoli, come nel corso dei secoli hanno sviluppato e moltiplicato le loro relazioni sociali. Lo hanno creato come un’appendice della produzione mercantile. Nell’ambito di una società con una produzione mercantile sviluppata, il denaro libera l’individuo che lo possiede dalla dipendenza personale da altri. Grazie al denaro egli può avere ogni bene e servizio che è prodotto come merce, senza dipendere personalmente dal produttore. Di converso è grazie a questa invenzione che la specie umana ha potuto sviluppare su grande scala la produzione mercantile, che i rapporti tra individui della specie si sono affrancati da relazioni di dipendenza personale, che i padroni di schiavi e i feudatari sono stati sostituiti dai capitalisti: una classe sfruttatrice e oppressiva che ha impersonato uno stadio più avanzata dell’evoluzione della specie umana.

Il denaro fin dalla sua origine è potere sociale, potere di comandare lavoro altrui, di adibire a proprio uso il prodotto del lavoro altrui senza rubarlo o estorcerlo al produttore, senza sottomettere il lavoratore che lo produce alla costrizione personale cui era sottomesso lo schiavo o il servo della gleba, anzi con il consenso del produttore. È un potere che l’individuo porta nelle sue tasche (per usare l’espressione coniata da Marx) e che lo affranca dalla dipendenza personale da altri né implica la dipendenza personale del produttore da lui. Nel corso della storia e in particolare dello sviluppo della società capitalista, il denaro è diventato un feticcio che come dio nelle vecchie mitologie sovrasta e domina la vita umana, una cosa dotata di poteri miracolosi. Se hai denaro  vivrai, se non hai danaro, sei condannato: neanche al Pronto Soccorso ti portano anche se stai morendo (così è già in alcune parti del più avanzato paese capitalista, gli USA).

La quantità di denaro attualmente esistente nel mondo è enorme, superiore di migliaia di volte alla quantità usata per usi commerciali (per lo scambio di merci), per pagamenti e come capitale produttivo. Tutta l’umanità è avviluppata in relazioni monetarie e la vita dell’umanità dipende dal denaro. E in effetti è così e così sarà finché la specie umana non si libererà da questo feticcio, non creerà le condizioni per farne a meno e non imparerà a farne a meno. Essa può liberarsene, ma solo se sostituisce al potere che lungo la storia ha concentrato nel denaro, un’organizzazione superiore delle sue relazioni sociali, un superiore sistema di produzione e di scambio in cui l’intesa, la pianificazione e la decisione collettiva prendono il posto del denaro. Gli uomini decidono apertamente ed esplicitamente cosa produrre e che uso fare di quello che producono. Questo sarà la società comunista del nostro futuro. Il socialismo è il periodo dell’apprendistato durante il quale, per tappe e per tentativi, impareremo a fare a meno del capitale, della produzione per lo scambio (quindi di merci) e del denaro, impareremo a governarci da soli senza bisogno di autorità che non sia di volta in volta nominata e in ogni momento revocabile da chi l’ha eletta, la società umana diventerà a livello mondiale “l’associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti” e le attività tipiche della specie umana, quelle che la distinguono da ogni altra specie animale, sono l’occupazione principale di ogni suo esponente. Ovviamente a ciò i preti e i loro seguaci e i borghesi obietteranno che ciò non è conforme alla natura umana. Effettivamente non è conforme alla natura umana dei preti e dei borghesi e alla natura umana forgiata da essi. Ma in realtà la specie umana è una specie che è cambiata e si è trasformata nel corso dei secoli, sul piano fisico ma ancora più radicalmente sul piano delle capacità e attività spirituali dei suoi esponenti, del loro comportamento, dei loro sentimenti e delle loro concezioni, della loro organizzazione e attività sociale, della loro relazione con il resto della natura. Non abbiamo alcun motivo per dubitare che essa saprà assurgere a comportamenti, a concezioni, a sentimenti e a relazioni sociali adeguate alle forze produttive che essa ha accumulato e di cui dispone e al ruolo che essa ha acquisito rispetto al resto della natura di cui è parte.

 

Il mercato finanziario

La dipendenza dell’attuale Stato italiano dal Debito Pubblico e tramite esso dalla comunità internazionale degli speculatori (quindi anche dagli speculatori italiani, traditori del loro paese, che ne sono una parte) è un aspetto particolare della nostra condizione di specie umana avviluppata da una rete di relazioni monetarie e finanziarie derivate dalla nostra dipendenza dal mercato e sviluppate fino a sovrastare le relazioni mercantili, a dominarle e soffocarle. Oggi l’attività economica è in larga misura bloccata dalle relazioni monetarie e finanziarie e dalla speculazione che le sovrasta.

Come ogni altro Stato del sistema imperialista mondiale, lo Stato della Repubblica Pontificia si è indebitato perché è un comitato d’affari della borghesia. Per questo la Repubblica Pontificia non ha abolito il debito che ha ereditato dal Regno Sabaudo, come questi a sua volta non aveva abolito i debiti degli Stati di cui aveva preso il posto. Per questo non ha riscosso come imposte dai ricchi quanto era necessario alla sua attività, anche se la Costituzione ufficialmente approvata della Repubblica Pontificia prescrive che ogni cittadino deve concorrere alle spese della Pubblica Amministrazione in proporzione dei suoi redditi e dei suoi averi. Ai ricchi il loro Stato non imponeva realmente quello che la Costituzione (“sovietica” dicono con qualche ragione Berlusconi e i suoi maestri) prescriveva. Il principio del “bene comune” è nelle prediche di ogni prete, il principio che bisogna  sacrificarsi per il “bene comune” viene fatto valere per i cittadini della Val di Susa (che in nome del “bene comune” come lo intendono gli speculatori dovrebbero sacrificare i loro interessi al TAV), ma lungi da ogni forza politica “responsabile”, oggi come ieri, l’idea di farlo valere anche nei confronti dei ricchi e di estinguere il Debito Pubblico confiscando una parte dei loro averi in denaro, che superano di gran lunga il Debito Pubblico.

 

In conclusione, noi quindi dipendiamo dalla comunità internazionale degli speculatori, perché abbiamo tra noi relazioni di denaro, perché le nostre relazioni sono regolate dal denaro. Abbiamo tra noi relazioni di denaro, perché abbiamo tra noi relazioni mercantili, che sono la base del modo di produzione capitalista e della società borghese che ne consegue. Liberarsi dalla comunità internazionale degli speculatori (e dei loro soci italiani), abolire il Debito Pubblico, comporta essere decisi a far fronte alle conseguenze e quindi a liberarsi passo dopo passo dalla base su cui esso è sorto e che esso oggi domina: la produzione capitalista e più a fondo ancora la produzione mercantile.

 

Il Debito Pubblico e lo Stato italiano

Per rispettare i suoi impegni verso i creditori, lo Stato italiano paga circa 100 miliardi di euro l’anno di interessi ai proprietari dei titoli del suo Debito Pubblico. Da anni le sue spese superano le sue entrate unicamente a causa degli interessi che paga fedelmente ai suoi creditori. Se non si considerano gli interessi, le spese dello Stato sono inferiori alle sue entrate. Questo spiega perché lo Stato della Repubblica Pontificia da anni non esercita più il ruolo di stimolare l’attività produttiva con spese superiori alle entrate come ha fatto per anni quando doveva far fronte al movimento comunista e dimostrare alle masse popolari che la Repubblica Pontificia era meglio del socialismo. Questo spiega perché l’economia del paese ristagna.

La relazione dello Stato italiano con il mercato finanziario e la speculazione ha però anche altri aspetti oltre al pagamento regolare degli interessi. Oltre che pagare gli interessi, lo Stato emette sistematicamente e mette in vendita (mercato primario) nuovi titoli per raccogliere il denaro necessario a colmare il deficit corrente e a restituire i debiti che vengono a scadenza (rifinanziare il Debito Pubblico). Le istituzioni del mercato finanziario acquistano i nuovi titoli a un prezzo che è diverso dal valore nominale del titolo ed è dettato dall’andamento del mercato. Questo è il campo d’azione della speculazione finanziaria: se un titolo di valore nominale 100 e interesse nominale 5%, al momento dell’emissione è comperato a 50, lo Stato incassa solo 50 invece di 100 e di fatto pagherà annualmente il 10% di interesse. Se è comperato a 200, incassa 200 invece di 100 e di fatto sul denaro che ha incassato pagherà annualmente il 2.5% di interesse. All’inverso, l’interesse che il compratore effettivamente percepisce dal suo investimento in titoli di Stato, dipende da quanto ha pagato il titolo. Quanto più abbondanti e vari sono i titoli del Debito di uno Stato e più frequenti le scadenze a cui deve rifinanziare il suo debito, tanto maggiori sono i margini di manovra della speculazione. Ogni voce, fondata o diffusa ad arte, di difficoltà di uno Stato a tenere i suoi impegni, fa abbassare il prezzo a cui il proprietario di denaro acquista il titolo: direttamente dallo Stato al momento dell’emissione (sul mercato primario) o sul mercato secondario, dai proprietari che se ne vogliono disfare. Viceversa si alza il prezzo che paga per i titoli degli Stati reputati più solidi. In questi giorni gli Stati più bersagliati dagli speculatori sono arrivati a pagare o impegnarsi a pagare anche il 25% annuo sui soldi realmente incassati (vale a dire a incassare 20 per un titolo avente il valore nominale di 100 al 5%), mentre gli Stati reputati più solidi pagano il 3% o meno.

 

 Gli elementi componenti del sistema imperialista mondiale

Questo è a grandi linee il campo su cui uno Stato e le istituzioni del mercato finanziario e della speculazione sui titoli finanziari (tra cui rientrano i titoli dei Debiti Pubblici) si incontrano, collaborano e si scontrano. Tra i debitori in cerca di soldi e i proprietari di soldi in cerca di investimenti in titoli finanziari, operano le istituzioni della finanza e della speculazione. Ma non basta: mercato finanziario e speculazione sui titoli finanziari sono connessi da vasi comunicanti sia con i mercati delle materie prime e delle derrate agricole (oramai concentrati per tutto il mondo nelle istituzioni di alcune poche città) che offrono un altro campo d’azione a operatori commerciali e a speculatori, sia con i mercati delle valute e monetari (anch’essi oramai concentrati per tutto il mondo nelle istituzioni di alcune poche città) in cui operano sia i proprietari di denaro sia i creatori di denaro (le banche) di tutto il mondo.

Mercato finanziario, mercato delle materie prime e delle derrate agricole e mercato monetario costituiscono tre elementi componenti di una sovrastruttura che si è ampiamente sviluppata sulla base della produzione capitalista di merci (beni e servizi che i capitalisti fanno produrre ai proletari assunti allo questo scopo e quindi vendono). È una sovrastruttura le cui istituzioni centrali nel corso dell’epoca imperialista si sono concentrate in pochi centri mondiali: centri delle contrattazioni finanziarie, centri delle contrattazioni di materie prime e derrate alimentari, centri delle contrattazioni delle valute (i cambi).

Non si è trattato di una costruzione arbitraria o inventata da qualche genio. Né di una costruzione imposta alla borghesia dal destino o da un qualche dio. È stata la messa in atto graduale, iniziata a metà dell’Ottocento in vari centri nazionali con all’avanguardia la piazza di Londra, di istituzioni che rispondevano a una esigenza espressa dall’interno stesso della produzione capitalista. La produzione capitalista di merci ha generato il mercato finanziario: il capitalista produttore di merci aveva bisogno del capitale finanziario per reperire denaro liquido e per trasformare in denaro (rendere liquido) il suo capitale immobilizzato nella produzione di merci (detta anche “economia reale”). La finanziarizzazione dell’economia reale è una valvola di sfogo dell’economia capitalista, è una necessità dei capitalisti. La sovrapproduzione di capitale, cioè la difficoltà crescente che i capitalisti hanno dovuto fronteggiare nel trovare campi di investimento redditizi nell’economia reale, ha fatto gonfiare il capitale finanziario e il mercato dei titoli finanziari. Da sovrastruttura al servizio dell’economia reale, il capitale finanziario già nel corso della prima crisi generale del capitalismo, all’inizio del secolo scorso, è passato a essere il padrone dell’economia reale. Le operazioni del capitale finanziario condizionano l’economia reale, rendono profittevoli o meno le sue operazioni. Per il capitalista l’economia reale è oramai solo un’appendice del capitale finanziario, mentre per il proletario resta la sua unica fonte di reddito tramite il lavoro salariato e per la massa della popolazione resta la fonte sempre più esclusiva di beni e servizi (la piccola produzione autonoma comunque decade soffocata dal mercato capitalista e le popolazioni indigene - dell’India, del Brasile, dell’Africa, ecc. - sono cacciate dalla terra di cui si impossessano le società minerarie, forestali o alimentari). Analogamente la speculazione da sovrastruttura al servizio del capitale finanziario, commerciale e monetario è diventata nel corso della crisi la loro padrona: sono le sue operazioni che animano e orientano l’attività del mercato finanziario, del mercato delle materie prime e delle derrate alimentari, del mercato del denaro. Il mondo intero è in definitiva nelle mani di un manipolo di speculatori: la comunità internazionale degli speculatori i cui membri e agenti sono presenti in molti paesi, quinte colonne della speculazione.

Il sistema imperialista mondiale è costituito da questi mercati, dalle relazioni e istituzioni ad essi corrispondenti e dalle istituzioni politiche, amministrative, militari e culturali che gli fanno da difesa, da puntello, da contorno e  abbellimento. Le relazioni finanziarie fin qui indicate costituiscono il contesto nel quale si sbizzarriscono, ad arricchimento loro e dei loro padrini, i virtuosi della “finanza creativa”, creando nuove variazioni sullo stesso tema, ogni operatore alla ricerca della sua via al successo.

 

La stangata Tremonti e la sinistra borghese

 

È in questo contesto che va considerata e valutata la manovra finanziaria imposta a metà luglio nel nostro paese dai vertici della Repubblica Pontificia e dai loro portavoce e amministratori. Chi la valuta riferendola a un mondo diverso, quali che siano le sue motivazioni lavora di fantasia. Questo è il mondo in cui viviamo, finché non lo cambiamo. Questo è il sistema di relazioni sociali e di società che le potenze imperialiste, la comunità internazionale presieduta dal governo di Washington e benedetta dal Papa di Roma, difende con ogni arma, a cui difesa inventa armi sempre più sofisticate, sparge nebbie mirate a confonderne la conoscenza e a distrarre da esso l’attenzione delle masse popolari, senza risparmio di ignominie e di stragi, incurante dei disastri che provoca, della guerra non dichiarata di sterminio che fomenta in ogni angolo del mondo, della carestie e delle malattie che si diffondono come disastri naturali, del saccheggio della Terra che compromette le condizioni in cui si è svolta nei millenni l’evoluzione della nostra specie. È per trasformare questo mondo che noi comunisti dobbiamo mobilitare la classe operaia e le masse popolari. Quindi anzitutto dobbiamo comprenderne e farne conoscere la natura reale, oltre le mille differenti e appariscenti manifestazioni. La classe operaia ha nella società la posizione necessaria per dirigere le altre classi delle masse popolari ed esse insieme hanno un elemento di successo: il numero. Ma “i numeri pesano sulla bilancia solo quando sono uniti dall’organizzazione e guidati dalla conoscenza” come diceva già l’Indirizzo inaugurale dell’Associazione Internazionale degli Operai (ottobre 1864).

Di fronte al disastro e al marasma materiale, intellettuale, morale e ambientale a cui la borghesia imperialista europea e americana puntellata dalla Chiesa Cattolica Romana ha portato il mondo, molti sono i progetti e le proposte di rinnovamento determinate dall’aspirazione a generalizzare quello che già spontaneamente si sviluppa. Perché effettivamente l’esperienza pratica porta a sviluppi innovatori spontanei (cioè dettati dal senso comune e realizzati con gli strumenti già a portata di mano nella società attuale). Ma il punto, già più volte constatato negli ultimi duecento anni, a partire dal movimento delle cooperative della prima metà dell’Ottocento, è che questi moti spontanei non riescono a svilupparsi oltre un livello elementare senza mezzi e strumenti nazionali e internazionali, che non sono affatto disponibili nella società borghese né si producono spontaneamente. I progetti ventilati con passione e con determinazione da vari esponenti della sinistra, i Guido Viale e i Pierluigi Sullo per fare alcuni nomi, sono destinati a restare tali senza organizzazione e concezione del mondo, linea, strategia e piani tattici, senza un’avanguardia che li impersona e ne dirige l’attuazione: classe operaia, lotta di classe e partito comunista, la strada su cui il movimento comunista ha accumulato un ricco patrimonio di conoscenze e un ancora più ricco patrimonio di esperienze. Un’umanità che si organizza per trasformare il mondo secondo un progetto ed è guidata da una concezione del mondo, è certamente un fatto nuovo nella storia dell’evoluzione della specie umana. È la svolta epocale di cui abbiamo bisogno e della quale la società borghese ha posto non solo la necessità ma anche i presupposti. Essi sono nel contesto che abbiamo finora descritto. Il nostro paese è parte di esso.

 

 In questo contesto la manovra approvata tra il 14 e il 15 luglio dai vertici della Repubblica Pontificia è una manovra utile o inutile? Dipende da quali classi sociali e da quali interessi si considerano. Dire semplicemente che è inutile, è dichiararsi contro l’opera dei vertici della Repubblica Pontificia, ma è anche fare dell’interclassismo: come se la popolazione del nostro paese non fosse divisa in classi sociali, come se tutte le classi avessero gli stessi interessi, come se esistesse davvero quel “bene comune” con cui i preti della Chiesa Cattolica travestono i loro interessi e in nome del quale cercano di imporre a tutti i particolari interessi loro e della borghesia imperialista (agli abitanti della Val di Susa cercano ad esempio di imporre il TAV).

Questa manovra è inutile per rilanciare l’attività economica produttiva di merci, i posti di lavoro, i redditi delle masse popolari, attuare l’una o l’altra delle “piattaforme rivendicative” e delle politiche economiche popolari con cui alcuni si illudono e altri illudono le masse popolari. È inutile per far fronte anche solo agli effetti più gravi della crisi. Tanto più è inutile per fare gli interessi delle masse popolari. È invece una manovra utilissima per mettere in maggiori difficoltà i lavoratori nel tentativo di renderli più sottomessi: su questo terreno non a caso la manovra governativa si combina anche nei tempi ed è in rapporto sinergico con le operazioni dei sindacati complici (CISL, UIL, ecc.) e della destra CGIL diretta da Susanna Camusso e dagli altri nipotini di Craxi, con l’offensiva di Marchionne e della Confindustria. È utilissima per spostare ancora più il reddito nazionale a favore della borghesia e del clero e mettere nelle loro mani una quantità maggiore di denaro e quindi rendere per loro indispensabile ampliare ulteriormente il mercato finanziario e la speculazione. È utilissima per offrire un più ampio campo di manovra alla speculazione e un maggiore campo di investimento al capitale privato a scapito di imprese e servizi pubblici, per sottrarre ancora più alle pressioni delle masse popolari (alla loro lotta politica rivendicativa) la gestione dei servizi pubblici, in contrasto con il trionfale successo del referendum del 12 giugno con cui le masse popolari si sono schierate a larga maggioranza a difesa della gestione pubblica dei servizi e della proprietà pubblica dei “beni comuni”. Un pronunciamento di cui solo gli sciocchi minimizzano l’importanza politica limitando l’attenzione al fatto che nell’immediato il voto non ha cambiato la situazione e che le Autorità della Repubblica Pontificia certamente cercheranno di eluderlo. Certamente non si tratta di situazioni che si cambiano con il voto. Di per se stesso il voto lascia la situazione com’era, ma crea condizioni favorevoli per chi vuole portare la lotta a un livello superiore. È quello che noi comunisti dobbiamo fare.

È una manovra benefica o dannosa? Dipende da quali classi sociali e da quali interessi si considerano. Per gli speculatori e per gli operatori e fruitori del mercato finanziario è una manovra benedetta, prolunga il loro gioco e lo allarga. Non a caso la speculazione continua imperterrita, anzi si gonfierà e si farà più pretenziosa. Ma questa manovra apre forse prospettive a lungo termine per i capitalisti e il loro sistema di relazioni sociali? Certamente non ne apre, ma gli speculatori e i finanzieri sanno che non hanno prospettive. Per loro l’importante è stare a galla più a lungo, che sul Titanic la musica continui anche se la nave sta affondando. “A lungo termine ... beh, a lungo termine saremo tutti morti!”, diceva già decenni fa, nel pieno della prima crisi generale del capitalismo, il loro filosofo, J.M. Keynes, a chi gli chiedeva che senso avevano a lungo termine le sue ricette. Certamente è una manovra dannosa per le masse popolari e per quella parte della borghesia che non è principalmente legata al mercato finanziario e alla speculazione, ma è principalmente legata alla produzione di merci.

Potevano la borghesia imperialista e il clero in questo contesto, nel mondo reale in cui viviamo, mettere in cantiere una manovra sostanzialmente diversa? Sostanzialmente diversa era impossibile. La riprova è che in tutti i paesi imperialisti la borghesia suona la stessa musica: restrizioni alle masse popolari e ai lavoratori e favori ai ricchi: cioè più libertà di speculazione, di iniziativa e di arricchimento, meno tasse, riduzione delle spese dello  Stato destinate a soddisfare i bisogni delle masse popolari che la borghesia aveva accettato sotto la pressione del movimento comunista.

Sono quindi degli imbroglioni o degli stupidi quegli esponenti della sinistra borghese, alla Paolo Ferrero per dirne uno, che si affannano a escogitare, proporre e illustrare manovre di ingegneria finanziaria differenti da quella di Tremonti, come se con esse avessero potuto essere soddisfatti sia la borghesia e il clero, sia le masse popolari. La crisi generale divide sempre più la popolazione del nostro paese in due campi contrapposti: da una parte quelli che riescono a vivere solo se riescono a lavorare; dall’altra quelli che godono di tutti i vantaggi senza lavorare o che, se lavorano, non lo fanno per vivere, ma per aumentare la loro ricchezza (Manifesto Programma del (n)PCI, pag. 166): ma la sinistra borghese per sua natura non riconosce la divisione in classi, anzi ne maschera l’esistenza in ogni modo e con ogni appiglio. Che la Banca Centrale Europea compri anch’essa direttamente titoli del debito pubblico come facevano le banche centrali dei singoli paesi prima dell’introduzione dell’euro (già, vi ricordate la manovra Amato-Ciampi del 1992? Quella sì che ha portato in paradiso le masse popolari!) e come fa ancora oggi la Federal Reserve degli USA (infatti, si vede quanto per le masse popolari l’economia va bene negli USA!). Questa o altre misure di ingegneria finanziaria, una diversa distribuzione dei premi e dei tagli, dei flussi di denaro, non cambierebbero la sostanza della cosa: la sottomissione dei popoli e dei paesi alla comunità internazionale degli speculatori.

Di fronte alla nuova grande manovra finanziaria a favore della borghesia imperialista e del clero, assistiamo a sceneggiate analoghe a quella che si produce ogni volta che vi sono aumenti delle benzina o del gasolio per auto o per riscaldamento. Di fronte a ogni rincaro, se gridate allo scandalo, i portavoce della borghesia vi dicono che la benzina aumenta perché aumenta il prezzo del petrolio e che diminuisce ogni volta che diminuisce il prezzo del petrolio. Lo scemo, il finto scemo e l’esponente della sinistra borghese si precipitano a considerare se veramente il prezzo alla pompa diminuisce quando il prezzo del barile di petrolio diminuisce e se diminuisce altrettanto tempestivamente quanto tempestivamente aumenta. Senza chiedersi: ma perché il prezzo del petrolio è aumentato? Dove è aumentato? Per chi è aumentato? Alla borsa merci di Chicago, o alla borsa di New York o di Londra o di altra piazza della speculazione, effettivamente oggi gli speculatori nei loro uffici comprano e vendono tra loro barili di petrolio a un prezzo più alto di ieri: ma l’ENI, la TOTAL e le altre società che estraggono petrolio, lo raffinano e vendono benzina o gasolio, forse che i loro costi di produzione sono variati?

Le manovre diversive possibili sono infinite: fanno parte della guerra con cui la borghesia imperialista cerca di perpetuare il suo regno. Il primo ruolo che i comunisti devono svolgere è vedere oltre le manovre diversive, ricostruire la trama delle relazioni reali e farla conoscere almeno agli esponenti d’avanguardia delle classi interessate.

 

Chi si rassegna a restare schiavo delle relazioni monetarie e finanziarie, chi con la sua mente resta nell’ambito del sistema imperialista mondiale, nella pratica non vede altra possibilità, non vede altro da fare che lasciare scivolare il mondo verso la mobilitazione reazionaria, la guerra e la distruzione ambientale, cercando ognuno come può di tirare la coperta un po’ più dalla sua parte, se non ha la vocazione del masochista. Sfidiamo chiunque a presentare e argomentare un diverso ordinamento degli stessi istituti, delle stesse istituzioni del sistema imperialista mondiale che dia risultati diversi da quelli che abbiamo. Quando Marchionne lancia la sua offensiva, non basta denunciare le sue malefatte: occorre trovare e mettere in opera una linea per togliere il potere a lui e ai cuoi mandanti. Questo è il compito dei comunisti. Questo è quello che la FIOM e il resto della  sinistra dei sindacati di regime, i sindacati alternativi o di base possono e devono promuovere: gli avvenimenti degli ultimi dodici mesi sono stati ricchi di insegnamenti in proposito.

Mettere regole alla speculazione e al mercato finanziario? Attenuarli? Ma la speculazione e il mercato finanziario sono sorti, si sono affermati e hanno preso il ruolo e le dimensioni che hanno, proprio perché l’economia capitalista (la semplice produzione capitalista di merci) ristagnava, era soffocata dai lacci e laccioli che la borghesia stessa si era costruita attorno per resistere al movimento comunista, dalle leggi e dai diritti che la borghesia aveva concesso ai lavoratori per avallare la manovra diversiva dalla rivoluzione e disgregatrice del movimento comunista che i revisionisti moderni portavano avanti dal suo interno. Sostenere che bisogna impedire ai capitalisti di valorizzare il loro capitale tramite le operazioni finanziarie e la speculazione, se ben si considera quello che si dice e gli effetti che esso produrrebbe se fosse mai messo davvero in opera, vuol dire sostenere che bisogna soffocare ancora più l’economia capitalista: questa infatti da più di venti anni a questa parte si regge su bolle speculative, sulle bolle finanziarie o immobiliari, sull’allargamento indefinito delle relazioni di debito e credito. Non è un caso che quando gli esponenti della sinistra borghese si sono trovati a governare, come Paolo Ferrero nel secondo governo Prodi, non per cattiveria o per stupidità personale, ma per forza delle cose hanno cercato di imporre gli stessi provvedimenti che imponeva la destra moderata. È quello che sono tentati di fare i nuovi sindaci alla De Magistris: e certamente finiranno per seguire quella strada e quindi destinarsi allo stesso fallimento della sinistra borghese, se le OO e le OP e noi comunisti in prima fila non faremo loro tenere la strada del Piano del Lavoro, dell’attuazione della parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”.

 

Questo è il punto più alto a cui è arrivata la società capitalista, il massimo che essa ha dato e può dare, restando se stessa. O la gettiamo o la subiamo. La sinistra borghese vorrebbe “la botte piena e la moglie ubriaca”: per questo è condannata al fallimento.

 

Possiamo liberarci dalla comunità internazionale degli speculatori!

 

Certamente il nostro paese può liberarsi dalla comunità internazionale degli speculatori. È una lotta difficile ma che possiamo vincere. Dobbiamo essere decisi a combattere (ma comunque la borghesia imperialista ci coinvolge nella guerra) e imparare a combattere seguendo le leggi della guerra in corso ma combattendo a nostro modo e per i nostri obiettivi. Non basta dire NO ai sacrifici. Bisogna anche dire cosa bisogna fare ed essere decisi a farlo. Bisogna annullare il Debito Pubblico, rifiutare di pagare interessi, rate e commissioni, indicare i provvedimenti da prendere per far fronte al sabotaggio, al boicottaggio, al blocco dei beni italiani all’estero, al rifiuto delle normali operazioni bancarie legate al commercio e agli scambi internazionali e ad altre analoghe misure che i governi, le istituzioni finanziarie e commerciali, le banche e le altre autorità del sistema imperialista mondiale adotteranno quando annulleremo il Debito Pubblico. Bisogna quindi soprattutto e prima di tutto essere pronti (e dichiarare di essere pronti) a costituire un governo che adotti le misure indicate, che le imponga (con l’aiuto delle masse popolari organizzate che lo appoggeranno) a quella parte delle classi dominanti del nostro paese che sostengono le autorità del sistema imperialista mondiale, che stringa relazioni di solidarietà, di collaborazione e di scambio con i governi e le autorità dei paesi che anch’essi vogliono sfuggire alla morsa del  sistema imperialista mondiale, che guidi l’azione delle masse popolari del nostro paese a rimettere in moto l’economia del paese e sviluppare il resto delle relazioni sociali e dei servizi.

A queste condizioni la lotta delle masse popolari contro le imposizioni delle istituzioni del sistema imperialista mondiale avrà successo. Bisogna cioè costituire il Governo di Blocco Popolare, il governo di emergenza delle OO e OP.

Per soddisfare le imposizione della UE e le altre esigenze del “mercato finanziario” del sistema imperialista mondiale, la Repubblica Pontificia si propone di affamare, impoverire, emarginare una parte importante delle masse popolari, svendere quello che ancora resta del patrimonio pubblico e cedere ai capitalisti la gestione di servizi da cui (con bollette e tariffe) spenneranno il pubblico. Questa è la guerra che comunque le masse popolari italiane sono costrette a subire se non combatteranno a modo loro per attuare il programma del GBP.

Il (n)PCI chiama le masse popolari alla mobilitazione e alla lotta. Le misure che le autorità della Repubblica Pontificia prenderanno per soddisfare le esigenze del mercato finanziario sono della stessa gravità, ma su scala più grande delle misure che Marchionne ha preso e vuole prendere contro gli operai FIAT e che i suoi soci della Confindustria si preparano a prendere con l’appoggio non solo del PdL e della Lega Nord, ma anche del PD, del resto del teatrino della politica borghese e della destra che dirige i sindacati di regime: Susanna Camusso & C. Le autorità pubbliche possono graduare con ammortizzatori sociali gli effetti delle misure di Marchionne attingendo alla spesa statale. Ma alla riduzione della spesa statale, all’aumento delle tasse e all’aumento delle bollette e tariffe, a queste tre operazioni combinate tra loro, non possono ovviare. Esse ricadranno per intero e in un breve periodo sulle spalle delle masse popolari e in particolare su quelle dei lavoratori e aggraveranno ulteriormente la crisi economica (disoccupazione, emarginazione e tutto quello che segue).

 

Per far fronte alle imposizioni della UE e delle altre istituzioni del sistema imperialista mondiale bisogna abolire il Debito Pubblico, tutelando solo i risparmi delle masse popolari da convertire in titoli speciali e nuovi.

Con la costituzione del GBP, l’abolizione del Debito Pubblico è un provvedimento realistico. Essa è per sua natura una misura tale da sconvolgere le relazioni dell’Italia con il mercato finanziario e con il resto del sistema imperialista mondiale. Quindi è un provvedimento che può essere adottato con beneficio, ma solo da un governo deciso e capace di far fronte all’intero processo che ne deriva sul commercio internazionale e sull’intera vita economica del paese.

La lotta contro le misure di impoverimento chieste dalla UE e dalle altre istituzioni del sistema imperialista mondiale, la lotte contro la vendita e svendita dei beni pubblici e le lotte contro la dittatura BM-FMI-BCE ed Unione Europea sui singoli paesi, può essere efficace e vittoriosa, ma in ogni paese deve essere inquadrata in una lotta unica e generale per costituire un governo popolare d’emergenza, che attua le corrispondenti misure programmatiche e tesse alleanze internazionali con i governi e le organizzazioni che lottano anch’essi per sottrarsi o non essere fagocitate dal sistema imperialista mondiale. Solo in questo modo sbarreremo la strada alla mobilitazione reazionaria, alla guerra imperialista e alla miseria.

Le Sei Misure Generali che abbiamo indicato come programma del GBP, gli obiettivi, i principi e i criteri a cui devono corrispondere i provvedimenti particolari che il GBP prenderà, su indicazione delle OO e OP e che applicherà con l’aiuto e l’intervento delle OO e OP, creano il contesto necessario per abolire il Debito Pubblico.

 L’abolizione del Debito Pubblico è uno dei provvedimenti di ordine generale che il GBP dovrà necessariamente prendere. Voler soddisfare alle richieste ed esigenze del mercato finanziario, rispettando gli impegni previsti dalle regole e procedure relative al Debito Pubblico, impedirebbe ogni libertà di manovra e di azione al GBP.

Ma sarebbe sbagliato isolare la campagna per l’abolizione del Debito Pubblico dalle presmesse, dalle misure collaterali e dalle misure conseguenti, senza delle quali la campagna si riduce a nulla, come senza la costituzione del GBP a nulla si riducono le piattaforme rivendicative sindacali e affini (le politiche economiche auspicate da Landini, dalla Camusso e da altri: ognuno ci mette la sua).

Bisogna inquadrare la campagna per l’abolizione del Debito Pubblico come misura particolare del movimento perché le OO e OP costituiscano il GBP, quindi come esempio di traduzione del generale nel particolare. Il Debito Pubblico si può realmente abolire (e non solo usare la rivendicazione per attirare voti e deviare l’attenzione) solo con un governo d’emergenza che sappia, voglia e abbia un adeguato sostegno popolare in Italia e il sostegno a livello internazionale dei governi progressisti per gestire gli effetti dell’abolizione del Debito Pubblico e prendere le misure collaterali che l’abolizione del Debito Pubblico richiede per dare nel complesso un risultato positivo per le masse popolari.

 

La crisi generale del capitalismo si aggrava. La borghesia e il clero cercano di salvarsi scaricandola sulle spalle delle masse popolari e lanciandosi in criminali avventure come l’aggressione alla Libia.

A tutto questo le masse popolari e in particolare la classe operaia possono porre fine, rovesciando il corso delle cose, anzitutto costituendo il Governo di Blocco Popolare.

 

Abolire il Debito Pubblico è una misura indispensabile per non sottostare ancora più gravemente alla comunità internazionale degli speculatori!

La costituzione del GBP rende possibile e fruttuosa l’abolizione del Debito Pubblico!

La costituzione del GBP è indispensabile per abolire il Debito Pubblico!

 

Sfruttiamo i risultati dei referendum, delle elezioni amministrative, delle lotte operaie per attuare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”!

Dobbiamo usare la vittoria strappata in una lotta per lanciare una lotta di livello superiore!

 

Il metodo della vittoria è il metodo degli operai della Fincantieri e dei resistenti anti-TAV della Val di Susa, non il metodo della ex-Bertone che i vertici della FIOM hanno imposto agli operai con la propria defezione dalla lotta che avevano lanciato appoggiando la resistenza degli operai di Pomigliano e di Mirafiori!

 

Di lotta in lotta verifichiamo se i dirigenti sono capaci di restare alla testa delle mobilitazione popolare e se meritano la fiducia delle OO e OP: formiamo, rafforziamo e selezioniamo i più generosi e capaci!

 

Un Piano del Lavoro per ogni nuova Amministrazione Locale! Tradurre in misure e provvedimenti particolari e in mobilitazioni concrete la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”!

 

Non avere paura di entrare nel concreto delle cose!

Essere disposti a osare, a imparare, a correggere gli errori, a cambiare!

 

Raccogliere i risultati della campagna elettorale: promuovere la moltiplicazione e il rafforzamento delle Organizzazioni Operaie e delle Organizzazioni Popolari, sviluppare il lavoro operaio del Partito, costituire ovunque Comitati di Partito clandestini!

 

Solidarietà con le masse popolari della Grecia, della Spagna, del Portogallo e dell’Irlanda!

Solidarietà con la lotta antimperialista delle masse popolari dei paesi arabi e musulmani!