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del (nuovo)Partito comunista italiano
anno XXVI - novembre 2024Scaricate il testo in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word
Per la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato
Il 4, 5 e 6 ottobre si è tenuto a Roma il convegno Elogio del comunismo del Novecento organizzato dalla Rete dei Comunisti con lo scopo dichiarato di rivendicare l’esperienza della prima ondata rivoluzionaria. Sono intervenuti al convegno circa 29 relatori, in maggioranza esponenti di RdC ma anche esponenti della sinistra borghese (Paolo Ferrero) e di partiti e organismi del movimento comunista cosciente e organizzato italiano (Alexander Hobel e Bruno Steri per il PCI Alboresi, Alessandro Pascale per Resistenza Popolare, Giorgio Cremaschi per Potere al Popolo, Federico Scirchio per ex OPG di Napoli) nonché ospiti esteri.(1)
1. Il convegno si è articolato in quattro sessioni:
- prima della Seconda Guerra Mondiale: l’assalto al cielo,
- dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nuove rivoluzioni, conquiste operaie e movimenti di liberazione dei paesi in via di sviluppo,
- la regressione del movimento comunista e la controffensiva capitalista,
- riemergono le contraddizioni accumulate dalla supremazia del capitalismo.
L’ampia partecipazione di giovani e giovanissimi è una manifestazione della corrente positiva che (come abbiamo già messo in luce nell’articolo Dove va Rete dei Comunisti? in VO 74 - luglio 2023) si sta sviluppando all’interno di RdC e della passione e interesse che suscita.
Tra gli interventi che hanno contribuito positivamente a indirizzare i lavori del convegno spicca l’introduzione di Mauro Casadio, che ha rimarcato l’importanza del bilancio della storia passata del movimento comunista internazionale e nazionale per elaborare una concezione comunista del mondo da opporre alla concezione del mondo promossa dalla borghesia imperialista. L’indirizzo dato da Casadio ai lavori del convegno è tanto più importante dal momento che RdC stessa, nella presentazione del convegno pubblicata sul suo sito il 28.09.2024, metteva in dubbio l’utilità di apprendere dall’esperienza passata e la possibilità per i comunisti di oggi di agire da continuatori delle rivoluzioni proletarie del secolo scorso. “Quello del socialismo e del movimento comunista internazionale del ‘900 è stato un fallimento o solo una sconfitta? Alla luce della regressione complessiva e della guerra che il modo di produzione capitalista sta rovesciando nuovamente sull’umanità, le istanze di emancipazione e civilizzazione rappresentate dalle esperienze socialiste dello scorso secolo possono tornare a rappresentare un antidoto e un’alternativa?”. Casadio e gli altri esponenti di RdC hanno chiaramente definito il proprio schieramento in merito a tali quesiti, denunciando la tesi del fallimento del comunismo, illustrando la funzione emancipatrice per l’intera umanità del primo movimento comunista e individuando nell’aggravamento della crisi del sistema imperialista mondiale l’opportunità per la rinascita del movimento comunista e per l’instaurazione del socialismo anche nei paesi imperialisti. In che cosa consiste il socialismo che per RdC sarebbe tornato di attualità i dirigenti di RdC non lo hanno detto, sarebbe chiedere troppo al loro eclettismo: RdC infatti da un lato allude e plaude all’esperienza storica dei primi paesi socialisti e dall’altro continua a parlare di socialismo del XXI secolo e a prendere come riferimento l’esperienza bolivariana in Venezuela. Certamente RdC ha le idee chiare sulla pianificazione dell’attività economica come ingrediente fondamentale, ma dal convegno non è emersa un’idea chiara degli aspetti costitutivi del socialismo:(2) la pianificazione dell’attività economica presuppone infatti la proprietà pubblica delle principali forze produttive, quindi che lo Stato (il governo, la polizia, la magistratura, le forze armate, la pubblica amministrazione e tutte le altre istituzioni del potere) sia nelle mani degli operai e degli altri proletari organizzati nel partito comunista o intorno ad esso, presuppone cioè la dittatura del proletariato.
I quesiti su cui RdC ha incentrato il suo elogio del movimento comunista novecentesco sono desuete per i comunisti che assumono e si orientano secondo la concezione comunista del mondo esposta da Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao Zedong e da Antonio Gramsci per il nostro paese. Sono invece tutt’altro che desuete per i comunisti variamente organizzati nel movimento comunista cosciente e organizzato (MCCO) del nostro paese (3) che a diversi livelli sono influenzati dal pensiero debole della sinistra borghese benché giurino di non averci nulla a che fare e considerino un insulto l’accostamento ad essa. È questo anche il caso di RdC: i quesiti con cui ha indetto il convegno Elogio del comunismo del Novecento così come la vaghezza su cos’è il socialismo sono emblematici delle titubanze e incertezze che accompagnano i suoi dirigenti circa l’appartenenza al MCCO e sono frutto dell’influenza che ancora esercitano tra di essi la cultura borghese di sinistra (operaismo, scuola di Francoforte, piano del capitale, ecc.) sviluppatasi in grande tra gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso e la corrente politica della sinistra borghese (partiti, organismi e singoli che sono contro i mali del capitalismo ma non concepiscono un sistema alternativo a quello borghese).
2. Pur nella diversità delle procedure e delle istituzioni in cui si sono tradotti, l’esperienza dell’URSS e degli altri paesi socialisti mostra che gli aspetti costitutivi del socialismo sono
- il potere saldamente nelle mani della parte della classe operaia e delle masse popolari rivoluzionaria e organizzata nel partito comunista o attorno ad esso (dittatura del proletariato),
- la gestione dell’attività economica da parte delle pubbliche autorità in base a un piano elaborato per soddisfare i bisogni della popolazione, della difesa del paese e delle relazioni di solidarietà, collaborazione e scambio con altri paesi,
- una multiforme opera per promuovere la crescente partecipazione delle masse popolari alla gestione della società, al patrimonio culturale e alle altre attività dalle quali da sempre le classi dominanti le hanno escluse.
3. Con “movimento comunista cosciente e organizzato” (MCCO) indichiamo partiti, organismi, gruppi e individui che non solo si propongono e operano per mettere fine al catastrofico corso delle cose imposto dalla borghesia imperialista, ma sono anche in qualche modo per il socialismo.
Questa è la prima zavorra ideologica e politica di cui RdC deve disfarsi per avanzare nell’assimilare la concezione comunista del mondo e tirare il bilancio della prima ondata rivoluzionaria. Che sia una zavorra è ben dimostrato dalla tre giorni romana in cui RdC ha dato spazio tra i relatori e annoverato tra i compagni di strada delle sue future elaborazioni sul tema nientemeno che due esponenti della sinistra borghese anticomunista come Franco Russo e Paolo Ferrero. Non c’è da aspettarsi granché di buono dai propositi proclamati da Casadio nella sua introduzione se intende perseguirli associandosi ai professori di anticomunismo della sinistra borghese: con loro al massimo RdC potrà giungere a stendere narrazioni sull’opera del primo movimento comunista “che è stato sconfitto ma non è fallito”, come a più riprese è stato detto nella tre giorni, ma non avanzare nella comprensione delle cause della sconfitta nonostante la premura proclamata da RdC di voler approfondire l’argomento.
È compito degli esponenti e dei membri di RdC più consapevoli di questa zavorra sviluppare la lotta ideologica e soprattutto quanto di positivo emerso nella tre giorni romana, a cominciare dalla tensione a fissare lezioni per l’oggi frutto dell’esperienza del movimento comunista del secolo scorso. Tra i diversi interventi espressione di questa tendenza positiva citiamo quelli di Giacomo Marchetti (curatore dell’introduzione alla prima sessione) e di Valter Lorenzi (curatore dell’introduzione alla terza sessione), che si sono distinti positivamente per aver tentato di estrapolare insegnamenti dall’esperienza, benché guidati da una concezione del mondo estranea alla scienza comunista fondata da Marx ed Engels e sviluppata da Lenin, Stalin e Mao.
In positivo l’intervento di Giacomo Marchetti ha messo in luce il risvolto mondiale della rivoluzione socialista d’Ottobre e di come essa abbia dato inizio in tutto il mondo a un corso delle cose - noi della Carovana del (nuovo)PCI lo chiamiamo “prima ondata della rivoluzione proletaria” - che ha sconvolto e messo sottosopra il dominio della borghesia imperialista dalle colonie fino ai paesi imperialisti. Tuttavia Marchetti nel suo intervento ha ricondotto la Rivoluzione d’Ottobre allo scoppio della Prima guerra mondiale di cui sarebbe stata un effetto, secondo la concezione, tipica nei seguaci della geopolitica come anche Marchetti non nasconde di essere, che è lo scontro tra potenze statali e non la lotta tra le classi a fare la storia. Che sia questa la concezione di Marchetti è confermato anche dal fatto che nel suo intervento ha provato a estrapolare insegnamenti sul ruolo svolto dal PC(b)dell’URSS nel corso della rivoluzione socialista d’Ottobre, ma ha finito con il passarne sotto silenzio proprio le caratteristiche decisive. Sostiene infatti Marchetti che è la quantità di membri del PC(b)dell’URSS ad aver determinato la qualità della sua azione e quindi indica come insegnamento che il partito comunista rivoluzionario deve essere grande e forte (in buona compagnia dei molti nostalgici italiani del “grande e forte” PCI revisionista…). Ma così facendo svilisce il lungo lavoro di accumulazione delle forze condotto dal partito di Lenin, di Stalin e dei loro compagni nel ventennio precedente l’Ottobre e soprattutto l’elaborazione da parte dei bolscevichi di una teoria rivoluzionaria (il leninismo) sulla cui base, in maniera sistematica a partire dal 1902 (anno dell’edizione del Che fare? di Lenin), è avvenuto il lungo lavoro di formazione delle forze rivoluzionarie nelle file del partito. Insomma è fuori di dubbio che ai fini della vittoria dell’Ottobre la crescita delle dimensioni del PC(b)dell’URSS è stato un fattore importante, ma è contrario al materialismo dialettico e porta fuori strada interpretare in maniera univoca, come fatto da Marchetti, la dialettica quantità-qualità, tacendo che senza il lavoro qualitativamente elevato condotto prima del 1917 non ci sarebbe stato lo sviluppo quantitativo verificatosi nel 1917.
Infine Marchetti con il suo intervento mostra di ignorare un insegnamento, comprensibile invece per i comunisti che assimilano la concezione comunista del mondo (cioè il marxismo-leninismo-maoismo), che la rivoluzione socialista d’Ottobre è stata possibile anzitutto per la strategia adottata dai bolscevichi, coerente con la teoria della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, da Mao elaborata nel 1936 ma concepita analogamente da Antonio Gramsci nei Quaderni del carcere, strategia che Lenin e i bolscevichi praticarono anche se non la proclamarono espressamente.
Come Marchetti anche Valter Lorenzi ha mostrato tensione a estrapolare insegnamenti dal passato, nel suo caso sulle cause che hanno determinato la sconfitta del movimento comunista del secolo scorso. Un aspetto positivo della relazione di Lorenzi è che riconduce le cause della sconfitta del vecchio movimento comunista a limiti interni ad esso, che gli hanno impedito di valorizzare i favorevoli rapporti di forza determinatisi a livello internazionale dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Questi limiti sono ricondotti da Lorenzi all’incapacità dei comunisti di tenere il passo con lo sviluppo impresso dalla borghesia imperialista alle forze produttive nella fase post-bellica,
- in URSS e nei primi paesi socialisti, all’incapacità di reggere la concorrenza con i paesi imperialisti per quanto attiene lo sviluppo delle forze produttive mantenendo contemporaneamente ferma la direzione di marcia della costruzione del socialismo,
- nei paesi imperialisti in cui esisteva un grande movimento comunista (come l’Italia), al non aver compreso le modificazioni che lo sviluppo delle forze produttive promosso dalla borghesia imperialista andava apportando alla composizione e alle caratteristiche delle classi delle masse popolari.
Sono tuttavia conclusioni parziali e quindi errate fintanto che Lorenzi eviterà, come effettivamente ha fatto, di entrare nel merito della lotta tra due linee che si è sviluppata nel movimento comunista internazionale a fronte dei favorevoli rapporti di forza determinatisi dopo il 1945. Una lotta tra due linee che dai primi paesi socialisti, ai paesi imperialisti fino ai paesi coloniali vide sorgere e contrapporsi
- una linea di sinistra, fautrice del proseguimento dell’edificazione del socialismo nei primi paesi socialisti, dello sviluppo della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti in cui il movimento comunista non era giunto alla conquista del potere, dello sviluppo delle rivoluzioni democratiche e antimperialiste (nuova democrazia) nelle colonie;
- una linea di destra, fautrice della restaurazione graduale e pacifica del capitalismo nei primi paesi socialisti (a torto presentata come sinonimo della linea della coesistenza pacifica), dell’integrazione dei partiti comunisti nei regimi politici sorti dopo il 1945 nei paesi imperialisti, del sostegno dei comunisti alle rispettive borghesie nazionali antimperialiste nelle colonie.
Queste sono le due linee e le due vie che si sono scontrate nel movimento comunista internazionale dopo il 1945 ed è pressoché inutile e anzi foriero di confusione provare ad estrapolare insegnamenti prescindendo dallo studio di esse. Se si cerca di prescinderne, si finisce con il concludere, come ci mostra Lorenzi, che nel secolo scorso i comunisti in sostanza hanno perso perché la borghesia imperialista aveva una forza irresistibile.
I modi di procedere di Marchetti e Lorenzi sono manifestazione di altre due zavorre ideologiche di cui RdC deve necessariamente liberarsi per dare seguito ai suoi migliori propositi (indicati da Casadio nell’introduzione del convegno):
- l’eclettismo, di cui è portatore Marchetti, consistente nell’applicare all’esame e al bilancio della storia del movimento comunista concezioni del mondo estranee alla concezione comunista,
- il conciliatorismo, di cui è portatore Lorenzi, consistente nel cercare di “salvare capra e cavoli”, nel mischiare in un unico calderone promotori e affossatori dell’edificazione dei primi paesi socialisti, costruttori e liquidatori dei primi partiti comunisti dei paesi imperialisti, ecc.
Anche queste tendenze, come l’influenza della sinistra borghese, sono elementi costitutivi di RdC che sono emersi anche in altri interventi. Contrastarle fino a superarle sta alla parte degli esponenti e membri di RdC più consapevoli di quanto queste zavorre costituiscono un freno all’azione tesa alla rinascita del movimento comunista che RdC sta svolgendo e si propone di svolgere con maggiore scienza e coscienza.
Concepirsi come i continuatori della prima ondata di rivoluzioni proletarie suscitata nel secolo scorso dalla Rivoluzione d’Ottobre oppure attestarsi a considerare il movimento comunista del ‘900 come un “caro estinto”? Esserne i continuatori significa rivendicare, proseguire e sviluppare quanto di avanzato il primo movimento comunista ha sedimentato. Al contrario “rivendicarsi tutto” senza tracciare una linea di demarcazione tra sinistra e destra, tra avanzato e arretrato, tra giusto e sbagliato equivale a fare dell’identitarismo buono per celebrare i morti, ma inutile per elaborare una linea efficace per instaurare il socialismo.
Armonizzare la concezione comunista e la concezione della sinistra borghese o distinguersene? Elaborare un bilancio del ‘900 che sia accettato da molti (dai denigratori di Stalin alla Russo e Ferrero a Vasapollo, che nel suo intervento ha reso omaggio a Stalin) o che sia scientifico?
Queste sono le questioni decisive per il futuro prossimo dello sforzo di RdC sulle questioni oggetto della tre giorni romana.
In questo solco si inserisce anche il compito dei comunisti della Carovana del (nuovo)PCI di rafforzare e sostenere le tendenze positive che oggi RdC, anche se contraddittoriamente, esprime. È in questo modo che contrastiamo l’effetto negativo che ha per questa organizzazione il rimanere impelagata in una condotta che nel maggio 2015, suscitando le ire dei capi di RdC, avevamo definito da “venditori di fumo della lotta di classe”,(4) cioè di chi si fregia dell’appartenenza al movimento comunista ma in definitiva propone linee e progetti estranei agli obiettivi e ai compiti rivoluzionari dei comunisti. Il fatto che RdC si associ a un Paolo Ferrero per elaborare il bilancio dell’esperienza del movimento comunista indica che è ancora oggi impelagata in modi da “venditori di fumo della lotta di classe”. Come è da “venditori di fumo della lotta di classe” la dissociazione di RdC successiva agli scontri di piazza del 5 ottobre a Roma. Non dobbiamo negare zavorre e limiti di RdC né attestarci alla loro denuncia, ma valorizzare le iniziative e le tendenze positive che si sviluppano in RdC e alimentarle:
- il lavoro di bilancio dell’esperienza della prima ondata delle rivoluzioni proletarie che RdC sta portando avanti da alcuni anni con sistematicità e con i limiti che ho mostrato in questo articolo, stimolando il dibattito sul maoismo come terza superiore tappa del pensiero comunista, in particolare sulla teoria della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata come forma universale della rivoluzione socialista,
- la mobilitazione giovanile che RdC promuove tramite le sue organizzazioni studentesche Opposizione Studentesca d’Alternativa e Cambiare Rotta, sviluppando il dibattito sulla necessità del partito comunista e su quale partito comunista occorre,
- l’azione che le organizzazioni di massa collegate a RdC, in primo luogo l’Unione Sindacale di Base, svolgono nella lotta contro il governo Meloni e le sue misure, rafforzando l’orientamento non solo a cacciare il governo Meloni, ma anche a sostituirlo con un governo di emergenza popolare.
Spingere RdC a superare i suoi limiti attuali e a elevare il suo apporto alla rinascita del movimento comunista è un aspetto importante della nostra attività di Partito in seno al MCCO italiano, individuare modi e forme per farlo è l’aspetto principale del nostro intervento in questa area politica nei prossimi mesi.
Nicola P.
4. Vedasi il Comunicato CC 14/2015 del 21 maggio 2015 I venditori di fumo e la lotta di classe - A proposito del Forum Euromediterraneo EUROSTOP (Napoli 23 maggio).