La Voce 78 (ritorna all'indice)
del (nuovo)Partito comunista italiano
anno XXVI - novembre 2024Scaricate il testo in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word
1. Premessa
Il
partito comunista è il partito con cui la classe operaia dirige se
stessa e il resto delle classi che compongono il campo rivoluzionario
contrapposto al campo reazionario diretto dalla borghesia
imperialista. La comprensione della divisione della nostra società
in classi e dei rapporti tra di esse è indispensabile per guidare
fino alla vittoria la lotta della classe operaia per conquistare il
potere e instaurare il socialismo. Fare l’analisi di classe è un
aspetto essenziale del nostro compito per far prevalere la direzione
della classe operaia nella resistenza che, anche spontaneamente e
senza essere ancora organizzativamente unite (cioè senza direzione
del partito), le masse popolari oppongono al procedere della crisi
generale del capitalismo.(1)
1.
Questa premessa riporta e arricchisce l’articolo Studiare e
verificare nella pratica della lotta la composizione di classe del
nostro paese di La Voce n. 77, luglio 2024 (pag. 67-70).
Per la linea del GBP rimandiamo il lettore all’Avviso ai naviganti
7 - 16.03.2012.
L’analisi
della posizione economica di ogni classe della società italiana,
delle caratteristiche di ognuna di esse, della sua consistenza
numerica e del suo atteggiamento nei confronti della rivoluzione è
stata una componente del lavoro con cui a partire dal 1985 abbiamo
creato le condizioni per la ricostruzione del partito comunista che,
una volta riunite in misura sufficiente, ha portato nel 2004 alla
fondazione del (n)PCI. L’analisi di classe della società italiana
illustrata nel cap. 2.2 del Manifesto Programma pubblicato nel
2008 (pagg. 166-171), abbiamo dichiarato apertamente che è
“approssimativa non solo nelle cifre, ma anche nelle categorie”.
Nel tracciare l’analisi di classe abbiamo infatti dovuto partire
praticamente da zero: nonostante il proposito espresso da Gramsci nel
1923, il primo PCI non ne ha mai fatto uno studio esauriente (e
questo è uno dei limiti che all’interno del primo PCI hanno
lasciato vita facile alla destra) e i revisionisti moderni che sono
prevalsi definitivamente negli anni ’50 avevano tutto l’interesse
a confondere le acque. Siamo quindi partiti dall’abc del marxismo.
Protagonisti principali della trasformazione della società, attori
delle lotte che ne determinano la trasformazione, sono le classi in
cui gli uomini sono divisi. La divisione in classi non deriva dal
contenuto del lavoro svolto (dall’attività economica - il mestiere
- che svolgono, da quali beni e servizi producono: lavoro agricolo,
lavoro industriale, ecc.), ma dai rapporti di produzione nell’ambito
dei quali il lavoro viene compiuto, quindi dalla collocazione
rispetto alla proprietà dei mezzi e delle condizioni della
produzione, dal ruolo svolto nel processo lavorativo (lavoro manuale
e lavoro intellettuale, lavoro esecutivo e lavoro di direzione,
ecc.), dalla partecipazione alla distribuzione (ripartizione) del
prodotto.
Sull’analisi
di classe che abbiamo tracciato si è basato anche il nostro piano
d’azione, la linea del Governo di Blocco Popolare (GBP) che abbiamo
adottato dal 2008 quando la seconda delle crisi generali del
capitalismo generate dalla sovrapproduzione assoluta di capitale è
entrata nella sua fase acuta e terminale e le linee specifiche in cui
l’abbiamo via via articolata.
La
popolazione residente in Italia e gli italiani residenti all’estero
L’epoca
imperialista è l’epoca della rivoluzione socialista. In ogni paese
compito dei comunisti è promuovere la rivoluzione socialista o la
rivoluzione di nuova democrazia nel proprio paese, in lotta con il
sistema imperialista mondiale e i suoi esponenti e portavoce locali,
in collaborazione con i comunisti degli altri paesi. Le tabelle che
seguono indicano il numero di uomini e donne di cui i comunisti
italiani devono direttamente occuparsi. I dati che seguono sono
ricavati da ISTAT e altri istituti.
1.
Popolazione residente in Italia per classi d’età: variazioni negli
ultimi vent’anni (2023- 2003)
2023
2003
Popolazione
residente totale
58.450.000
57.320.000
Popolazione
attiva (15-64 anni)
37.900.000
38.270.000
Anziani
(65 o più anni)
13.300.000
10.900.000
Bambini
e ragazzi (0-14 anni)
7.250.000
8.150.000
La
sintesi di questi dati è che negli ultimi vent’anni in Italia c’è
stato un aumento del 2% della popolazione residente, un calo della
popolazione attiva dell'1% e del numero di bambini e ragazzi
dell'11%, mentre è aumentato del 22% il numero degli anziani.
La
popolazione residente è diminuita di 1,3 milioni (da 60.782.000 nel
2014 a 58.450.000 nel 2023).
2.
Divisione della popolazione residente per sesso nel 2023
-
maschi sono il 48,8% (28.520.000)
-
femmine sono il 51,2 % (29.930.000)
3.
Stranieri residenti in Italia: variazione negli ultimi vent’anni
(2023-2003)
2023
2003
Stranieri
residenti totale
5.140.000
1.464.000
Popolazione
attiva (15-64 anni)
3.966.000
Anziani
(65 o più anni)
291.000
Bambini
e ragazzi (0-14 anni)
883.000
Gli
stranieri residenti in Italia sono attualmente 3.51 volte quelli che
erano vent’anni fa.
Nel
2023 la popolazione attiva straniera è il 77% degli stranieri
residenti, il numero di bambini e ragazzi il 17% e il numero degli
anziani il 6%.
Per
quanto riguarda la provenienza degli stranieri: il 47% proviene da
paesi europei, il 23% dall’Asia, il 22% dall’Africa, il 7 %
dall’America Latina e l’1% da altri paesi.
Negli
ultimi 10 anni gli stranieri (individui senza nazionalità italiana)
residenti sono aumentati di 218 mila (da 4.990.000 nel 2014 a
5.140.000 nel 2023).
Agli
stranieri residenti registrati vanno aggiunti 500-700.000 che non
sono registrati (clandestini): così si arriva a quasi 6 milioni di
stranieri presenti in Italia.
4.
Italiani residenti all’estero (iscritti all’Anagrafe Italiani
Residenti all’Estero-AIRE): variazioni negli ultimi vent’anni
(2022-2003)
Gli
italiani residenti all’estero negli ultimi vent’anni sono aumenti
di quasi il 200% e rappresentano il 9,2% dell'intera popolazione
italiana.
2022
2003
Italiani
residenti all’estero totale
5.933.000
3.045.000
Nei
paesi europei
3.247.000
In
America
2.376.000
In
Oceania
164.000
In
Asia
76.000
In
Africa
70.000
Per
quanto riguarda le fasce di età: il 18% ha meno di 20 anni, il 28%
ha da 21 a 40 anni, il 28,5% ha da 41 a 60 anni e il 25% ha oltre 60
anni.
Conclusioni
Secondo
l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), a maggio
2023 erano 65.690.000 le persone registrate nell’anagrafica
nazionale, di cui 6.026.000 residenti all'estero (AIRE), aumentati in
meno di un anno di circa 92.000: come risultato del governo del
“prima gli italiani e della famiglia” non c’è male!
La
popolazione residente in Italia è in progressiva riduzione per il
costante calo demografico e per l’aumento dei cittadini italiani
che emigrano all’estero per studio, lavoro o per viverci (vedi il
caso di pensionati che vanno a vivere in altri paesi). Questi due
fattori sono in parte compensati dall’aumento dei cittadini
immigrati. Senza gli immigrati i residenti in Italia nel 2023
sarebbero stati solo 53.310.000.
*****
Quello
che presentiamo è l’aggiornamento dell’analisi di classe del
Manifesto Programma (MP), con maggiori dettagli e con
categorie e cifre che tengono conto di dati recenti e dei cambiamenti
avvenuti dopo la sua pubblicazione nel 2008 (il MP faceva riferimento
a categorie e cifre che risalivano alla fine degli anni ’90).
I
principali cambiamenti degli ultimi vent’anni nella struttura
economica del nostro paese (sostanzialmente affini a quelli avvenuti
negli altri paesi imperialisti) e nel sistema di potere della
borghesia imperialista, con il conseguente sconvolgimento delle sue
relazioni e istituzioni, sono principalmente frutto dell’entrata
nel 2008 della seconda crisi generale del capitalismo nella sua fase
acuta e terminale e degli effetti da essa determinati in campo
economico che si riverberano sul terreno politico, culturale e
ambientale (al punto da mettere oramai a rischio la sopravvivenza
stessa dell’umanità se la rivoluzione socialista non prevalesse
nel mondo sulla direzione della borghesia imperialista).
I
principali cambiamenti sono i 12 indicati qui di seguito.
1.
La finanziarizzazione dell’economia e lo sviluppo della
speculazione finanziaria, al punto che oggi il capitale impiegato
direttamente nella produzione di merci (beni e servizi) è meno del
10% di quello che i capitalisti cercano di valorizzare (esso nel 2013
era stimato a 75.000 miliardi di dollari USA su un capitale
complessivo di 1.068.000 miliardi).
2.
La ristrutturazione, lo smantellamento e la delocalizzazione di
interi settori produttivi di merci (nel nostro paese sono esemplari
il settore degli autoveicoli e della siderurgia).
3.
Le esternalizzazioni che hanno trasformato singole operazioni del
processo produttivo (ad es. la ricerca, la pulizia dei locali, il
trasporto, ecc.) in servizi prodotti, comperati e venduti come merci
e i prodotti parziali dei precedenti processi produttivi in merci a
se stanti.
4.
La trasformazione in merci prodotte da lavoratori salariati, quindi
da operai, di attività che ancora non lo erano (in particolare i
servizi alla persona) e la privatizzazione di servizi scolastici,
sanitari e socio-assistenziali e di altri servizi pubblici
(manutenzione di impianti e reti, manutenzione del verde, di strade,
ecc.) con il sistema di appalti e subappalti a cooperative vere, a
finte cooperative, a finte partite IVA, aziende interinali,
professionisti a gettone, ecc.
5.
L’elevazione della produttività del lavoro e gli sviluppi
tecnologici e scientifici (industria 4.0 e intelligenza artificiale).
6.
La trasformazione delle fabbriche da comunità (gruppi di lavoratori
che producevano dati beni, comunità di operai che lavoravano insieme
e vivevano nelle vicinanze, per cui si trovavano al bar, nella
sezione del PCI, nella cooperativa, ecc.: gli operai si vedevano e si
associavano in fabbrica e fuori) a “supermercato” (struttura in
cui ogni singolo lavoratore viene ammesso, quando e finché il
padrone ne ha bisogno, a vendere la sua forza-lavoro che il padrone
gli remunera con contratto aziendale o addirittura individuale) e lo
sviluppo delle piattaforme digitali e mobili (spersonalizzazione
della direzione delle aziende e individualizzazione del rapporto di
lavoro).
7.
La globalizzazione (mondializzazione) della produzione e del
commercio con l’eliminazione o la forte riduzione delle frontiere
industriali, commerciali, finanziarie e monetarie tra la gran parte
dei paesi ancora sottomessi in vari modi e in gradi diversi alla
Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti ed
europei e dei gruppi di altri paesi ad essa annessi (giapponesi,
canadesi, australiani e altri) e con le scorribande dei gruppi
multinazionali che prendono conoscenze (know-how), avviamento
industriale, struttura di ricerca e poi delocalizzano in paesi dove
possono avvalersi di lavoratori con meno diritti e di leggi di
protezione dell’ambiente e della sicurezza più permissive o dove
realizzano altri obiettivi economici o politici. Alla globalizzazione
partecipano in varia misura e in vari modi anche i paesi socialisti,
in particolare la Repubblica Popolare Cinese (RPC).
8.
Il commercio al dettaglio globale on-line di merci (beni e servizi)
attraverso piattaforme digitali (Amazon, Ebay, ecc.), i servizi dei
giganti di internet (Google, Instagram, X, Telegram), il mercato
finanziario virtuale (trading online, criptovalute tipo Bitcoin), per
compravendita di prodotti finanziari reali e virtuali, scommesse
on-line, ecc.
9.
L’eliminazione di una parte importante delle conquiste che le masse
popolari dei paesi imperialisti avevano strappato alla borghesia
quando il movimento comunista era forte in Italia e nel mondo:
precarietà, sistema degli appalti e dei subappalti, molteplicità
dei contratti, interinali, a tempo indeterminato e a tempo
determinato, lavoratori subordinati e parasubordinati.
10.
L’immigrazione di massa nei paesi imperialisti dai paesi oppressi e
dai paesi ex socialisti, il declino demografico dei paesi
imperialisti e l’invecchiamento della loro popolazione.
11.
L’avanzamento, incontenibile stante la permanenza del sistema
capitalista, dell’inquinamento e devastazione di terra, cielo e
mare e della crisi climatica.
12.
Lo sviluppo della guerra interna (guerra di sterminio delle masse
popolari) e della guerra esterna (Terza guerra mondiale a pezzi).
All’aggiornamento
dell’analisi di classe sono collegati altri due aspetti del nostro
lavoro.
1.
Conoscere la struttura produttiva del paese. Noi comunisti dei paesi
imperialisti siamo i promotori e dirigenti della Guerra Popolare
Rivoluzionaria di Lunga Durata con cui i lavoratori e il resto delle
masse popolari scalzeranno dal potere la borghesia imperialista,
prenderanno in mano il governo del paese e inizieranno a
riorganizzare le forze produttive esistenti al servizio delle masse
popolari e della tutela dell’ambiente. Abbiamo bisogno di conoscere
abbastanza a fondo la struttura produttiva del nostro paese (cosa si
produce, cosa si importa e cosa si esporta, come è strutturato ogni
settore produttivo - produzione di prodotti finiti e di componenti -
e quanti sono i lavoratori impiegati), per dare indicazioni più
concrete e di dettaglio alle organizzazioni operaie e popolari delle
aziende capitaliste e pubbliche mobilitate contro lo smantellamento
dell’apparato produttivo e la privatizzazione di quanto resta dei
servizi e delle aziende pubbliche che il governo Meloni sta
accelerando e per indirizzare le attività del Governo di Blocco
Popolare una volta che le organizzazioni operaie e popolari lo
avranno costituito. Questa lotta coinvolge già direttamente numerosi
lavoratori avanzati ed esponenti della sinistra sindacale, alcuni dei
quali hanno una conoscenza di dettaglio dei settori dell’attività
economica del paese.
2.
Promuovere l’unità d’azione nella mobilitazione delle masse
popolari e sviluppare la lotta ideologica tra partiti, organismi,
gruppi e individui che compongono il movimento comunista cosciente e
organizzato per come è oggi. Fare l’analisi di classe (ricostruire
gli anelli della catena che corre dalle classi ai concreti
schieramenti politici e culturali) mal si adatta alla pigrizia sia
dei dogmatici ripetitori di formule “marxiste” (opportunisti di
sinistra) sia dei succubi della cultura borghese (opportunisti di
destra) perché richiede ricerca concreta e verifica sperimentale.
Marx,
Engels, Lenin, Stalin e Mao ci hanno insegnato che occorre partire
dalla realtà oggettiva e trarne le leggi che la regolano, leggi con
cui ci dovremo guidare nell’azione. I “fatti” sono tutte le
cose che esistono oggettivamente, la “verità” consiste nei loro
rapporti interni, ossia nelle leggi che regolano la loro
trasformazione e “ricercare” significa studiare, ricostruire
nella mente le relazioni riscontrate, verificare la corrispondenza
tra ricostruzione mentale e realtà oggettiva.
Per
stendere questo articolo abbiamo analizzato, ordinato e dato un senso
ai fini della conoscenza del nostro paese (popolazione, attività
economica, classi sociali) e della lotta di classe alle informazioni
fornite dall’ISTAT e da altri istituti (camere di commercio,
associazioni di categoria, ecc.) interpretate alla luce del
materialismo dialettico, cioè inquadrandole nei processi e nei
contesti sociali a cui appartengono. Questa ricerca ha lo scopo di
fornire elementi utili per avanzare nella lotta che conduciamo per la
costituzione del GBP e l’instaurazione del socialismo. Bisogna
conoscere i nostri alleati di classe e i nostri nemici: conoscere per
capire e capire per trasformare il mondo.
Per
quanto riguarda la situazione della popolazione e i cambiamenti
intervenuti negli ultimi vent’anni in Italia rimandiamo anche alla
manchette La popolazione residente in Italia e gli italiani
residenti all’estero.
2.
Popolazione attiva, forza lavoro e popolazione inattiva in Italia
(Se
non indicato diversamente, i dati ISTAT e di altre fonti sono
aggiornati al 2023 e le cifre sono arrotondate. Differenze
relativamente modeste compaiono tra le tabelle, dovute a differenze
nel modo di lavorare delle fonti)
Su una popolazione residente (di nazionalità italiana o estera) di
58,4 milioni, 37,9 milioni sono gli individui in età lavorativa
(da 15 a 64 anni), il 64,9% della popolazione e 20,5 milioni quelli
in età non lavorativa, il 35,1% della popolazione: oltre i 64 anni
(pensionati - 13,3 milioni, il 22,8% della popolazione) o tra 0-14
anni (bambini e ragazzi - 7,2 milioni, il 12,3% della popolazione).
2.1
Forza lavoro
a)
Popolazione attiva (forza lavoro). Dei 37,9 milioni di individui
in età lavorativa, gli occupati sono 23,8 milioni (il 40,8% della
popolazione, il 62,8% degli individui in età lavorativa). Di questi
i lavoratori dipendenti sono 18,8 milioni (il 32,2% della
popolazione, il 49,6% degli individui in età lavorativa) e 5 milioni
i lavoratori indipendenti (l’8,6% della popolazione, il
13,2% degli individui in età lavorativa). I disoccupati
ufficiali (persone in cerca di occupazione) sono 1,9 milioni (il 3,3%
della popolazione, il 5,0% degli individui in età lavorativa). Gli
inattivi in età lavorativa (15-64 anni) sono 12,1 milioni (il
20,7% della popolazione, il 31,9% degli individui in età
lavorativa). Un terzo della popolazione non lavora (o meglio risulta
non svolgere alcune attività): in questa categoria rientrano in
larga misura individui che svolgono lavori “in nero” e
disoccupati effettivi.
b)
Popolazione inattiva in età lavorativa
Le
persone inattive in età lavorativa sono 12,1 milioni (il 20,7% della
popolazione). Di questi:
-
circa 7,7 milioni (il 63,6% degli inattivi) dichiarano di non
essere disponibili a lavorare, di essi: 3,7 milioni (il 30,6%) non
cercano un’occupazione per motivi familiari (assistenza anziani,
cura dei figli) o per altro motivo e circa 4 milioni (il 33%) non
cercano un’occupazione per motivi di studio (studenti scuole
superiori e universitari) o per altro motivo;
-
circa 4,4 milioni (il 36,4% degli inattivi) dichiarano di
voler lavorare, di essi: 1,4 milioni (il 31%) dichiarano di
essersi rassegnati a non cercare un posto di lavoro perché
scoraggiati e 3 milioni circa (il 68,2%) dichiarano di non cercare
lavoro ma di essere disponibili a lavorare da subito.
Il
tasso di inattività (rapporto delle persone inattive sulla
popolazione attiva di 37,9 milioni) nel nostro paese è del 32%
(circa un terzo della forza lavoro).
*****
Fonte:
http://www.istat.it/it/files/2015/10/ASI2015_Glossario.pdf
Per
usare con profitto i dati ISTAT (delle rilevazioni a campione, dei
censimenti e altri) bisogna usare il relativo glossario.
1.
Occupati
Nella
rilevazione sulle forze di lavoro sono classificati come occupati gli
individui di 15 anni e oltre che nella settimana di riferimento per
l’intervista:
-
hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che
prevede un corrispettivo monetario o in natura;
-
hanno svolto almeno un’ora di lavoro non retribuito nella ditta di
un familiare nella quale collaborano abitualmente;
-
sono assenti dal lavoro (ad esempio per ferie, malattia o cassa
integrazione): i dipendenti assenti dal lavoro sono considerati
occupati se l’assenza non supera i tre mesi, oppure se durante
l’assenza continuano a percepire almeno il 50 % della retribuzione.
2.
Tasso di occupazione
Rapporto
tra gli occupati e la corrispondente popolazione di riferimento: ad
es. tasso di occupazione sulla popolazione compresa tra 15 e 64 anni.
Ovviamente l’ISTAT registra solo occupazioni ufficiali,
regolamentate e legali.
3.
Disoccupati (o Persone in cerca di occupazione)
Nella
rilevazione sulle forze di lavoro sono classificati come disoccupati
gli individui non occupati tra 15 e 64 anni che: nelle quattro
settimane che precedono la settimana di riferimento (per
l’intervista) hanno effettuato almeno un’azione attiva di ricerca
di lavoro e sono disponibili a lavorare (o ad avviare una attività
autonoma) entro le due settimane successive all’intervista; oppure
inizieranno un lavoro entro tre mesi dalla data dell’intervista e
sono disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività autonoma)
entro le due settimane successive all’intervista, qualora fosse
possibile anticipare l’inizio del lavoro.
4.
Tasso di disoccupazione
Rapporto
tra le persone in cerca di occupazione e le corrispondenti forze di
lavoro o attivi (occupati + disoccupati).
5.
Inattivi (o Non forze di lavoro)
Comprendono
le persone che non fanno parte delle forze di lavoro, ovvero quelle
non classificate come occupate o in cerca di occupazione.
6.
Impresa
Nei
censimenti è indicata come impresa l’unità giuridico-economica
che produce beni e servizi destinabili alla vendita e che, in base
alle leggi vigenti o a proprie norme statutarie, ha facoltà di
distribuire i profitti realizzati ai proprietari, siano essi privati
o pubblici. Tra le imprese sono comprese, anche se costituite in
forma artigiana: le imprese individuali, le società di persone, le
società di capitali, le società cooperative (ad esclusione delle
cooperative sociali che ufficialmente non distribuiscono profitti), i
consorzi di diritto privato, gli enti pubblici economici, le aziende
speciali e le aziende pubbliche di servizi. Sono considerate imprese
anche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti.
7.
Dimensione media imprese
Rapporto
tra numero di addetti alle imprese e numero di imprese attive, dove
per addetti si intendono le persone occupate in media nell’anno
nell’unità produttiva, sia dipendenti che indipendenti, compreso
il/i titolare/i.
8.
Amministrazione Pubblica
Il
settore che raggruppa le unità istituzionali le cui funzioni
principali consistono nel produrre per la collettività servizi non
destinabili alla vendita e nell’operare una redistribuzione del
reddito e della ricchezza del Paese. Le principali risorse sono
costituite da versamenti obbligatori effettuati direttamente o
indirettamente da unità appartenenti ad altri settori.
Il
settore dell'amministrazione pubblica è suddiviso in tre
sotto-settori:
-
amministrazioni centrali, che comprendono l’amministrazione dello
Stato in senso stretto (i ministeri) e gli organi costituzionali; gli
enti centrali con competenza su tutto il territorio del paese (Anas,
Cri, Coni, Cnr, Istat, ecc.);
-
amministrazioni locali, che comprendono gli enti pubblici la cui
competenza è limitata a una sola parte del territorio. Sono
compresi: le Regioni, le Province, i Comuni, gli ospedali pubblici e
altri enti locali economici, culturali, di assistenza, le camere di
commercio, le università, gli Enti pubblici territoriali, ecc.;
-
enti di previdenza, che comprendono le unità istituzionali centrali
e locali la cui attività principale consiste nell’erogare
prestazioni sociali finanziate attraverso contributi generalmente a
carattere obbligatorio (Inps, Inail, ecc.).
9.
Addetti
Per
le imprese sono costituiti dai lavoratori dipendenti e indipendenti.
Per le istituzioni pubbliche e per le istituzioni non profit gli
addetti sono costituiti dai soli lavoratori dipendenti.
10.
Lavoratori dipendenti
Persone
che svolgono la propria attività lavorativa in un’unità
giuridico-economica e che sono iscritte nei libri paga dell’impresa
o istituzione, anche se responsabili della sua gestione. Sono
considerati lavoratori dipendenti:
-
i dirigenti, i quadri, gli impiegati e gli operai, a tempo pieno o
parziale
-
gli apprendisti
-
i lavoratori a domicilio iscritti nei libri paga
-
i lavoratori stagionali
-
i lavoratori con contratto di formazione e lavoro
-
i lavoratori con contratto a termine
-
i lavoratori in Cassa integrazione guadagni
-
i soci di cooperativa iscritti nei libri paga.
Non
sono considerati lavoratori dipendenti i titolari di contratti di
collaborazione coordinata e continuativa o a progetto. In alcune
fonti viene utilizzata una definizione diversa, che non comprende, ad
esempio, i dirigenti e gli apprendisti.
11.
Lavoratori indipendenti
Persone
che svolgono la propria attività lavorativa in un’unità
giuridico-economica senza vincoli di subordinazione. Dal punto di
vista dei costi delle imprese sono considerati lavoratori
indipendenti:
-
i titolari, soci e amministratori di impresa o istituzione, a
condizione che effettivamente lavorino nell’impresa o istituzione,
non siano iscritti nei libri paga, non siano remunerati su fattura
(come invece le “partite IVA”), non abbiano un contratto di
collaborazione coordinata e continuativa;
-
i soci di cooperativa che effettivamente lavorano nell’impresa e
non sono iscritti nei libri paga;
-
i parenti o affini del titolare o dei titolari, che prestano lavoro
senza il corrispettivo di una prefissata retribuzione contrattuale né
il versamento di contributi.
12.
Lavoratori esterni
Nelle
imprese sono classificati come lavoratori esterni i lavoratori con
contratto a progetto, i lavoratori con contratto occasionale di tipo
accessorio (voucher), gli associati in partecipazione che risultano
inscritti alla gestione separata Inps, i lavoratori autonomi dello
sport e spettacolo per i quali l’impresa versa i contributi
all’ex-Enpals, gli amministratori non soci e in generale persone
con contratto di collaborazione anche continuativa ma senza vincolo
di dipendenza, con compenso prestabilito e che non svolgono con
propria partita IVA un’attività di impresa.
Nelle
istituzioni pubbliche sono classificati come lavoratori esterni anche
i lavoratori socialmente utili (Lsu) e i lavoratori con contratti di
collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co).
Nelle
istituzioni non profit sono classificati come lavoratori esterni i
lavoratori a progetto (Co.co.pro.), i collaboratori con contratto
occasionale di tipo accessorio (voucher) e i prestatori d’opera
occasionali.
13.
Lavoratori temporanei (ex interinali)
Lavoratori
assunti da un’agenzia di somministrazione di lavoro regolarmente
autorizzata (impresa fornitrice) che li pone a disposizione
dell’unità giuridico-economica che ne utilizza la prestazione per
esigenze temporanee.
*****
2.2
Lavoratori dipendenti e indipendenti
I
lavoratori dipendenti sono 18,8 milioni, i lavoratori
indipendenti 5 milioni; gli occupati complessivi 23,8 milioni.
a)
Lavoratori dipendenti:
appartengono
a questa categoria 18,8 milioni di individui così suddivisi:
-
13,2 milioni (22,6% della popolazione) lavoratori permanenti a
tempo pieno;
-
2,6 milioni (4,5% della popolazione) lavoratori permanenti a tempo
parziale;
-
2 milioni (3,4% della popolazione) lavoratori a termine a tempo
pieno;
-
920 mila (1,6% della popolazione) lavoratori a termine a tempo
parziale.
b)
Lavoratori indipendenti:
appartengono
a questa categoria 5 milioni di individui così suddivisi:
-
4,3 milioni (7,4% della popolazione) lavoratori a tempo pieno;
-
700 mila (1,2% della popolazione) lavoratori a tempo parziale.
c)
Disoccupati ufficiali e altri disoccupati
-
Disoccupati ufficiali (persone in cerca di occupazione):
appartengono ufficialmente a questa categoria 1,9 milioni di
individui così suddivisi: 1,5 milioni (2,6% della popolazione, il
78,9% dei disoccupati) con esperienze lavorative e 400 mila (0,7%
della popolazione, il 21,1% dei disoccupati) senza esperienze
lavorative.
-
Altri disoccupati (individui classificati come inattivi -
vedi punto 2.1 b), ma che vorrebbero lavorare): appartengono a questa
categoria circa 4,4 milioni di persone (7,5% della popolazione).
La
somma dei disoccupati ufficiali e dei disoccupati classificati
come inattivi ma che vorrebbero lavorare corrisponde a 6,3
milioni, il 10,8% della popolazione: questo è il tasso di
disoccupazione realistico esistente nel nostro paese.
2.3
Pensionati
Alla
categoria dei pensionati appartengono 16,2 milioni di individui (il
27,7% della popolazione): di questi 11,9 milioni sono pensionati
per vecchiaia e anzianità (ex lavoratori dipendenti e autonomi) e
4,3 milioni sono pensionati per invalidità civile o sociale.
a)
Pensionati per vecchiaia e anzianità:
appartengono
a questa categoria 11,9 milioni di individui (20,4% della popolazione
e il 73,5% dei pensionati) così suddivisi:
-
5,7 milioni (35,2% dei pensionati) ex lavoratori dipendenti del
settore privato;
-
240 mila (1,5% dei pensionati) ex liberi professionisti del settore
privato;
-
3,7 milioni (22,8% dei pensionati) ex lavoratori autonomi del settore
privato;
-
2,3 milioni (14,2% dei pensionati) ex dipendenti pubblici.
I
cittadini immigrati che ricevono una pensione di vecchiaia/anzianità
sono 304 mila (dati 2022).
b)
Pensionati per invalidità civile o sociale:
appartengono
a questa categoria 4,3 milioni di individui (7,4% della popolazione,
il 26,5% dei pensionati) così suddivisi:
-
3,5 milioni (21,6% dei pensionati) con una pensione civile (inabilità
al lavoro);
-
830 mila (5,1% dei pensionati) con una pensione sociale (anziani
poveri).
I
cittadini immigrati che ricevono un sussidio (NASPI, ecc.) o una
pensione sociale sono 220 mila (dati 2022).
Reddito
dei pensionati
Per
quanto riguarda il reddito mensile, il 36% dei pensionati
percepiscono meno di 1.000€ al mese (5,8 milioni di individui, con
quasi 2 milioni che percepiscono meno di 500€); il 38% percepiscono
da 1.000 a 2.000€ (6,3 milioni di individui). Solo 4 milioni
percepiscono una pensione superiore a 2.000€ al mese.
Sono
cifre al lordo: da esse vanno tolte le tasse che vanno dal 20 al 26%
per la quota superiore alla “no tax area” (per il 2023 questa era
8.100€ annui).
2.4
Nuclei familiari e individui poveri
L’indice
di povertà viene calcolato sulla capacità di spesa pro capite
media di un nucleo familiare (famiglia o individuo). Alla categoria
appartengono (dati ISTAT, anno 2022): 2,9 milioni di nuclei familiari
(l’8,3% del totale) e 5,6 milioni di individui (il 10,2% della
popolazione). Sono poveri non solo gli emarginati e i senza lavoro,
ma anche lavoratori (che pur lavorando non riescono ad avere un
reddito adeguato) e pensionati poveri (con pensione minime e
sociali).
3.
Forza lavoro e classi sociali
3.1
Lavoratori suddivisi per attività economica
Tabella
1 - Lavoratori suddivisi per attività economica (Dati ISTAT
2023, anno 2022)
Attività
economica
Occupati
complessivi
%
Occupati
dipendenti
%
Occupati
indipendenti
%
Agricoltura
875.000
3,8
484.000
2,7
391.000
7,9
Industria
4.656.000
20,2
4.211.000
23,2
445.000
8,9
Costruzioni
1.550.000
6,7
1.024.000
5,7
526.000
10,6
Totale
industria+costruzioni
6.206.000
26,9
5.235.000
28,9
971.000
19,5
Commercio-alberghi-ristorazione
4.543.000
19,7
3.133.000
17,3
1.410.000
28,3
Altri
servizi
11.476.000
49,7
9.272.000
51,2
2.204.000
44,3
Totale
commercio+altri servizi
16.019.000
69,3
12.405.000
68,4
3.614.000
72,6
TOTALE
23.100.000
100
18.124.000
100
4.976.000
100
I
lavoratori dipendenti costituiscono il 78,4% del totale dei
lavoratori, con percentuali molto differenti fra i diversi settori
economici (nell’agricoltura la quota è del 55%, nell’industria
del 90%, nell’edilizia del 66%, nel commercio del 69%, negli altri
servizi dell’80%).
Tabella
2 - Lavoratori dipendenti addetti e dimensione delle imprese
(Anno 2021)
Addetti
per impresa
Numero
imprese
%
Occupati
complessivi
%
3-9
addetti
805.500
78,9
3.695.000
28,1
10-49
addetti
189.000
18,5
3.375.000
25,7
50-249
addetti
22.860
2,2
2.223.000
16,9
250-499
addetti
2.347
0,2
807.000
6,1
500
addetti e oltre
1.622
0,2
3.060.000
23,2
TOTALE
addetti a imprese con almeno 3 addetti
1.021.329
100
13.160.000
100
I
dati dicono che poco più di un terzo (6.110.000) dei lavoratori
dipendenti (18.124.000) lavorano in aziende di dimensioni grandi
o medio-grandi (più di 50 addetti); meno di 4 milioni in aziende con
almeno 250 addetti. Questi in Italia costituiscono la parte più
strutturata e organizzata dei lavoratori dipendenti.
Tabella
3 - Addetti per settori di attività e retribuzione media (Anno
2021)
Settori
Numero
imprese
%
Occupati
complessivi
%
Retribuzione
annuale media (RAL) lorda in € (anno 2022)
Retribuzione
annuale media netta € (anno 2022) *
Industria
188.255
18,4
3.792.000
28,8
30.000
23.000
(1.750 /mese)
Costruzioni
122.215
12,0
1.024.000
7,8
27.000
21.000
(1.600 /mese)
Totale
industria+costruzioni
310.470
30,4
4.816.000
36,6
Commercio
247.732
24,2
2.447.000
18,6
29.000
22.000
(1.700 /mese)
Altri
servizi
463.417
45,4
5.899.000
44,8
29.000
22.000
(1.700 /mese)
Totale
commercio+servizi
711.149
69,6
8.346.000
63,4
TOTALE
1.021.619
100
13.162.000
100
Per
quanto riguarda la retribuzione per settori e per mansioni principali
la situazione del RAL è la seguente. - Industria: impiegati 32.000€,
operai 25.000€, - Costruzioni: impiegati 30.000€,
operai 23.000€, - Commercio: impiegati 30.000€,
operai 24.000€, - Servizi: impiegati 30.000€,
operai 24.000€. Per quanto riguarda lo stipendio
medio per i lavoratori agricoli, esso è di circa 25.000€. La retribuzione annuale RAL
(stipendio lordo con 13 mensilità) in Italia varia da 27.000 a
31.000€ (dati 2022): - dirigenti: 103.000€ (+ benefit
aziendali medi annui di 5.000€, naturalmente sono esclusi tutti i
benefit che non vengono dichiarati come reddito: auto aziendale,
rimborsi spese, ecc.), - quadri: 55.000€ (+ benefit
aziendali medi di 1.600€), - impiegati: 32.000€ (+ benefit
aziendali medi di 800€), - operai: 25.000€ (+ benefit
aziendali medi di 500€).
(*)
Reddito medio significa che è la media tra il livello contrattuale
più basso (es. 1.000€/mese per un operaio generico) e il livello
più alto (1.800€/mese per operaio super specializzato).
3.2
Lavoratori delle imprese per tipo di rapporto e paese di nascita
Tabella
4 - Lavoratori delle imprese per tipo di rapporto (dati ISTAT
2023)
Anno
Totale
Dipendenti
Indipendenti
Esterni
Temporanei
Indipendenti
in senso stretto
Familiari
e coadiuvanti
Totale
Amministratori
Collaboratori
e altri esterni
Totale
2011
16.967.000
11.304.000
4.791.000
328.000
5.119.000
95.000
326.000
421.000
123.000
2016
17.105.000
11.806.000
4.605.000
272.000
4.877.000
101.000
107.000
208.000
214.000
2021
18.156.000
12.823.000
4.530.000
226.000
4.756.000
115.000
107.000
222.000
355.000
I
dati indicano che nel corso di 11 anni c’è stato un aumento dei
lavoratori dipendenti, una costante diminuzione dei lavoratori
indipendenti, un aumento costante dei lavoratori temporanei e degli
amministratori.
Tabella
5 - Lavoratori dipendenti per settore di attività e paese di
nascita (dati ISTAT 2023, riferiti all’anno 2021)
Settore
di attività
Occupati
complessivi
Paese
di nascita
%
(*)
Italia
estero
Industria
in senso stretto
3.625.000
3.110.000
515.000
14,2
Costruzioni
933.000
737.000
196.000
21,0
Commercio-
trasporto e magazzinaggio-alberghi-ristorazione
4.257.000
3.598.000
659.000
15,5
Altri
servizi
3.977.000
3.457.000
520.000
13,1
TOTALE
12.792.000
10.902.000
1.890.000
14,8
(*) % nati all’estero sul totale
I
dati indicano che i lavoratori dipendenti stranieri per nascita sono
il 15% del totale, con punte del 21% nel settore delle costruzioni.
Nel settore
trasporto-magazzinaggio di merci (dati Eurostat 2021) gli addetti
sono 1,1 milione (900 mila trasporto merci di cui 380 mila nel
trasporto su strada, 370 mila nella logistica generale e 150 mila
addetti poste e corrieri e 200 mila impiegati e altri addetti). Dal
2013 al 2022 gli addetti sono aumentati del 10% (da 1 milione a 1,1
milioni).
Tabella
6 - Lavoratori dipendenti delle imprese per qualifica
professionale (dati ISTAT 2023)
Totale
Impiegati
%
(*)
Operai
%
(*)
Quadri
e
dirigenti
%
(*)
Altri
dipendenti (apprendisti e altri)
%
(*)
2016
11.805.000
4.445.000
37,7
6.399.000
54,2
537.000
4,5
424.000
3,6
2020
12.411.000
4.541.000
36,6
6.716.000
54,1
543.000
4,4
611.000
4,9
I
dati indicano che negli ultimi 5 anni c’è stato un aumento del
numero degli operai (+5%) e del 44% degli altri dipendenti
(apprendisti).
3.3
Lavoratori del settore pubblico
Tabella
7 - Lavoratori pubblici per gruppo contrattuale (Dati ISTAT 2023,
anno 2022)
Gruppo
contrattuale
Numero
di
lavoratori
% Sul
totale
Retribuzione
media
lorda annua in €
Retribuzione
media netta annua in € (*)
Amministrazione
centrale, Magistratura e Autorità indipendenti
192.000
5,2
44.500
33.000
(2.500/mese)
Amministrazione
locali (Regioni, Provincia, Comuni)
562.000
15,2
29.700
22.000
(1.700/mese)
Forze
Armate, Corpi di polizia e Vigili del Fuoco
518.000
14,0
46.700
34.000
(2.600/mese)
Scuola
1.470.000
39,7
24.600
20.000
(1.500/mese)
Servizio
sanitario
740.000
20,0
40.900
30.000
(2.300/mese)
Università
e enti di ricerca
134.000
3,6
49.500
36.000
(2.800/mese)
Altro
89.000
2,4
43.300
32.000
(2.400/mese)
TOTALE
3.705.000
100
34.100
II
lavoratori della scuola costituiscono circa il 40% del totale degli
addetti, quelli della sanità il 20%, gli addetti alle
amministrazioni locali il 15% e le forze armate il 14%. I lavoratori con contratto a
tempo indeterminato sono 3,1 milioni (82,7%), mentre quelli a
tempo determinato sono 640 mila (17,3%). (*)
Reddito medio significa che si calcola la media tra i redditi degli
impiegati amministrativi (da 1.200€/mese a 1.800€/mese, a seconda
di anzianità e livello), i funzionari-quadri (da 1.500€/mese a
3.000€/mese, a seconda di anzianità e livello) e i dirigenti
(superiore a 3.000€\mese).
3.4
Lavoratori indipendenti
Tabella
8 - Lavoratori autonomi: artigiani, commercianti e liberi
professionisti (Dati INPS 2023)
Gruppo
Numero
di lavoratori
% Sul
totale
Artigiani
1.456.000
30,0
Titolari
1.352.000
Collaboratori
104.000
Commercianti
2.051.000
42,2
Titolari
1.900.000
Collaboratori
151.000
Liberi
professionisti
1.350.000
27,8
TOTALE
4.857.000
100 I commercianti costituiscono circa il 42% del
totale dei lavoratori indipendenti (il 93% sono senza collaboratori):
rispetto a 10 anni fa (2014) sono diminuiti di 170 mila unità. Il
commercio al dettaglio registra (dati 2023) 440 mila imprese con sede
fissa e circa 70 mila ambulanti. Tra il 2012 e il 2023 il commercio
al dettaglio ha perso oltre 111 mila imprese (- 21,8%). Gli artigiani costituiscono circa
il 30% del totale dei lavoratori indipendenti (il 93% sono senza
collaboratori): rispetto a 10 anni sono diminuiti di 320 mila unità. I liberi professionisti sono
tornati al livello del 2014, perdendo dal 2018 (1.480.000 unità)
circa 130 mila unità (10%): la pandemia del 2020-22 ha influito su
questo calo.
3.5
Lavoratori indipendenti: alcune categorie particolari
La
deregolamentazione del mercato del lavoro (precarizzazione, lavoro a
chiamata, finte cooperative, lavoro a cottimo, ecc.), in corso da 30
anni, ha avuto un’accelerazione negli ultimi 10 anni (Jobs Act di
Renzi). L’introduzione di nuovi settori legati a internet
(piattaforme digitali e lavoro virtuale) senza regole o contratti
collettivi di lavoro ha portato alla formazione di nuove categorie di
lavoratori senza diritti, che possono appartenere sia alla categoria
dei lavoratori dipendenti e sia a quella degli indipendenti.
Tabella
9 - Lavoratori delle piattaforme digitali (dati 2022) e delle cooperative (dati 2011)
Gruppo
Numero
di
lavoratori
%
Lavoratori
delle piattaforme (rider, ecc.)
570.000
25,6
Cooperative
n° di occupati totale
1.654.000
74,4
Cooperative
di produzione e lavoro
715.000
43,2
Cooperative
sociali
520.000
31,4
Cooperative
agricole
135.000
8,2
Cooperative
del commercio
57.000
3,4
Altre
cooperative
227.000
13,7
TOTALE
2.224.000
I
lavoratori delle piattaforme digitali in Italia sono 570 mila (i
rider sono il 36%, i fattorini che consegnano i pacchi sono il 14%,
il restante 50% svolge vari lavori on-line, quali vendita di prodotti
e servizi, gestione piattaforme digitali). Solo l’11% ha un
contratto da lavoro dipendente e un terzo non ha un contratto
scritto, il 50% è pagato a cottimo. Nei paesi dell’UE svolgono
queste attività circa 28 milioni di persone e si stima che nel giro
di qualche anno saranno oltre 43 milioni. Le cooperative iscritte all’albo
nel 2021 erano 110 mila (erano 113 mila nel 2019): il grosso di esse,
53.000 (cioè circa la metà), è costituito dalle cooperative di
produzione e lavoro e dalle cooperative sociali (sono circa 24 mila).
Gli addetti sono diminuiti dal 2018 al 2021 di circa 100 mila unità.
4.
Analisi di classe della società italiana
4.1
Divisione della popolazione in classi sociali
In
campo economico la crisi generale in corso dal 1975 e la sua entrata
nella fase acuta e terminale nel 2008, aggravata dalla pandemia da
Covid-19 del 2020-22, dalla devastazione ambientale, dalla crisi
climatica e dalla Terza guerra mondiale che si propaga, hanno diviso
e sempre più divideranno la popolazione del nostro paese in due
campi nettamente distinti e contrapposti.
-
Da una parte quelli che riescono a vivere solo se riescono a trovare
un lavoro: essi sono sempre più sottoposti a condizioni di duro
sfruttamento (peggioramento di orari, ritmi, condizioni salariali e
di lavoro) e a condizioni economiche che a una parte crescente di
essi non assicurano una vita dignitosa per loro e i loro familiari;
questi costituiscono il campo delle masse popolari.
-
Dall’altra il campo della borghesia imperialista costituito da
quelli che godono di tutti i vantaggi senza lavorare o che, se
lavorano, non lo fanno per vivere, ma per aumentare la loro
ricchezza. Il corso delle cose porta alla divisione di questo campo:
da una parte la formazione di nuovi ricchi legati al capitale
finanziario, a nuove tecnologie, alla speculazione e a professioni
privilegiate (essi si sommano alle vecchie famiglie della grande
borghesia), dall’altra alla riduzione degli affari per quelli di
loro che sono legati alla produzione industriale e agricola, al mondo
del commercio e dei servizi investiti dalla crisi.
La
divaricazione tra i due campi si allarga e cambiano i numeri e le
condizioni economiche e sociali all’interno di ognuno dei due
campi:
-
per il campo delle masse popolari aumenta la precarietà,
peggiorano le condizioni economiche, diminuiscono i diritti di molti
di quelli che lavorano (eliminazione delle conquiste e aumento delle
vecchie e nuove forme di sfruttamento), aumenta il numero di
disoccupati, di precari e di pensionati e lavoratori poveri, gran
parte delle masse popolari non proletarie (in particolare dei
lavoratori autonomi: piccoli commercianti, artigiani e liberi
professionisti) si proletarizzano;
-
nel campo della borghesia imperialista emerge sempre più la
suddivisione tra da una parte ricchi e super ricchi e dall’altra
parte quelli che restano fermi o il cui capitale e potere politico si
riducono.
Un
fattore sempre più importante per la lotta tra i due campi e in
generale per la lotta di classe, in particolare nei paesi
imperialisti, è dato dalla devastazione e dall’inquinamento della
terra, del mare e dell’atmosfera e dalla crisi climatica che ne
deriva. Esse, come la guerra, sono un prodotto della sovrapproduzione
assoluta di capitale. Il movimento comunista cosciente e organizzato
deve far leva su questo fattore che agisce in entrambi i due campi,
giovandosi anche dell’approccio ad esso anticipato da F. Engels
(vedasi La questione delle abitazioni). Dobbiamo far leva sul
fatto che essi sono inscindibili dalla crisi del capitalismo,
combattere quanti contrastano questa verità e far leva su quanti
sviluppano una comprensione più avanzata e diffusa di essa.
Qual
è la consistenza dei due campi e quali i rapporti all’interno di
ognuno di essi?
Classe
Numero
Totale
Grande
borghesia imperialista e loro familiari [1]
1.000.000
Altri
membri della borghesia imperialista e loro
familiari
[1]
4.000.000
Campo
della borghesia imperialista (BI)
5.000.000
Campo
delle masse popolari (MP)
Lavoratori
Pensionati
[*]
Disoccupati
Classe
Operaia (CO) [2]
16.000.000
5.000.000
ex
lavoratori
dipendenti
(CO)
2.000.000
Disoccupati
ufficiali
23.000.000
Proletari
non operai (PNO) [3]
5.500.000
2.000.000
ex
lavoratori pubblici (PNO)
4.000.000
In
cerca di lavoro
11.500.000
Totale
proletari
(non hanno di che vivere se non
vendono
la loro forza lavoro):
21.500.000
7.000.000
6.000.000
34.500.000
Classi
popolari non proletarie (per vivere devono vendere la loro forza
lavoro) (CPNP) [4]
3.500.000
2.800.000
ex
lavoratori
autonomi
(CPNP)
6.300.000
Classi
popolari non proletarie (piccoli proprietari, persone che vivono
di piccole rendite) (CPNP)
[5]
2.000.000
4.300.000
Pensioni
per
invalidità
e sociali
6.300.000
Totale
campo delle masse popolari (MP)
27.000.000
14.100.000
6.000.000
47.100.000
Familiari
in età non lavorativa (0-14 anni)
(Totale
della popolazione di questa di età meno circa il 10% che
appartiene al campo della BI)
6.300.000
TOTALE
campo delle masse popolari + familiari (0-14 anni)
53.400.000
TOTALE
popolazione
58.400.000
[*]
La gran parte dei pensionati appartiene al campo delle masse
popolari, tranne una quota (circa il 10% ex lavoratori dipendenti) e
20% (ex lavoratori indipendenti) che per livello di reddito e
patrimonio appartiene al campo della borghesia. Appartengono
sicuramente al campo delle masse popolari tutti i pensionati per
invalidità civile o sociale.
GLOSSARIO
[1] In un paese imperialista come il nostro fanno parte del campo della borghesia imperialista (BI): imprenditori, dirigenti d’azienda, finanzieri, redditieri (gente che vive di rendite), alti funzionari, alti prelati, grandi professionisti e artisti, ufficiali di livello superiore, ecc. Costituiscono un po’ meno del 10% della popolazione (circa 5 milioni di persone, compresi i familiari).
Il campo della BI a sua volta si divide in due:
a) la grande BI, che comprende individui che svolgono attività da cui ricavano un reddito netto annuo superiore a 100 mila € e sono titolari di patrimoni (beni immobili e mobili) superiori a 5 milioni €; a questa categoria riteniamo che appartenga il 20% della BI;
b) altri membri della BI, che comprende individui che svolgono attività da cui ricavano un reddito netto annuo superiore a 100 mila € e sono titolari di patrimoni (beni immobili e mobili) inferiori a 5 milioni €; a questa categoria riteniamo che appartenga l’80% della BI.
[2] È costituita dai lavoratori assunti dai capitalisti per valorizzare il loro capitale producendo merci (beni o servizi). Si tratta della gran parte dei 18,1 milioni di lavoratori occupati come dipendenti (vedi punto 3.1), meno circa 2 milioni che ipotizziamo siano dipendenti di cooperative, aziende familiari e simili (che appartengono alla classe dei proletari non operai).
[3] È costituita dai lavoratori assunti da aziende non capitaliste: dipendenti (esclusi i dirigenti) della Amministrazione Pubblica centrale e locale e degli enti parastatali (vedi punto 3.3), lavoratori impiegati in aziende non capitaliste (aziende familiari, artigiane e altre aziende che i proprietari creano e gestiscono non per valorizzare un capitale, ma per ricavare un reddito), lavoratori addetti ai servizi personali (camerieri, autisti, giardinieri, ecc.).
[4] Lavoratori autonomi che sono proprietari dei mezzi del proprio lavoro (artigiani, contadini, commercianti, trasportatori, ecc.), piccoli liberi professionisti, soci di cooperative di produzione e affini, artisti, ecc. Appartengono a questa categoria la gran parte dei circa 5 milioni di lavoratori classificati come indipendenti (vedi punto 3.4): sono lavoratori autonomi che ordinariamente non impiegano lavoro altrui, proprietari di aziende individuali o familiari il cui reddito proviene in parte rilevante dal proprio lavoro e solo in misura minore dallo sfruttamento di lavoro altrui.
[5] Sono risparmiatori e piccoli proprietari che vivono di piccole rendite (con redditi non da lavoro inferiori a 50 mila euro netti annui), persone che “sbarcano il lunario in qualche modo” (sottoproletari, extralegali poveri, prostitute, ecc.). Appartengono a questa categoria una parte dei 7,7 milioni degli inattivi che dichiarano di non voler lavorare (vedi punto 2.1 b).
4.2 Classi e loro atteggiamento verso la rivoluzione socialista e il Governo di Blocco Popolare
Questa parte dell’articolo indica il lavoro politico che i comunisti del nostro paese (e riteniamo che quasi tutti, se non tutti gli altri paesi imperialisti sono in una situazione analoga) devono in gran parte ancora fare. Proprio per questo diamo ai lettori di La Voce alcune idee e invitiamo tutti a riflettere, discutere, alimentare un dibattito franco e aperto, sperimentare. Il mondo cambia, la rivoluzione socialista e di nuova democrazia avanza in gran parte del mondo, gli effetti della permanenza della borghesia imperialista al potere diventano sempre più catastrofici.
a) Borghesia imperialista
Come detto sopra la crisi generale e la crisi del sistema di potere della borghesia imperialista (BI) ha determinato una divaricazione anche in questo campo tra una parte di ricchi e super ricchi e l’altra parte che rimane ferma o vede diminuire i suoi affari e il suo capitale.
Questo è il campo di coloro che sono nemici della rivoluzione socialista per condizioni oggettive e per i propri interessi personali. Essi godono dei privilegi che l’attuale ordinamento sociale riserva alle classi dominanti. Salvo eccezioni (la crisi generale e la guerra hanno le loro ripercussioni anche in questo campo), è per loro spontaneo concepire l’attuale ordinamento sociale come il migliore dei mondi possibili. Ovviamente si possono avere casi di individui che “tradiscono” la propria classe e passano dalla parte delle masse popolari e settori che spingono per sistemi di governo diversi da quelli delle Larghe Intese (senza il ruolo assunto dal Vaticano, dagli imperialisti USA, dalla criminalità organizzata, ecc. dopo la Seconda guerra mondiale).
Atteggiamento verso il GBP
La grande borghesia è estremamente controrivoluzionaria, contraria a ogni cambiamento dell’attuale regime economico e politico e quindi del sistema di potere della Repubblica Pontificia (dei cui vertici è parte integrante).
Poi c’è la parte della borghesia che risente e subisce in diversi modi lo strapotere e le vessazioni del capitale finanziario e speculativo, le imposizioni della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti ed europei. Questa parte si divide in due campi: l’ala destra che è reazionaria (promotrice e sostenitrice della mobilitazione reazionaria) e l’ala sinistra che può in qualche modo non opporsi alla creazione di un governo di emergenza alternativo a quello delle Larghe Intese (vedi sostegno di parte della borghesia a movimenti come la Lega e M5S di Grillo), che può ingoiare il GBP anche solo come soluzione provvisoria.
b) Masse popolari
Le masse popolari comprendono l’intera popolazione meno quelli che appartengono al campo della borghesia imperialista. Le masse popolari sono quella parte della popolazione che per vivere deve lavorare, che quindi vive, almeno in parte, grazie al proprio lavoro e non può vivere solo grazie allo sfruttamento del lavoro altrui. Le masse popolari sono il campo più vasto a cui la classe operaia può aspirare a estendere la sua direzione man mano che la crisi generale e la Terza guerra mondiale procedono, benché questo campo comprenda anche classi attualmente nemiche della classe operaia. La classe operaia è una parte delle masse popolari. Comprendendo anche i pensionati, gli invalidi e i familiari, complessivamente in Italia le masse popolari ammontano a circa 53,4 milioni di persone.
Atteggiamento verso il GBP
È il campo in cui nel corso degli ultimi anni è cresciuto il distacco dal sistema delle Larghe Intese (sistema di potere dei vertici della RP) con l’aumento dell’astensione dalle elezioni, il sostegno elettorale a partiti alternativi (o che si presentano come tali) alle Larghe Intese, lo sviluppo del movimento di resistenza di vari settori, ecc. È il campo di quelli che hanno tutto l’interesse a che nel nostro paese si costituisca un governo di emergenza popolare (un governo veramente democratico, cioè animato dalla volontà di attuare i principi della Costituzione in campo economico e sociale).
a. Proletariato
a1. Classe operaia
Tra gli operai esistono divisioni oggettive politicamente importanti, come lavoratore semplice e lavoratore qualificato, contratto a tempo indeterminato o determinato, operaio e impiegato, operai di città e operai di località di campagna; divisioni determinate dalla disponibilità di redditi non da lavoro, dalle dimensioni dell’azienda, dal settore cui l’azienda appartiene, dal sesso, dalla nazionalità, ecc. Da sottolineare che non sono operai quei dipendenti di aziende capitaliste il cui lavoro è, almeno per una parte rilevante, lavoro di direzione, organizzazione, progettazione e controllo del lavoro altrui per conto del capitalista (per dare un indice approssimativo, ma semplice, possiamo ritenere che appartengano a questa categoria tutti i dipendenti che ricevono un salario o stipendio annuo netto superiore a 70 mila euro).
Questa è la classe operaia che dirigerà la rivoluzione socialista. Il partito comunista è il suo partito.
Atteggiamento verso il GBP
È la classe che stante la sconfitta subita nel secolo scorso ha perso la coscienza e la fiducia nella sua forza e nella possibilità che invece ha di diventare la classe dirigente del paese. Nel corso degli ultimi anni si è però sempre più distaccata dai partiti delle Larghe Intese e dalle organizzazioni sindacali di regime e ha sviluppato varie forme di resistenza al procedere della crisi. È la colonna portante per la creazione del sistema delle organizzazioni operaie e popolari che imporranno il GBP. Anche i promotori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari contano su di essa e vi trovano adesioni tanto più ampie quanto più il movimento comunista cosciente e organizzato (e le sue organizzazioni di massa, in particolare quelle sindacali) è debole 1. nel suo intervento per contrastare le operazioni della borghesia tese a creare divisioni nelle masse e a fomentare diversione dalla lotta di classe (droga, sesso, manipolazione delle menti e dei cuori, delle idee e dei sentimenti) e 2. nel promuovere la mobilitazione rivoluzionaria delle masse.
a2. Altre classi proletarie
Gli appartenenti alle classi sotto indicate sono gli alleati più vicini e più stretti della classe operaia. Molti lavoratori nel corso della loro vita passano da una di queste classi alla classe operaia e viceversa. Ciò rafforza ulteriormente i legami di queste classi con la classe operaia (e porta nella classe operaia pregi e difetti di queste classi).
Atteggiamento verso il GBP
Sono classi che vedono peggiorare continuamente le proprie condizioni di vita e di lavoro. Anche i lavoratori di queste classi si sono via via sempre più distaccati dai partiti delle Larghe Intese e dai sindacati di regime e oppongono varie forme di resistenza allo smantellamento dei servizi pubblici, alle misure del governo, alla gestione della sanità e della scuola pubbliche; sono alla ricerca di un cambiamento di governo del paese e hanno tutto l’interesse a che si formi un governo di emergenza popolare, anche se non hanno fiducia che è possibile costituirlo. La parte di sinistra è l’alleata naturale della classe operaia nella lotta per costruire il sistema delle organizzazioni operaie e popolari per il GBP. I promotori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari contano molto anche su queste classi e vi trovano adesioni.
b. Classi popolari non proletarie
La crisi generale pone e sempre più porrà queste classi nell’alternativa: accettare la direzione della classe operaia o confluire nella mobilitazione reazionaria? Sono classi diverse tra loro ed eterogenee al loro interno, con legami con il proletariato e legami con la borghesia imperialista. Vi si distinguono due grandi gruppi.
Uno è formato dai lavoratori (sempre meno) autonomi che sono proprietari dei mezzi del proprio lavoro (artigiani, contadini, bottegai, trasportatori, ecc.) sempre più vessati dal sistema di potere (capitale finanziario) e di governo (tassazione, carovita).
L’altro è formato da lavoratori formalmente dipendenti ma con alte qualifiche che forniscono prestazioni nelle quali non sono facilmente rimpiazzabili. Essi hanno più la caratteristica di venditori di servizi che di proletari.
Quale sarà il loro atteggiamento pratico nello scontro futuro, sarà deciso principalmente dalla lotta politica tra classe operaia e borghesia imperialista. Sono classi che tendono a seguire il più forte. Di sicuro per ora c’è che nel futuro non potranno continuare a vivere come nel passato.
Atteggiamento verso il GBP
Sono classi che hanno subito grandi cambiamenti per l’aggravarsi della crisi generale del capitalismo negli ultimi anni (in particolare a causa della crisi del 2008, della pandemia da Covid-19 e della guerra in Ucraina: aumento costi di materie prime ed energia, calo degli affari, aumento delle tasse) e diversi settori si sono via via sempre più distaccati dai partiti delle Larghe Intese e sono alla ricerca di un cambiamento di governo del paese. Nel corso degli ultimi anni hanno sviluppato varie forme di resistenza al procedere della crisi (agricoltori, trasportatori, ecc.). La gran parte di esse hanno tutto l’interesse a che nel nostro paese si formi un governo di emergenza popolare: la parte di sinistra è alleata della classe operaia nella lotta per costruire il sistema delle organizzazioni operaie e popolari per il GBP. I promotori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari contano molto su queste classi e vi trovano larghe adesioni.
Sergio F. e Piero G.