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L’ottava discriminante (prima parte) (seconda parte)

 

Sulla questione del maoismo terza superiore tappa

del pensiero comunista, dopo il marxismo e il leninismo

Sulla necessità che i nuovi partiti comunisti siano

marxisti-leninisti-maoisti e non solo marxisti-leninisti

 

 

Costituire il nuovo partito comunista italiano è la sintesi dei compiti dei comunisti italiani in questa fase.

Diciamo “nuovo” non solo in termini organizzativi, ma soprattutto perché è sbagliato pensare che si tratti semplicemente di ricostruire il vecchio partito comunista che i revisionisti moderni hanno corroso, corrotto, disgregato e alla fine sciolto. Non è un caso che tutti i tentativi fatti ispirandosi a questo ultimo criterio (“ricreare il vecchio partito”, qual era prima dell’avvento dei revisionisti al potere) non hanno avuto successo. In Italia tutti conosciamo la parabola compiuta dal Partito comunista d’Italia (m-l) (Nuova Unità). Ma la valutazione per quanto ne so ha validità universale. È facile per noi marxisti capire che se tutti o quasi tutti i partiti del vecchio movimento comunista (quello che costituiva l’Internazionale Comunista) sono finiti preda del revisionismo moderno, ciò non è avvenuto a causa di qualche individuo, di qualche dirigente traditore. Ma perché per un motivo universale la parte migliore (la sinistra) di quei partiti non seppe opporsi validamente all’influenza della borghesia sui partiti comunisti. La causa di ciò risiede nei limiti della concezione che guidava la sinistra. Il vecchio movimento comunista è stato preso in mano dai revisionisti moderni e portato nel corso di alcuni decenni alla scomparsa perché la sinistra non ha saputo superare i propri limiti ed elaborare una linea adeguata a continuare l’avanzata e ad affrontare i compiti posti proprio dai grandi successi raggiunti nella prima metà del secolo appena finito.

I nuovi partiti comunisti devono individuare e superare quei limiti.(1) Solo così svolgeranno con successo il ruolo che loro compete nella nuova ondata della rivoluzione proletaria che la seconda crisi generale del capitalismo e la situazione rivoluzionaria in sviluppo annunciano.

I nuovi partiti comunisti devono basarsi sull’intero patrimonio del movimento comunista, sul bilancio della sua intera esperienza storica, quindi non semplicemente sul marxismo-leninismo, ma sul marxismo-leninismo-maoismo. Limitarsi al marxismo-leninismo vuol dire rifiutare di tener conto del bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria (prima metà del secolo XX);(2) vuol dire rifiutare di superare i limiti del vecchio movimento comunista che gli hanno impedito di sfruttare i grandi successi ottenuti fino alla metà del secolo XX (mai nella storia dell’umanità un movimento ideologico-politico si era sviluppato in dimensione così vasta e in così poco tempo come fece il movimento comunista tra la metà del secolo XIX e quella del secolo XX) e che hanno permesso al revisionismo moderno di prendere piede e di corroderlo e corromperlo dall’interno fino alla perdita di gran parte delle posizioni conquistate; vuol dire privarsi degli strumenti che il bilancio della grande avanzata compiuta nei primi cent’anni della sua vita e della grande ritirata subita nei successivi cinquant’anni ha approntato per il successo della nuova ondata della rivoluzione proletaria che sola può porre fine alla seconda crisi generale del capitalismo.

Nel Progetto di Manifesto Programma pubblicato dalla SN dei CARC nell’ottobre ‘98 si dà per scontato che il nuovo partito comunista deve essere basato sul marxismo-leninismo-maoismo e che il maoismo è la terza superiore fase del pensiero comunista, dopo il marxismo e il leninismo.(3) Ma questa tesi oggi tra le FSRS italiane è accettata apertamente solo dai CARC e da Rossoperaio. Le altre FSRS sono in misura diversa reticenti o addirittura la respingono. Nel n. 19 di Rapporti Sociali di agosto ‘98 (Le sei discriminanti e i quattro problemi) l’accettazione del maoismo veniva posta tra i problemi sui quali lo schieramento delle FSRS non era ancora chiaro. Mi pare che la situazione sia rimasta sostanzialmente eguale. Di fatto non si è sviluppato tra le FSRS italiane un dibattito adeguato all’importanza che l’argomento riveste ai fini dell’attività politica.

Circa un anno fa’ (nel settembre 2000) la redazione della rivista Scintilla pubblicò una “lettera al movimento comunista d’Italia” intitolata Unire le forze! In essa proponeva un accordo tra “tutti i gruppi comunisti” e poneva come “requisiti indispensabili, discriminanti, posizioni fondamentali - tutte egualmente importanti - senza delle quali non ha senso parlare di unificazione dei comunisti” venti “punti fermi”, basati sulla “accettazione dell’ideologia marxista-leninista”.(4) Il Comitato marxista-leninista d’Italia ha recentemente pubblicato una sua “lettera ai comunisti” con una proposta di punti e documenti di riferimento per la ricostruzione del partito comunista a cui chiama tutti i comunisti (La via del comunismo n. 13 a. 9 aprile 2001). Anche questi punti e documenti sono basati sul marxismo-leninismo. Ciò che caratterizza queste piattaforme e altre analoghe che vengono proposte, è che ognuna di esse seleziona alcune “verità universali” o alcuni documenti base del vecchio movimento comunista (quello raccolto nell’Internazionale Comunista per intenderci) che i revisionisti moderni hanno negato e denigrato e propone di ridare ad essi il posto che occupavano. È una proposta su cui indubbiamente tutte le FSRS devono essere d’accordo, ma vale politicamente come se negli anni ‘20 del secolo scorso si fosse proposta l’unità sulla base del marxismo o magari, più precisamente, del Manifesto del partito comunista e di qualche altro documento di Marx o Engels. È come quando Iniziativa Comunista propone la “fusione tra movimento operaio e comunismo scientifico” (La riscossa n.2) dando per scontato che sia a tutti noto e da tutti condiviso cosa i compagni di IC intendono per comunismo scientifico e che invece quello su cui vi sono divergenze sia la sua fusione col movimento operaio (La Voce n. 3 pag. 15).

Proprio lo studio di queste proposte conferma la tesi che se non si accetta che il maoismo è la terza superiore tappa del pensiero comunista dopo il marxismo e il leninismo, non si fanno passi avanti nella comprensione dei problemi che ci stanno di fronte e nell’impostazione della linea per affrontarli con successo.

Tutte queste proposte sono infatti basate sul ritorno ai principi rivoluzionari del vecchio movimento comunista liberandoli dalle deformazioni e mutilazioni che ne hanno fatto i revisionisti moderni. Ma se bastasse ritornare al vecchio, se le armi del vecchio movimento comunista bastassero a far fronte ai nostri problemi, perché mai i nostri vecchi compagni (i Secchia e i tanti altri compagni della sinistra del PCI, per restare all’Italia) non sono riusciti a far fronte ai revisionisti moderni e a continuare l’avanzata del movimento comunista, pur trovandosi in condizioni mille volte migliori di quella in cui ci troviamo noi oggi?

Per la rinascita del movimento comunista, occorre dare risposta ai problemi a cui i nostri vecchi compagni non seppero darla e questa risposta è in sostanza il maoismo.

Nel 1924 Stalin illustrò, nelle lezioni tenute all’università Sverdlov poi raccolte nell’opuscolo Principi del leninismo, cosa era il leninismo. Dopo aver dimostrato che erano riduttive le risposte che “il leninismo è l’applicazione del marxismo alle condizioni originali della situazione russa” e che “il leninismo è la rinascita degli elementi rivoluzionari del marxismo” sotterrati dagli opportunisti della Seconda Internazionale, egli risponde che “il leninismo è il marxismo dell’epoca dell’imperialismo e della rivoluzione proletaria”. Tesi che poi illustra dettagliatamente mostrando campo per campo gli apporti originali di Lenin alla scienza della rivoluzione proletaria, alla concezione del mondo e al metodo di pensiero e d’azione del proletariato rivoluzionario. La conclusione cui arrivava Stalin era che nella nuova epoca non era più possibile essere marxisti se non si era anche leninisti, bisognava cioè essere marxisti-leninisti. La conclusione a cui arriviamo noi oggi è che è impossibile oggi essere marxisti-leninisti se non si è anche maoisti, bisogna cioè essere marxisti-leninisti-maoisti.

Perché i partiti comunisti fondati negli anni ‘20 dovevano assumere come proprio patrimonio teorico il marxismo-leninismo e non semplicemente il marxismo?

Perché per essere all’altezza dei compiti politici che dovevano assolvere, dovevano distinguersi dai partiti che non sostenevano la Rivoluzione d’Ottobre, non sostenevano la dittatura del proletariato, non aderivano alla Internazionale Comunista, si limitavano alla lotta elettorale, parlamentare, sindacale, culturale, cooperativistica e in generale a quel complesso di attività con cui nel corso della seconda metà del secolo XIX la classe operaia in Europa occidentale si era costituita come attore autonomo della lotta politica, ma che si erano dimostrate del tutto insufficienti per la conquista del potere. Non bastava sgomberare il campo dalle deformazioni e mutilazioni compiute dagli opportunisti della II internazionale. Non bastava non collaborare con la borghesia e svolgere onestamente i vecchi compiti che pure erano stati (e per molti aspetti continuavano ancora ad essere) così utili al proletariato. Da quando era iniziata l’epoca dell’imperialismo e della rivoluzione proletaria, rifiutare il marxismo-leninismo in nome del marxismo divenne la bandiera di partiti borghesi per gli operai, cioè dell’ala sinistra della borghesia. Per essere all’altezza dei compiti politici, occorreva acquisire nuovi concetti, nuovi strumenti, nuove forme di lotta richiesti dai compiti dell’epoca. Così è oggi. Per essere all’altezza dei compiti politici che dobbiamo assolvere dobbiamo avere una chiara comprensione dei motivi per cui il movimento comunista ha perso gran parte dei successi raggiunti, dobbiamo distinguerci dai partiti che non adottano la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata come forma universale della rivoluzione proletaria, che non adottano la linea di massa come principale metodo di lavoro e di direzione del partito, che non adottano la lotta tra le due linee come strumento per lo sviluppo e il rafforzamento del partito. E così via.

Quali erano gli elementi innovatori (le nuove discriminanti) del leninismo di fronte al marxismo (inteso in senso stretto come corpo di pensiero elaborato da Marx ed Engels)? Non sto ad esporli in dettaglio, campo per campo. Rinvio a Stalin, Principi del leninismo (1924).

In sintesi l’apporto teorico di Lenin riguarda aspetti della concezione del mondo e del metodo di azione che nel pensiero elaborato da Marx ed Engels non avevano un rilievo e una definizione adeguata all’importanza politica che essi assumevano nella nuova situazione (fase imperialista del capitalismo e inizio della rivoluzione proletaria). La concezione del mondo elaborata da Lenin sviluppava quegli aspetti in misura più adeguata alle necessità della lotta politica che era all’ordine del giorno. Grazie a questi sviluppi del pensiero, il partito di Lenin era riuscito ad aprire la via della rivoluzione e a contrastare con successo gli opportunisti. Cioè là dove erano invece falliti anche i compagni che negli altri partiti della Seconda Internazionale si erano opposti agli opportunisti difendendo le posizioni di Marx e di Engels, ma senza sviluppare concezioni adeguate alla nuova situazione. Questi nuovi elementi della concezione del mondo diventavano discriminanti per l’appartenenza ai partiti comunisti, mentre non erano stati discriminanti per l’appartenenza ai partiti della Seconda Internazionale. Quindi il passaggio dal marxismo al marxismo-leninismo è stato dettato dai compiti politici che i partiti comunisti dovevano adempiere.

Bisogna riconoscere che anche lo sviluppo della nostra scienza, cioè della nostra concezione scientifica del mondo, che chiamiamo complessivamente a volte marxismo (inteso in senso lato, come concezione del mondo e metodo del movimento comunista), a volte materialismo dialettico, procede attraverso evoluzioni (accumulazione graduale e quantitativa di esperienze e di conoscenze) e salti di qualità. Tutti i membri del movimento comunista contribuiscono allo sviluppo del marxismo: forniscono l’esperienza che muove e verifica lo sviluppo della teoria. Molti membri del movimento comunista contribuiscono allo sviluppo del marxismo ad un livello più elevato: fanno il bilancio della comune esperienza ed elaborano delle teorie. Gran parte dei dirigenti del movimento comunista elaborano delle teorie che sviluppano la nostra dottrina. Il passaggio dal marxismo (inteso ora in senso stretto, come corpo di pensiero elaborato da Marx ed Engels) al marxismo-leninismo è un salto di qualità. Il passaggio dal marxismo-leninismo al marxismo-leninismo-maoismo è un altro salto di qualità. Quando si ha un salto di qualità, nel movimento comunista avviene una lotta tra la sua parte più avanzata e la sua parte più arretrata. La parte più avanzata afferma il carattere indispensabile del nuovo termine: quindi sottolinea ciò che è nuovo, afferma che il nuovo è principale e dirigente. La parte arretrata rifiuta o attenua la novità, cerca di ridurre il nuovo al vecchio, afferma che “il presunto nuovo è in realtà sbagliato”, oppure che “non c’è niente di sostanzialmente nuovo”, che “il nuovo è piccola cosa”. Ma il salto di qualità si realizza perché corrisponde alle esigenze pratiche, diventa teoria guida e poi pratica rivoluzionaria proprio tramite la lotta della parte avanzata contro la parte arretrata. La parte avanzata diventa in un primo tempo la guida del movimento comunista e in un secondo tempo il nuovo movimento comunista. La parte arretrata diventa in un primo tempo un elemento di freno del movimento comunista (interno al movimento comunista, un aspetto della lotta al suo interno tra il nuovo e il vecchio e tra il vero e il falso) e in un secondo tempo passa ad essere uno strumento della lotta della borghesia contro il movimento comunista.

Bisogna riconoscere che anche lo sviluppo del marxismo (inteso ora in senso lato) procede seguendo la legge che “l’uno si divide in due”. Una tesi è comune a tutto il movimento e ha presieduto ad una fase del suo sviluppo. Di fronte allo sviluppo della lotta pratica, questa tesi si rivela insufficiente, si divide in due.

Esempio. I marxisti durante il secolo XIX sostennero (contro i socialisti utopisti, contro i proudhoniani, contro gli anarchici, contro i blanquisti) la necessità che i partiti proletari partecipassero attivamente e con autonomia alla lotta tra borghesia da una parte e nobiltà (clero e monarchia) dall’altra, tra gli elementi più radicali della borghesia e gli elementi borghesi favorevoli ad un accordo con la nobiltà (il clero e la monarchia) e anche alla forma parlamentare che questa lotta aveva. I partiti proletari dapprima sostennero la parte più avanzata della borghesia poi passarono ad essere direttamente i portavoce delle istanze democratiche delle masse popolari (espresse nei “programmi minimi” dei partiti socialisti) contro la borghesia che sempre più passava ad essere la parte reazionaria della società. Da un certo momento in poi la tesi che i partiti proletari dovevano partecipare attivamente e con autonomia alla lotta tra gli elementi più radicali della borghesia e gli elementi borghesi più arretrati si divise in due: una tesi sosteneva che i partiti proletari dovevano assumere in sé le istanze democratiche delle masse popolari (nella rivoluzione socialista o nella rivoluzione di nuova democrazia) contro la borghesia; la tesi opposta sosteneva che i partiti proletari dovevano procedere di conserva con la borghesia progressista contro la borghesia reazionaria.

Il leninismo non era una negazione del marxismo (inteso ora in senso stretto), come sostenevano i suoi avversari che a volte opponevano a Lenin alcune frasi di Marx (“la lettera” del marxismo). Il leninismo era la filiazione necessaria del marxismo di fronte alla nuova fase e ai nuovi compiti del movimento comunista. Il marxismo se non generava il leninismo degenerava, si svuotava della sua vita rivoluzionaria, diventava prima un arnese inutile e sterile, poi un arnese utilizzabile dai nemici del movimento comunista. Come l’esperienza storica ha mostrato.

Il marxismo è la scienza della rivoluzione proletaria e del passaggio dell’umanità dal capitalismo al comunismo. Come l’opera di ogni scienziato, anche l’opera di Marx ed Engels non è un compendio di tutto lo scibile nel suo campo. Solo dei metafisici possono concepire di elaborare un sistema che racchiuda tutta la conoscenza passata e futura. Infatti secondo loro le idee non sono un prodotto del cervello degli uomini, ma esistono di per se stesse indipendentemente dagli uomini, nella mente di dio o in qualche altra forma. Quindi è possibile “rivelare” tutta la verità. In realtà gli uomini nel corso della loro storia hanno via via elaborato nuove idee adeguate ai compiti che affrontavano man mano che praticamente si appropriavano del mondo. Le idee si arricchiscono e cambiano man mano che la pratica degli uomini diventa più ricca e più complessa. Ogni scienza vive questo processo di sviluppo. Anche il marxismo. E continuerà a vivere un processo di questo genere finché non si sarà esaurito il fenomeno che è suo oggetto: la rivoluzione proletaria e il passaggio dal capitalismo al comunismo. Marx ed Engels sono stati i fondatori del marxismo. Lenin e Stalin sono stati gli esponenti di una tappa del suo successivo sviluppo, il marxismo-leninismo. La prima ondata della rivoluzione proletaria, la costruzione dei primi paesi socialisti, lo sviluppo del movimento comunista in tutto il mondo, la prevalenza dell’influenza della borghesia al suo interno, il suo declino sono una grande esperienza storica che ha arricchito il pensiero comunista. Quelli che oggi vogliono restare semplicemente marxisti-leninisti si privano di questo arricchimento. Non riescono a venire a capo dei problemi che abbiamo di fronte, i loro discorsi sono giusti, ma insufficienti. Parlano ancora dell’infanzia ad un uomo che ha già i problemi dell’adolescenza.

La conclusione di questa premessa è la seguente. È l’esame della fase politica che noi affrontiamo, dei compiti politici che i nuovi partiti comunisti devono assolvere che ci obbliga a concludere che i nuovi partiti comunisti non devono essere solo marxisti leninisti, ma marxisti-leninisti-maoisti.

Noi comunisti dobbiamo far fronte alla seconda crisi generale del capitalismo e dirigere la seconda ondata della rivoluzione proletaria. È un dato di fatto che nel corso della prima crisi generale del capitalismo e della prima ondata della rivoluzione proletaria il movimento comunista ha raggiunto dei grandi risultati (un campo socialista esteso a un terzo dell’umanità e la formazione di influenti partiti comunisti in quasi tutto il mondo). Ciò è stato una conferma pratica del marxismo-leninismo. È però anche un dato di fatto che durante la prima ondata della rivoluzione proletaria il movimento comunista non è riuscito a prendere il potere nei paesi imperialisti, che a partire dalla metà del secolo XX non è più riuscito  a sfruttare i grandi successi conseguiti fino allora e a continuare la sua avanzata. È un dato di fatto che nei quaranta anni successivi nel suo seno ha preso il sopravvento il revisionismo moderno che lo ha portato a perdere anche i successi già conseguiti. Il maoismo arricchisce il marxismo-leninismo del bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria, del bilancio della breve vita dei primi paesi socialisti e indica quali sono stati i limiti che hanno impedito al movimento comunista di conseguire maggiori successi e che hanno permesso che il revisionismo moderno prevalesse nel suo seno. Se così è, è evidente che è indispensabile che i nuovi partiti comunisti adottino il marxismo-leninismo-maoismo come loro concezione del mondo e loro metodo di pensiero e d’azione. I partiti che non lo adotteranno e resteranno ostinatamente fermi al marxismo-leninismo non saranno in grado di far fronte ai compiti politici dei partiti comunisti. Quindi prima o poi finiranno per opporsi alla rivoluzione proletaria e passeranno nel campo della borghesia imperialista.

Quali sono gli avanzamenti teorici di cui il partito comunista ha bisogno per far fronte ai suoi compiti politici? Quali sono stati i limiti del vecchio movimento comunisti che emergono dal bilancio della sua avanzata e del suo declino? Quale è la risposta ai compiti che dobbiamo affrontare?

Mostrerò ora che la risposta a queste domande corrisponde in gran parte agli apporti che il maoismo ha già dato al pensiero comunista e che fanno di esso la terza superiore tappa del pensiero comunista.

(segue nel prossimo numero)

Nicola P.

NOTE

1. Il ruolo storico dell’Internazionale Comunista - Le conquiste e i limiti, in La Voce n. 2 pag. 31-36..

2. Una dimostrazione esemplare di questo l’ha data il compagno A. Serafini nella sua conferenza Rivoluzione socialista e dittatura del proletariato nel pensiero leninista e nell’esperienza storica del bolscevismo (tenuta alla casa del popolo Andrea del Sarto, Firenze). Nella seconda e ultima parte, il suo racconto è arrivato al 1926. Per il periodo successivo (ed eravamo nel maggio 2001!) dice che “è compito dei comunisti oggi analizzare a fondo tale esperienza [successiva al 1926], sia per ricavare tutti gli insegnamenti validi ... sia per verificare ...”. Tutto qui!

3. I CARC avevano preso posizione a favore del marxismo-leninismo-maoismo già da tempo. Rapporti Sociali n. 9/10 (settembre ‘91) pubblicò l’articolo Per il marxismo-leninismo-maoismo. Per il maoismo (vengono illustrati 10 contributi di Mao al pensiero comunista). Tra il 1991 e il 1994 le Edizioni Rapporti Sociali pubblicarono in 25 volumi le Opere di Mao Tse-tung. Nel 1993 le stesse pubblicarono l’opuscolo Sul maoismo, terza tappa del pensiero comunista (dove sono indicati 22 contributi).

4. In febbraio 2001 alla redazione di Scintilla si associava il Circolo Lenin di Catania e i due organismi pubblicavano una dichiarazione congiunta che riproponeva i “punti fermi” (nel frattempo i 20 punti erano diventati 19, avendo silenziosamente perso per strada il punto 17!). Nel maggio 2001 anche la redazione di Politica Comunista (Firenze) ha sottoscritto i 19 punti.

 

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