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(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

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Comitati di Partito

Comunicato CC 05/10 - 22 marzo 2010

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 Sul Comunicato congiunto di Proletari Comunisti e del Coordinamento dei Collettivi Comunisti.

I propositi sono buoni!

Il Comitato Centrale del nuovo Partito comunista italiano auspica che i fatti corrispondano ai propositi!

 

Con il Comunicato congiunto di domenica 28 febbraio 2010 “i compagni di Proletari Comunisti e del Coordinamento dei Collettivi Comunisti” hanno annunciato che, avendo già in corso un “processo di unità nel quadro generale della battaglia per la costruzione del partito comunista” su cui le due organizzazioni riconoscono di avere “un’ampia convergenza ideologica, politica e pratica”, per “continuare il processo unitario e farlo avanzare definendone obiettivi, tempi e percorso” hanno costituito “una commissione congiunta” che elaborerà “un documento ... vincolante per tutti i compagni appartenenti alle due organizzazioni”. La “commissione congiunta si riunirà entro tre mesi”, cioè entro la fine di maggio di quest’anno.

 

Se il documento comune verrà effettivamente redatto ed esporrà obiettivi, tempi e percorso di un processo unitario per la costituzione del partito comunista, sarà certamente un passo positivo. Infatti il documento finalmente esporrà in cosa consiste “il partito di tipo nuovo” di cui Rosso Operaio prima e poi Proletari Comunisti hanno finora accuratamente taciuto le caratteristiche, quali sono gli apporti del maoismo che Proletari Comunisti integra nella propria concezione del mondo e che ha finora evitato di dichiarare, in cosa consistono la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata e vari altri elementi della concezione del mondo, della strategia e della linea che finora Proletari Comunisti ha lasciato nelle nebbie di dichiarazioni altisonanti ma vuote. Non ritorniamo sui dettagli perché abbiamo più volte affrontato il tema in documenti che gli interessati possono reperire nel nostro sito. In essi abbiamo chiarito anche che la pretesa adombrata da Proletari Comunisti di “procedere con la pratica” prescindendo dalla teoria e l’incitamento a disprezzare la teoria sono nocivi alla rinascita del movimento comunisti e contrari al marxismo: infatti secondo il marxismo la più avanzata comprensione del mondo è la condizione per guidarne la trasformazione (Manifesto del partito comunista, 1848). La sconfitta subita dal movimento comunista nella seconda parte del secolo scorso è stata causata principalmente dai suoi limiti nella comprensione del mondo (forma della rivoluzione socialista, natura della crisi del capitalismo nell’epoca imperialista, caratteristiche del regime di controrivoluzione preventiva, lotta tra le due linee nel partito comunista, natura delle borghesia nei paesi socialisti).

Quindi il Comitato Centrale del (nuovo) Partito comunista italiano augura pieno successo al lavoro delle neonata “Commissione congiunta”. Ottimo passo comunque averla costituita.

Se essa farà un buon lavoro, tutto il movimento comunista se ne gioverà. Vorrà dire che Proletari Comunisti, un gruppo di compagni che sotto vari nomi opera da quasi 30 anni e a suo modo fin dal 1984, partecipando alla fondazione del Movimento Rivoluzionario Internazionalista (MRI), ha alzato nel nostro paese la bandiera del maoismo, incomincia a liberarsi dal dogmatismo (in campo teorico) e dall’economicismo (nell’attività pratica) che finora hanno caratterizzato e reso in larga misura sterile la sua attività.

Se la costituzione della Commissione farà la fine di varie altre passate iniziative dello stesso gruppo, proprio gli ambiziosi, giusti e impegnativi propositi dichiarati nel Comunicato congiunto ne faranno un fattore di chiarimento nel variopinto mondo di quanti, anche onestamente, si dichiarano comunisti e sinceramente vogliono diventare comunisti. L’ingloriosa attività del defunto governo Prodi e il naufragio parlamentare della sinistra borghese nelle elezioni politiche del 2008 hanno ingrossato e messo in fermento questo mondo. La fase terminale della crisi generale e la pressione della mobilitazione reazionaria che si esprime nelle “prove di fascismo” spingono gli elementi migliori a prendere decisioni. E organizzarsi nel Partito comunista non è un processo oggettivo, come dice una tesi dietro cui volentieri si nascondono gli opportunisti pseudomarxisti che rimandano il proprio impegno a condizioni che ancora non esistono e alla convergenza di masse e gruppi che non possono convergere e che comunque non convergono spontaneamente, cioè senza l’azione mirata del Partito comunista. Organizzarsi nel Partito comunista è il prodotto della volontà, della decisione, della maturazione intellettuale e morale degli individui: non a caso l’adesione al Partito comunista è individuale.

Anche se la Commissione congiunta dovesse produrre poco o nulla, servirà forse di lezione almeno ad alcuni compagni del Coordinamento dei Collettivi Comunisti, in gran parte transfughi dal nostro Partito e appartenenti alla destra irriducibile della terza Lotta Ideologica Attiva conclusasi nella Carovana del (n)PCI giusto un anno fa. Per loro infatti la costituzione della Commissione non è un passo avanti rispetto alle posizioni ideologiche, politiche e pratiche a cui già erano arrivati. Ma a volte nella vita degli individui occorre ricominciare daccapo.

 

L’organizzazione dei comunisti in Partito è un passo chiave, decisivo della guerra popolare rivoluzionaria. Noi abbiamo alle spalle alcuni decenni di orgia antipartito, di declamazioni più o meno dotte sul “superamento della forma-partito” (il professor Toni Negri è stato il più noto declamatore del “superamento”). In realtà si è trattato di uno degli aspetti della lotta condotta dalla borghesia e dal clero contro il movimento comunista, nel disperato tentativo di affossarlo definitivamente, approfittando dei suoi errori, dei suoi limiti e della sua conseguente cocente sconfitta. Infatti per gli operai il Partito comunista è uno strumento essenziale di lotta e di vittoria. Senza Partito comunista essi non possono esercitare la loro egemonia e la loro direzione sulla trasformazione della società capitalista e tanto meno condurla verso l’instaurazione del socialismo e la successiva transizione dal capitalismo al comunismo: quindi non possono emanciparsi dalla borghesia e dal clero. La costituzione, il consolidamento e il rafforzamento del Partito comunista è quindi la fonte e l’elemento centrale della guerra popolare rivoluzionaria che il Partito comunista sta promuovendo per instaurare il socialismo. Il marxismo-leninismo-maoismo è la sola concezione che permette al Partito di avere la fermezza strategica e la flessibilità tattica necessarie per essere centro propulsore della guerra popolare rivoluzionaria e condurla alla vittoria. Tutte tesi che i membri del Coordinamento dei Collettivi Comunisti, comunque passati attraverso la scuola del (n)PCI, conoscono.

Il processo messo in moto da Proletari Comunisti e dal Coordinamento dei Collettivi Comunisti con la costituzione della Commissione congiunta sarà certamente ricco di insegnamenti. Quindi il CC del (n)PCI invita i CdP del Partito e tutti gli aspiranti comunisti a seguirlo con la maggiore attenzione di cui sono capaci. Così come li invita a seguire con attenzione e attiva partecipazione (linea di massa e metodo delle leve) il Congresso della CGIL che si concluderà il 5-8 maggio a Rimini, il Congresso di unificazione e trasformazione dei Sindacati di Base (RdB, SdL Intercategoriale, parte della CUB e altri) che si concluderà il 21-23 maggio a Roma, l’attività e le iniziative delle numerose Reti formate e in formazione da parte di Organizzazioni Operaie e di Organizzazioni Popolari. Sono tutti elementi costitutivi, rivoli attraverso cui avanza, può avanzare “su due gambe” la creazione delle condizioni per la costituzione del governo d’emergenza delle Organizzazioni Operaie e delle Organizzazioni Popolari necessario per porre rimedio almeno agli effetti più gravi della crisi economica, ambientale e politica, il Governo di Blocco Popolare che farà fronte alla mobilitazione reazionaria e aprirà una via più larga alla rinascita del movimento comunista e all’instaurazione del socialismo nel nostro paese. Il consolidamento e rafforzamento del nuovo Partito comunista italiano è il fattore decisivo dell’intero processo, perché il Partito è il motore dell’intero processo.

Come contributo al lavoro della Commissione congiunta riportiamo di seguito due testi pertinenti ai problemi che essa dovrà affrontare e che attengono anche ai problemi che devono affrontare tutti i compagni che vogliono partecipare attivamente al rivolgimento sociale in corso.

 

 

1

 

Abbracciamo realmente il maoismo come fase superiore del patrimonio teorico comunista

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Dichiarazione presentata dalla Delegazione del CC del (n)PCI alla riunione convocata a Parigi il 30-31 gennaio 2010 da Partito Comunista Maoista – Italia (Proletari Comunisti), Partito Comunista Maoista di Francia, Partito Comunista Maoista di Turchia/Nord Kurdistan

 

C’è la crisi. Milioni di proletari vengono licenziati o comunque messi al margine dell’attività economica e costretti a vivere di ammortizzatori sociali, di assistenza, di miseria e di sotterfugi. Rivolte e subbugli scoppiano ora qui ora là. Le condizioni sono diventate più favorevoli alla rivoluzione. È indispensabile costruire in ogni paese un partito comunista marxista-leninista-maoista.

È vero tutto questo o è sbagliato? È vero, ma è anche sbagliato!

Chi pensa che nei paesi imperialisti è diventato possibile fare la rivoluzione socialista solo ora perché c’è la crisi, perché le condizioni delle masse popolari e in particolare dei lavoratori peggiorano e quindi la rivoluzione socialista scoppierà, chi pensa così è fuori strada. I partiti che la pensano così non faranno la rivoluzione, anche se si dichiarano e sinceramente si credono maoisti, perché nessuna rivoluzione socialista scoppierà, come non è scoppiata nel passato.

Ma è possibile fare la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti: in Italia, in Francia, in Germania, in Gran Bretagna, negli USA? Certo che è possibile. È possibile ora, ma era possibile anche nel secolo scorso, durante la prima ondata della rivoluzione proletaria. Invece ancora oggi anche tra i maoisti alcuni sostengono che perché si possa fare la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti, occorre che prima si sviluppi su grande scala la rivoluzione antimperialista di nuova democrazia nei paesi oppressi. Questa tesi è sbagliata. È frutto di una concezione determinista della storia, di una caricatura del materialismo storico. Aveva ragione Lenin, aveva ragione Stalin che già nei primi decenni del secolo scorso sostenevano che era possibile fare la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti e giustamente denunciavano i socialdemocratici perché non volevano farla, perché dicevano che era impossibile farla. In realtà il movimento delle masse non può svilupparsi oltre un certo livello se non è diretto da un partito comunista capace di dirigerlo. La rivoluzione socialista è possibile solo se l’avanguardia degli operai è organizzata in un partito che la vuole fare.

Era possibile fare la rivoluzione nei paesi imperialisti: ma perché allora nessuno dei partiti comunisti è riuscito a fare la rivoluzione socialista nel proprio paese? I partiti che oggi non rispondono chiaramente e giustamente a questa domanda basandosi sul bilancio dell’esperienza, non conoscono la strada per riuscire a fare oggi quello che i partiti comunisti non sono riusciti a fare ieri: la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti. Quindi non la faranno, anche se si dichiarano e sinceramente si credono maoisti. Fare la rivoluzione socialista non è solo e neanche principalmente una questione di buona volontà e di dedizione alla causa. I primi partiti comunisti d’Italia, di Francia, di Spagna e di altri paesi europei hanno condotto lotte eroiche contro il fascismo e contro il nazismo, hanno fatto la Resistenza, eppure non hanno fatto la rivoluzione socialista. Perché?

Perché non avevano una comprensione abbastanza giusta delle condizioni in cui combattevano e non avevano una strategia per conquistare il potere e instaurare il socialismo. Non sapevano come si fa a fare la rivoluzione socialista in un paese imperialista. Il maoismo ci ha fornito gli strumenti intellettuali per comprendere a un livello superiore la situazione in cui combattiamo e per definire la strategia che dobbiamo seguire, ci fornisce un metodo superiore per conoscere e agire. I gloriosi ed eroici partiti comunisti che ci hanno preceduto non avevano tutto questo né lo hanno sviluppato loro stessi. Per questo non hanno fatto la rivoluzione socialista.

Ma quali sono gli apporti principali del maoismo al pensiero comunista?

 

La rivoluzione socialista non è un evento che scoppia perché il capitalismo è in crisi e le masse popolari stanno male: sostanzialmente i partiti comunisti dovrebbero solo prepararsi a cogliere l’occasione. La rivoluzione socialista è una guerra popolare rivoluzionaria, il partito l’organizza fase dopo fase, raccoglie su ogni fronte della lotta di classe le forze per condurla su scala crescente, individua, organizza, combina e dirige i mille filoni, episodi e casi della lotta di classe. Questi spontaneamente si sviluppano in ordine sparso e spesso addirittura si neutralizzano tra loro: il partito invece li combina tra loro in modo che si rafforzino a vicenda, diano luogo a scontri di livello superiore fino a costituire una forza invincibile, che rende alla borghesia e al clero la vita impossibile. Se il partito non organizza e dirige la lotta di classe in questo modo, non ci sarà alcuna rivoluzione socialista, per quanto la crisi del capitalismo diventi grave. Sarà la borghesia a trovare una qualche sua via d’uscita.

I compagni che sostengono che il regime in cui viviamo oggi in Italia è moderno fascismo, anche se si dicono e sinceramente si credono maoisti, non capiscono che i gruppi più reazionari e criminali della borghesia e del clero stanno cercando di promuovere la mobilitazione delle masse popolari ai loro ordini, per scagliare una parte di esse contro l’altra e per condurle a saccheggiare altri paesi. Non capiscono che il partito comunista deve promuovere la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari attorno a sé, sotto la sua direzione. Tanto meno capiscono come deve farlo. Non vedono la gara ancora in corso tra mobilitazione rivoluzionaria e mobilitazione reazionaria. Dichiarano già persa una guerra che è appena all’inizio. Danno per scontato che i gruppi più reazionari e criminali della borghesia e del clero hanno già vinto e creato un regime di moderno fascismo. Non a caso mutuano questa tesi del regime di moderno fascismo dalla sinistra borghese (Asor Rosa & C) che, essa sì, ha effettivamente già perso la partita ed è già stata effettivamente esclusa dalla direzione del movimento delle masse popolari. I compagni che non vedono la lotta che devono condurre, ovviamente nemmeno la conducono, tanto meno la conducono con efficacia.

Dicono che noi siamo elettoralisti, perché contendiamo il terreno alla borghesia anche durante le campagne elettorali, anche negli organismi rappresentativi, ovunque riusciamo a portare la lotta. Dicono che noi siamo entristi perché contendiamo il terreno alla borghesia anche nei sindacati di regime. Manca solo che dicano che siamo poliziotti perché promuoviamo la lotta anche nelle piazze e nelle strade e persino nei corpi di polizia; magistrati perché promuoviamo la lotta anche nei tribunali e persino tra i magistrati; secondini perché promuoviamo la lotta anche nelle carceri e persino tra i secondini. E così via perché noi in effetti promuoviamo la lotta dovunque riusciamo a capire e sfruttare le contraddizioni tra le masse popolari e le classi dominanti o le contraddizioni tra gruppi delle classi dominanti.

I compagni che sostengono che la crisi attuale è una crisi ciclica, anche se si dicono e sinceramente si credono maoisti, non hanno superato il livello di comprensione dell’imperialismo a cui erano già giunti i partiti dell’Internazionale Comunista, che era un livello insufficiente per fare la rivoluzione. Anche quei partiti continuavano a parlare di crisi cicliche e sono stati ripetutamente sorpresi dagli eventi. Una crisi ciclica per sua natura è una crisi nel corso della quale il collasso degli affari crea di per se stesso il terreno per la ripresa degli affari. Le Autorità sarebbero in grado di mitigare gli effetti della caduta degli affari sulle masse popolari con ammortizzatori sociali e i riformisti sarebbero concorrenti realistici di noi comunisti (da qui trae alimento anche la tesi che “i riformisti sono i nostri peggiori nemici”). Ma noi non stiamo attraversando una crisi ciclica: siamo alla fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo per sovrapproduzione assoluta di capitale.

In cosa consiste per questi compagni che sinceramente si credono maoisti la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata nei paesi imperialisti, nel nostro paese? Oltre che caratteri universali, la GPR ha caratteri e leggi particolari in ogni paese. Per condurla con successo, ogni partito comunista deve scoprirli e usarli. Si tratta di sperimentare, di provare, di verificare e di correggere dovunque necessario, di migliorare. È indispensabile capire la natura del regime politico del proprio paese. L’Italia è una Repubblica Pontificia. Le Organizzazioni Criminali hanno il ruolo politico che il (n)PCI indica nel suo Manifesto Programma.

 

Compagni, noi dobbiamo costruire partiti marxisti-leninisti-maoisti!

Per questo dobbiamo farla finita con il dogmatismo che porta a ripetere frasi vuote, magari anche belle e altisonanti, ma vuote. In ogni paese bisogna capire la situazione concreta in cui viviamo, la natura della crisi in corso, la natura dello scontro politico in corso, le condizioni, le forme e i risultati della lotta di classe che si è combattuta e di quella che si combatte nel nostro paese e a livello internazionale, ricavarne una linea e verificarla praticandola. Non basta sostituire l’espressione marxismo-leninismo-maoismo all’espressione marxismo-leninismo, come il MRI ha fatto nel 1998 con la Dichiarazione costitutiva del 1984. La parola è cambiata, ma la sostanza è rimasta quella: quali sono gli apporti principali di Mao al pensiero comunista? Non basta vestirsi da maoisti, se si continua alla vecchia maniera.

Per questo dobbiamo farla finita con l’economicismo che pone le rivendicazioni economiche come aspetto sempre e ovunque principale per mobilitare e organizzare gli operai e il resto delle masse popolari, che trascura o pone in secondo piano la scuola di comunismo, la concezione comunista del mondo, la lotta politica, il partito clandestino, il suo lavoro pubblico, le organizzazioni di massa, la costruzione del Nuovo Potere, l’instaurazione del socialismo. Un partito comunista che non si costruisce dalla clandestinità e non lavora in vista della guerra civile come seconda fase della guerra popolare rivoluzionaria in corso, non adempie al suo compito oggi e tanto meno lo adempirà domani. La fase terminale della crisi rende sempre più difficile difendere e ancora più difficile migliorare le conquiste di civiltà e di benessere, se non costruiamo la rivoluzione socialista. Sul terreno delle sole rivendicazioni pratiche e immediate, prevale la mobilitazione reazionaria delle masse popolari. I gruppi più reazionari e criminali della borghesia e del clero possono concedere qualcosa a una parte delle masse popolari per mobilitarle contro il resto delle masse e contro altri paesi: come già fecero in Germania con Hitler e in Italia con Mussolini. Se non coinvolgiamo le masse popolari nella lotta per instaurare il socialismo, la mobilitazione reazionaria svuota le organizzazioni puramente rivendicative: le masse popolari dalla sinistra borghese e dalle organizzazioni rivendicative passano alla Lega Nord, ai razzisti, ai fascisti, alle Organizzazioni Criminali. Rosarno insegna. L’operaio metalmeccanico che oggi è contemporaneamente FIOM e LegaNord, andrà a sinistra se noi comunisti sviluppiamo con efficacia la guerra popolare rivoluzionaria e creiamo le condizioni per la costituzione del Governo di Blocco Popolare e quindi trasciniamo (linea di massa e metodo delle leve) la FIOM a sinistra. Altrimenti andrà a destra.

Costruire veri partiti marxisti-leninisti-maoisti nei nostri paesi vuol dire dare a tutte queste questioni risposte chiare e fondate su un giusto bilancio dell’esperienza. Proprio il maoismo ci ha insegnato a comprendere a fondo anche la lotta di classe che si è svolta nei primi paesi socialisti. Oggi possiamo tirare enormi insegnamenti dalla loro gloriosa esperienza, anche se è finita ingloriosamente, in un lungo periodo di decadenza e poi sono crollati o hanno cambiato colore. Infatti essi hanno mostrato all’umanità che il socialismo è l’unica alternativa al capitalismo e alle barbarie attuali.

Forti dell’esempio dell’Unione Sovietica, della Repubblica Popolare Cinese, dei primi paesi socialisti, armati del marxismo-leninismo-maoismo noi possiamo fare la rivoluzione in ogni paese imperialista conducendo la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata.

Avanti con coraggio compagni!

Noi possiamo vincere! Il futuro è nostro! Viva il maoismo!

 

 

2

 

L’interpretazione della natura della crisi in corso decide dell’attività dei partiti comunisti

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Articolo scritto da Nicola P., membro della redazione di La Voce, per il n. 36 (febbraio 2010) di  International Newsletter - organo della ICMLPO (Conferenza Internazionale di Organizzazioni e Partiti Marxisti-Leninisti).

 

È molto importante, anzi è indispensabile che noi comunisti comprendiamo giustamente la natura della crisi in corso. Nella 11° delle Tesi su Feuerbach (1845) Marx dice: “I filosofi hanno dato diverse interpretazioni del mondo. Ma si tratta di trasformarlo”. Però nel Manifesto del partito comunista (1848) Marx dice che i comunisti si distinguono dagli altri proletari perché hanno una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta tra le classi e su questa base la spingono sempre in avanti. L’interpretazione del mondo non è l’obiettivo di noi comunisti. Nostro obiettivo è la trasformazione del mondo. Ma gli uomini hanno bisogno di rappresentare a se stessi, di avere una concezione di quello che fanno. La rivoluzione socialista non è un fatto istintivo. Come Lenin ha insegnato con forza (Che fare?), la teoria che guida il movimento comunista non sorge affatto spontaneamente dall’esperienza. La devono elaborare i comunisti che a questo fine devono usare gli strumenti di conoscenza più raffinati di cui l’umanità dispone. I comunisti la portano alla classe operaia che, per la posizione che occupa nella società capitalista, è particolarmente predisposta ad assimilarla e ad assumerla come guida della sua azione. Il movimento comunista pratico può crescere oltre un livello elementare solo se è guidato da una teoria rivoluzionaria. La nostra azione per trasformare il mondo, a parità di altre condizioni, è tanto più efficace quanto più giusta e avanzata è la nostra interpretazione del mondo. Solo con una concezione abbastanza giusta della natura della crisi in cui siamo coinvolti, potremo fare la rivoluzione socialista e la seconda ondata della rivoluzione proletaria porterà l’umanità a superare definitivamente il capitalismo, a instaurare il socialismo in tutto il mondo sulla via verso il comunismo.

L’interpretazione che diamo del mondo ha una grande importanza ai fini politici, influenza la nostra attività politica: quanto più è giusta e quanto più è avanzata la nostra interpretazione, tanto più efficace è la nostra azione. È quindi necessario che noi comunisti dedichiamo il tempo e l’attenzione necessari per verificare e migliorare la nostra comprensione della crisi in corso.

Ancora oggi molti comunisti interpretano la crisi attuale trasponendo nel presente l’interpretazione che Marx ha dato delle crisi che avvenivano nei paesi capitalisti nella prima parte del secolo XIX, come se la crisi attuale fosse della stessa natura delle crisi cicliche decennali descritte da Marx: come se fosse una crisi come quelle, solo che ora è su scala mondiale. Questo atteggiamento è una delle manifestazioni del dogmatismo che imperversa ancora nel movimento comunista e rende sterile tanta parte della sua attività e inconcludente la sua azione.

Le crisi cicliche descritte da Marx nel 1° libro di Il capitale sono finite: meglio, si sono trasformate nelle oscillazioni cicliche attenuate dalla classe dominante grazie alle Forme Antitetiche dell’Unità Sociale. Già nella prefazione del 1886 alla edizione inglese del 1° libro de Il capitale, Engels fece notare che l’ultima delle crisi cicliche del capitalismo, l’ultima delle crisi della stessa natura di quelle descritte da Marx, si era avuta nel 1867 e che dal 1873 i paesi capitalisti erano invece entrati in una depressione lunga e dolorosa di cui nel 1886 non si vedeva ancora la fine.

Le crisi cicliche appartengono all’epoca pre-imperialista del capitalismo, l’epoca in cui le relazioni economiche erano caratterizzate dalla libera concorrenza tra molti capitalisti. Erano crisi economiche. Esse erano determinate dall’andamento anarchico degli affari e la soluzione di quelle crisi veniva dallo stesso movimento economico della società capitalista. La caduta degli affari creava anche le condizioni della ripresa degli affari. Non a caso le crisi erano cicliche, a durata circa decennale. Con l’ingresso nella fase imperialista, da una parte le società capitaliste si sono dotate su grande scala di ordinamenti e di organismi che attenuano l’ampiezza delle oscillazioni cicliche degli affari e in particolare attenuano con vari “ammortizzatori sociali” l’effetto sulle masse popolari della caduta degli affari: le Forme Antitetiche dell’Unità Sociale, che Marx aveva già descritto nei Grundrisse. Dall’altra sono incominciate le crisi generali del capitalismo. Queste sono crisi che hanno la loro base nella sovrapproduzione assoluta di capitale. In cosa questa consista, Marx lo spiega nel cap. 15 del 3° libro di Il capitale: i capitalisti hanno accumulato troppo capitale e nel contesto politico e sociale esistente non possono più continuare ad accumularlo e valorizzarlo tutto producendo merci. Il contesto politico e sociale esistente deve essere sconvolto e sostituito da un altro. È solo da questo sconvolgimento politico e sociale (e culturale) che viene la soluzione della crisi generale. La soluzione non viene né dal movimento anarchico degli affari, né dalle misure economiche prese dai governi e dalle altre istituzioni sociali. Quindi la crisi economica diventa crisi politica e culturale.

La lunga depressione di cui parlava Engels nella prefazione del 1886 indusse le maggiori potenze a spartirsi il mondo intero tra loro (la Conferenza di Berlino avvenne a cavallo tra 1884 e 1885) e introdusse il mondo nella fase imperialista del capitalismo: l’epoca in cui le relazioni economiche sono caratterizzate non più dalla libera concorrenza tra molti capitalisti, ma dal predominio dei monopoli nel campo della produzione di merci e dal predominio del capitale finanziario sul capitale impiegato nella produzione di merci (Lenin, L’imperialismo, fase suprema del capitalismo). L’epoca in cui il capitalismo ha esaurito il suo ruolo civilizzatore ed è diventato parassitario, la borghesia nei paesi capitalisti si è politicamente alleata e combinata con le forze feudali residue (in particolare in Europa con la Chiesa Cattolica - il Vaticano auspice Leone XIII) e in campo politico e culturale è diventata antidemocratica, reazionaria, militarista e repressiva, nelle colonie si è combinata con le forze feudali e ha diviso il mondo in paesi imperialisti e in paesi oppressi: l’epoca del capitalismo in decadenza.

La prima vera e propria crisi generale dell’epoca imperialista ebbe luogo nella prima metà del secolo scorso. Essa portò l’umanità alle due guerre mondiali e creò la lunga situazione rivoluzionaria che copre tutta la prima parte del secolo scorso. In tutto il mondo fu un periodo di instabilità dei regimi politici. Nel suo ambito si sviluppò la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale che creò il primi paesi socialisti ed estese il movimento comunista a tutto il mondo. Quindi un grande avanzamento, anche se terminato con una temporanea sconfitta: una cosa che esula dalla comprensione e dall’orizzonte mentale non solo dei portavoce aperti della borghesia e del clero ma anche di trotzkisti, anarchici e “sinistra non comunista”.

Uno dei principali motivi per cui il movimento comunista non riuscì a instaurare il socialismo nei paesi imperialisti e a porre quindi definitivamente fine al capitalismo, consiste proprio nella inadeguata comprensione da parte dei partiti comunisti dei paesi imperialisti della natura della crisi generale in corso e delle sue basi economiche. Nonostante le scoperte e gli insegnamenti di Lenin e di Stalin, sostanzialmente nei paesi imperialisti i partiti dell’Internazionale Comunista restarono ancorati all’interpretazione che Marx aveva dato delle crisi economiche cicliche che i paesi capitalisti avevano attraversato nella prima parte del secolo XIX. Tutte le analisi di E.S. Varga, il maggiore economista della IC, restano in quell’ambito. Descrivono le oscillazioni del movimento economico, non il fenomeno generale di lungo periodo e tanto meno la crisi politica e sociale (e culturale) che ne deriva e da cui viene la soluzione della crisi generale. I partiti comunisti dei paesi imperialisti non riuscirono quindi a compiere la loro opera, nonostante il loro grande sviluppo, l’eroismo di milioni dei loro membri e il loro storico impegno nella lotta vittoriosa contro il fascismo. La borghesia imperialista riuscì a mantenere la direzione dei paesi imperialisti. Grazie agli sconvolgimenti prodotti dalle due guerre mondiali e dai connessi movimenti sociali, politici e culturali, essa poté riprendere per alcuni decenni (1945-1975) l’accumulazione di capitale e ricominciare su grande scala ad allargare la produzione di merci. Invece la spinta propulsiva impressa al progresso dell’umanità dalla prima ondata della rivoluzione proletaria si attenuò fin quasi a spegnersi. Il revisionismo moderno prese la direzione del movimento comunista, lo corrose e disgregò su larga scala, fece regredire i primi paesi socialisti, li portò a scimmiottare i paesi imperialisti e a dipendere da essi, fino a crollare. La lotta che i comunisti guidati da Mao alla testa del Partito comunista cinese hanno opposto al revisionismo moderno e alla sua opera distruttrice, non è valsa ad arrestare il declino del movimento comunista, ma, in particolare grazie alla Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, ha dato grandi insegnamenti a tutti i comunisti capaci di raccoglierli. Grazie ad essi il movimento comunista sta rinascendo in tutto il mondo, lottando contro il dogmatismo e l’economicismo che ancora frenano il suo slancio e la sua rinascita.

Il mondo capitalista è entrato nella sua seconda crisi generale a partire dagli anni ’70 del secolo scorso. Il capitalismo non poteva sfuggire alla sovrapproduzione assoluta di capitale: essa è il limite allo sviluppo, il limite intrinseco al capitalismo stesso. Il capitalismo va inevitabilmente a sbattere contro questo limite. Sono bastati i 30 anni successivi alla seconda guerra mondiale perché la borghesia si ritrovasse alle prese con una nuova crisi generale, ma nelle condizioni in parte nuove create dalla prima ondata della rivoluzione proletaria e dal suo declino. Ancora una volta la borghesia aveva accumulato troppo capitale e non poteva più continuare, nel contesto politico e sociale creato durante la prima crisi generale, a valorizzare producendo merci tutto il capitale che accumulava.

L’inclusione nel sistema imperialista mondiale di gran parte dei primi paesi socialisti, in particolare della Cina e della Russia, ha in parte cambiato la situazione ma non ha modificato sostanzialmente il corso delle cose. La crisi ambientale si è per la prima volta aggiunta alla crisi generale del capitalismo e le due crisi assieme determinano le condizioni oggettive in cui si sviluppa la rinascita del movimento comunista e in tutto il mondo avanza la seconda ondata della rivoluzione proletaria. Questa continuerà ad avanzare, perché la specie umana è una specie dotata di intelligenza. Nel corso della sua plurimillenaria evoluzione da uno stato analogo a quello di altre specie animali fino allo stato attuale, ha saputo risolvere tutti i problemi della propria sopravvivenza. Oggi ha già gli strumenti materiali, morali e intellettuali sia per superare il capitalismo e instaurare il socialismo, sia per porre fine alla devastazione e al saccheggio prodotti dal capitalismo e migliorare decisamente le condizioni naturali del Pianeta. Il marxismo-leninismo-maoismo è la concezione rivoluzionaria del mondo che guida la rinascita del movimento comunista. Solo grazie a questa concezione i partiti comunisti potranno trasformarsi e crescere fino ad essere all’altezza dei compiti che devono svolgere.

Per formare partiti comunisti adeguati ai compiti storici della fase, una giusta e adeguata comprensione della natura e delle cause della nuova crisi generale e delle condizioni della sua soluzione è indispensabile, così come è indispensabile un giusto bilancio dell’esperienza dei circa 160 anni di storia del movimento comunista e in particolare dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria e dei primi paesi socialisti. Questo è il marxismo-leninismo-maoismo. È per questo che la lotta per la sua affermazione è l’aspetto principale dell’internazionalismo proletario. L’aiuto principale che ogni partito comunista può dare agli altri, è contribuire alla comprensione, assimilazione e affermazione della giusta teoria della crisi generale e del giusto bilancio del movimento comunista, affinché ogni partito tiri le giuste conclusioni per costruire la rivoluzione socialista nel proprio paese tenendo conto delle sue caratteristiche particolari e contribuire così al compito comune della rivoluzione proletaria mondiale.

Una delle conclusioni universali più importanti è che la rivoluzione socialista per sua natura non è una rivolta popolare che scoppia e di cui il partito comunista, che si è ben preparato all’evento, approfitta per prendere il potere e instaurare il socialismo. La rivoluzione socialista non è un evento che esplode, determinato dal peggiorare delle condizioni economiche e sociali, dalle sofferenze a cui la borghesia imperialista costringe la massa della popolazione, dalla propaganda dei partiti comunisti e dall’organizzazione delle masse popolari. I comunisti che si aspettano che la rivoluzione socialista scoppi, resteranno ripetutamente delusi, oggi come lo sono stati nel passato. Alcuni arriveranno addirittura a conclusioni reazionarie: attribuiranno all’arretratezza e alla viltà delle masse popolari, alla natura delle classi oppresse quello che è principalmente l’effetto dell’arretratezza dei partiti comunisti. Già nel 1895, nella Introduzione a Lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, Engels aveva indicato che, a differenza della rivoluzione borghese, la rivoluzione socialista per sua natura non scoppia, ma deve essere costruita dal partito comunista. Come Lenin e Stalin (Principi del leninismo) hanno insegnato, con la costruzione delle grandi organizzazioni di massa della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari la II Internazionale (1889-1914) aveva contribuito alla costruzione della rivoluzione socialista nei paesi capitalisti. Ma la maggior parte dei partiti che la componevano non erano guidati da una giusta concezione del mondo, in particolare della crisi generale del capitalismo, della situazione rivoluzionaria di lungo periodo che essa generava e della natura della rivoluzione socialista. Si attendevano che la rivoluzione socialista scoppiasse anziché costruirla fase dopo fase, campagna dopo campagna, come una guerra popolare rivoluzionaria che sfocia in ogni paese nell’instaurazione del socialismo e quindi nella combinazione con la rivoluzione costruita negli altri paesi, cioè nella rivoluzione proletaria mondiale. Assumevano invece come loro compito unico o comunque principale la mobilitazione delle masse popolari in lotte rivendicative, la loro organizzazione culturale e la loro partecipazione alla lotta politica borghese, convinti di prepararsi così a “cogliere l’occasione” della rivoluzione che sarebbe scoppiata. Nei paesi imperialisti i partiti dell’Internazionale Comunista (1919-1943, ma di fatto sciolta solo nel 1956) hanno ripercorso, a un livello superiore di organizzazione e di legame internazionale, la stessa strada. Molti partiti comunisti, in particolare dei paesi imperialisti, sono ancora oggi sostanzialmente fermi a questa concezione dei propri compiti, che proprio l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria ha dimostrato essere inadeguata. Il dogmatismo e l’economicismo sono i freni principali alla rinascita del movimento comunista. Quello che i capi non capiscono, le masse popolari, in specie gli operai avanzati, a loro maniera lo sentono: infatti non aderiscono agli sforzi dei nuovi partiti dogmatici ed economicisti (anche se questi partiti in tutta sincerità si dichiarano rivoluzionari, marxisti-leninisti e persino maoisti) che li vogliono indurre a percorrere la via che l’esperienza ha già mostrato essere fallimentare.

Nel 2008, con la crisi finanziaria iniziata negli USA, la seconda crisi generale è entrata nella sua fase terminale. Anche nei più ricchi paesi imperialisti (negli USA, nella UE, in Giappone) un numero crescente di lavoratori, milioni e milioni, sono gettati sulla strada e si aggiungono alla enorme massa, centinaia di milioni, di lavoratori dei paesi oppressi contro cui da decenni la borghesia imperialista sta conducendo in ogni angolo del mondo su larga scala una guerra di sterminio non dichiarata. Gli Stati imperialisti non possono permettersi di dilatare all’infinito i sussidi di disoccupazione e gli altri ammortizzatori sociali perché i loro deficit di bilancio, i prestiti a cui ricorrono e i loro debiti sconvolgono ulteriormente il sistema monetario e finanziario alla cui instabilità e ai cui crolli essi dovrebbero invece porre rimedio perché il sistema monetario e finanziario è la condizione e il supporto di tutto il loro mondo. Quindi la fase terminale non può protrarsi a lungo.

Stante la natura della crisi attuale, essa non ammette “vie d’uscita fatte solo o principalmente di misure economiche”. Non basta che gli Stati creino condizioni che facciano qua o là intravedere ai capitalisti maggiori profitti nella produzione di merci piuttosto che nella speculazione finanziaria: è la soluzione sostenuta dalla destra borghese moderata. Non basta neppure che gli Stati distribuiscano redditi monetari alle classi che sicuramente li spendono per consumi: è la soluzione sostenuta dalla sinistra borghese e da quei comunisti che pensano che la crisi attuale sia della stessa natura delle crisi cicliche del secolo XIX e che quindi evidentemente, contro ogni evidenza, ritengono anche che la crisi generale della prima parte del secolo scorso si sia risolta grazie alle politiche keynesiane degli Stati borghesi.

Dalla crisi attuale si esce solo con un rivolgimento politico e culturale, creando un diverso contesto sociale. In sostanza nell’immediato sono possibili due e solo due vie d’uscita, in ogni singolo paese e a livello internazionale.

O la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari dirette da partiti comunisti all’altezza dei propri compiti; cioè da partiti che osano pensare che la rivoluzione socialista è possibile e che capiscono che spetta ai comunisti costruirla campagna dopo campagna, come una guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata fino all’instaurazione del socialismo.

O la mobilitazione reazionaria delle masse popolari. Infatti anche la borghesia imperialista e la altre classi reazionarie sono alla ricerca di una via d’uscita dalla situazione attuale, ne hanno bisogno e ce l’hanno, se non le blocchiamo per tempo. In definitiva per i gruppi borghesi decisi a bloccare la mobilitazione rivoluzionaria e a impedire la scomparsa del loro mondo, l’unica via realistica e praticabile di uscita dalla crisi è mobilitare loro nel loro paese quella parte delle masse popolari che riescono a mobilitare sotto la propria direzione per scagliarla contro il resto delle masse popolari e trascinare il tutto al saccheggio del resto del mondo: la guerra imperialista. Essa sarebbe la continuazione con altri mezzi della politica che essi conducono già oggi. La crisi ambientale e la crisi generale del capitalismo si combinano e forniscono ai gruppi borghesi più lungimiranti, più determinati, più avventuristi e più criminali adeguati pretesti per mobilitare masse contro masse, paesi contro paesi, coalizione contro coalizione.

L’interpretazione che diamo della crisi è quindi un fattore decisivo.

Il (n)PCI (nuovo Partito comunista italiano) chiama i comunisti di tutto il mondo, ma in particolare quelli dei paesi imperialisti, a unirsi su una giusta concezione della crisi in corso e dei nostri compiti.