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(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

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Avviso ai naviganti 132 - 29 ottobre 2023

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Le imprese controrivoluzionarie dei gruppi imperialisti USA promotori della Terza guerra mondiale

Un elenco sommario delle loro imprese criminali nel periodo 1917-2023


Dedichiamo questo Avviso ai naviganti alla rassegna, sicuramente parziale, degli interventi militari o comunque sovversivi, senza uso palese di armi o addirittura segreti, compiuti all’estero dai gruppi imperialisti USA, in solitaria o in alleanza con altre potenze imperialiste (soprattutto il Regno Unito), inviando direttamente proprie truppe oppure assoldando compagnie di mercenari, tra il 1917 e il 2023. Si tratta di interventi per i quali a partire dal 1949 in Europa, in Africa e nel Medio Oriente (il resto dell’Asia e l’America Latina sono casi a parte) si sono avvalsi anche della NATO, ovvero la rete di basi militari e di agenzie (palesi e occulte) di manipolazioni e manovre politiche con cui gli USA tengono sotto controllo un vasto numero di paesi. In alcuni casi si sono avvalsi anche della copertura ufficiale dell’ONU.

Invitiamo tutti coloro che sono a conoscenza di altri interventi USA a segnalarli al (n)PCI - che provvederà ad aggiornare la rassegna mano a mano che otterrà nuove informazioni - all’indirizzo mail delegazione.npci@riseup.net.

Auguriamo a tutti i nostri lettori uno studio proficuo di questa rassegna e che ognuno tragga conclusioni per la propria attività, ben considerando cosa dobbiamo aspettarci dall’attività dei gruppi imperialisti USA se non facciamo la nostra parte: porre fine alla partecipazione dell’Italia alla guerra USA-NATO contro la Federazione Russa, cacciare la NATO dall’Italia e far avanzare la rivoluzione socialista nel nostro paese!


Approfittiamo di questo AaN anche per affermare che è completamente fuorviante quello che afferma Paolo Ferrero - dirigente di Rifondazione Comunista e del Partito della Sinistra Europea - nel miserabile articolo Tutti gli errori Usa che portano al vertice Nato di Vilnius: io dico che la situazione è drammatica (Il Fatto Quotidiano, 11.07.2023). Seguace di Fausto Bertinotti e della sua tesi che la rivoluzione socialista nell’ex Impero zarista e nel resto del mondo è stata “una combinazione di errori e orrori”, Ferrero sostiene che dopo la dissoluzione dell’URSS (26 dicembre 1991) e delle Democrazie Popolari dell’Europa Orientale (1989-1990), per la borghesia imperialista “era alla portata di mano un ordine mondiale di pace e cooperazione che superasse positivamente la guerra fredda” e si duole: “Invece di cogliere l’occasione della pace è stata colta l’occasione per costruire il nuovo ordine mondiale unipolare a stretto dominio statunitense.”

I gruppi imperialisti USA-NATO, rimossa l’URSS come ostacolo al loro dilagare militare, politico, finanziario ed economico in tutto il mondo (in particolare nei paesi oppressi: colonie, semicolonie e protettorati), hanno fatto quello che era nella loro natura fare: hanno cercato di inglobare nel loro spazio le ex Democrazie Popolari dell’Europa Orientale (Bulgaria, Romania, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia) e i paesi baltici ex sovietici e ha mirato a espandersi ulteriormente a est, in Ucraina e Bielorussia e oltre, con l’obiettivo di contrastare la Federazione Russa attraverso la destabilizzazione interna che nei loro progetti, finora falliti, avrebbe condotto al suo smembramento e assoggettamento. Così hanno agito, contrariamente alle petizioni di vari “consiglieri del principe” di ieri e di oggi, alla Ferrero.

Sia durante il periodo 1917-1956 di costruzione del socialismo successivo alla conquista del potere da parte dei bolscevichi in gran parte della Russia zarista, che durante il periodo 1956-1991 della corrosione e putrefazione del socialismo in Unione Sovietica e negli anni successivi, le ingerenze degli Stati Uniti negli affari interni di altri Stati hanno compreso sia azioni esplicite che segrete (colpi di Stato “striscianti”, sanzioni e restrizioni commerciali, assassinio selettivo di dirigenti politici nemici di Washington, liquidazione di movimenti rivoluzionari attraverso l’infiltrazione di spie, l’assoldamento di agenti segreti, la corruzione, stragi di civili ecc.), volte a sostituire governi non allineati agli interessi dei gruppi imperialisti USA oppure a preservare quelli che già ne erano succubi. Successivamente alla Seconda guerra mondiale, conclusa con l’affermazione del loro predominio militare ed economico nel campo imperialista, il governo USA ha organizzato operazioni violente di cambi di governo, nel contesto della “guerra fredda” con l’Unione Sovietica e il resto del campo socialista, per estendere la sua influenza e la direzione del corso delle cose a livello globale ed eliminare il primo Stato socialista della storia e i suoi alleati. Secondo stime conservatrici di alcuni analisti USA, sarebbero stati almeno 200 gli interventi USA di ogni genere (alcuni palesi, altri occulti) dal secondo dopoguerra al 2023.

Far avanzare la rivoluzione socialista fino a instaurare il socialismo nel nostro paese, uno dei principali paesi imperialisti soprattutto perché sede del Vaticano, che con i suoi tentacoli manovra in tutti i paesi del mondo contro le masse popolari e le autorità non asservite alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti e UE, è il contributo maggiore che noi comunisti italiani possiamo dare a coloro che in ogni angolo del pianeta lottano contro l’imperialismo.

Possiamo e dobbiamo farlo creando le condizioni affinché gli organismi operai e popolari costituiscano un proprio governo d’emergenza, lo impongano alla borghesia imperialista e al clero e, a fronte della reazione della borghesia e del clero alle misure che con esso gli organismi operai e popolari prenderanno (come mettere fine alla partecipazione dell’Italia alle guerre volute dalla NATO, la cacciata delle basi e installazioni USA-NATO e la sua uscita dall’Alleanza Atlantica), lo difendano fino a instaurare il socialismo.

Questo è l’impegno che il (nuovo)Partito comunista italiano si è assunto. A questa guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata che promuoviamo, chiamiamo a dare da subito il proprio contributo ogni persona che vuole porre fine al marasma in cui la borghesia imperialista ha trascinato il mondo dopo l’esaurimento della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria (1917-1976).


Ogni balzo in avanti nello sviluppo della guerra lanciata da USA-NATO manifesta l’esigenza e la possibilità di avanzare verso l’instaurazione del socialismo. Il suo raggiungimento dipende dal ruolo

che assumono i comunisti in questa lotta!

La NATO affama e uccide!

Fuori l’Italia dalla NATO! Fuori la NATO dall’Italia!

***

Operazioni di guerra sporca dei gruppi e Stati imperialisti USA-NATO 1917-2023

Il periodo complessivo degli interventi considerati (1917-2023) è suddiviso in tre sottoperiodi:

1. 1917-1945. La rassegna prende in considerazione solo la partecipazione dei gruppi imperialisti USA alle tre aggressioni contro l’Unione Sovietica. Trascura tutti gli altri interventi USA all’estero fatti nel sottoperiodo (Cuba, Messico, Honduras, Panama, Haiti, Giappone, Filippine, ecc.) sulla base della “dottrina Monroe”, indirizzo di politica esterna promosso dal 5° presidente degli USA James Monroe (1817-1825) contenuto nel discorso sullo stato dell’Unione pronunciato davanti al Congresso il 2 dicembre 1823. Tale dottrina esprime l’idea della supremazia e dell’eccezionalità degli Stati Uniti, anzitutto nel continente americano e poi nel resto del mondo. Monroe afferma in quel discorso che gli Stati Uniti non avrebbero tollerato alcuna intromissione negli affari dell’emisfero occidentale. In forme rinnovate e adattate all’epoca imperialista - iniziata intorno all’ultimo quarto del secolo XIX - tale dottrina è ancora in vigore nella gestione delle relazioni estere degli USA, in primo luogo con il resto del continente americano.

2. Secondo dopoguerra - Prima fase (guerra fredda: 4a aggressione delle principali potenze imperialiste guidate dagli USA contro l’Unione Sovietica, corrosa fino ad essere dissolta nel 1991, principalmente a causa dell’attività dei revisionisti moderni capeggiati prima da Kruscev, poi da Breznev e Gorbacev): 1945-1989.

3. Secondo dopoguerra - Seconda fase (dissoluzione delle Democrazie Popolari dell’Europa orientale e dell’Unione Sovietica): 1989-2023.



Prima guerra mondiale e dopoguerra

1a aggressione contro la Russia bolscevica (1918-1922): tramite la “spedizione siberiana” gli imperialisti USA - alleati di Giappone, Italia, Regno Unito, Francia, Cecoslovacchia, Polonia, Cina e Mongolia - aggrediscono il territorio dell’ex Impero zarista combattendo contro l’Armata Rossa, che vinse la guerra civile.

2a (1922-1939) e 3a (1939-1945) aggressione contro l’Unione Sovietica: dopo il 1922 la borghesia imperialista, sconfitta militarmente, adotta un altro metodo di lotta per raggiungere l’obiettivo proclamato da Churchill (“soffocare il bambino finché è nella culla”). Nella seconda aggressione essa usa metodi non militari di ogni genere per impedire che l’URSS si sollevi dalle distruzioni della guerra imperialista e della guerra civile: sanzioni finanziarie, blocco commerciale, cospirazioni - vedi l’attività dei Gesuiti, che costituiscono a Roma un apposito centro spionistico chiamato Russicum - e assassinii di dirigenti (Sergei Kirov, ucciso a Leningrado nel 1934, fu la vittima più famosa). Ma guidate dal partito comunista con alla testa Stalin le masse popolari sovietiche con i tre piani quinquennali (dal primo iniziato nel 1928 con la conseguente collettivizzazione dell’agricoltura attraverso la creazione dei sovkhoz e dei kolkhoz, al terzo interrotto nel 1941 a causa della terza aggressione imperialista, questa volta ancora militare, guidata dal Terzo Reich di Hitler) rendono l’URSS una grande potenza mondiale sul piano industriale, agricolo, tecnologico, scientifico e culturale, nonché l’unico paese che non subisce la grande crisi mondiale del 1929 dove, al contrario, si sviluppa una larga partecipazione delle masse popolari alla gestione politica e alle altre attività specificamente umane. Si tratta di attività creative, ricreative, culturali che distinguono la specie umana dalle altre specie animali, come 1. la capacità di conoscere e di verificare e usare la conoscenza nell’azione che trasforma il mondo e l’uomo stesso e 2. la capacità di elaborare regole e criteri di comportamento che trasformano la società e gli individui a partire dalle relazioni con la natura e dalle relazioni tra gruppi sociali e tra individui.


II dopoguerra

Prima fase: guerra fredda (4a aggressione delle principali potenze imperialiste guidate dagli USA contro l’Unione Sovietica, corrosa fino ad essere dissolta nel 1991 principalmente a causa dell’attività dei revisionisti moderni, capeggiati prima da Kruscev, poi da Breznev e Gorbacev)


1945-1949

Cina. Tramite l’“Operazione Beleaguer” (11 settembre 1945 - giugno 1949), gli USA intervengono nella guerra civile cinese (1927-1950), combattuta tra l’Esercito Popolare di Liberazione guidato dal Partito Comunista Cinese di Mao Tse-tung e l’Esercito guidato dal Kuomintang (Partito Nazionalista Cinese) di Chiang Kai-shek. 50 mila marines occupano le province dello Hebei e dello Shandong con l’obiettivo ufficiale di supervisionare il rimpatrio di più di 600 mila giapponesi e coreani rimasti in Cina dopo la fine della Seconda guerra mondiale. In realtà, i marines avevano la principale funzione di contrastare l’azione militare dell’Esercito Popolare di Liberazione. Le truppe USA abbandonano il territorio cinese nel giugno 1949, alcuni mesi prima della proclamazione della Repubblica Popolare Cinese (1° ottobre).


1946-1949

Grecia. Nell’ambito della guerra civile (1946-1949), gli USA e la Gran Bretagna sostengono militarmente le armate reazionarie del re e della borghesia greca contro l’Esercito Democratico Greco, capeggiato dal Partito Comunista Greco (KKE). Il KKE per tre anni combatte per fare della Grecia un paese socialista, fino alla sua sconfitta nell’ottobre del 1949, maturata solo dopo che, a partire dal 1947, alle forze controrivoluzionarie greche e britanniche si aggiunge l’apporto militare USA e ai contrasti con le forze partigiane albanesi dirette dal Partito del Lavoro d’Albania guidato da Enver Hoxha si aggiunge il tradimento delle forze jugoslave, dirette dalla Lega dei Comunisti di Jugoslavia guidata da Tito.


1947-1970

Italia. Nel 1947 la Democrazia Cristiana (DC) guidata da Alcide De Gasperi, sostenuta dagli Stati Uniti, perde popolarità e il Partito Comunista Italiano (PCI) cresce grazie al suo sostegno alle lotte contadine in Sicilia, Toscana e Umbria per la redistribuzione della terra e un lavoro dignitoso per tutti. La DC trama e attua l’espulsione di tutti i ministri comunisti e socialisti dal governo il 31 maggio 1947: il PCI non avrebbe più avuto suoi esponenti nel governo per almeno quarant’anni. De Gasperi agisce sotto la pressione del segretario di Stato USA George Marshall, che lo avverte che l’anticomunismo è uno dei requisiti per ricevere aiuti statunitensi; l’ambasciatore USA in Italia James Clement Dunn chiede addirittura al presidente del Consiglio di sciogliere il Parlamento e bandire il PCI.

Per le elezioni politiche italiane del 1948 la Central Intelligence Agency (CIA) fornisce supporto economico ed equipaggiamento militare ai partiti centristi italiani, in primo luogo alla DC. In caso di vittoria dei comunisti alle elezioni, la CIA indicava di impedire loro l’accesso al potere falsificando i risultati elettorali o con la forza (intervento dei Carabinieri o dell’Esercito). La CIA pubblica anche lettere false per screditare i leader del Partito Comunista Italiano.

Le agenzie di spionaggio USA intraprendono una campagna diffamatoria, scrivendo milioni di lettere indirizzate a cittadini italiani (esponenti della borghesia imperialista ma anche gente comune), realizzano numerose trasmissioni radiofoniche a onde corte, finanziano la pubblicazione di libri e articoli, che mettevano in guardia gli italiani dalle conseguenze di una vittoria comunista, producono affissioni propagandistiche anticomuniste, dipingendo i comunisti italiani come marionette nelle mani del governo sovietico.

Nel frattempo gli Stati Uniti convincono segretamente il Partito Laburista britannico a esercitare pressioni sul Partito Socialdemocratico Italiano per porre fine al sostegno di quest’ultimo al PCI e promuovere la spaccatura del Partito Socialista Italiano.

La CIA spende almeno 65 milioni di dollari per aiutare a eleggere politici italiani. Naturalmente, i servizi segreti USA si oppongono alla desecretazione completa di tutti i documenti sull’ingerenza nelle elezioni italiane del 1948.

Questa situazione prepara il terreno ai governi a guida DC che hanno dato seguito - dopo la nascita della NATO (4 aprile 1949) e l’Accordo tra gli Stati membri del Trattato Nord Atlantico sullo status delle Forze Armate, firmato a Londra il 19 giugno 1951 (NATO SOFA) - alla sottoscrizione dell’Accordo Bilaterale sulle Infrastrutture (BIA) tra gli Stati Uniti d’America e l’Italia, firmato il 20 ottobre 1954, che garantisce agli USA la presenza di basi quali Camp Darby, Camp Ederle e molte altre installazioni militari su suolo italiano.

Gli USA hanno un ruolo chiave nella formazione della Repubblica Pontificia. Con questo termine il (n)PCI indica il regime costituito in Italia sotto il protettorato politico-militare USA dalla borghesia imperialista italiana, dal Vaticano, dalle Organizzazioni Criminali e dagli altri settori della classe dominante dopo la vittoria della Resistenza (1943-1945) per contenere il movimento comunista e stroncare la rivoluzione socialista. Questo regime politico è formalmente retto dalle istituzioni indicate nella Costituzione della Repubblica Italiana del 1948 ma la Corte Pontificia (il Vaticano con la sua Chiesa) agisce da centro politico occulto, irresponsabile e di ultima istanza del potere.

Infine, gli Stati Uniti ricoprono un ruolo chiave anche nel corso del cosiddetto “golpe Borghese” del 1970, durante il quale formazioni di estrema destra facenti capo al Fronte Nazionale programmano un colpo di Stato che è tuttavia annullato dallo suo stesso promotore Junio Valerio Borghese (ex comandante della X MAS, corpo militare indipendente della Marina Nazionale Repubblicana della Repubblica Sociale Italiana) mentre è in corso di esecuzione per motivi mai chiariti. Borghese in seguito ripara nella Spagna franchista dove muore quattro anni dopo.

Tramite la NATO gli USA ricoprono un ruolo rilevante, insieme al Regno Unito, nella costruzione dell’organizzazione Gladio, una struttura clandestina composta da gruppi paramilitari anticomunisti “stay behind” (letteralmente “rimanere indietro”) installata in Italia e nel resto dei paesi imperialisti europei allo scopo di respingere l’Armata Rossa in caso di invasione sovietica. In realtà, tali gruppi commettono crimini efferati nel quadro della “strategia della tensione”, volta a screditare il movimento operaio e rivoluzionario e a giustificare i programmi di “sicurezza nazionale” degli apparati repressivi degli Stati imperialisti europei. Il principale organo di sicurezza italiano oggetto delle attenzioni di NATO-USA fu il SISDE (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica). L’esistenza di Gladio è rivelata ufficialmente nel 1990 da Giulio Andreotti, all’epoca primo ministro della DC, quando la sua segretezza viene meno con la fine della “guerra fredda” (quarta aggressione contro l’Unione Sovietica).


1948-1967

Palestina. Gli USA contribuiscono al riconoscimento internazionale dello Stato sionista d’Israele - autodichiaratosi indipendente il 4 maggio 1948 - avviando relazioni diplomatiche, economico-commerciali e militari che nel corso dei decenni si rafforzano notevolmente. Partendo dalla guerra dei Sei Giorni (5-10 giugno 1967) e proseguendo con la guerra dello Yom Kippur (6-25 ottobre 1973), gli USA forniscono stabilmente aiuti militari annuali a Israele per circa 3 miliardi di dollari, oltre a informazioni sulla sicurezza interna ed esterna attraverso la collaborazione tra i rispettivi servizi segreti esteri, CIA e Mossad. Ne è un esempio la repressione del movimento di liberazione nazionale palestinese, sia spontaneo che organizzato (cioè nelle varie fazioni della Resistenza), oggetto di condanna persistente da parte del sistema politico della borghesia imperialista USA, di quella degli Stati alleati in Europa e dei rispettivi media borghesi.


1948-1950

Repubblica di Corea (Corea del Sud). Attraverso la fornitura di armi al regime militare sudcoreano a loro infeudato, gli imperialisti USA si rendono complici del massacro di Jeju (3 aprile 1948 - maggio 1949), perpetrato dall’esercito sudcoreano agli ordini del presidente fantoccio Syngman Rhee. Per denunciare e bloccare le elezioni programmate per il 10 maggio 1948 il Partito del Lavoro della Corea del Sud, contrario alla divisione del Paese, pianifica per il 1º marzo alcune manifestazioni che non hanno mai luogo a causa della preventiva e feroce repressione anticomunista che porta all’arresto di circa 2.500 quadri del partito e all’uccisione di almeno tre di loro. Un numero imprecisato di persone, che va dalle 14 mila per la stima più bassa fino ad arrivare a 100 mila vittime per la stima più alta, perde la vita a causa della repressione dell’esercito sudcoreano, che schiaccia la rivolta nel sangue e infierisce sui prigionieri e sui civili. L’esercito sudcoreano riesce a schiacciare gli ultimi isolati focolai di rivolta soltanto nel 1953.


1949

Albania. L’“Operazione Valuable” è una delle prime operazioni paramilitari sovversive organizzate dai servizi segreti anglo-statunitensi nelle Democrazie Popolari dell’Europa Orientale. L’obiettivo principale dell’operazione è quello di rovesciare il governo dell’Albania socialista guidato dal Partito del Lavoro di Enver Hoxha. L’MI6 e la CIA lanciano un’operazione sovversiva congiunta, usando i loro contatti albanesi sul posto come agenti, come Balli Kombëtar del Fronte Nazionale, un’organizzazione collaborazionista fascista formata durante la Seconda guerra mondiale e altri banditi provenienti da ambienti monarchici raggruppati nell’organizzazione Legaliteti.

Altri albanesi anticomunisti e molti nazionalisti di destra lavorano come agenti per i servizi segreti greci e italiani, alcuni supportati dai servizi segreti anglo-statunitensi. Molti degli agenti sono catturati, processati e fucilati o condannati a lunghe pene detentive nei campi di lavoro coatto albanesi. L’“Operazione Valuable” è un fallimento: la mobilitazione e l’organizzazione militare delle masse popolari albanesi, promosse dal Direttorato della Sicurezza di Stato (Sigurimi) e l’Esercito Popolare di Liberazione, provocano la morte di 300 agenti del MI6 e della CIA nel corso dell’operazione.


1950-1954

Penisola di Corea. A 5 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, gli imperialisti USA intervengono in funzione anticomunista nella penisola di Corea (5 luglio 1950) - dove sganciano 177 mila tonnellate di bombe - e si ritirano il 18 agosto 1954, alimentando la guerra tra i comunisti capeggiati da Kim Il-Sung e il governo fantoccio di Seul capeggiato da Syngman Rhee, un esponente politico cattolico cresciuto negli USA.

La guerriglia comunista coreana è supportata

- dalla Repubblica Popolare Cinese attraverso l’Esercito Popolare dei Volontari, composto da 3 milioni di uomini (militari e civili); entra in azione il 19 ottobre 1950 e si ritira nell’ottobre 1958, prestando supporto logistico e medico anche dopo la firma del cessate il fuoco, con un totale di 390 mila tra morti, feriti e prigionieri di guerra;

- dall’URSS, che perde 300 uomini e 335 velivoli.

La guerra è formalmente ancora in corso: tra la Repubblica Popolare Democratica di Corea (RPDC) e la Repubblica di Corea non è stato siglato alcun trattato di pace, ma solo un cessate il fuoco mediato dall’ONU (27 luglio 1953).

Gli USA realizzano tuttora provocazioni contro la RPDC attraverso esercitazioni militari congiunte con il governo di Seul (che ospita 23 basi militari con circa 23.500 uomini, dati del Pentagono del 2023) e con il Giappone (che ospita 15 basi militari con circa 50 mila uomini, dati del Pentagono del 2023), con l’obiettivo di intimorirla e imporle di recedere rispetto al suo programma nucleare (militare e civile), sviluppato come deterrente per eventuali attacchi provenienti da USA e alleati regionali.


1953

Iran. Gli USA e il Regno Unito, tramite i rispettivi servizi segreti CIA (Operazione Ajax) e MI6 (Operazione Boot), intervengono (15-19 agosto 1953) per rovesciare il primo governo espressione della volontà popolare delle masse popolari iraniane, quello di Muhammad Mossadeq, avvocato e fondatore del Fronte Nazionale. Il motivo principale di quest’operazione di guerra sporca è la nazionalizzazione dell’industria petrolifera iraniana: questa fu costruita grazie all’Anglo-Persian Oil Company, fondata nel 1909 e acquisita per il 51% nel 1914 dal governo britannico. Alla nazionalizzazione si aggiunge l’adozione di misure di previdenza sociale per lavoratori e pensionati, una riforma agraria e l’imposizione di un’elevata tassazione sulla rendita fondiaria, quindi sulle classi più ricche e parassitarie del paese. L’immediata conseguenza di questo colpo di Stato è il rafforzamento dei poteri dello Shah Reza Pahlevi e il dispiegamento della persecuzione generale del movimento operaio, comunista e studentesco iraniano.


1954-1960

Guatemala. Gli imperialisti USA nel 1954 promuovono in Guatemala un colpo di Stato (18-27 giugno 1954) contro il governo popolare del colonnello Jacobo Árbenz Guzmán - sostenuto dal Partito Guatemalteco dei Lavoratori (PGT) - e installano una dittatura militare che in varie forme e con diversi capi durerà fino al 1983.

Tra i principali propositi del governo Árbenz c’è la riforma agraria, fortemente osteggiata dalla multinazionale USA United Fruit Company (oggi Chiquita), frutto della fusione di 21 aziende di banane che posseggono il 70% della terra coltivabile guatemalteca e presente anche in altri paesi sudamericani (Ecuador, Costa Rica, ecc.). L’espressione “repubblica delle banane”, che sta a indicare uno Stato corrotto, fondato economicamente sulla dipendenza dalla monocoltura agricola votata all’esportazione, è coniata proprio in questo contesto.

Il 13 novembre 1960 iniziano rivolte contro la dittatura militare installata nel 1954 dagli USA. Da queste rivolte nascerà il Movimento Rivoluzionario 13 novembre (MR-13) - successivamente unitosi al PGT, che in coalizione con altri gruppi guerriglieri danno vita alle FAR (Forze Armate Rivoluzionarie). Gli USA danno manforte al governo di Miguel Ydigoras Fuentes (1958-1963) nei bombardamenti contro il MR-13 e il PGT.


1954-1975

Vietnam. Dopo la battaglia di Diên Biên Phu (13 marzo - 7 maggio 1954), la fuga delle truppe occupanti francesi e l’avvento dell’autoproclamatosi primo ministro Ngô Dinh Diêm (1955-1963) promosso dagli USA, i comunisti nordvietnamiti danno inizio alla guerra civile con la nascita del Fronte di Liberazione Nazionale vietnamita (1° novembre 1955), supportato da Cuba, URSS, Repubblica Popolare Cinese, Repubblica Popolare Democratica di Corea, Pathet Lao e Khmer Rossi. Per la prima volta gli USA testano la “strategia dell’inasprimento militare”: armando il governo fantoccio del Vietnam del Sud, gli USA incrementano le provocazioni militari contro i guerriglieri comunisti, sulla base delle quali giustificano l’intervento armato a sostegno del governo sudvietnamita e contro la Repubblica Democratica del Vietnam (nord). Il pretesto per la guerra contro la Repubblica Democratica del Vietnam avvenne il 2 agosto 1964, con uno scontro tra un cacciatorpediniere USA e alcune motonavi nordvietnamite nel golfo di Tonchino. Il 7 agosto 1964 il presidente Johnson ottenne l’autorizzazione dal Congresso USA ad attaccare il Vietnam del Nord senza formale dichiarazione di guerra. La guerra termina il 30 aprile 1975 con il ritiro delle truppe USA, la vittoria del Fronte di Liberazione Nazionale vietnamita che entra a Saigon - capitale del Vietnam del Sud, ribattezzata Città di Ho Chi Minh - e la riunificazione del paese guidato dal Partito Comunista del Vietnam (7 maggio 1975). Il saldo delle vittime è di circa 2 milioni di civili morti, 1 milione e 700 mila combattenti nordvietnamiti morti e feriti, oltre a circa 46 mila soldati USA morti in battaglia (altri 11 mila circa muoiono per altre cause).


1954-1989

Paraguay. Il generale Alfredo Stroessner destituisce con un colpo di Stato (15 agosto 1954) il presidente Tomás Romero Pereira, il cui governo è a sua volta frutto di un colpo di Stato. L’appoggio politico, finanziario e militare degli USA ininterrotto gli ha permesso di diventare il più longevo tra i golpisti al governo (35 anni) in America Latina. Da segnalare il caso del centro di detenzione, interrogatorio e tortura per prigionieri politici della polizia paraguayana chiamato “La Technica”, costruito nel 1954 sotto la supervisione dell’ufficiale dell’Esercito USA Robert Thierry.

La dittatura termina il 3 febbraio 1989, dopo un colpo di Stato militare promosso dal generale Andrés Rodríguez, che convoca le elezioni presidenziali per il maggio dello stesso anno e costringe Stroessner all’esilio in Brasile. Questi sarà condannato in contumacia nel 1997 per crimini contro l’umanità.

Le vittime della dittatura militare ammontano a circa 500 oppositori politici fatti sparire, oltre a più di 100 mila persone sottoposte a processi politici, torture e deportazioni.

La dittatura militare ha fatto parte del famoso Piano Condor, una operazione multinazionale diretta dalla CIA a partire dalla presidenza di Richard Nixon (1969-1974), volta a instaurare in molti paesi del Sud America dittature militari o Stati di polizia e che aveva come obiettivo principale il contenimento del movimento comunista e popolare e garantire in questi paesi la formazione di governi fedeli agli USA.


1957-1967

Indonesia. Nel 1957 il KGB (servizio di spionaggio sovietico) rende pubblici i piani della CIA per rovesciare Sukarno (presidente dal 1945 al 1965, costretto alle dimissioni e sostituito dal generale Suharto, che governerà fino al 1998) e, quindi, imporre un governo anticomunista. Nonostante ciò gli USA autorizzano l’operazione di destabilizzazione dell’Indonesia (a partire dal 1957) insieme a gruppi paramilitari filippini e indonesiani armati dalla CIA. Il piano prevede anche il finanziamento di giornali e radio “anti-Sukarno” sull’esempio di Radio Liberty, creata dagli USA nel 1949 con il nome Radio Free Europe, come progetto mediatico della CIA per svolgere propaganda anticomunista verso l’URSS e le Democrazie Popolari dell’Europa Orientale. Il 21 febbraio 1958 iniziano i bombardamenti dei gruppi paramilitari armati dalla CIA su diverse province indonesiane con l’obiettivo principale di colpire le basi e i centri di addestramento dei guerriglieri comunisti. Il Partito Comunista Indonesiano (PKI) conta 3 milioni di iscritti e circa 17 milioni di simpatizzanti, risultando il terzo partito comunista più grande al mondo. Nel periodo 1965-1967, il PKI e tutte le organizzazioni progressiste del paese (partiti, sindacati, associazioni, ecc.) sono decimati attraverso una persecuzione di massa fondata su delazione, tortura e fucilazione di milioni di individui: si trattava del cosiddetto “metodo Jakarta”, volto all’annientamento totale del nemico.


1957-1971

Haiti. Dopo aver sostenuto la dittatura di François “Papa Doc” Duvalier (1957-1971), negli anni ‘80 gli USA sostengono la dittatura del figlio Jean-Claude “Baby Doc” Duvalier (1971-1986). Nonostante la propaganda governativa affermi il contrario, la Costituzione del paese garantisce a “Baby Doc” Duvalier un potere assoluto: inizialmente egli vara qualche riforma liberale, come la scarcerazione di alcuni nemici politici e l’allentamento della censura dei media, ma la base del regime non è smantellata: l’opposizione continua ad essere bandita, così come la stampa indipendente.

Baby Doc” Duvalier diventa estremamente ricco grazie soprattutto alla Régie du Tabac (Amministrazione del Tabacco), un’azienda che sotto la sua presidenza gode di numerosi privilegi quali l’esenzione al pagamento delle tasse e il monopolio del tabacco. Successivamente, l’azienda riesce a controllare anche altri settori della produzione haitiana; in essa il dittatore aveva in essa dei fondi neri, cosa facile da nascondere visto che i bilanci della Régie du Tabac non sono pubblici. A poco a poco emerge nel paese una cricca di sostenitori della dittatura di Duvalier chiamati “dinosauri”, che sperperano denaro pubblico insieme al presidente. Nonostante ciò, il governo di “Baby Doc” riceve un’accoglienza internazionale migliore rispetto a quello del padre e già nel corso del 1971 gli USA reintroducono il programma di aiuti economici ad Haiti, che nella maggior parte dei casi finiscono quasi esclusivamente nelle tasche degli esponenti di spicco del regime.


1959-1963

Cuba. Dopo il trionfo della Rivoluzione Cubana (1° gennaio 1959) guidata dal Movimiento 26 de Julio diretto da Fidel Castro, il Congresso USA approva il piano per armare gli esuli cubani in funzione anticomunista - in larga parte ospitati in basi di addestramento in Florida - in un primo momento organizzando la controrivoluzione interna al paese, nota a Cuba come “lotta contro i banditi”, durata fino al 1963. Il 16 aprile 1961 inizia l’“Operazione Mangosta” (fallita) di destabilizzazione del governo rivoluzionario con lo sbarco degli esuli cubani nella Baia dei Porci, provenienti in parte dalle forze armate (disciolte) del dittatore Fulgencio Batista, al potere dal 1952 e nel frattempo fuggito in Florida. Il 25 aprile 1961 l’amministrazione presidenziale USA di J.F. Kennedy impone ufficialmente il blocco economico-commerciale e finanziario USA contro Cuba che dura tutt’oggi in forme sempre più aspre. Attualmente gli USA mantengono una presenza militare sull’isola di Cuba, attraverso la base navale di Guantánamo (117 km2), concessa agli USA nel 1901 nell’ambito degli accordi per la fine della guerra ispano-americana e il riconoscimento dell’indipendenza di Cuba dalla Spagna. Gli accordi prevedevano la possibilità concessa agli Stati Uniti di creare fino a quattro basi navali sull’isola, la prima delle quali fu proprio la base di Guantánamo che oggi ha una doppia funzione: quella di base navale USA e di campo di prigionia, noto per le ripetute violazioni dei diritti umani consumate al suo interno contro soggetti accusati genericamente di “terrorismo”, nell’ambito della “guerra contro il terrore” scatenata dal governo Bush dopo l’11 settembre 2001 (attentato alle Torri Gemelle di New York).


1959-1975

Laos. La guerra civile scoppia il 23 maggio 1959 tra le diverse fazioni dell’aristocrazia laotiana - che già dalla fine del XVII secolo si contendevano il potere - e il Pathet Lao, organizzazione rivoluzionaria armata guidata dal Partito Rivoluzionario del Popolo Lao. Gli USA intervengono a partire dal 1959 e si servono anche di agenti chimici, come il napalm, per arrestare l’avanzata dei guerriglieri.

Gli USA bombardano il Laos per togliere ogni tipo di sostegno ai guerriglieri del Fronte Nazionale di Liberazione del Vietnam, in particolare i centri di addestramento e le roccaforti dei guerriglieri comunisti sia del Pathet Lao che dei Viet Cong. La CIA addestra i guerriglieri di etnia Hmong che, supportati dall’aviazione USA e dalle truppe dell’Esercito Reale Laotiano, hanno la funzione di reprimere il movimento comunista laotiano. Gli USA sganciano 2 milioni di tonnellate di bombe sul Laos in circa 580 mila raid aerei. L’operazione non è mai stata autorizzata dal Congresso USA e viola i patti di Ginevra del 1954 che dichiara il Laos neutrale. Il 2 dicembre 1975 il Pathet Lao vince e instaura una democrazia popolare a carattere socialista.

In Laos sono ancora presenti circa 80 milioni di ordigni inesplosi, rappresentando circa un terzo dei 270 milioni di munizioni a grappolo lanciate dagli USA su questo paese, nell’ambito della feroce guerra anticomunista nel sud-est asiatico. Il Laos è considerato come il paese più bombardato nella storia dell’umanità se si considera il rapporto tra bombe e popolazione. Dalla fine ufficiale della guerra nel 1975, si stima che oltre 25 mila laotiani, compresi oltre 10 mila bambini, siano rimasti vittime delle munizioni a grappolo inesplose.


1960

Unione Sovietica. Il 1° maggio 1960 un aereo spia statunitense U-2 pilotato da Francis Gary Powers è abbattuto da un missile sovietico sopra gli impianti di difesa a Sverdlovsk (l’attuale Ekaterinburg), il che sfocia in una crisi nelle relazioni sovietico-statunitensi. Powers, paracadutatosi dall’aereo, è arrestato e condannato dalla Corte Suprema sovietica a 10 anni di carcere. Nel febbraio 1962 è scambiato con l’ufficiale dell’intelligence sovietica William August Fisher.


1960-1968

Congo. Dopo la dichiarazione d’indipendenza dal Belgio (30 giugno 1960), operazioni di spionaggio e militari condotte da CIA e dai servizi segreti belgi impongono la repressione nel sangue del nascente Movimento Nazionale Congolese di Liberazione (MNCL), sostenuto dall’URSS e guidato dal rivoluzionario Patrice Lumumba, che nel frattempo aveva assunto l’incarico di capo del governo (giugno 1960). Lumumba, catturato dai belgi con il supporto della CIA, è assassinato e sciolto nell’acido il 17 gennaio 1961. Per porre fine al governo sovrano presieduto da Lumumba, gli USA, il Belgio, i Paesi Bassi e il Regno Unito offrono il loro sostegno al generale Mobutu Sese Seko (1961-1997), fervente anticomunista, che governerà il paese con il pugno di ferro (massacri, messa al bando di partiti e stampa oppositori, ecc.) e svuota le casse statali di circa 15 miliardi di dollari usati principalmente per lo sfarzo suo e della sua famiglia (spese all’estero, acquisto di case, ricevimenti, gioielli, ecc.).

È rovesciato il 16 maggio 1997 al termine della guerra scatenata dal Fronte di Liberazione Nazionale Congolese guidato da Laurent-Désiré Kabila, che lo costringe all’esilio in Marocco dove muore dopo un cancro alla prostata. Dopo la caduta del regime di Mobutu, è proclamata la Repubblica Democratica del Congo.


1962-1964

Ex Guyana britannica (ora Repubblica Cooperativa di Guyana). La CIA svolge un ruolo di primo piano, sostituendo i servizi segreti britannici, per evitare che Cheddi Berret Jagan - esponente di spicco del Partito Progressista Popolare e simpatizzante comunista - vinca le elezioni del 7 dicembre 1964. Concretamente, finanzia e organizza le manifestazioni di massa del febbraio 1962 e lo sciopero generale di 80 giorni dell’aprile 1963 servendosi di 1 milione di dollari. Tale sciopero è citato pretestuosamente dalle autorità USA e britanniche per denunciare l’“incapacità” di Jagan di governare il paese, quindi, la necessità di commissariare il paese e rendendolo di fatto un protettorato militare. Alla fine, Cheddi Jagan riesce a diventare presidente nel 1992 ma rinuncia nel 1999 a causa di una salute cagionevole.


1962

Thailandia. Il 17 maggio 1962 5 mila marines USA sbarcano nel paese per sostenere la monarchia contro la “minaccia comunista” proveniente dall’esterno (Vietnam, Laos, Cambogia). Vengono ritirati il 30 luglio dello stesso anno.


1963-1966

Repubblica Dominicana. Il presidente progressista Juan Bosch è destituito da un colpo di Stato militare (25 settembre 1963) supportato dagli USA con la copertura dell’Organizzazione degli Stati Americani; ufficialmente gli USA condannano il golpe, sospendono gli aiuti finanziari e umanitari al paese, rifiutandosi di riconoscere il potere della giunta militare. Tramite l’“Operazione Power Pack” nel 1965 gli USA inviano 22 mila soldati durante la guerra civile scoppiata nel frattempo: occupano la capitale Santo Domingo e vi restano fino a settembre 1966. L’operazione provoca la morte di alcune centinaia di cittadini dominicani e la successione di colpi di Stato militari che sprofondano ulteriormente il paese nella crisi economica e politica.


1964-1985

Brasile. Il governo progressista del generale João Goulart è rovesciato da un colpo di Stato militare (1 aprile 1964) fomentato dagli USA. Ne segue una dittatura militare, parte del Piano Condor, soppressa solo il 15 marzo 1985 grazie alla mobilitazione popolare coagulatasi attorno a movimenti guerriglieri (in parte legati al Partito Comunista Brasiliano), sindacati e correnti di militari progressisti ribelli interne alle Forze Armate brasiliane. Nel 2014, quasi 30 anni dopo la caduta del regime, l’Esercito brasiliano riconosce per la prima volta i crimini commessi dai suoi membri durante gli anni della dittatura, inclusi la tortura e l’omicidio di dissidenti politici. Nel maggio 2018 il governo USA pubblica un memorandum, scritto da Henry Kissinger e risalente all’aprile 1974, il quale confermava che lo Stato Maggiore dell’Esercito brasiliano era a conoscenza dell’uccisione dei dissidenti. È stato stimato che, durante il regime, almeno 434 persone sono state uccise o sono scomparse. Alcuni attivisti per i diritti umani ed altre persone ipotizzano che il vero numero di vittime potrebbe essere molto più alto, considerando anche gli oltre 8 mila indigeni brasiliani uccisi durante la dittatura.


1965-1983

Thailandia. Il governo di Washington ritiene necessario che il potere sia tolto alla fazione del progressista Banomyong e appoggia il colpo di Stato militare del novembre 1947 che fa riemergere Phibun.

L’insurrezione comunista in Thailandia consiste in operazioni di guerriglia perpetrate tra il 1965 al 1983, soprattutto da parte del Partito Comunista della Thailandia (PCT), contro il governo nazionale. Il conflitto si attenua nel 1980, a seguito della dichiarazione di amnistia nazionale; dal 1983 il Partito Comunista della Thailandia decide di abbandonare la lotta armata.

Nel corso del conflitto i comunisti combattono per la liberazione del Paese e si associano ad altre realtà nazionali che combattono i giapponesi e la tirannia del dittatore Phibun (1947-1957), in particolare al movimento Seri Thai (Thailandia Libera) guidato da Pridi Banomyong e alcuni aristocratici filo-monarchici. Nel 1946, dopo la sconfitta subita dal Giappone durante la Seconda guerra mondiale, i progressisti di Banomyong si impadroniscono del potere e il PCT può uscire dall’illegalità, svolgendo opera di contro-informazione sulla politica dei governi britannico e statunitense e riunendo lavoratori, donne, studenti, ecc. in organizzazioni di massa. Nel 1948, i servizi segreti britannici stimano che i militanti del PCT ammontano alle 3 mila unità circa. Alla fine degli anni ‘40, gli Stati Uniti estendono la propria influenza sulla Thailandia, preoccupati per il crescente successo dei comunisti nella regione, in particolare in Vietnam.


1965-1975

Cambogia. Dopo aver sostenuto il regime monarchico del principe Norodom Sihanouk che alla fine del 1968 aveva accettato di riavvicinarsi agli USA, questi decidono di intervenire militarmente in Cambogia con l’“Operazione Menu” (18 marzo 1969-26 maggio 1970), per reprimere la resistenza del Fronte di Liberazione Nazionale vietnamita, che aveva in questo paese sue basi militari. Nell’ambito della guerra contro il Vietnam del Nord e il Laos, gli USA proseguono nel loro intervento in Cambogia, bombardando circa 130 mila tra villaggi e piccole città tra il 1965 e il 1975 allo scopo di impedire fino all’ultimo l’ascesa al potere dei Khmer Rossi.

La guerra civile inizia l’11 marzo 1967, durante la monarchia di Sihanouk, quando il maresciallo realista Lon Nol massacra centinaia di membri del Partito Comunista di Kampuchea (PCK, fondato nel 1951), diretto dal compagno Pol Pot. Come ritorsione a questo crimine, il PCK organizza la guerriglia unendo le proprie forze a quelle di Sihanouk, in esilio a Pechino, creando il Fronte Unito Nazionale di Kampuchea (FUNK).

I Khmer Rossi riescono ad estendere la loro influenza e, nel 1973, gran parte della Cambogia è sotto il loro controllo militare, anche grazie al supporto militare cinese e nordvietnamita. Nei primi mesi del 1975 Phnom Penh è accerchiata dai guerriglieri comunisti, mentre l’Esercito realista si era ridotto a controllare solamente i maggiori centri cittadini.

Il 17 aprile 1975 Phnom Penh capitola e Lon Nol fugge: è l’inizio del governo rivoluzionario dei Khmer Rossi.

La città venne subito fatta evacuare e ben presto la stessa sorte tocca alle altre. Sihanouk è ormai un presidente senza potere e nel 1976 è arrestato con l’accusa di voler restaurare la monarchia e di opporsi ai Khmer Rossi; riesce a fuggire a Taiwan scampando all’esecuzione.


1966

Isole Chagos. Queste isole, assieme ad altri piccoli arcipelaghi, formano dal 1965 il Territorio Britannico dell’Oceano Indiano. Tali isole, scorporato dalle Isole Mauritius poco prima dell’indipendenza di queste dal Regno Unito nel 1965, è rivendicato dalle Mauritius come parte del suo territorio. L’atollo Diego Garcia (circa 4 mila abitanti, tra personale militare USA e appaltatori di supporto) è sede dal 1966 di una base aeronavale USA, la costruzione della quale - avvenuta sulla base di una concessione del Regno Unito per 50 anni, nel frattempo prorogata - genera una controversia legale internazionale tra gli indigeni deportati nelle Mauritius (circa 2000 persone) e l’amministrazione britannica. Tuttora, gli indigeni nelle Mauritius e anche quelli che nel frattempo sono arrivati nel Regno Unito proseguono con la mobilitazione contro le autorità britanniche, affinché queste permettano il rimpatrio nella loro terra natia.

La base USA di Diego Garcia è stata il punto di partenza per attacchi aerei contro l’Iraq durante la Prima guerra del Golfo (1991), contro l’Afghanistan (2001) e nuovamente contro l’Iraq durante la Seconda guerra del Golfo (2003).

Grazie anche all’accordo con le autorità USA, nel 2010 l’amministrazione britannica istituisce una riserva protetta in gran parte dell’arcipelago e della zona marina competente, per un totale di 545 mila km2, con divieto di accesso e pesca. In realtà la creazione della riserva marina è un tentativo per impedire il ritorno della popolazione nativa deportata.

Il 25 febbraio 2019 la Corte Internazionale di Giustizia, in un’opinione consultiva, confuta i titoli di sovranità esercitati dal governo britannico, il quale è legalmente obbligato a restituire le isole Chagos alla Repubblica di Mauritius, cessione non ancora avvenuta nel 2023. L’occupazione statunitense-britannica di questo territorio è ancora in corso.


1967-1974

Grecia. La dittatura militare dei Colonnelli (21 aprile 1967- 24 luglio 1974) d’ispirazione fascista s’installa ad Atene.

La giustificazione ufficiale è che i cospiratori comunisti (con il Partito Comunista Greco - KKE messo fuori legge) si sono infiltrati nella burocrazia, nelle università, nei centri di comunicazione e anche nell’Esercito, rendendo quindi necessaria un’azione drastica per proteggere la Grecia da un rivolgimento e garantire l’“ordine costituzionale”.

Gli elementi democratici presenti nella società greca si organizzano quasi subito nel tentativo di ostacolare la politica reazionaria della giunta. Già all’inizio del 1968 si formano numerosi gruppi, sia in esilio sia in patria, che chiedono il ritorno della democrazia, tra questi ricordiamo il Movimento di Liberazione Panellenico, Difesa Democratica, l’Unione Socialista Democratica. Si tratta di gruppi che traggono la loro origine da tutto lo scenario della sinistra greca, grande parte del quale si trovava ormai, come il Partito Comunista Greco, nella clandestinità.

Tra le prime azioni contro la Giunta vi è il tentativo di assassinare il dittatore Georgios Papadopoulos il 13 agosto 1968. L’azione ha luogo durante il trasferimento dalla sua residenza estiva a Lagonisi verso Atene.

Il piano fallisce e il giornalista progressista Alekos Panagulis è catturato poche ore dopo mentre cercava di fuggire a bordo di un battello. Panagulis è condotto nella sede della polizia militare dove subisce percosse e torture. Il 17 novembre 1968 è condannato a morte ma la sua condanna non è mai eseguita nel timore delle reazioni sia interne che internazionali. Dopo l’inizio della pubblicazione dei dossier relativi agli agenti di sicurezza del regime dei Colonnelli, Alekos Panagulis muore nel 1976, vittima di un misterioso incidente automobilistico.

Il piano di liberalizzazione di Papadopoulos, a cui si oppongono politici di spicco come Panagiotis Kanellopoulos e Stefanos Stefanopoulos e fermato dalla massiccia rivolta del Politecnico di Atene (14-17 novembre 1973) contro la giunta militare, spiana la strada alla fine della dittatura. Il controgolpe del generale Dimitrios Ioannides e il suo fallito colpo di Stato contro il presidente di Cipro, l’arcivescovo Makarios III, che porta all’invasione turca di Cipro, abbattono la dittatura. Il “governo di unità nazionale” ad interim, guidato dall’ex primo ministro Konstantinos Karamanlis, legalizza il Partito Comunista Greco (KKE) e, durante il suo mandato, avviene la fondazione del partito di centrodestra Nuova Democrazia, che vince le elezioni del 1974.

Il nuovo governo indice per l’8 novembre 1974 un referendum istituzionale, per decidere se restaurare la monarchia (responsabile dell’avvento del regime militare) o mantenere la repubblica: quest’ultima ottiene il 69,2% dei voti, mentre la monarchia il 30,8%. Nasce così la Terza Repubblica Ellenica. I responsabili della dittatura sono sottoposti a processo e condannati con pene molto pesanti. Il bilancio dei morti della dittatura dei Colonnelli ammonta ad alcune centinaia di civili uccisi e 2 mila torturati.


1970

Oman. Nell’ambito della guerra del Dhofar, le truppe imperiali dello Shah di Persia Mohammad Reza Pahlevi tentano d’invadere il Sultanato dell’Oman a sostegno del sultano per contrastare l’insurrezione comunista, servendosi del sostegno logistico della CIA e della formazione di consiglieri militari USA. La guerra inizia con la formazione del Fronte di Liberazione del Dhofar, un gruppo che mirava a creare uno Stato indipendente, libero dal dominio del sultano Sa'id bin Taymur. I ribelli hanno anche obiettivi più ampi, riconducibili al nazionalismo panarabo che aspira a porre fine all’influenza britannica nella regione del Golfo Persico.

La guerra inizialmente assume la forma di un’insurrezione, con i guerriglieri che combattevano le forze omanite e la presenza straniera nel paese. Numerosi fattori come il ritiro britannico da Aden e il sostegno della Cina e dell’Unione Sovietica portano ai ribelli un successo maggiore. Alla fine degli anni ‘60 arrivano a controllare l’intera regione di Jebel. Il colpo di Stato in Oman del 1970 porta al rovesciamento del sultano Sa'id da parte del figlio riformista Qabus, sostenuto da un importante intervento militare britannico nel conflitto. I britannici iniziano una campagna politico-militare per contrastare i ribelli comunisti e avviano il processo di modernizzazione delle Forze Armate omanite, schierando contemporaneamente lo Special Air Service (unità d’élite dell’esercito) per condurre operazioni anti-insurrezione contro i ribelli. Questo approccio porta a una serie di vittorie contro i guerriglieri comunisti. La guerra termina con la sconfitta finale dei guerriglieri nel 1976.


1971-1978

Bolivia. Il generale Hugo Banzer diventa presidente della Bolivia a seguito di un colpo di Stato (21 agosto 1971), supportato politicamente dagli USA, contro il generale Juan José Torres, successivamente assassinato in esilio in Argentina. Banzer è solo uno dei nomi di illustri graduati della “Scuola delle Americhe” (Escuela de las Americas), un’accademia militare dell’Esercito USA situata attualmente a Fort Benning (Georgia, Stato federale USA). La scuola, dal 1946 al 1984, ha avuto sede a Panama City, dove si sono diplomati più di 60 mila militari e poliziotti di 23 paesi dell’America Latina. Banzer è a sua volta destituito da un altro colpo di Stato il 21 luglio 1978 ad opera del generale Juan Peréda Asbun. Tramite il Piano Condor, la dittatura di Banzer si dedica alla persecuzione, in patria e all’estero, di numerosi oppositori e porta avanti una politica economica incentrata sul forte indebitamento con organismi internazionali (Fondo Monetario Internazionale in primo luogo) a beneficio di una ristretta cerchia di alleati politici e della borghesia compradora locale. Il prezzo di questa gestione economica, improntata alla corruzione e all’appropriazione di beni pubblici, è pagato dall’economia boliviana negli anni seguenti con frequenti e forti crisi inflattive e povertà diffusa.


1973-1985

Uruguay. Il Dipartimento di Stato USA, all’epoca guidato da Henry Kissinger, sostiene la dittatura militare di Juan María Bordaberry, presidente della Repubblica dopo la vittoria alle elezioni del 1971, che scioglie il parlamento (27 giugno 1973): si tratta quindi di “auto-golpe”. Tra gli obiettivi proclamati dalla giunta, figura la soppressione del Movimento di Liberazione Nazionale-Tupamaros, un’organizzazione guerrigliera d’ispirazione marxista-leninista sostenuta da Cuba e dal Movimiento de la Izquierda Revolucionaria cileno. I sindacati (banditi) scioperano per due settimane e gli operai occupano le fabbriche; i dirigenti sindacali sono imprigionati, uccisi o esiliati. La dittatura militare è soppressa il 1° marzo 1985 grazie a una prolungata mobilitazione popolare (operaia e sindacale) di massa, durante la quale il Partito Comunista dell’Uruguay assume il ruolo di catalizzatore degli sforzi militari e politici delle organizzazioni guerrigliere, tra queste i Tupamaros. Il bilancio delle vittime è di 200 civili morti e più di 5 mila detenuti per motivi politici; di questi ultimi circa 192 sono fatti sparire forzatamente (da cui il termine “desaparecidos”).


1973-1990

Cile. Dopo tre anni dalla vittoria delle elezioni, il governo del presidente socialista Salvador Allende è destituito da un colpo di Stato (11 settembre 1973) guidato dal generale Augusto Pinochet, che dà vita a una dittatura militare terminata nel 1990 con la sua morte. Il Dipartimento di Stato e la CIA promuovono il golpe perché non “era tollerabile che i cileni votassero in malo modo”, che bisogna “far gridare l’economia” e mettere in ginocchio la popolazione, oltre a facilitare lo sfruttamento delle ingenti risorse minerarie (rame soprattutto) alle multinazionali USA e occidentali. La dittatura di Pinochet provoca la morte e la sparizione forzata di alcune decine di migliaia di oppositori politici (comunisti, repubblicani, anarchici, sindacalisti, preti legati alla Teologia della Liberazione, ecc.). Oltre al Cile, altri governi dittatoriali come quelli di Argentina, Bolivia, Brasile, Perù, Paraguay e Uruguay sono coinvolti nel famigerato Piano Condor. La complicità di Richard Nixon (presidente USA nel periodo 1969-1974) ed Henry Kissinger, Segretario di Stato USA, con Augusto Pinochet è accertata in sede giudiziaria, politica e storica.


1974-1987

Sahara Occidentale (Repubblica Araba Sahrawi Democratica). Il coinvolgimento USA nella guerra nel Sahara Occidentale varia di intensità nel tempo. Gli Stati Uniti forniscono sostegno in quattro campi fondamentali: diplomatico, politico, economico e militare alla monarchia marocchina. Da quando le ambizioni espansionistiche del re Hassan II nei confronti dell’ex colonia spagnola (ceduta nel 1975 dalla Spagna franchista al Marocco) sono diventate evidenti, le amministrazioni statunitensi, sia repubblicane che democratiche, mantengono una linea di pieno sostegno al Marocco. Sebbene le manovre colonialiste marocchine precedano di qualche anno il coinvolgimento USA, la politica degli Stati Uniti nell’area è stata decisiva tra il 1974 e il 1987. Questi anni segnano un momento cruciale, in cui sia il Fronte Polisario, organizzazione guerrigliera che conduce la lotta di liberazione nazionale del popolo sahrawi fin dalla sua fondazione nel 1973, sia le Forze Armate reali marocchine hanno le armi pronte per avviare una guerra di logoramento.

Le due amministrazioni repubblicane del periodo 1974-1987, quelle di Gerald Ford e Ronald Reagan, sono interrotte da una parentesi democratica, la presidenza di un solo mandato di Jimmy Carter. Durante l’ultimo anno di questa amministrazione, nel 1980, gli Stati Uniti decidono di dare tutto il loro appoggio al Marocco nel tentativo di spostare definitivamente l'equilibrio a favore del loro alleato.


1975-1991

Eritrea. Nell’ambito della guerra condotta dal Fronte di Liberazione Popolare dell’Eritrea contro l’Etiopia del DERG - giunta militare socialista - di Menghistu (1 settembre 1961 - 29 maggio 1991), gli USA partecipano alla guerra rifornendo il governo etiope di armi con un valore stimato di circa 30 milioni di $.


1975-2000

Perù. Il governo progressista del generale Juan Velasco Alvarado è rovesciato (29 agosto 1975) da un colpo di Stato militare. Il governo di Velasco Alvarado aveva promosso la politica del non allineamento, seguendo lo slogan “né con il capitalismo né con il comunismo”. Nei fatti però aveva rotto con gli Stati Uniti e si era alleato con i paesi del campo socialista. Gli USA proseguono con la loro guerra ibrida (*) tra il 1980 e il 1992, negli anni di maggiore spinta della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata promossa dal Partito Comunista del Perù-Sendero Luminoso, diretto dal Presidente Gonzalo, fornendo ai governi di Lima armi, addestramento militare e spionistico in funzione anticomunista.

Gli USA sostengono apertamente la dittatura di Alberto Fujimori (presidente dal 1992 al 2000), avviata dopo un autogolpe; egli è responsabile di centinaia di omicidi politici, di sparizioni forzate e castrazione di massa di uomini e donne, in larga parte accusati di essere fiancheggiatori di Sendero Luminoso.


(*) Si tratta di una strategia militare che impiega e mescola elementi delle guerre convenzionali e delle guerre non convenzionali: guerra politica, economica e psicologica e gli attacchi cibernetici con altri metodi di influenza, come la diffusione di notizie false, la diplomazia, le guerre “legali” (cioè approvate dal Parlamento dei rispettivi paesi e/o dall’ONU) e interferenze nei processi elettorali. Combinando le operazioni di movimento militare con gli sforzi sovversivi, all’interno di un impegno bellico informale e non dichiarato, l’aggressore intende evitare l’attribuzione di qualsiasi responsabilità sia rispetto alle vittime civili che ai danni materiali provocati.



1976-1998

Cuba. La CIA esegue più di 620 tentativi per assassinare il Comandante in Capo della Rivoluzione Cubana Fidel Castro e, servendosi di controrivoluzionari cubani e statunitensi, compie atti terroristici tramite il dirottamento di aerei (il più famoso è il caso del volo della compagnia Cubana de Aviación dell’ottobre 1976 diretto alle Barbados), l’introduzione del dengue emorragico (1981) che infetta più di 340 mila persone e provoca la morte di 158 di cui la maggior parte bambini, l’esplosione di bombe presso quattro hotel a L’Avana (1997) con l’obiettivo di affossare la neonata industria turistica, omicidi selettivi di cittadini cubani (uno dei più famosi è quello di Félix García, diplomatico cubano presso l’ONU ucciso a sangue freddo da un terrorista cubano a New York l’11 settembre 1980) e altro. Complessivamente, durante il periodo 1959-1998 a causa di atti terroristici compiuti direttamente da individui e agenzie USA e della controrivoluzione cubano-statunitense sono morti 3.478 cittadini cubani e stranieri, mentre più di 2 mila rimangono invalidi a vita. Il blocco economico-commerciale e finanziario, la promozione della sovversione interna e il trattamento di Cuba come “Stato patrocinatore del terrorismo” da parte degli USA durano tuttora.



1976-1983

Argentina. Il capo dell’Esercito Jorge Videla, unitamente ai comandanti dell’Aviazione e della Marina, dà vita al colpo di Stato militare (24 marzo 1976) che, nell’ambito del Piano Condor e con il sostegno degli USA, contribuisce alla morte e sparizione forzata di circa 40 mila oppositori politici. I golpisti ancora in vita sono processati nel frattempo nella seconda metà degli anni ‘80, alcuni condannati e imprigionati.

Gli USA finanziano organizzazioni paramilitari della destra argentina (“squadroni della morte” legati all’Alleanza Anticomunista Argentina e altre sigle) per rovesciare il governo democratico di Isabel Perón - i peronisti erano da sempre malvisti dagli USA anche perché sistematicamente ostili ai governi USA - e favoriscono l’instaurazione della dittatura, con la quale ebbero sempre ottimi rapporti economici.

Messo sotto pressione dai movimenti come le Madri e le Nonne di Plaza de Mayo, dall’attività dei guerriglieri Montoneros, del Partito Comunista Argentino e dalla “comunità internazionale”, ma soprattutto dalla grave sconfitta subita nella guerra delle isole Malvinas (2 aprile - 14 giugno 1982) contro il Regno Unito, il regime militare è obbligato a convocare elezioni libere che avvennero il 30 ottobre del 1983. È eletto presidente il radicale (liberale di sinistra) Raúl Alfonsín, che si insedia il 10 dicembre 1983 e governa il paese fino al 1989, succedendo all’ultimo generale golpista Reynaldo Bignone.


1976-1992

Angola. Durante la guerra civile angolana (11 novembre 1975 - 4 aprile 2002), gli USA intervengono per circa 16 anni a partire dal 1976, attraverso il finanziamento e l’addestramento di truppe regolari e paramilitari dei suoi principali alleati nella regione (soprattutto Sudafrica segregazionista e Zaire di Mobutu) per combattere insieme alla formazione anticomunista angolana UNITA di Jonas Savimbi e agli indipendentisti della regione settentrionale di Cabinda, ricca di risorse minerarie, contro il MPLA-PT (partito marxista-leninista) di Agostinho Neto. Il MPLA-PT riesce a vincere la guerra civile (memorandum d’intesa di Luena, 4 aprile 2002), anche grazie al supporto degli internazionalisti cubani (circa 5 mila morti) e di altri alleati che riforniscono i guerriglieri delle FAPLA (Forze Armate Popolari per la Liberazione dell’Angola dirette dal MPLA-PT) di armi, di istruttori militari e di intelligence quali Unione Sovietica, Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, Repubblica Democratica Tedesca, Repubblica Socialista di Romania, l’African National Congress di Nelson Mandela (Sudafrica) e il South West African People’s Organization di Sam Nujoma (Namibia).


1978-1987

Ciad. Gli USA intervengono in questo paese attraverso rifornimenti militari, prima al governo centrale ciadiano del presidente François Tombalbaye e poi alla fazione anti-libica del signore della guerra Hissène Habré.

Il conflitto si origina dall’intervento libico durante la prima guerra civile ciadiana in corso dal 1965, che vede opposte le popolazioni del Ciad settentrionale, prevalentemente arabizzate e di religione musulmana, a quelle del Ciad meridionale, africane e cristiane-animiste.

I libici appoggiano il Fronte di Liberazione Nazionale del Ciad (FROLINAT) composto dall’unione eterogenea di più gruppi e poi il cosiddetto “Governo di Unione Nazionale di Transizione” (GUNT), insediatosi alla guida del Ciad dopo la conclusione della guerra civile nel 1979: i libici forniscono armamenti moderni ai ribelli e supporto di fuoco con artiglieria, carri armati e aerei da combattimento. Vari paesi africani come Egitto, Sudan e Zaire, nonché gli USA e soprattutto l’ex potenza coloniale francese, appoggiano il governo centrale ciadiano del presidente François Tombalbaye e poi la fazione anti-libica di Hissène Habré (Forze Armate del Nord, divenute Forze Armate Nazionali Ciadiane nel 1983 dopo la fusione con altri gruppi di ribelli): la Francia in particolare invia a più riprese contingenti di truppe nel Ciad per sostenere i suoi protetti.

L’8 agosto 1983 il presidente USA Reagan ordina il dispiegamento di velivoli per la sorveglianza a distanza, 8 caccia F-15 per il pattugliamento dei cieli e supporto logistico per assistere le fazioni anti-libiche (supportate anche dal governo francese) contro le truppe libiche e le forze ribelli ciadiane nell’ambito della guerra libico-ciadiana (1978-1987), che si conclude con la vittoria delle fazioni anti-libiche. In definitiva, l’obiettivo dell’amministrazione Reagan è quello di agire sulla guerra libico-ciadiana per destituire il Colonnello Gheddafi e rendere la Libia uno Stato vassallo degli USA e della Francia.

Il conflitto arriva a una svolta a partire dal 1986, quando il GUNT si dissolve a causa di contrasti interni tra le sue varie componenti permettendo a Habré di riunire i vari gruppi ciadiani per fare fronte comune contro i libici; una serie di rapide offensive delle FANT nel corso del 1987 provocano il rapido crollo delle posizioni libiche nel nord del Ciad, obbligando Gheddafi a siglare un accordo per il cessate il fuoco l’11 settembre 1987. I rapporti tra Libia e Ciad poi migliorano progressivamente: i due paesi decidono di sottoporre il caso della striscia di Aouzou - ritenuta ricca di giacimenti di uranio - alla Corte Internazionale di Giustizia, la quale il 3 febbraio 1994 decide di attribuire il territorio al Ciad.


1979-1988

Iran. Dopo il trionfo nel febbraio 1979 della Rivoluzione Islamica - promossa in funzione antimperialista dal clero sciita capeggiato dall’ayatollah Ruhollah Khomeini - gli USA proseguono la loro opera di destabilizzazione del paese alimentando la guerra tra Iran e Iraq (quest’ultimo equipaggiato militarmente e finanziato dagli USA) nel periodo 1980-1988, in cui nessuna delle due parti si impone e con perdite da ambo i lati che ammontano ad alcune decine di migliaia.

Inoltre, gli USA insieme a Paesi Bassi e Germania riforniscono il governo di Saddam Hussein di agenti chimici usati durante i bombardamenti sia contro i civili che i militari iraniani.


1979-1989

Afghanistan. Attraverso l’“Operazione Cyclone” (3 luglio 1979) e con l’appoggio dei servizi segreti pakistani, la CIA finanzia e arma i combattenti islamisti (“mujahideen”), capeggiati dallo sceicco saudita Osama bin Laden, per sovvertire il governo democratico-progressista del Partito Democratico del Popolo Afghano (PDPA), prodotto della Rivoluzione Saur (27-28 aprile 1978). La guerra civile tra le forze leali alla Repubblica Democratica Afghana (RDA) e i combattenti islamisti subisce un salto qualitativo, con l’intervento dell’Armata Rossa, intenzionata a deporre il presidente della RDA Hafizullah Amin per rimpiazzarlo con Babrak Karmal, esponente della moderata fazione Parcham del PDPA. Già da alcuni anni la guerriglia islamista contro il governo democratico-popolare della RDA è molto estesa nel paese: i mujaheddin, divisi in più schieramenti e gruppi che non hanno mai una guida unitaria nel corso del conflitto, intraprendono quindi una lunga campagna di guerriglia a danno delle forze sovietico-afghane, spalleggiati in questo senso dagli armamenti, dai rifornimenti e dall’appoggio logistico fornito loro (in modo non ufficiale) da paesi come USA, Pakistan, Arabia Saudita, Iran, Regno Unito, Israele, Egitto e Cina.

La debolezza della direzione del PDPA, la mancata determinazione dell’Armata Rossa (intervenuta su richiesta del governo afghano il 24 dicembre 1979 e ritiratasi il 15 febbraio 1989) a sconfiggere il nemico, la progressiva riduzione del supporto della direzione del PCUS alle autorità afghane, il supporto crescente degli USA agli islamisti, conducono al tracollo della RDA (15 febbraio 1989) e al successivo sfondamento del movimento talebano che durante il periodo 1996-2001 governa il paese, prima di un nuovo intervento statunitense (7 ottobre 2001 - 31 agosto 2021). Il bilancio delle vittime sovietiche è di circa 26 mila soldati morti e più di 53 mila feriti, circa 5 milioni di profughi fuggiti dal paese e circa 2 milioni di sfollati interni.


1979-1990

Nicaragua. Gli USA intervengono in Nicaragua già a partire dal 1934, quando spingono la Guardia Nazionale nicaraguense a uccidere il dirigente rivoluzionario Augusto César Sandino nel 1934 e favoriscono l’installazione della dittatura della famiglia Somoza (1936-1979). Dopo la vittoria del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (19 luglio 1979) sulla dittatura - sostenuta dagli USA fino agli inizi del 1979 - la CIA avvia le operazioni militari sotto copertura per armare i contras (diminutivo di “controrivoluzionari” in castigliano), gruppi paramilitari di estrema destra finanziati, addestrati e armati dagli USA (governo Reagan) in funzione anticomunista. Invece, l’URSS garantisce ai sandinisti finanziamenti e rifornimenti militari e logistici attraverso l’Honduras. I contras sono sconfitti definitivamente nel 1990.


1979-1992

El Salvador. Dopo un colpo di Stato militare (15 ottobre 1979), una giunta s’installa nella capitale San Salvador.

La giunta militare salvadoregna, capeggiata nel periodo 1980-1982 da José Duarte Fuentes, è considerata un’alleato degli Stati Uniti d'America in America Centrale nel contesto della guerra fredda contro l’URSS. Le amministrazioni Carter (1977-1981) e Reagan (1981-1989) forniscono circa 2 milioni di $ al giorno in aiuti economici alla giunta, oltre a equipaggiamento militare e addestratori per le Forze Armate salvadoregne. Dal 1983 ufficiali USA lavorano con l’Alto Comando militare salvadoregno e assumono importanti decisioni tattiche e strategiche.

Per reprimere il movimento comunista, il dittatore José Duarte Fuentes chiede l’intervento degli USA contro l’organizzazione guerrigliera d’ispirazione marxista Fronte Farabundo Martí di Liberazione Nazionale (FMLN, fondato nel 1980, al governo nel periodo 2009-2019 con i presidenti Mauricio Funes e Salvador Sánchez Cerén) nell’ambito della guerra civile salvadoregna (15 ottobre 1979 - 16 gennaio 1992). Il numero di vittime di questa guerra è stimato in circa 75 mila morti e circa 8 mila dispersi. Le violazioni dei più basilari diritti umani attraverso rapimenti, tortura e omicidi di sospetti simpatizzanti del FMLN da parte delle forze governative sono diffuse.

Tra le vittime illustri della repressione della giunta vi è monsignor Óscar Arnulfo Romero, esponente della Teologia della Liberazione, assassinato l’11 marzo 1980 dagli squadroni della morte capeggiati dal maggiore Roberto D’Aubuisson, successivamente capo dei servizi segreti salvadoregni e fondatore del partito di estrema destra ARENA (Alianza Republicana Nacionalista).


1980-1989

Polonia. La Polonia negli anni ‘80 è la Democrazia Popolare dell’Europa Orientale più penetrata dall’influenza sia dei gruppi imperialisti USA che della Chiesa Cattolica di Roma, attraverso reti di spionaggio e agenzie di “supporto alla democrazia e allo sviluppo” palesi e occulte come, per esempio, la National Endowment for Democracy, legata a doppio filo alla CIA.

La creazione e lo sviluppo del sindacato-partito Solidarność - fondato nel settembre 1980 e guidato dal sindacalista cattolico e anticomunista Lech Wałęsa - dà il via a un’accanita lotta contro il governo della Repubblica Popolare di Polonia, a partire dai cantieri navali di Danzica. Il governo guidato dal generale Wojciech Jaruzelski, segretario generale del Partito Unitario dei Lavoratori Polacchi (PULP), impone la legge marziale (dicembre 1981) e reprime la rivolta promossa da Solidarność, sobillata dal Dipartimento di Stato USA tramite la sua Ambasciata a Varsavia e alimentata dal malcontento generalizzato delle masse popolari polacche dovuto a insicurezza, povertà, disoccupazione dilaganti nel paese. Solidarność mira alla destabilizzazione e allo smantellamento del sistema democratico-popolare guidato dal PULP.

Nel 1989 il movimento cattolico è riconosciuto ufficialmente e può partecipare alle elezioni parlamentari, riscuotendo una schiacciante vittoria. Alla fine dell’agosto 1989 inizia a guidare una coalizione di governo e Lech Wałęsa, divenuto capo dello Stato l’anno successivo (1990-1995), si dimette dalla guida di Solidarność.


1981-1990

Panama. Costanti nell’ingerenza negli affari interni panamensi nel corso del XX secolo (promuovono la secessione di Panama dalla Colombia nel 1903), gli USA cercano in ogni modo di influenzare a loro favorevolmente la politica del generale progressista Omar Torrijos, autore di un colpo di Stato l’11 ottobre 1968 contro il presidente filo-USA Arnulfo Arias Madrid.

Torrijos è famoso per le politiche popolari (riforma agraria, nazionalizzazione dei settori economici strategici, ecc.) e per i trattati Torrijos-Carter (7 settembre 1977), che sanciscono il diritto di controllo del Canale di Panama per il governo panamense a partire dal 2000. Muore nel 1981 a causa di un incidente aereo, molto probabilmente orchestrato dalla CIA, causato dal fatto che Torrijos si rivela un personaggio troppo scomodo e difficile da controllare per gli USA.

Con l’“Operazione Just Cause” (20 dicembre 1989 - 31 gennaio 1990) gli USA inviano 27 mila soldati a Panama per destituire il governo di Manuel Noriega - dal 1982 presidente di fatto del paese, fino a quel momento alleato USA, accusato di narcotraffico internazionale ed estorsione, estradato in Florida subito dopo la fine dell’“Operazione Just Cause” - e installare un proprio governo fantoccio che continui a garantire agli USA il controllo del Canale di Panama.

Con quest’operazione occupano il Canale dal 1989, restituendolo definitivamente al governo del paese centramericano nel 2000.


1982-1983

Guatemala. Gli USA sostengono la dittatura militare di Efraín Ríos Montt (23 marzo 1982 - 8 agosto 1983), anch’essa partecipe del Piano Condor. Le due dittature militari che seguono il colpo di Stato contro Árbenz (1954) provocano un saldo di circa 200 mila tra morti e vittime di sparizione forzata.


1983

Libano. Il 23 ottobre 1983 gli USA bombardano diverse città libanesi per via di due attentati promossi contro le Forze Armate USA in Libano e rivendicati dal gruppo “Jihad Islamica” (circa 300 morti tra personale militare e diplomatico franco-statunitense oltre a 150 feriti). I bombardamenti si prolungano lungo tutto il 1984 e servono a ridurre la presenza delle forze di sicurezza siriane in Libano, l’influenza e le capacità di manovra delle forze anti-imperialiste di matrice islamica presenti nella regione quali Hezbollah, fazioni della Resistenza palestinese (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Hamas, Jihad Islamica Palestinese), gruppi paramilitari iracheni legati alla Repubblica Islamica dell’Iran, ecc.


1983

Grenada. Con l’“Operazione Urgent Fury” (25-29 ottobre 1983) e forti di circa 20 mila soldati, gli USA invadono “preventivamente” la piccola isola al largo del Venezuela, ufficialmente per porre fine alla guerra civile in corso nel paese ma, in realtà, per impedire che arrivino prima i sovietici a installare delle strutture militari (stesso timore riscontrato per Cuba, vedi la “crisi dei missili” dell’ottobre 1962).

In quattro giorni, gli USA occupano l’isola, dopo che il governo rivoluzionario (in carica dal 1979) dell’organizzazione d’ispirazione marxista-leninista New Jewel Movement è rovesciato da un colpo di Stato militare guidato dall’ex vice primo ministro Bernard Coard, il quale emette il mandato di arresto e di uccisione del capo del governo rivoluzionario Maurice Bishop. Il suo governo era supportato politicamente e militarmente da URSS (che riporta 2 feriti tra i 49 soldati e alcune migliaia di sistemi d’arma e munizioni catturati durante l’intervento USA), Cuba (700 tra catturati, morti e feriti su 784 soldati e lavoratori del settore edile inviati), Libia (4 soldati tutti salvi), Repubblica Democratica Tedesca (16 soldati tutti salvi) e Repubblica Popolare Democratica di Corea (24 soldati tutti salvi).


1985-1995

Haiti. Nel 1985, dietro pressione della “comunità internazionale”, “Baby Doc” Duvalier concede una nuova Costituzione che istituisce la carica di primo ministro. Nel febbraio del 1986, a causa della sua politica autoritaria e delle difficoltà economiche del paese, scoppia una rivolta popolare che lo costringe alla fuga.

Otto mesi dopo le prime “libere” elezioni, il neoeletto presidente Jean-Bertrand Aristide - prete esponente della Teologia della Liberazione e oppositore alla dittatura di “Baby Doc” - è deposto dall’Esercito haitiano (28-29 settembre 1991). I dirigenti del colpo di Stato, il generale Joseph Raoul Cédras, il capo della Polizia Michel François e il comandante in capo delle Forze Armate Philippe Biamby, ricevono addestramento militare negli Stati Uniti e la CIA li paga per ottenere informazioni dalla metà degli anni ‘80. Le truppe USA intervengono nuovamente, ma questa volta militarmente con l’“Operazione Uphold Democracy” (19 settembre 1994 - 31 marzo 1995), autorizzata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU attraverso la Risoluzione 940, mentre Aristide è costretto all’esilio. Egli ritorna nella capitale Port-au-Prince nell’ottobre 1994, terminando il suo primo mandato nel 1996 ed esercitandone un secondo tra il 2001 e il 2003, destituito da un colpo di Stato militare fomentato dagli USA.


1986

Libia. Gli USA accusano i servizi segreti libici e il Colonnello Muammar Gheddafi di aver progettato e armato l’attentato avvenuto il 5 aprile 1986 a Berlino ovest, in un locale frequentato da militari statunitensi (l’“El Dorado Canyon”) e bombardano con oltre 100 velivoli obiettivi civili e militari a Tripoli e Bengasi il 15 aprile, provocando la morte di 40 persone tra civili e militari.

Gheddafi, la sua famiglia e i suoi più stretti collaboratori riescono a mettersi in salvo, dopo aver saputo dal primo ministro maltese dell’epoca Karmenu Mifsud Bonnici (a sua volta informato da Bettino Craxi, primo ministro del Partito Socialista Italiano) che dei caccia USA si muovono dall’Italia alla volta della Libia per attaccare il paese come ritorsione dell’attacco in Germania.


1987

Burkina Faso. Il 15 ottobre 1987 Thomas Sankara, presidente e capo del Partito per l’Indipendenza Africana, è assassinato dal vice presidente Blaise Compaoré in un colpo di Stato militare supportato da Francia, USA e Regno Unito.

Il suo rifiuto di pagare il debito estero di epoca coloniale, insieme al tentativo di rendere il Burkina Faso autosufficiente e libero da importazioni forzate, gli attira le antipatie dei tre paesi sopra citati più altri paesi africani confinanti, che agiscono per disfarsi della Rivoluzione burkinabé avviata nel 1983.


1987-1988

Iran. Con l’“Operazione Nimble Archer” (19 ottobre 1987) gli USA attaccano due piattaforme petrolifere iraniane nel Golfo Persico nell’ambito della più ampia “Operazione Earnest Will” (24 luglio 1987 - 26 settembre 1988) di “protezione” del Kuwait dal conflitto tra Iraq-Iran (1980-1988), anch’esso fomentato dagli USA con il sostegno militare e finanziario al governo di Saddam Hussein. L’attacco alle due piattaforme petrolifere causa soltanto danni materiali.

Il 3 luglio 1988 la USS Vincennes lancia un missile e abbatte un Airbus A-300 dell’Iran Air mentre si dirige verso il Golfo Persico, uccidendo 290 persone a bordo, tra cui 16 membri dell’equipaggio e 66 bambini.


1989

Filippine. Costanti nella loro ingerenza negli affari interni del paese già dalla fine del XIX secolo (all’epoca con l’obiettivo di contrastare e soppiantare il decadente Impero spagnolo nel Pacifico), gli USA tramite l’“Operazione Classic Resolve” (1-9 dicembre 1989) sostengono il presidente Corazon Aquino contro il tentativo di colpo di Stato eseguito dalla corrente riformista interna alle Forze Armate Filippine, la quale tre anni prima aveva posto fine al regime di Ferdinand Marcos (1965-1989), anch’esso sostenuto dagli USA. Questi dispiegano 120 marines - parte di un contingente di 800 soldati di stanza presso la base navale di Subic - davanti alla loro Ambasciata a Manila e, nel frattempo, inviano propri caccia per distruggere i velivoli delle Forze Aeree ribelli e, in questo modo, porre fine all’ammutinamento.


Seconda fase: dissoluzione delle Democrazie Popolari dell’Europa orientale e dell’Unione Sovietica


1990-1991

Iraq. Prendendo a pretesto l’intervento iracheno in Kuwait (emirato ritenuto dal governo di Baghdad una provincia nazionale irachena, sul piano amministrativo, storico e culturale), le truppe USA-NATO attaccano infrastrutture civili e militari di Baghdad e altre città nell’ambito della Prima guerra del Golfo (2 agosto 1990 - 10 gennaio 1991), che coinvolge 35 paesi sotto l’egida dell’ONU, compresi tutti quelli appartenenti alla NATO.

In poche ore i carri armati iracheni conquistano l’intero territorio del Kuwait, terminando il loro rapido intervento nella capitale Kuwait City. Il presidente USA George Bush (padre) ordina ai suoi capi militari di preparare un piano dettagliato per l’invio di ingenti forze militari nel Golfo Persico. Poco dopo, fa in modo di ottenere una formale richiesta di aiuto da parte dell’Arabia Saudita. A quel punto e dopo aver vagliato le proposte del Pentagono, Bush ordina l’invio di forze militari nella penisola arabica. Il 7 agosto 1990 inizia ufficialmente l’“Operazione Desert Shield”. La guerra termina con il ritiro delle truppe irachene dal Kuwait, 20 mila vittime civili e militari, suddivise rispettivamente tra 8.500 e 11.500, oltre 75 mila feriti.


1993-1995

Somalia. Nell’ambito della guerra civile somala (1991 - in corso), il 12 luglio 1993 le forze speciali USA uccidono 50 civili nel tentativo di catturare il ribelle islamista Abdi Hassan Keybold. Numerose sono le incursioni aeree che in Somalia registrano un elevato numero di civili trucidati. Nel conflitto si fronteggiano i signori della guerra locali che, nella sua fase più cruenta (1991-1996), ha come principali antagonisti il presidente ad interim Ali Mahdi e il generale Aidid. Il successivo periodo di transizione, che conduce prima ad un governo nazionale di transizione e poi ad uno federale, si è concluso nel 2012 con l’istituzione di un nuovo governo federale. Nel 1992, la grave crisi umanitaria che sta sconvolgendo la Somalia induce le Nazioni Unite ad un intervento armato nella regione, concretizzatosi con le missioni UNOSOM I (1992), UNITAF (1992-1993) e UNOSOM II (1993-1995); i caschi blu ONU, tuttavia, non raggiunsero l’obiettivo di riappacificare il paese, di fatto divenuto uno “Stato fallito”.

Il 3 ottobre 1993 avviene la “battaglia di Mogadiscio”: le forze USA tentano di colpire alcune cellule di ribelli, ma l’“operazione speciale” diviene una battaglia campale e gli USA sono sconfitti dalle forze ribelli del Fronte Nazionale Somalo (oppositore al governo popolare del generale Mohammad Siad Barre, presidente dal 1969 al 1991) e costretti a ritirarsi il 25 marzo 1994, non prima di aver dato l’ordine all’artiglieria pesante e agli elicotteri di sparare indiscriminatamente su edifici civili per stanare i “terroristi”. In Somalia sono tutt’oggi attive missioni USA-NATO e il paese è immerso nel caos politico, economico e sociale più totale.

Altri motivi di conflitto riguardano poi le contese territoriali fra entità statali non riconosciute: prima fra tutte la disputa tra Somaliland e Puntland, coinvolte in una guerra tra terroristi islamici Al-Shabaab (legati ad Al-Qaeda) e governo di Mogadiscio riconosciuto dall’ONU.


1995-1999

Ex Jugoslavia (Bosnia ed Erzegovina e Serbia). Il 25 giugno 1991 dichiarano l’indipendenza dalla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia la Slovenia guidata dal dirigente del Partito Comunista Sloveno Milan Kučan e la Croazia guidata dal presidente dell’Unione Democratica Croata Franjo Tudjman, seguite dopo pochi mesi (l’8 settembre 1991) dalla Macedonia guidata da Kiro Gligorov.

Il 5 aprile 1992 la Bosnia ed Erzegovina dichiara la propria indipendenza a seguito di un referendum boicottato da gran parte della popolazione serba, residente maggioritariamente nella Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, entità federale che insieme alla Federazione di Bosnia ed Erzegovina (di cultura e lingua croata e a maggioranza musulmana) costituiscono l’attuale Bosnia ed Erzegovina.

A questo punto le due repubbliche socialiste rimaste, la Serbia e il Montenegro, danno vita il 27 aprile 1992 alla Repubblica Federale di Jugoslavia, mettendo fine all’esperienza socialista.

La Slovenia e la Croazia si sono riconosciute reciprocamente il 26 giugno 1991.

La dissoluzione della Jugoslavia sfocia nelle guerre jugoslave (1991-1999) che porteranno alla morte di circa 250 mila persone e alla pulizia etnica nel paese con centinaia di migliaia di persone espulse dalle proprie terre.

Nell’ambito della guerra USA-NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia, inizia l’“Operazione IFOR” (20 dicembre 1995 - 20 dicembre 1996) a guida NATO. Servendosi di 54 mila soldati sul terreno, l’operazione ha ufficialmente l’obiettivo di “implementare gli accordi di Dayton” (1-21 novembre 1995) che pongono fine alla guerra in Bosnia ed Erzegovina (1 marzo 1992 - 14 dicembre 1995). Le Forze Aeree USA-NATO bombardano la capitale bosniaca Sarajevo con qualche migliaio di tonnellate di bombe all’uranio impoverito, agente altamente cancerogeno di cui alcune migliaia di soldati italiani - esposti ad esso durante l’aggressione alla Jugoslavia - hanno sofferto le conseguenze.

Successivamente, la NATO avvia bombardamenti a tappeto su Belgrado che durano 78 giorni (24 marzo - 10 giugno 1999). Gli aerei NATO partono dalle basi italiane di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone), entrambe ospitanti bombe nucleari di tipo B-61. Essi scaricano sulla capitale serba oltre 2.500 tonnellate di bombe all’uranio impoverito; bombardano anche l’Ambasciata cinese, ufficialmente “per errore”, provocando la morte di 3 giornalisti cinesi e una ventina di feriti. Questo è l’unico attacco coordinato direttamente dalla CIA durante tutta la campagna militare. Il 12 giugno 1999 la NATO istituisce la Kosovo Force (KFOR) nella provincia serba secessionista del Kosovo e Metohija, con l’obiettivo di rendere la provincia “indipendente” e stabile rispetto alla Serbia. Ancora oggi è attiva l’occupazione militare del Kosovo tramite la KFOR, dopo che l’organizzazione terrorista albanese UÇK (Esercito di Liberazione del Kosovo) prende il potere nel 1999. Nel 1999, infatti, scoppia la guerra del Kosovo, tra l’UÇK e la Repubblica Federale Jugoslava guidata dal presidente Slobodan Milošević, ormai ridotta alle sole repubbliche di Serbia (comprese le due province autonome di Kosovo e Voivodina) e Montenegro. L’esercito serbo lancia una massiccia offensiva contro l’UÇK, quest’ultima sostenuto dal blocco occidentale.

Sempre nel 1999, terminata la guerra, l’UÇK è ufficialmente dissolta ma i suoi membri, nonostante gli accordi internazionali prevedano il suo completo disarmo, costituiscono un nuovo gruppo armato, denominato Corpi di Protezione del Kosovo. Nel 2014 è annunciata l’acquisizione di prove largamente sufficienti a perseguire i vertici dell’organizzazione per gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, tra cui crimini contro l’umanità e crimini di guerra. L’UCK è stata responsabile, sotto la protezione della NATO e degli USA, della pulizia etnica contro la popolazione serba della regione del Kosovo e Metohija, di traffico di organi e armi.

L’UÇK si è assunto la responsabilità dell’omicidio di cittadini kosovari di etnia albanese considerati come “collaborazionisti” delle autorità statali jugoslave quando il Kosovo era a tutti gli effetti e legittimamente una provincia jugoslava. La Serbia reclama tuttora la sua sovranità sul territorio del Kosovo e Metohija. Diversi leader dell’UÇK, tra i quali Hashim Thaçi, sono accusati di aver intrapreso scalate al potere nell’ambito dell’organizzazione e della politica kosovara attraverso l'omicidio di potenziali rivali e il riciclaggio di denaro sporco proveniente dal narcotraffico.


1997 - in corso

Cina. Gli USA, tramite “organizzazioni non governative” come la National Endowment for Democracy (NED) finanzia il movimento separatista uiguro di matrice islamista, rappresentato dall’organizzazione terrorista Partito Islamico del Turkestan, fondato in Pakistan nel 1997 e attivo nella provincia occidentale dello Xinjiang, che causa alcune decine di morti sia tra la popolazione uigura favorevole a Pechino sia tra la restante parte della popolazione cinese residente in Xinjiang (25,85 milioni di residenti in totale nel 2023).


1998

Sudan e Afghanistan. Il presidente Bill Clinton dà il via all’“Operazione Infinite Reach” (20 agosto 1998). In risposta ad alcuni attentati in Kenya e Tanzania, egli dà l’autorizzazione alla Marina USA di bombardare con missili da crociera il Sudan e l’Afghanistan (governato all’epoca dai Talebani), colpevoli secondo Clinton di ospitare le cellule terroristiche responsabili degli attentati. In Sudan è bombardato uno stabilimento farmaceutico che secondo la CIA produce gas nervino per Al-Qaeda e altre armi chimiche, accusa smentita dagli USA stessi pochi mesi dopo.


1999-2001

Timor Est. Un numero limitato di truppe USA sotto l’ombrello della Forza Internazionale per Timor Est (20 settembre 1999 - 20 febbraio 2000), organizzata e guidata dall’Australia, interviene nel piccolo paese del sud-est asiatico confinante con l’Indonesia, ufficialmente per “ripristinare l’ordine”. Nel frattempo, nel paese infuria la guerra civile, promossa dal Fronte Rivoluzionario per un Timor Est Indipendente (organizzazione guerrigliera marxista-leninista), decisivo nella liberazione prima dall’occupazione coloniale del Portogallo (1702-1975) e poi dell’Indonesia (1976-1999).


2001 - in corso

Eritrea. Dal 11 settembre 2001, gli Stati Uniti chiedono all’Eritrea di aggiornare i propri passaporti, cosa che il Paese africano non fa; l’ufficio consolare statunitense ha sottolineato nel 2006 che la nazionalità del titolare non compare sui passaporti eritrei, ad esempio. A gennaio 2020, le autorità statunitensi applicano una restrizione ai visti rilasciati agli studenti e alle loro famiglie. All’inizio di febbraio 2020, gli Stati Uniti impongono nuove restrizioni temporanee all’accesso al territorio statunitense da parte di cittadini eritrei nel contesto della pandemia da Covid-19. Questa restrizione si applica a circa 1.000 domande di visto annuali nelle categorie di ricongiungimento familiare, assunzione da parte di un datore di lavoro statunitense, servizio alla nazione e visti per il conseguimento della “green card”, che permette di risiedere stabilmente negli USA in conformità alle leggi che regolano l’immigrazione nel paese.

Dal 2009, le Nazioni Unite impongono un embargo all’Eritrea per il presunto sostegno al terrorismo jihadista, che bloccano il commercio bilaterale tra gli USA e il paese africano. L’embargo è revocato nel 2018 e la diplomazia statunitense esprime il desiderio di rinnovare i legami con l’Eritrea. Nel maggio 2019, gli Stati Uniti rimuovono ufficialmente l’Eritrea dalla lista dei Paesi che sostengono il terrorismo. Nel 2021, gli Stati Uniti riprendono a imporre sanzioni mirate contro alcune entità e individui eritrei, tra cui le Forze di Difesa eritree, citando il continuo coinvolgimento dell’Eritrea nella guerra del Tigray, regione secessionista dell’Etiopia. Attualmente, il governo eritreo mantiene rapporti diplomatici con quello USA ma principalmente per questioni umanitarie, stante la partecipazione USA alla politica sanzionatoria contro il paese africano.


2001-2021

Afghanistan. A seguito degli attentati dell’11 settembre 2001, gli USA invadono il paese con l’“Operazione Crescent Wind” (7 ottobre 2001). Il 20 dicembre 2001 è coinvolta la NATO con l’istituzione della forza di “mantenimento della pace” ISAF, terminata nel 2014.

Le truppe USA-NATO, tra cui contingenti italiani, britannici, spagnoli, tedeschi, riescono a destituire il governo dei Talebani, installando un regime fantoccio tenuto a galla dai finanziamenti USA e ONU, che non ha alcuna capacità decisionale sugli affari statali strategici (economia, difesa, esteri). Lo dimostra nell’agosto 2021, quando le truppe USA si ritirano definitivamente dall’Afghanistan e i Talebani formano il nuovo governo, tuttora in carica.


2002 - in corso

Venezuela. Fedecámaras (la locale Confindustria, all’epoca guidata da Pedro Carmona Estanga), sostenuta da partiti della destra reazionaria e dal governo USA, promuove un colpo di Stato (11-13 aprile 2002) contro il legittimo presidente Hugo Chávez, rapito da alcuni militari golpisti e liberato grazie al supporto maggioritario di cui egli godeva all’interno delle Forze Armate Nazionali Bolivariane e alla mobilitazione operaia e popolare. Tentativi di colpi di Stato promossi dagli USA attraverso operazioni di guerra ibrida (destabilizzazione interna, imposizione di blocchi economico-commerciali e finanziari, guerriglia urbana, attentati terroristici contro alti funzionari civili e militari, membri delle organizzazioni che sostengono la Rivoluzione Bolivariana, ecc.) durano tuttora contro la Rivoluzione Bolivariana.

Gli ultimi di questi tentativi eclatanti falliti si sono verificati:

- tra il 31 marzo e il 12 agosto 2017 (violenze di strada con armi da guerra, bombe molotov, filo spinato attaccato da un capo all’altro delle strade per uccidere i sostenitori della Rivoluzione, omicidi selettivi di dirigenti popolari, ecc.);

- il 4 agosto 2018 (attentato con drone esplosivo contro il presidente Nicolás Maduro);

- il 23 gennaio 2019 con l’autoproclamazione del deputato di estrema destra Juan Guaidó a “presidente incaricato ad interim” del Venezuela, una farsa che durerà fino al 5 gennaio 2023, quando deputati oppositori dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare vi pongono ufficialmente fine e lo stesso Dipartimento di Stato USA dichiara concluso il suo sostegno a tale operazione. Guaidó è attualmente in “esilio volontario” in Florida.


2002 - in corso

Yemen. Con l’autorizzazione dell’allora presidente Ali Abdullah Saleh, il 5 novembre 2002 gli USA avviano sullo Yemen la sperimentazione dei droni (veicoli senza pilota comandati a distanza) nei teatri di guerra, per combattere il terrorismo islamico e nello specifico Al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP) nell’ambito della “guerra contro il terrorismo”. Tra il 2002 e il 2015 gli USA conducono più di 100 attacchi con droni mirando a obiettivi terroristi (Al-Qaeda + Stato Islamico), proseguendo successivamente con bersagli prevalentemente civili (matrimoni, compleanni, raduni vari). A partire dal marzo 2015, il governo USA presieduto da Barack Obama (2009-2017) interviene nella guerra civile yemenita (16 settembre 2014 - in corso), supportando la coalizione a guida saudita (composta da Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrain, Egitto, Sudan, Oman e altri paesi) per rovesciare il governo del movimento popolare Houthi, legato all’Iran, a Hezbollah e alla Resistenza palestinese. Il 19 marzo 2015 i guerriglieri Houthi lanciano un’offensiva per estendere il loro controllo alle province meridionali. Il 25 marzo l’offensiva degli Houthi arriva alle porte di Aden e il presidente Abd Rabbo Mansur Hadi è costretto a fuggire in Arabia Saudita lo stesso giorno. Anche AQAP e gli affiliati yemeniti dello Stato Islamico (ISIS) eseguono attacchi ed AQAP controlla porzioni di territorio nella parte centrale del Paese e lungo la costa. Finora, il conflitto ha causato la morte di circa 15 mila persone, lo sviluppo di fame e malnutrizione diffuse, carestia, epidemie di colera e altre malattie infettive gravi soprattutto tra i bambini, la distruzione di infrastrutture civili, il saccheggio di petrolio e gas naturale da parte delle forze saudite e loro alleati, decine di migliaia di profughi e sfollati interni.


2003

São Tomé e Príncipe. Nel luglio del 2003 l’esercito prende il potere per una settimana nell’ex colonia portoghese, indipendente dal luglio 1975, protestando per la corruzione politica e la conseguente iniquità nella distribuzione dei proventi dell’estrazione petrolifera, divenuta nel frattempo una delle voci importanti dell’economia dell’arcipelago. Dopo un periodo di trattativa il presidente Fradique de Menezes, già esautorato dal colpo di Stato, è rimesso in carica dopo l’intervento militare USA. Menezes vince nuovamente le elezioni nel 2006.


2003 - in corso

Iraq. L’invasione USA-NATO dell’Iraq dà inizio alla Seconda guerra del Golfo (20 marzo 2003 - 18 dicembre 2011).

Allo scopo di spianare la strada all’invasione programmata, il 5 febbraio 2003 l’ambasciatore USA Colin Powell mostra una fialetta presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU affermando che conterrebbe antrace - prodotta dal governo di Saddam Hussein per preparare armi chimiche - affermazione rivelatasi completamente falsa per ammissione degli stessi esponenti dell’amministrazione USA di allora. Dopo tre anni di prigionia, soprusi e un processo-farsa, il 30 dicembre 2006 Saddam Hussein è impiccato per decisione delle nuove autorità insediate dalle truppe d’occupazione USA. Seguono governi-fantoccio degli USA che, nel quadro delle contraddizioni regionali e internazionali, via via costruiscono e/o rafforzano legami importanti sul piano militare, diplomatico ed economico con l’Iran, la Siria, il Libano e la Federazione Russa.

Nel 2011 gli USA effettuano il passaggio definitivo dei poteri politici alle autorità irachene insediate dall’Esercito USA.

Tuttavia, loccupazione militare dell’Iraq è durata ufficialmente fino al 2015. Ad essa hanno partecipato con diversi contingenti vari paesi NATO, tra cui Gran Bretagna, Spagna, Italia e Germania.

Il 2 gennaio 2020, per ordine del presidente Donald Trump gli USA bombardano un convoglio all’aeroporto di Baghdad in cui viaggiano Qassem Suleimani - comandante delle Forze d’élite Quds, appartenenti al Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica iraniana - e Abu Mahdi al-Muhandis, vice-capo delle Forze di Mobilitazione Popolare irachene. Entrambe le forze (para)militari erano impegnate da cinque anni nella feroce lotta al terrorismo in Iraq.

A quest’attentato terroristico, segue dopo pochi giorni la reazione dei gruppi paramilitari iracheni, che attaccano il complesso militare-politico USA a Baghdad (la cosiddetta “Green Zone”, che comprende nei suoi 10 km2 anche l’Ambasciata USA) e altre posizioni degli occupanti in tutto l’Iraq. In realtà, l’occupazione dell’Iraq continua tuttora sotto forma di partecipazione USA alle operazioni militari della cosiddetta “coalizione internazionale”, ufficialmente formata nel settembre 2014 per combattere lo Stato Islamico.

In definitiva, le truppe d’occupazione USA usano il territorio iracheno per estrarre illegalmente petrolio nei pressi delle proprie basi militari come in Siria, contrabbandandolo nei paesi della regione (Giordania, Oman, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, ecc.) ed esportandolo negli USA e, poi, come supporto logistico all’occupazione di una larga porzione del territorio della Siria nord-orientale, con l’obiettivo di sradicare guarnigioni dell’Esercito Arabo Siriano, di Hezbollah e, più in generale, dei gruppi paramilitari pro-iraniani.

L’occupazione militare USA dell’Iraq è nota alle cronache, oltre che per il numero di vittime - secondo fonti USA, circa mezzo milione di iracheni hanno perso la vita, con oltre il 60% delle vittime uccise negli scontri armati e il rimanente 30-40% morto per cause indirette dovute al collasso delle infrastrutture mediche e sociali - anche per scandali come le violenze nella prigione di Abu Ghraib, dove personale dell’esercito USA e della CIA ha torturato, stuprato e ucciso decise di prigionieri tra il 2003 e il 2014.


2003 - in corso

Georgia. Dopo aver sostenuto Eduard Shevarnadze - l’ex braccio destro di Mikhail Gorbacev e ministro degli Esteri sovietico dal 1985 al 1990 - alla presidenza della Georgia post-sovietica (1991-2003), gli USA appoggiano la prima “rivoluzione colorata” in una delle ex Repubbliche Socialiste Sovietiche. La “rivoluzione delle rose” (3-23 novembre 2003) conduce al governo l’oppositore Mikhail Saakashvili (20 gennaio 2004 - 17 novembre 2013), successivamente processato per corruzione e peculato in patria, esiliato in Ucraina, dove diventa governatore della regione di Odessa (maggio 2015 - novembre 2016) e ottiene la cittadinanza ucraina. Rientra in Georgia nel 2021 dove è arrestato e processato ed è tuttora incarcerato. Il ruolo della locale Ambasciata USA è stato decisivo nella buona riuscita del colpo di Stato “morbido” del 2003.

Durante il mandato di Saakashvili, il Congresso USA approva alcune centinaia di milioni di dollari di assistenza finanziaria, militare e umanitaria per la Georgia, un paese con meno di 4 milioni di abitanti, convincendo anche le autorità israeliane a inviare consiglieri per sostenere lo sviluppo delle Forze Armate georgiane.

Nel 2008 Saakashvili ordina alle sue truppe di invadere l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia - quest’ultima dal 1992 di fatto indipendente - entrambe regioni sostenute militarmente dalla Federazione Russa e appoggiate politicamente a livello internazionale da Bielorussia, Repubblica Popolare Democratica di Corea, Venezuela, Iran. Ne segue la guerra russo-georgiana (7-16 agosto 2008), che sancisce l’indipendenza di fatto dell’Ossezia del Sud, il riconoscimento ufficiale di quest’ultima e dell’Abkhazia come Stati indipendenti da parte della Federazione Russa, l’accordo di pace tra governo georgiano e russo e la successiva rottura delle relazioni diplomatiche tra i due paesi. Le vittime di questo conflitto da ambo le parti furono circa 3 mila.

Attualmente, gli USA esercitano la loro influenza sulle autorità governative, in particolare sulla presidente Salomé Zourabichvili, alimentando i contrasti su ogni livello con la Federazione Russa e i suoi alleati come la Bielorussia e conformando in misura crescente l’Esercito georgiano agli standard NATO.


2006 - in corso

Somalia. Nel 2006 l’Unione Africana, al fine di favorire la riconciliazione tra le varie fazioni in lotta, istituisce la missione AMISOM. Successivamente, le Forze Armate somale in collaborazione con forze multinazionali ONU avviano l’“Operazione Linda Nchi” (16 ottobre 2011 - giugno 2012), mentre nell'agosto 2014 il governo di Mogadiscio dà il via all'Operazione “Oceano Indiano” con lo scopo di riconquistare gli ultimi territori controllati dai ribelli.

L'8 febbraio 2017 è eletto presidente della Repubblica Mohamed Abdullahi Mohamed, il quale nomina il 1º marzo Hassan Ali Khayrecome primo ministro. Il 30 marzo 2017, il presidente USA Donald Trump firma un decreto per dichiarare la Somalia “area di ostilità attive”, autorizzando così il Comando USA per l’Africa (AFRICOM) ad eseguire operazioni di antiterrorismo trascurando completamente l’incolumità dei civili. Le Forze Aeree USA intervengono per “ridurre la capacità operativa” dell’organizzazione jihadista Al-Shabaab di condurre nuovi attacchi, anche se un attentato il 17 ottobre a Mogadiscio provoca oltre 300 vittime civili. Gli USA partecipano ancora oggi a missioni ONU tramite AFRICOM. Secondo alcune stime, dal 1991 a oggi sono morte a causa del conflitto circa 500 mila persone.


2009-2022

Honduras. In concomitanza con il referendum consultivo (non vincolante) per l’elezione di un’assemblea costituente, il 28 giugno 2009 il presidente progressista Manuel Zelaya (2006-2009) è arrestato dalle Forze Armate e l’Honduras diventa scenario di un colpo di Stato militare ordinato dalla Corte Suprema, che descrive ufficialmente il golpe come “un atto in difesa della Costituzione”. Nelle prime ore del mattino Zelaya è detenuto nella sua casa a Tegucigalpa da militari e, in seguito, è condotto con un aereo militare a San José, la capitale della Costa Rica. Nelle stesse ore vennero sequestrati gli ambasciatori di Venezuela, Cuba e Nicaragua presso la Repubblica dell’Honduras, rilasciati svariate ore dopo. Tra il 2009 e il 2022, si succedono tre presidenti, di cui due golpisti - Roberto Micheletti (2009-2010) e Juan Orlando Hernández (2014-2022) - e uno eletto, Porfirio Lobo (2010-2014), tutti legati in una qualche misura al narcotraffico internazionale e al paramilitarismo, attività di cui il governo USA è ben informato.

Il 27 gennaio 2022 Xiomara Castro, esponente del partito Libertad y Refundación (LIBRE) e moglie dell’ex presidente Zelaya, vince le elezioni. Gli USA proseguono nella loro ingerenza 1. pubblicando tramite il Dipartimento di Stato e quello del Tesoro (in particolare, tramite l’Ufficio per il controllo degli attivi stranieri) liste di funzionari pubblici presuntamente corrotti, coinvolti nel narcotraffico o addirittura in violazioni dei diritti umani durante la dittatura installata nel 2009 e 2. esercitando pressione sulle formazioni di destra nel Parlamento, sui gruppi della “società civile” che si oppongono al governo progressista di Castro e sulla Chiesa Cattolica locale.


2009 - in corso

Guatemala. Attualmente, gli USA intervengono in questo paese attraverso il finanziamento di candidati delle Larghe Intese prevalentemente di destra, gli investimenti di multinazionali attive nel settore energetico e delle telecomunicazioni (civili e militari), nonché l’uso di installazioni militari e operazioni militari congiunte con le Forze Armate guatemalteche.


2011 - in corso

Libia. Tramite l’Operazione “Odyssey Dawn” (19-31 marzo 2011), gli USA e la NATO partecipano ai bombardamenti contro la Libia avviati dalla Francia. La CIA sostiene e coordina l’operazione di cattura di Muammar Gheddafi, che dopo essere stato fatto prigioniero è ucciso dai jihadisti del CNT (Consiglio Nazionale di Transizione, organizzazione sostenuta dagli USA, dalla Francia, dai sionisti israeliani e dal resto dei paesi NATO) il 20 ottobre 2011. Le vittime civili e militari libiche di quest’operazione USA-NATO sono circa 400, mentre il paese è ancora oggi immerso nel traffico di esseri umani, di armi e di droga, nell’instabilità (due governi reclamano legittimità politica, uno a Tobruk-Bengasi in Cirenaica e l’altro a Tripoli in Tripolitania), nella povertà diffusa, nell’assenza di servizi pubblici e nel terrorismo. Attualmente, gli USA sostengono il Governo di Unità Nazionale di Tripoli, riconosciuto anche dall’Italia, responsabile della schiavitù di decine di migliaia di migranti subsahariani e del saccheggio di risorse energetiche e finanziarie del popolo libico.


2011-2018

Uganda. Nell’aprile 2011 gli USA, in collaborazione con una missione militare dell’organizzazione continentale Unione Africana, inviano 100 soldati ufficialmente per combattere il movimento estremista cristiano Esercito di Resistenza del Signore, con basi d’appoggio anche in Sud Sudan, Repubblica Centrafricana e Repubblica Democratica del Congo.

Le truppe USA si ritirano solo nel 2018, dopo aver fornito assistenza militare (armi, istruttori, ecc.) per un totale di 104 milioni di dollari nel 2016 e 80,5 milioni di dollari nel 2018.


2011 - in corso

Siria. A partire dal 2011 gli USA aspirano apertamente a sovvertire il legittimo presidente Bashar Al-Assad, segretario generale del comando centrale della fazione siriana del Partito Arabo Socialista Ba’ath, servendosi delle numerose proteste popolari (marzo-luglio 2011) e della formazione di gruppi jihadisti finanziati dalla CIA, dal Mossad, dal MI6 e dal MIT. Nella guerra terrorista imposta alla Siria, gli USA non sono riusciti nei loro obiettivi - rovesciare il presidente e rimpiazzarlo con esponenti politici dei “ribelli moderati”, cioè jihadisti - nonostante la spesa di miliardi di dollari, usati anche nel contrasto alla presenza militare russa a partire dal 2015, anno in cui il governo siriano richiede l’assistenza militare di Mosca nella lotta anti-terrorista. Attualmente, gli USA occupano ampie porzioni della regione nord-orientale di Al-Hasakah (“Rojava” per i curdi) saccheggiando petrolio, gas, grano e vari minerali, con la complicità di alcune formazioni politico-militari curde - riunite nelle Forze Democratiche Siriane - e dei terroristi finanziati dalla Turchia. Sotto la presidenza Trump, nella notte tra il 6 e il 7 aprile 2017 l’aviazione USA bombarda la base aerea siriana di Al-Shayrat, come “ritorsione” ai presunti attacchi chimici perpetrati due giorni prima dal governo siriano sui civili della cittadina di Khan Sheikhoun.

La guerra USA alla Siria ha provocato finora la morte di circa 500 mila tra civili e militari, milioni di profughi tra Libano, Turchia e Giordania e sfollati interni, la proliferazione di decine di gruppi jihadisti che ammorbano le masse popolari locali con saccheggi, rapimenti, taglieggiamenti, distruzione di infrastrutture civili (scuole, ospedali, depositi di treni e autobus, strade, autostrade, porti, aeroporti, ecc.), la disoccupazione dilagante e la fame nelle aree controllate dai jihadisti, soprattutto nella provincia di Idlib, insoddisfazione socioeconomica crescente nelle aree controllate dal governo di Damasco.


2012 - in corso

Hong Kong. Con maggiore enfasi dal 2012 (anno dell’elezione di Xi Jinping a segretario generale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese) rispetto al decennio precedente, gli USA finanziano e formano i dirigenti delle proteste che rientrano nel novero delle “rivoluzioni colorate”, con la collaborazione del Regno Unito. Sistematicamente, i capi di queste rivolte sono soggetti strettamente legati alla locale Ambasciata USA, che hanno anche cittadinanza britannica (in base al passato coloniale di Hong Kong, restituita alla Cina soltanto nel 1999) e che hanno in una qualche misura carichi pendenti con la giustizia locale (propaganda sovversiva, traffico di armi, corruzione, ecc.).


2012 - in corso

Taiwan. Nella provincia separatista cinese di Taiwan (“Repubblica di Cina”), gli USA esercitano enorme influenza da almeno 3 decenni attraverso i partiti che si succedono al governo, Kuomintang e Partito Democratico Progressista; le Forze Armate di questo territorio ricevono addestramento dagli USA e finanziamento allo sviluppo da parte dell’agenzia statunitense USAID. In caso di intervento militare cinese a Taiwan, gli USA sarebbero i primi a intervenire, nonostante il riconoscimento del principio di “una sola Cina” adottato nel 1979 da Washington.


2012 - in corso

Paraguay. Il 21 giugno 2012 la Camera dei Deputati, fomentata dalla destra filo-USA, approva l’esecuzione di un processo politico contro il presidente progressista Fernando Lugo (2008-2012), accusato di cattiva esecuzione delle sue funzioni. Lugo rifiuta di dimettersi e sostiene che per onorare i voti ottenuti nel 2008 deve difendere la sua posizione ma il 22 giugno con 39 voti a favore e 4 contrari Lugo è sollevato dall’incarico. La messa in stato d’accusa è descritta come una “rottura dell'ordine democratico” dalla maggior parte dei governi latinoamericani e porta il Paraguay a essere sospeso come membro delle organizzazioni continentali Mercosur e Unasur. I sostenitori di Lugo asseriscono che la “comunità internazionale” ha sostenuto che un colpo di Stato e una violazione dell’ordine costituzionale si consumano nel paese. È il primo caso di persecuzione giudiziaria svolta con successo, nel continente americano e nella prima decade degli anni 2000, verso un dirigente politico del campo progressista.


2013 - in corso

Niger. L'intervento USA in Niger comincia il 5 febbraio 2013 e consiste, nella versione ufficiale, nel dispiegamento di forze per operazioni speciali e di droni a sostegno del governo nigerino e delle Forze Armate francesi in operazioni “antiterrorismo” contro gruppi terroristi in Niger nell’ambito dell’ “Operazione Juniper Shield”. Gli Stati Uniti dispiegano droni dell’Aeronautica e della CIA per assistere i propri soldati sul campo e le truppe nigerine nelle operazioni antiterrorismo, per monitorare le rotte utilizzate dai jihadisti in Niger verso i paesi vicini e per assistere le operazioni in corso in Libia.

Il dispiegamento di truppe USA in Niger non è ufficialmente comunicato fino a quando un’imboscata fuori dal villaggio di Tongo Tongo da parte di membri dello Stato Islamico nel Grande Sahara (ISGS) nel 2018 causa la morte di quattro soldati USA e quattro nigerini.

Nel 2018 l’amministrazione Trump e il Comando USA per l’Africa (AFRICOM) definiscono un piano per il ritiro del 25% di tutte le forze militari statunitensi stazionate in Africa, di cui circa il 10% si ritira dall’Africa occidentale, in modo da potersi concentrare sul contrasto all’influenza di Russia e Cina nell’area.

Gli Stati Uniti costruiscono la base aerea 201 del Niger - costata circa 110 milioni di dollari - nella città di Agadez dopo che il governo nigerino concede l’approvazione per la base nel 2014. Dopo diversi anni di costruzione, la base entra in funzione nel 2019 e da allora diventa il centro delle operazioni statunitensi in Niger, allontanandosi dalla capitale Niamey. La base permette ai droni statunitensi di volare in missione sulla regione e mantiene la capacità di ospitare grandi aerei da trasporto come il C-17 Globemaster.


2014 - in corso

Ucraina. Nel febbraio 2014 il colpo di Stato di Euromajdan (dall’associazione del nome della piazza di Kiev in cui si svolsero le proteste a partire dal 21 novembre 2013 e l’influenza dell’UE nell’esecuzione dell’operazione) depone il presidente eletto Viktor Janukovich (2010-2014) e installa una giunta - diretta dagli imperialisti USA-NATO, che include al suo interno scimmiottatori del nazismo hitleriano - che avvia una guerra sporca fatta di persecuzione politica nei confronti di antifascisti, comunisti, sindacalisti, progressisti e di omicidi di civili e militari in Donbass, macroregione storica del sud-est del paese. Il motivo dell’aggressione al Donbass da parte delle truppe fedeli al nuovo regime fantoccio di Kiev è il fatto che la popolazione locale è culturalmente, etnicamente, linguisticamente russa e che rigetta l’ispirazione fascista del nuovo corso politico governativo: essa desidera rendersi indipendente dal governo centrale per motivi politici, economici e culturali. I bombardamenti sulle città delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk (tra questi i più noti fin dall’inizio sono i massacri di Gorlovka, Alchevsk, Debaltsevo, Lugansk), che in un referendum celebrato nel 2022 decidono l’annessione alla Federazione Russa, proseguono da allora e hanno provocato la morte di più di 15 mila persone. Degna di nota è anche la strage della Casa dei Sindacati di Odessa (2 maggio 2014), durante la quale esponenti delle formazioni reazionarie ucraine Pravij Sektor (Settore Destro) e Svoboda (Libertà) incendiano la struttura che ospita sindacalisti, comunisti e antifascisti: vi muoiono quasi 50 persone.

La NATO, con il maggior contributo fornito dagli USA, riarma l’Esercito ucraino con munizioni (anche all’uranio impoverito) e sistemi d’arma avanzati, usati sia contro le masse popolari del Donbass che contro le regioni della Federazione Russa (Bryansk, Belgorod, Pskov, Mosca, Crimea, ecc.), oggetto di diversi attentati terroristici tra il marzo 2022 e luglio 2023, contestualmente all’operazione militare speciale russa in Ucraina tuttora in corso.


2016 - in corso

Brasile. Dopo la caduta della dittatura militare (1985), gli USA continuano ad esercitare un’elevata influenza su esponenti e parlamentari di centro e di estrema destra tramite la propria Ambasciata a Brasilia, legati a congreghe cristiano-evangeliche e integraliste, ai grandi latifondisti (attivi nei settori della produzione del cacao, caffè, canna da zucchero, banane, legna), ai proprietari dei conglomerati mediatici (O Globo, Folha de São Paulo, ecc.).

Infatti, il Dipartimento di Stato spinge al colpo di Stato parlamentare (17 aprile 2016) contro la presidente Dilma Rousseff - guerrigliera durante la dittatura militare, membro del Partito dei Lavoratori e attuale presidente della Nuova Banca di Sviluppo del gruppo BRICS - messa in stato d’accusa dal Parlamento (con sostegno del suo ex vicepresidente Michel Temer, diventato suo successore fino al dicembre 2019) per presunte manipolazioni sulla contabilità nazionale. Nel 2022, il processo a suo carico è dichiarato concluso perché il fatto non sussiste. Da segnalare anche il supporto da parte di Trump all’ex presidente di estrema destra Jair Bolsonaro (1 gennaio 2019 - 31 dicembre 2022), accusato di aver aizzato centinaia di suoi sostenitori per l’assalto del palazzo presidenziale di Brasilia e di altre strutture statali nella capitale. Attualmente, l’amministrazione Biden tenta di condurre il presidente Lula da Silva (1 gennaio 2023 - in corso) nella sua orbita, distaccandolo dai BRICS.


2016 - in corso

Messico. Dopo circa due secoli di interventi politici e guerre di rapina scatenate contro il Messico, gli USA intervengono in questo paese con particolare attenzione dal 2016, da quando la National Endowment for Democracy ha destinato più di 8 milioni di dollari a programmi incentrati su democrazia, violenza di genere, immigrazione, elezioni e “emancipazione politica” della popolazione. Tra le organizzazioni bersaglio della NED vi è l’Istituto Nazionale Democratico, creato ai tempi del presidente Reagan, nell’ambito della “guerra fredda” e della lotta contro i movimenti guerriglieri in America Centrale, che ha ricevuto più di 3 milioni di dollari per le sue operazioni in Messico.

Organismi di questo genere (compresi anche i giornali e le televisioni privati, che costituiscono la maggioranza dei media in Messico) sono usati prevalentemente contro il governo del presidente progressista Andrés Manuel López Obrador (2018 - in carica) del partito MORENA (Movimento di Rigenerazione Nazionale) e sono finanziati anche da capitalisti messicani e cubani.


2017 - in corso

Filippine. Le truppe USA supportano le Forze Armate Filippine nella battaglia di Marawi (23 maggio - 23 ottobre 2017), in cui l’esercito nazionale fronteggia insorti islamisti.

In generale, gli USA continuano a dare manforte ai loro regimi-clienti (caratterizzati dal predominio della borghesia compradora nel potere statale), succedutisi in particolare dagli anni ‘60 a oggi - vedi il supporto a Ferdinand “Bongbong” Marcos Jr., presidente dal 30 giugno 2022 - partecipando al terrorismo di Stato contro civili inermi ma soprattutto alla guerra reazionaria contro i guerriglieri maoisti del Partito Comunista delle Filippine (PKP), fondato dal compagno José Maria Sison nel 1968 come scissione dal Partito Comunista delle Filippine-1930. Dal 1969 il PKP conduce la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata tramite il suo braccio armato - il Nuovo Esercito del Popolo (BHB) - e il suo braccio politico, il Fronte Democratico Nazionale (PDHP).


2017 - in corso

Ecuador. Il Dipartimento di Stato USA tramite la sua Ambasciata a Quito esercita ingerenze nella politica interna ecuadoriana, indicando al presidente di allora Lenin Moreno (2017-2022) nomine di generali, alti ufficiali civili e persecuzione contro esponenti di alto livello della Rivoluzione Cittadina - processo popolare capeggiato dall’ex presidente Rafael Correa (2006-2017) - servendosi della magistratura a fini politici (uno dei casi esemplari è quello dell’ex vicepresidente Jorge Glas, dirigente di spicco della Rivoluzione Cittadina).

La situazione è rimasta pressoché invariata con la presidenza di Guillermo Lasso (2022-2023), banchiere legato all’oligarchia locale, che nel complesso delle decisioni governative ha sempre seguito i dettami di Washington, soprattutto sul piano militare (vedi militarizzazione delle isole Galápagos, dove nel 2019 cominciano i lavori per una base aerea USA).


2018 - in corso

Cuba. Oltre a mantenere intatto il blocco economico-commerciale e finanziario attivo dal 1962, attraverso i programmi della National Endowment for Democracy gli USA finanziano gruppi controrivoluzionari interni (Damas de Blanco, Movimiento San Isidro, ecc.) ed esterni attivi in Florida (la Fondazione Cubano-Americana è il più famoso).


2018 - in corso

Nicaragua. Il finanziamento e l’addestramento USA di gruppi controrivoluzionari e della Conferenza Episcopale locale proseguono tuttora: l’esempio più eclatante dell’ingerenza USA in tempi recenti è stato il tentativo di colpo di Stato (fallito) nel 2018 contro il presidente Daniel Ortega, nonché presidente del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, attraverso proteste di strada eseguite da movimenti della destra reazionaria nicaraguense, eredi della dittatura della famiglia Somoza.


2019 - in corso

Bolivia. Gli USA continuano a promuovere la destabilizzazione interna della Bolivia, sostenendo organizzazioni di estrema destra (vedi i Comitati Civici di Santa Cruz de la Sierra, guidati da Fernando Camacho, oggi in carcere), l’attività della Conferenza Episcopale Boliviana e correnti eversive interne alle Forze Armate Boliviane.

Dopo aver tentato per anni di destituire il presidente Evo Morales (26 gennaio 2006 - 10 novembre 2019), un gruppo di golpisti boliviani supportati dagli USA attuano un colpo di Stato (10-20 novembre 2019). Il governo prodotto dal golpe presieduto da Jeanine Añez dura fino al novembre 2020; attualmente i suoi esecutori materiali (politici, imprenditori, funzionari militari e civili) sono imprigionati e alcuni già processati per le stragi di Sacaba e Senkata (15-19 novembre 2019), in cui sono assassinate dalle Forze dell’Ordine 22 persone e quasi 200 risultano ferite dopo le proteste popolari seguite al golpe. Tuttavia, un colpo di Stato strisciante prosegue tuttora contro l’attuale presidente Luis Arce Catacora, esponente del Movimiento al Socialismo - Instrumento Político para la Soberanía de los Pueblos, da parte dei settori terroristici della destra reazionaria: latifondisti, trafficanti di armi e di droga, banchieri, alti funzionari civili e militari legati all’oligarchia locale, finanziati dagli USA e dalla Conferenza Episcopale Boliviana.


2019 - in corso

El Salvador. Attualmente, gli USA osservano con maggiore attenzione il nuovo corso politico impresso al paese dal presidente Najib Bukele, in carica dal 2019 e nel complesso alleato di Washington, che di frequente esprime spinte autonome rispetto alla politica estera e soprattutto a quella interna. Bukele riceve periodicamente critiche dall’amministrazione presidenziale, prima di Trump e poi di Biden, per violazione dei diritti umani in merito al trattamento giudiziario dei membri delle bande (le cosiddette “pandillas”, come la Mara Salvatrucha), che dominano il crimine organizzato salvadoregno e sono collegate direttamente al malaffare installato negli USA (California in particolare).


2020 - in corso

Ex Guyana britannica (ora Repubblica Cooperativa di Guyana). Attualmente, gli USA intervengono nella politica interna di questo paese, esercitando pressione sul governo nazionale (in mano a Irfaan Ali del Partito Popolare Progressista dal gennaio 2020) principalmente in funzione antivenezuelana, cioè per impedire che il governo di Caracas riprenda possesso sovrano dell’Esequibo: si tratta di un territorio disputato di 159 mila km2, con una popolazione locale a maggioranza ispanofona e di cultura spagnola mista a quella indigena, prima colonizzato dagli olandesi, poi dal 1814 dai britannici, approfittando delle faide interne alle strutture politiche post-coloniali venezuelane.

Le autorità internazionali guidate dagli USA costituiscono un tribunale nel 1899, la cui decisione dà forma agli accordi di Parigi dello stesso anno. Il trattato stabilisce la cessione del territorio a ovest del fiume Esequibo alla Gran Bretagna. Tuttavia, il Venezuela non è rappresentato direttamente, dato che i suoi due rappresentanti sono nominati dagli Stati Uniti e non rappresentano effettivamente lo Stato venezuelano dell’epoca. Quest’ultimo dichiara la nullità dell’accordo nei decenni seguenti. Più tardi, Venezuela e Guyana, quest’ultima resasi nel frattempo indipendente dalla Gran Bretagna (26 maggio 1966), firmano l’accordo di Ginevra (17 febbraio 1966) in cui le parti si mettono d’accordo per creare una commissione mista per trovare un modo di porre fine alla disputa, che dura tuttora.


2020 - in corso

Sahara Occidentale (Repubblica Araba Sahrawi Democratica). Lo scoppio delle nuove ostilità tra Fronte Polisario e monarchia marocchina nel novembre 2020 è accompagnato da un massiccio sostegno militare e diplomatico USA al Marocco. Tra l’altro, proprio durante la presidenza Trump gli USA riconoscono la piena sovranità marocchina sul Sahara Occidentale.

Si svolgono esercitazioni militari nell’area con la partecipazione degli eserciti degli Stati Uniti e del Marocco. Le cosiddette manovre “African Lion 21” del maggio 2021 - progettate dall’amministrazione Trump ma eseguite sotto il suo successore democratico Joe Biden - dimostrano ancora una volta il ruolo centrale degli Stati Uniti in questo conflitto.


2021 - in corso

Haiti. Attualmente, gli USA favoriscono l’instabilità politica, economica e sociale a Haiti attraverso il traffico di armi e di droga che alimenta bande locali nel traffico di esseri umani. Questa è una pratica diretta a peggiorare ulteriormente le relazioni di Haiti con la Repubblica Dominicana, il Messico e gli USA stessi, paesi destinatari dell’immigrazione haitiana, esacerbando il già diffuso sentimento razzista contro gli haitiani in America Centrale favorito dalle classi dominanti dei paesi destinatari dei flussi migratori. L’omicidio di Jovenel Moïse, presidente dal 2017 fino alla sua morte avvenuta nel 2021, è parte della destabilizzazione condotta da bande paramilitari locali e straniere (colombiano-venezuelane) fomentate dagli USA.


2022 - in corso

Perù. Dopo la messa in stato d’accusa del presidente Pedro Castillo (28 luglio 2021 - 7 dicembre 2022) e la sua successiva destituzione, l’Ambasciata USA a Lima si affretta a sostenere il governo di Dina Boluarte (ex vicepresidente di Castillo), frutto del colpo di Stato parlamentare avvenuto nel dicembre 2022, attraverso la promozione del riconoscimento internazionale e assistenza finanziaria, militare e umanitaria verso tale governo. Proteste popolari (vedi la “presa di Lima” del luglio 2023) si verificano periodicamente, con l’obiettivo di esercitare pressioni per la destituzione del governo Boluarte, di indire elezioni per l’assemblea costituente e per un nuovo presidente. La repressione di tali proteste ha provocato finora la morte di 70 civili.