Comunicato n.8 del Comitato di Partito “Antonio Gramsci”

 

08.03.2022

 

Viva l’8 marzo, giornata internazionale delle donne delle masse popolari!

Per una nuova avanzata!

 

L’8 Marzo appartiene alle donne delle masse popolari, alle giovani e alle studentesse, alle operaie e alle lavoratrici di ogni settore, alle disoccupate e alle pensionate. Appartiene oggi anche a tutte le minoranze oppresse per la propria sessualità. L’8 marzo appartiene alle donne comuniste e che contribuiscono alle mille lotte di resistenza in atto contro il corso disastroso delle cose. E’ la giornata della riscossa contro lo sfruttamento, di classe e di genere, perpetrati dalla borghesia e dal suo clero e per l’abbattimento del loro dominio di classe sulla società. E’ la giornata della lotta per l’instaurazione dei nuovi rapporti sociali del  socialismo e del comunismo, transizione che segnerà l’evoluzione della specie umana di cui il mondo è gravido. In questo senso l’8 Marzo appartiene alle donne come agli uomini delle masse popolari.

L’esperienza dei primi paesi socialisti costruiti nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria ha confermato su larga scala ciò che i fondatori del movimento comunista, Karl Marx e Friedrich Engels, avevano già teorizzato: per distruggere le cause dell’oppressione della donna e ogni altra disuguaglianza e discriminazioni esistente nella società occorre reciderne le radici di classe. Ciò vale anche per il patriarcato, il maschilismo, le violenze domestiche, la mercificazione della donna ecc. L’oppressione della donna da parte dell’uomo rappresenta il più primitivo e primordiale dei “dividi et impera” (dividi e comanda) su cui la borghesia fonda il suo dominio di classe, non a caso alleata al clero di ogni religione, che è il custode ovunque nel mondo di ogni sorta di concezione reazionaria con cui fomentare l’oppressione della donna da parte dell’uomo, il suo relegamento al ruolo sociale di ancella, angelo del focolare, oggetto, costola dell’uomo. Ciò in contrasto con la stessa esigenza dei capitalisti, da quando sono classe al potere, che anche le donne diventassero forza lavoro e assumessero così un ruolo sociale autonomo, pur discriminate, come operaie nelle loro industrie, servizi e attività economiche.

La prima ondata delle rivoluzioni proletarie (1917-1976) che ha portato all’abbattimento del potere della borghesia e del suo clero in vasta parte del mondo e alla creazione dei primi paesi socialisti ha anche segnato il punto più alto finora raggiunto dalle donne nella loro emancipazione dalle catene dell’oppressione. Nel secolo scorso gli enormi traguardi raggiunti dalle donne nei primi paesi socialisti (in URSS “pari salario e pari lavoro” era legge universalmente praticata mentre da noi, in molti settori, ancora non lo è oggi) hanno dato impulso allo sviluppo di possenti conquiste anche nei paesi in cui la borghesia e il clero mantennero saldamente il potere, come nel caso dell’Italia. L’esistenza e l’azione del movimento comunista internazionale capeggiato da Marx, Engels, Lenin, Stalin e nel nostro paese da Antonio Gramsci hanno rappresentato la locomotiva di questo processo. E’ questo il movimento comunista che ha forgiato rivoluzionarie comuniste e dirigenti del movimento delle donne come ad esempio in Italia e a Torino è stata Teresa Noce (1900-1980). E’ questa la linea rossa che ha permesso il dispiegarsi del ruolo attivo delle donne delle masse popolari nella lotta per il rivoluzionamento dei rapporti sociali, che ha avviato l’emancipazione delle donne e realizzato le loro conquiste.

Con l’esaurimento del ruolo propulsivo del movimento comunista internazionale anche la condizione della donna è regredita. Il 1976, con la morte di Mao Tse-Tung e la successiva sconfitta della parte di sinistra e rivoluzionaria del Partito Comunista Cinese, è l’anno in cui questo esaurimento si è compiuto, con il venir meno della componente del movimento comunista internazionale che fino a quel momento aveva conteso la direzione e frenato la rovinosa azione dei revisionisti moderni che in URSS e nel resto d’Europa dal 1953, dopo la morte di Stalin, si erano impossessati della direzione del movimento (capofila Kruscev in URSS e Togliatti in Europa). I revisionisti moderni furono gli artefici dell’inizio della restaurazione graduale e pacifica del capitalismo nei primi paesi socialisti, dell’asservimento dei comunisti alle borghesie nazionali nei paesi semi-coloniali, dell’integrazione dei comunisti nei regimi borghesi nei paesi imperialisti.

La coincidenza tra l’arresto del movimento rivoluzionario che a partire dal 1917 i comunisti avevano suscitato ovunque nel mondo e l’inizio nel 1975 della nuova crisi generale del capitalismo per sovrapproduzione assoluta di capitale (con inizio dell’attuazione del programma comune della borghesia imperialista ovunque nel mondo) hanno segnato l’ingresso del mondo nell’epoca di nera reazione da cui Stalin, a ragione, metteva in guardia fin dal dicembre 1926. “Cosa succederebbe se il capitalismo ce la facesse a distruggere la Repubblica dei Soviet? Comincerebbe un’era caratterizzata dalla più nera reazione in tutti i paesi capitalisti e coloniali, la classe lavoratrice e i popoli oppressi sarebbero presi per la gola, le posizioni del comunismo internazionale sarebbero perse (discorso al VII plenum allargato del Comitato Esecutivo dell’Internazionale Comunista del dicembre 1926)”. Questa epoca di nera reazione è oggi sotto i nostri occhi contrassegnata dal rischio di una nuova guerra mondiale che gli imperialisti NATO e UE cercano senza sosta di attizzare contro la Federazione Russa. Ma questo è solo l’ultimo evento di un corso disastroso delle cose, di sangue, morte e devastazione, iniziato più di 40 anni fa, di cui divenne motto ufficiale il “There is no alternative” (Non c’è alternativa) di Margaret Thatcher, donna ed esponente di punta della borghesia imperialista del tempo.

Il regresso generalizzato della condizione della donna è un'altra manifestazione palese e evidente di tale epoca.

Il crollo dei primi paesi socialisti, corrotti e indeboliti dalle politiche dei revisionisti moderni, ha condannato milioni di donne all’emigrazione e al ripristino, nelle loro patrie non più socialiste, della condizione di umiliazione e vessazione da cui grazie all’instaurazione del socialismo si erano in gran parte liberate. Nei paesi coloniali gli imperialisti hanno imposto al potere ogni sorta di clero e fantocci reazionari segnando il ritorno della donna a condizioni a dir poco medievali, che oggi tanta costernazione suscitano nei media dei nostri paesi imperialisti, i cui governi sono stati  storicamente i responsabili, foraggiatori e finanziatori dei vari pupazzi reazionari (vedere la commedia sulle brutture dei Taliban in Afghanistan). Quella stessa condizione medievale di cui conosciamo bene i tratti in Italia, paese imperialista ma governato occultamente da quel residuo feudale del Vaticano, alla testa di ogni iniziativa per smantellare i diritti conquistati dalle donne negli anni ’60 e ’70, per riportarle alla dimensione di “angelo del focolare” o ostacolarne l’accesso ai trattamenti medico-sanitari come la pillola RU486 che oggi possono rendere meno invasiva la pratica dell’aborto (percorsi a ostacoli di cui in Piemonte è campione l’assessore regionale Marrone di Fratelli d’Italia che per non farsi mancare nulla è anche la  copertura politica di un pezzo delle  Organizzazioni Criminali operanti nel torinese). Tutto ciò mentre, tramite il suo possente sistema di intossicazione dei cuori e delle menti (pilastro dell’attuale regime di controrivoluzione preventiva vigente nei paesi imperialisti), la borghesia cerca di manipolare le donne (oramai protagoniste della vita sociale nonostante tanto sforzo della Chiesa di Roma), con le idee, i sentimenti, le aspirazioni confacenti con il proprio dominio di classe. Confacenti all’arruolamento delle donne nella guerra tra poveri di cui borghesia e clero hanno bisogno per impedire la coalizione delle masse popolari per il rovesciamento del loro dominio di classe. E’ la trappola dell’additare gli uomini quali responsabili dell’oppressione della donna.

Ma il nemico reale delle donne delle masse popolari, nonostante ci siano in misura crescente uomini che l’imbarbarimento attuale porta ad usare violenza e a comportamenti abietti contro le donne, non è l’uomo. I nemici di ogni donna delle masse popolari sono le classi sociali che detengono il potere. Sono nel nostro paese i vertici della Repubblica Pontificia con il Vaticano alla loro testa, è il loro sistema politico di larghe intese di cui il governo Draghi  è l’emanazione, è la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, UE e sionisti che da un quarantennio sono i promotori del corso disastroso delle cose che stravolge le condizioni di civiltà e benessere raggiunte, comprese le conquiste delle donne. E’ il dominio di questa classe dominante che alimenta la mobilitazione reazionaria della parte più arretrata e imbarbarita delle masse popolari, tra cui aumentano gli individui di sesso maschile usi alla violenza e alla sopraffazione fisica contro le donne. Contro questi ed altri effetti della  mobilitazione reazionaria promossa dalla borghesia e dal clero non vi è altra soluzione che la mobilitazione rivoluzionaria della parte avanzata delle donne e degli uomini delle masse popolari.

La salvezza delle donne delle masse popolari dalla condizione infernale che la classe dominante cerca d’imporre loro non verrà dall’adozione di provvedimenti a difesa delle donne da parte delle istituzioni e del sistema politico responsabili del regresso. Essa, la loro salvezza, dipende dalla misura in cui contribuiranno a liberare il nostro paese dai loro nemici reali e principali, che sono gli stessi di tutte le masse popolari. Da quanto contribuiranno all’edificazione di un nuovo sistema di potere antagonista e contrapposto a quello decadente della borghesia e del suo clero. Il futuro del movimento delle donne dipende da quanto contribuirà alla rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato nel nostro paese e al consolidamento e rafforzamento del Partito Comunista, che è vertice e Stato Maggiore della lotta generale per l’instaurazione del socialismo e per l’abbattimento del potere del regime della Repubblica Pontificia.

Questo è il compito politico che deve assolvere un Partito Comunista degno di questo nome. Molte sono le organizzazioni che oggi assumono questa denominazione ma hanno diritto di esserlo quelle organizzazioni che agiscono da Partito Comunista. Il Partito è chi fa il Partito, ciò a prescindere dai numeri, dalla sua visibilità mediatica o da altri numerosi fattori. Ha il diritto di definirsi il Partito Comunista chi osando affrontare le difficoltà e nuotando controcorrente, nel mare di sfiducia e rassegnazione che oggi coglie anche chi si professa personalmente comunista, si dota della concezione del mondo, dell’organizzazione e della strategia necessarie ad assumere tale ruolo. E’ il Partito Comunista chi attua un proprio piano di guerra per costruire la rivoluzione socialista nel nostro paese. Il (nuovo)PCI è questo Partito Comunista. La nostra scienza è il marxismo-leninismo-maoismo perché il bilancio dell’esperienza della prima ondata delle rivoluzioni proletarie dimostra che questo è il punto più alto raggiunto dal marxismo, la scienza delle attività con cui gli uomini hanno fatto e faranno la loro storia. La nostra strategia di lotta è la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, che il maoismo ci ha insegnato essere forma universale della rivoluzione socialista e che promuoviamo oggi accumulando forze rivoluzionarie nelle file del Partito. Il nostro piano di guerra è la lotta per l’instaurazione di un Governo di Blocco Popolare che abbiamo ingaggiato dal 2008, anno di entrata della seconda crisi generale del capitalismo nella sua fase terminale, per avanzare nel consolidamento e rafforzamento del Partito e nello sviluppo della guerra che promuoviamo. Clandestina è la nostra organizzazione perché siamo in guerra contro i nemici delle masse popolari e perché la storia del primo movimento comunista ci ha insegnato che questo deve essere lo statuto di un Partito Comunista che voglia essere capace di adempiere alla sua funzione. Fare dell’Italia un nuovo paese socialista è l’obiettivo per cui lottiamo:

  1. potere politico in mano alla parte rivoluzionaria degli operai e del resto delle masse popolari organizzati nel Partito Comunista,

  2. proprietà e gestione pubblica e pianificata delle aziende produttrici di beni e servizi, delle abitazioni, delle terre e delle reti confiscate ai capitalisti, al clero, ai ricchi e alle loro istituzioni e associazioni, con la finalità di soddisfare i bisogni della massa della popolazione e le relazioni di solidarietà, collaborazione e scambio con gli altri paesi,

  3. partecipazione crescente della massa della popolazione alla gestione della società.


Un corso disastroso delle cose sconvolge l’umanità. Una situazione rivoluzionaria in sviluppo è in corso da decenni, da quando nel 1975 ha avuto inizio la nuova crisi generale del capitalismo. La borghesia imperialista, con manifestazioni roboanti e eclatanti, si agita disperata e senza soluzioni possibili per riparare alla sua crisi generale. Si agita sempre di più anche il movimento di resistenza delle masse popolari, anch’esse alla ricerca di soluzioni al tunnel senza via d’uscita in cui la borghesia imperialista ha cacciato l’umanità. Sta alle comuniste e ai comunisti uniti nel Partito Comunista, essere luce che illumina il tunnel in cui il capitalismo ha rinchiuso le masse popolari, che indica la strada per spalancare le porte della via d’uscita, che disegna il sentiero luminoso verso il socialismo e il comunismo.


Per questo lotta il (nuovo)Partito Comunista Italiano!

Comuniste e comunisti: arruolatevi nel (nuovo)PCI!

Studiate il Manifesto Programma del Partito, costituite Comitati di Partito clandestini  nella vostra azienda, scuola, università, zona d’abitazione!

Viva l’8 marzo rivoluzionario e comunista!

Faremo dell’Italia un nuovo paese socialista!

 

Consulta il sito www.nuovopci.it! Leggi La Voce n.69 del (n)PCI! 

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In allegato alcune foto dell’azione di propaganda murale svolta dal Comitato A. Gramsci nei pressi dell’ospedale Cottolengo, forziere delle speculazioni del Vaticano a danno della sanità pubblica. Il Vaticano oltre che essere il vertice dell’oppressione contro le donne delle masse popolari è anche il vertice del processo di privatizzazione della sanità pubblica in Italia (che la gestione criminale della pandemia ha accelerato).