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(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

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Pomigliano conferma, a un livello superiore, gli insegnamenti dell’INNSE e delle elezioni regionali di marzo!
 
 
Comunicato CC - 30 giugno 2010


Comunicato CC 15/10 - 14 luglio 2010

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Possiamo vincere! Dobbiamo vincere!

 

Che da ogni fabbrica e da ogni azienda, da ogni quartiere e da ogni paese parta un movimento di riscossa dei lavoratori e delle masse popolari che costituisca un governo d’emergenza capace di far fronte alla crisi!

 

Gli operai di Pomigliano e di Termini Imerese devono mettersi alla testa della riscossa di tutti i lavoratori! Solo così salvano anche se stessi!

 

Di giorno in giorno cresce l’agitazione tra gli esponenti ufficiali e no della Repubblica Pontificia. La crisi politica si aggrava. Il governo della banda Berlusconi traballa. Le divisioni si acutizzano, i contrasti si fanno più aperti, gli avversari della banda Berlusconi diventano più audaci. Le autorità della Repubblica Pontificia non sono in grado di far fronte né alla crisi economica né alla crisi ambientale. Gli operai di Pomigliano, lo SLAI Cobas, la Confederazione Cobas e la FIOM hanno inferto un duro colpo al progetto di Marchionne. A suo favore si erano impegnati e coalizzati sostanzialmente tutti gli esponenti della Repubblica Pontificia (dal PdL al PD, da Epifani a Marcegaglia). Su di esso tutti i signori e i monsignori avevano riposto grandi speranze e prospettive. Ora sono scombussolati e litigano su chi deve pagare i danni. Lo scompiglio in campo nemico crescerà ulteriormente e tanto più quanto maggiore sarà il carattere offensivo dell’attività del nostro campo, del campo delle masse popolari: quanto più la lotta per il lavoro, per la difesa dei diritti acquisiti e per la protezione dell’ambiente diventerà lotta per costituire un governo d’emergenza delle Organizzazioni Operaie e delle Organizzazioni Popolari che faccia fronte alla crisi, il Governo di Blocco Popolare.

 

Che la crisi ambientale sia mondiale, nessuno osa negarlo. Invece alcuni imbrogliano le carte sulla crisi economica. Bando a ogni illusione sulla fine della crisi economica e sul carattere solo italiano o peculiarmente italiano della crisi economica. Nel corso degli ultimi 30 anni il sistema finanziario è cresciuto oltre ogni misura conosciuta. Con la libera circolazione dei capitali e le monete fiduciarie mondiali, si è ancora più internazionalizzato. I ricchi, i finanzieri, i banchieri, i prelati, i capitalisti e gli esponenti della criminalità organizzata si sono abituati a fare soldi oltre ogni limite con operazioni e speculazioni finanziarie. Per di più hanno fatto grandi investimenti per produrre merci nei paesi neocoloniali e nei paesi ex socialisti rientrati nel sistema imperialista. Qui i capitalisti saccheggiano le risorse naturali più liberamente (con meno “lacci e laccioli”: quelli contemplati nell’art. 41 della Costituzione italiana) e sfruttano senza ritegno un proletariato abbondante, di buon livello professionale e costretto, stante la debolezza del movimento comunista e operaio, a sopravvivere con salari da metà a un decimo di quelli dei lavoratori dei paesi imperialisti come il nostro, inferiori persino a quelli necessari alla riproduzione della forza lavoro: sono proletari a perdere. La borghesia imperialista sta facendo pagare a caro prezzo all’umanità, fino al rischio dell’estinzione, la sconfitta subita dal movimento comunista internazionale, l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria e la deviazione e il crollo dei primi paesi socialisti.

Per anni il sistema finanziario è cresciuto di bolla speculativa in bolla speculativa, fino alla crisi finanziaria del 2008. A questo punto le banche non incassavano i crediti elargiti e fallivano, il sistema monetario minacciava di crollare. Allora gli Stati borghesi hanno fatto uso dei loro poteri per volare al soccorso della banche e delle istituzioni finanziarie, si sono indebitati ancora di più. Ora con la scusa del debito, anche i governi dei paesi imperialisti ricorrono a misure di austerità, come negli anni ‘80 dovettero fare i governi dei paesi neocoloniali, quando obbedirono alle banche e al Fondo Monetario Internazionale e generarono le rivolte della fame e la grande emigrazione verso i paesi imperialisti.

Ora è la volta dei governi dei paesi imperialisti. Licenziano, tagliano le spese per servizi sociali, tagliano pensioni e ammortizzatori sociali. I consumi delle masse popolari e le attività economiche si riducono. Calo dei consumi e delocalizzazioni fanno dilagare nei paesi imperialisti la crisi delle attività produttive di beni e servizi in cui lavorano i proletari. I posti di lavoro diminuiscono, in particolare quelli regolari e a tempo indeterminato. Quelli che restano con un posto di lavoro, devono lavorare di più e in condizioni peggiori. Queste sono le leggi della concorrenza internazionale che Marchionne dice che non sono leggi fatte dagli uomini e che nessun uomo quindi può cambiarle. E Ratzinger acconsente: sono eterne.

I capitalisti e i ricchi in generale fanno soldi con operazioni e speculazioni finanziarie, chiudono le industrie e riducono la quantità e la qualità dei servizi pubblici, delocalizzano imprese, rendono in mille modi più difficile la vita della masse popolari. L’esito delle elezioni, si decide a suon di quattrini. Ma neanche questo basta: per mantenere in vita i loro governi e le loro istituzioni parlamentari hanno eretto barriere alla partecipazione delle masse popolari alla lotta politica borghese. ma non basta e per evitare che il malcontento trovi centri di aggregazione e di mobilitazione, attaccano i sindacati (da noi esemplare è il caso della FIOM) che non accettano di ridursi a uffici governativi e padronali per la gestione del personale, aumentano controlli e repressione preventiva legalizzata o no contro i comunisti, tanti aspiranti piccoli Himmler alla Roberto Maroni lanciano squadre di poliziotti e gendarmi contro scioperanti e dimostranti e sempre più le affiancano con squadracce fasciste e con ronde razziste.

 

Alcuni oppositori della banda Berlusconi accusano il suo governo di non avere e tanto meno attuare piani di salvaguardia delle imprese industriali come invece farebbero i governi della Germania, della Francia, della Gran Bretagna, degli Stati Uniti, di altri paesi imperialisti. Fino a due anni fa il loro ideale era la Spagna di Zapatero! Ma parlano per confondere le idee e deviare l’attenzione delle masse popolari o per ignoranza, per sentito dire. Anche se in generale con meno sguaiataggine e meno ostentazione di ricchezza, lusso e vizi personali, i capi di governo e i ricchi degli altri paesi imperialisti fanno quello che in Italia fa Berlusconi. Berlusconi di suo ci porta il tocco e il tratto tipico della Repubblica Pontificia, dei suoi prelati e curiali, alla Sepe, alla Sodano, alla Bertone e alla Ratzinger. Licenziamenti, delocalizzazioni, riduzione dei servizi pubblici, taglio delle pensioni e degli ammortizzatori sociali, saccheggio dell’ambiente, persecuzione degli immigrati, riduzione dell’istruzione pubblica e della sanità pubblica, persecuzione dei veri oppositori e dei comunisti sono all’ordine del giorno in tutti i paesi imperialisti. Le aggressioni contro la Palestina, l’Afghanistan, l’Iraq, il Pakistan, ecc. ecc. ne sono la conferma.

 

Contro questo corso delle cose, cresce tra le masse popolari la protesta.

Ma non basta protestare! Finché l’iniziativa economica è in mano ai ricchi, finché sono i ricchi che hanno le risorse e l’autorità per decidere se aprire o chiudere un’impresa, se assumere o licenziare, finché i Marchionne e gli Elkann possono a ragione dire “l’azienda sono io!”, i lavoratori finiscono con maggiore o minore resistenza a subire quello che ai ricchi occorre per fare profitti, per accumulare soldi. E oggi loro i soldi li fanno con le speculazioni e le operazioni finanziarie e con investimenti nei paesi coloniali ed ex socialisti come la Cina, l’Europa Orientale e la Russia.

 

Ma niente di tutto questo è fatale! In realtà sono gli uomini che fanno la loro storia. Marchionne dice che le leggi dell’economia sono leggi di natura: “non le abbiamo fatte noi e nessuno di noi può cambiarle”. Ma non è del tutto vero. Le leggi dell’economia capitalista sono un aspetto delle relazioni proprie del sistema capitalista, corrispondono alla natura dei capitalisti, alla natura di una società diretta dai capitalisti. Sono un prodotto della storia umana, le hanno fatte gli uomini che per liberarsi da preti e feudatari hanno fatto il capitalismo, anche con grandi rivoluzioni, come la Rivoluzione Francese. Gli uomini non possono cambiarle, ma possono abolirle. Per abolire le leggi dell’economia capitalista bisogna abolire il capitalismo, bisogna cambiare l’intero sistema delle relazioni sociali. Bisogna fondare una nuova società, aprire un’altra epoca della storia dell’umanità: instaurare il socialismo.

È quello per cui da 160 anni lotta il movimento comunista fondato da Marx ed Engels nel 1848 con gli operai francesi, inglesi e tedeschi e da allora esteso a tutto il mondo. È quello che il movimento comunista era anche riuscito a fare fino ad un certo punto, durante la prima ondata della rivoluzione socialista, nella prima parte del secolo scorso. Allora avevamo fondato i primi paesi socialisti estesi a un terzo dell’umanità, avevamo abolito il sistema coloniale e, anche nei paesi imperialisti dove non avevamo saputo instaurare il socialismo, avevamo costretto i capitalisti a molte concessioni per salvarsi: a creare un sistema economico pubblico (industrie, reti commerciali, banche e assicurazioni, società di servizi e lavori pubblici) e servizi pubblici (istruzione, sanità, trasporti, pensioni, sicurezza sociale) su grande scala, a permettere l’accesso della massa della popolazione alla soddisfazione dei bisogni elementari della vita, a permettere alle masse popolari di esercitare diritti politici e civili (diritto di organizzazione, di sciopero, contratti collettivi nazionali di lavoro, carte internazionali dei diritti universali, diritto universale di voto, diritto al divorzio e all’assistenza in caso di aborto, parità tra uomini e donne, messa fuori legge delle discriminazioni razziali, nazionali, religiose, ecc. ecc.).

 

Tutto questo aveva fatto il movimento comunista costituito da milioni di uomini e di donne organizzati nei partiti comunisti presenti in ogni parte del mondo, la parte più avanzata dell’umanità che passo dopo passo mobilitava contro padroni e preti il resto dell’umanità, sotto la gloriosa e lungimirante direzione di grandi uomini come Lenin, Stalin e Mao Tse-tung. Lo avevamo fatto in lotta accanita e costante con le maggiori potenze del mondo ancora in mano ai capitalisti (gli USA, la Germania nazista, la Francia, la Gran Bretagna, l’Italia fascista) e contro il clero reazionario, in particolare la Chiesa Cattolica e il Papato di Roma che non hanno esitato a ricorrere alle barbarie più primitive centuplicate in potenza distruttiva dalla tecnologia più moderna per schiacciare, deviare, corrompere, estinguere il movimento comunista. In effetti la nostra era un’impresa grande, tentata per la prima volta nella storia dell’umanità e non sapevamo molte cose che era necessario sapere per portare la nostra impresa a compimento. Come in ogni grande imprese, gli uomini imparano dall’esperienza, per tentativi, facendo errori e traendone lezione. Ma sono stati tentativi fruttuosi, errori da cui abbiamo tirato molte lezioni. Grazie a queste oggi possiamo affrontare l’impresa di tirarci fuori dal pantano sanguinoso di miseria, di crisi economica e ambientale, di guerre e di torture, fuori dal marasma morale e intellettuale in cui la temporanea vittoria dell’imperialismo USA e del Vaticano, strettamente alleati, sulla prima ondata della rivoluzione proletaria, hanno ripiombato l’umanità.

 

Contrariamente a quello che scrive Marchionne, gli uomini e le donne possono porre fine alle leggi dell’economia capitalista: possiamo e dobbiamo costituire nuovi paesi socialisti. A questo fine, la parte più generosa e più avanzata delle masse popolari e in particolare degli operai e delle operaie devono organizzarsi nei partiti comunisti e far rinascere il movimento comunista, forte delle lezioni tratte dagli errori e dai limiti che ci hanno impedito di condurre fino in fondo la prima ondata della rivoluzione proletaria e instaurare il socialismo anche nei paesi imperialisti. Questo è l’impresa che sta davanti alla nostra generazione e a cui è affidata la salvezza e la sopravvivenza dell’umanità. Marchionne & C vogliono prolungare la vita del capitalismo, dei privilegi, dei vizi e del potere dei capitalisti e del clero, a spese di tutta l’umanità. Noi comunisti chiamiamo le masse popolari e in primo luogo gli operai alla rinascita del movimento comunista, all’instaurazione del socialismo, all’abolizione del capitalismo e a una nuova superiore fase della storia dell’umanità: per questo ci organizziamo in nuovi partiti comunisti.

Paolo Ferrero, dopo che le elezioni dell’aprile 2008 lo hanno sbalzato dallo scranno di ministro del famigerato ultimo governo Prodi, oggi, da segretario del PRC, successore di Bertinotti e autorevole esponente della Federazione delle Sinistre (delle sinistre che denigrano la prima ondata della rivoluzione proletaria o comunque ne rigettano l’esperienza, quindi sinistre anticomuniste e comunque non comuniste), oggi chiama a “organizzare una mobilitazione vasta e nello stesso tempo qualificata sui contenuti: una posizione non liberale ma di classe. Ai lavoratori non serve la testimonianza, serve un movimento che in ragione della sua ampiezza guadagni credibilità” (Liberazione, 10 luglio 2010). E propone agli operai e alle operaie di Pomigliano e dell’intera FIAT di farsene loro promotori. È significativo che perfino un ex ministro di Prodi, un ex collega di Bersani e di Damiano chieda  agli operai e alle operaie di prendere nelle loro mani l’iniziativa politica. È la conferma che la rinascita del movimento comunista ne ha fatta della strada. Ma dobbiamo mantenere fermo, contro il vizio inveterato di uno che non vede oltre l’orizzonte della società borghese, che un movimento popolare può guadagnare ampiezza e credibilità, diventare efficace soggetto della storia, fare la storia, solo per il realismo e la giustezza del suo obiettivo e del suo metodo di lotta contro l’attuale sistema di relazioni sociali. L’esperienza oltre che la scienza hanno dimostrato che solo il movimento comunista costruisce l’alternativa al mondo attuale, al capitalismo della borghesia imperialista e del Vaticano.

E un movimento comunista ha bisogno anzitutto di comunisti. Ha bisogna che gli esponenti più generosi e più avanzati della classe operaia e delle masse popolari assumano su di sé la responsabilità di promuovere la rinascita del movimento comunista, di costruire e rafforzare nuovi partiti comunisti basati sulla scienza sociale più avanzata ricavata dalla storia dell’umanità, il marxismo-leninismo-maoismo. Le masse popolari hanno bisogno di una prospettiva giusta e di una direzione giusta. Basta con gli intellettuali che chiedono alle masse di fare quello che oggi, nell’ambito del capitalismo, le masse non possono ancora fare, quello che i nuovi intellettuali delle masse, le nuove elite delle masse popolari, i comunisti devono fare. Lo scontro di Pomigliano ha confermato che quando una direzione indica la strada giusta e si è data i mezzi organizzativi per portarla alle masse, trova risposta generosa tra le masse. La borghesia e il clero non sono riusciti a cancellare completamente l’eredità ideale, spirituale, sentimentale e organizzativa della prima ondata della rivoluzione proletaria. Su questa dobbiamo fondarci per la rinascita.

 

Per questo il nuovo Partito comunista italiano chiama gli operai e le operaie della FIAT che oggi nel nostro paese sono al centro della lotta di classe, in particolare gli operai e le operaie di Termini Imerese e di Pomigliano, a unirsi a noi e mobilitare con noi le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari di tutto il paese perché si facciano promotrici della costituzione di un governo di emergenza che faccia fronte alla crisi, il Governo di Blocco popolare.

Per valorizzare i risultati ottenuti con il referendum di Pomigliano del 22 giugno, occorre che le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari, d’azienda e territoriali, costituiscano un governo d’emergenza. I sindacati che hanno promosso il No al referendum devono mettersi alla testa del loro movimento per costituire un governo che attui le seguenti sei misure generali. 

Assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa).

Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.

Assegnare ad ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato, nessun individuo deve essere emarginato).

Eliminare attività e produzioni inutili e dannose per l’uomo o per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti.

Avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione.

Stabilire relazioni di collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.

Un simile governo avrà una grande capacità d’azione e una forza irresistibile. Le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari che già esistono e quelle che si formeranno in tutto il paese man mano che il movimento si svilupperà, assolveranno al compito di

- indicare caso per caso al GBP i provvedimenti particolari e concreti che deve adottare per realizzare nel caso concreto le sei misure generali,

- far attuare i provvedimenti che il GBP adotta e attuarli direttamente quando i funzionari pubblici recalcitrano ad attuarli,

- stroncare le manovre a cui certamente i gruppi più reazionari e criminali della borghesia, del clero e dei loro accoliti, complici e alleati ricorreranno per boicottare e sabotare l’azione del GBP.

In questo modo le masse popolari organizzate impareranno a governare.

Si creeranno così le condizioni per accelerare la rinascita del movimento comunista e deludere le speranze della classe dominante (la borghesia imperialista, il Vaticano, le Organizzazioni Criminali, con i loro padrini esteri: gli imperialisti USA e i gruppi sionisti) di riprendere in mano la situazione e reimporre il loro assurdo mondo.

Marchionne chiacchiera per nascondere la verità: se è vero che le regole della competizione internazionale tra capitalisti, noi non possiamo cambiarle, è vero però che possiamo abolirle. In fondo Marchionne senza volerlo dice una cosa vera e importante: dice che il capitalismo non si cambia, lo si elimina! Per vivere, noi dobbiamo e possiamo eliminare il capitalismo creare una nuova umanità, senza sfruttatori e senza sfruttati, senza capitalisti e senza prelati. Una nuova fase della storia della specie umana, dove ogni adulto farà la sua parte di lavoro produttivo e quindi tutti avranno il tempo, le energie e le risorse per partecipare al patrimonio intellettuale e morale più avanzato che l’umanità ha creato e contribuire a svilupparlo ognuno con il meglio delle sue capacità. Diventerà allora realtà l’augurio di Dante: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”.

Per arrivare a tanto, dobbiamo tuttavia affrontar lotte difficili. Nessuno ci regalerà il nuovo mondo. Dobbiamo costruirlo noi stessi lottando senza tregua contro le classi, i gruppi e gli individui che si fanno forti delle attuali risorse dell’umanità di cui essi dispongono perché classe dominante, per conservare l’attuale ordinamento sociale. Sicché dovremo seguire l’imperativo di Dante “Ogni viltà convien che qui sia morta”.

Dobbiamo rendere il paese ingovernabile da autorità che non soddisfano gli interessi e le aspirazioni delle masse popolari, che non fanno fronte alla crisi a salvaguardia degli interessi delle masse popolari. “Le fabbriche non si governano senza consenso”, giustamente osserva Maurizio Landini, segretario generale della FIOM. Ma lo stesso vale per l’intera società dei paesi imperialisti. Proprio qui sta il nostro punto di forza. La borghesia e il clero non sono in grado di governare il paese se non riescono ad avere il consenso e la collaborazione, come minimo la rassegnazione di una parte importante delle masse popolari. Questo dato di fatto, non dobbiamo usarlo per consigliare a Marchionne di trovare un accordo, di venire a patti. Dobbiamo usarlo come fatto su cui far leva per costringere la classe dominante a rassegnarsi alla costituzione di un governo d’emergenza delle OO e delle OP, per rifare un Luglio ’60 di dimensioni maggiori. Starà poi a noi fare in modo che la borghesia e il clero non riescano più a riprendere in mano la situazione.

Nessuna pace sociale, senza giustizia sociale. Senza giustizia sociale, pace sociale vuol dire lasciare alla mercé dei padroni, dei banchieri, dei prelati, della criminalità organizzata ogni individuo che loro mettono nei guai. Loro vogliono la pace sociale nell’ingiustizia. Vogliono abolire la lotta di classe. Marchionne nella sua lettera esprime chiaramente, candidamente la sostanza del programma fascista e nazista: abolire la lotta di classe - di fatto, siccome abolirla è impossibile, reprimerla conservando e riaffermando la sottomissione dei proletari ai capitalisti. “Siamo tutti nella stessa barca contro le altre nazioni”, dice Marchionne. Ovviamente sulla barca, i padroni fanno i padroni (Marchionne come solo stipendio di Amministratore Delegato FIAT prende 5 milioni di euro l’anno, ma, più importante ancora, comanda) e i lavoratori lavorano.

Noi dobbiamo approfondire la lotta di classe, organizzarla e guidarla fino alla vittoria dei lavoratori e all’instaurazione del socialismo. È l’unica via per farla finita con il capitalismo e le sue leggi della concorrenza, che mettono paese contro paese, individui contro individui ed escludono la massa della popolazione dal patrimonio culturale e morale più avanzata che la specie umana ha elaborato e in definitiva nelle condizioni attuali oramai rendono impossibile l’esistenza della specie umana.

 

Il referendum di Pomigliano ha confermato, a un livello superiore, gli insegnamenti dell’INNSE e delle elezioni regionali di marzo: esistono nelle masse popolari le forze disponibili a farla finita con la Repubblica Pontificia!

 

Occorre farla finita col capitalismo!

Occorre una società nuova, in Italia e nel mondo!

Ogni lavoratore che non vuole subire i padroni deve contribuire a costruirla! Può contribuire a costruirla!

 

Facciamo del posto di lavoro un problema di ordine pubblico!

 

Nessuna pace sociale senza giustizia sociale!

Senza giustizia sociale, pace sociale significa lasciare sola ogni persona che i padroni mettono nei guai!

 

Un governo d’emergenza deve prendere il potere e rimettere in sesto il paese devastato dalla Repubblica Pontificia, dalla banda Berlusconi, dai suoi accoliti e dai suoi padrini!

 

Che gli operai più generosi, i giovani più coraggiosi e le donne più avanzate si arruolino nel Partito comunista e costituiscano Comitati di Partito per mobilitare le OO e le OP a costituire un governo d’emergenza che faccia fronte alla crisi  e apra la via all’instaurazione del socialismo!