La Voce 78 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXVI - novembre 2024

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Analisi di classe della società italiana

Aggiornamento dell’analisi di classe contenuta nel Manifesto Programma del (n)PCI

1. Premessa

Il partito comunista è il partito con cui la classe operaia dirige se stessa e il resto delle classi che compongono il campo rivoluzionario contrapposto al campo reazionario diretto dalla borghesia imperialista. La comprensione della divisione della nostra società in classi e dei rapporti tra di esse è indispensabile per guidare fino alla vittoria la lotta della classe operaia per conquistare il potere e instaurare il socialismo. Fare l’analisi di classe è un aspetto essenziale del nostro compito per far prevalere la direzione della classe operaia nella resistenza che, anche spontaneamente e senza essere ancora organizzativamente unite (cioè senza direzione del partito), le masse popolari oppongono al procedere della crisi generale del capitalismo.(1)


1. Questa premessa riporta e arricchisce l’articolo Studiare e verificare nella pratica della lotta la composizione di classe del nostro paese di La Voce n. 77, luglio 2024 (pag. 67-70). Per la linea del GBP rimandiamo il lettore all’Avviso ai naviganti 7 - 16.03.2012.


L’analisi della posizione economica di ogni classe della società italiana, delle caratteristiche di ognuna di esse, della sua consistenza numerica e del suo atteggiamento nei confronti della rivoluzione è stata una componente del lavoro con cui a partire dal 1985 abbiamo creato le condizioni per la ricostruzione del partito comunista che, una volta riunite in misura sufficiente, ha portato nel 2004 alla fondazione del (n)PCI. L’analisi di classe della società italiana illustrata nel cap. 2.2 del Manifesto Programma pubblicato nel 2008 (pagg. 166-171), abbiamo dichiarato apertamente che è “approssimativa non solo nelle cifre, ma anche nelle categorie”. Nel tracciare l’analisi di classe abbiamo infatti dovuto partire praticamente da zero: nonostante il proposito espresso da Gramsci nel 1923, il primo PCI non ne ha mai fatto uno studio esauriente (e questo è uno dei limiti che all’interno del primo PCI hanno lasciato vita facile alla destra) e i revisionisti moderni che sono prevalsi definitivamente negli anni ’50 avevano tutto l’interesse a confondere le acque. Siamo quindi partiti dall’abc del marxismo. Protagonisti principali della trasformazione della società, attori delle lotte che ne determinano la trasformazione, sono le classi in cui gli uomini sono divisi. La divisione in classi non deriva dal contenuto del lavoro svolto (dall’attività economica - il mestiere - che svolgono, da quali beni e servizi producono: lavoro agricolo, lavoro industriale, ecc.), ma dai rapporti di produzione nell’ambito dei quali il lavoro viene compiuto, quindi dalla collocazione rispetto alla proprietà dei mezzi e delle condizioni della produzione, dal ruolo svolto nel processo lavorativo (lavoro manuale e lavoro intellettuale, lavoro esecutivo e lavoro di direzione, ecc.), dalla partecipazione alla distribuzione (ripartizione) del prodotto.

Sull’analisi di classe che abbiamo tracciato si è basato anche il nostro piano d’azione, la linea del Governo di Blocco Popolare (GBP) che abbiamo adottato dal 2008 quando la seconda delle crisi generali del capitalismo generate dalla sovrapproduzione assoluta di capitale è entrata nella sua fase acuta e terminale e le linee specifiche in cui l’abbiamo via via articolata.


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La popolazione residente in Italia e gli italiani residenti all’estero

L’epoca imperialista è l’epoca della rivoluzione socialista. In ogni paese compito dei comunisti è promuovere la rivoluzione socialista o la rivoluzione di nuova democrazia nel proprio paese, in lotta con il sistema imperialista mondiale e i suoi esponenti e portavoce locali, in collaborazione con i comunisti degli altri paesi. Le tabelle che seguono indicano il numero di uomini e donne di cui i comunisti italiani devono direttamente occuparsi. I dati che seguono sono ricavati da ISTAT e altri istituti.


1. Popolazione residente in Italia per classi d’età: variazioni negli ultimi vent’anni (2023- 2003)


2023

2003

Popolazione residente totale

58.450.000

57.320.000

Popolazione attiva (15-64 anni)

37.900.000

38.270.000

Anziani (65 o più anni)

13.300.000

10.900.000

Bambini e ragazzi (0-14 anni)

7.250.000

8.150.000


La sintesi di questi dati è che negli ultimi vent’anni in Italia c’è stato un aumento del 2% della popolazione residente, un calo della popolazione attiva dell'1% e del numero di bambini e ragazzi dell'11%, mentre è aumentato del 22% il numero degli anziani.

La popolazione residente è diminuita di 1,3 milioni (da 60.782.000 nel 2014 a 58.450.000 nel 2023).


2. Divisione della popolazione residente per sesso nel 2023

- maschi sono il 48,8% (28.520.000)

- femmine sono il 51,2 % (29.930.000)


3. Stranieri residenti in Italia: variazione negli ultimi vent’anni (2023-2003)


2023

2003

Stranieri residenti totale

5.140.000

1.464.000

Popolazione attiva (15-64 anni)

3.966.000


Anziani (65 o più anni)

291.000


Bambini e ragazzi (0-14 anni)

883.000



Gli stranieri residenti in Italia sono attualmente 3.51 volte quelli che erano vent’anni fa.

Nel 2023 la popolazione attiva straniera è il 77% degli stranieri residenti, il numero di bambini e ragazzi il 17% e il numero degli anziani il 6%.

Per quanto riguarda la provenienza degli stranieri: il 47% proviene da paesi europei, il 23% dall’Asia, il 22% dall’Africa, il 7 % dall’America Latina e l’1% da altri paesi.

Negli ultimi 10 anni gli stranieri (individui senza nazionalità italiana) residenti sono aumentati di 218 mila (da 4.990.000 nel 2014 a 5.140.000 nel 2023).

Agli stranieri residenti registrati vanno aggiunti 500-700.000 che non sono registrati (clandestini): così si arriva a quasi 6 milioni di stranieri presenti in Italia.


4. Italiani residenti all’estero (iscritti all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero-AIRE): variazioni negli ultimi vent’anni (2022-2003)

Gli italiani residenti all’estero negli ultimi vent’anni sono aumenti di quasi il 200% e rappresentano il 9,2% dell'intera popolazione italiana.



2022

2003

Italiani residenti all’estero totale

5.933.000

3.045.000

Nei paesi europei

3.247.000


In America

2.376.000


In Oceania

164.000


In Asia

76.000


In Africa

70.000



Per quanto riguarda le fasce di età: il 18% ha meno di 20 anni, il 28% ha da 21 a 40 anni, il 28,5% ha da 41 a 60 anni e il 25% ha oltre 60 anni.


Conclusioni

Secondo l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), a maggio 2023 erano 65.690.000 le persone registrate nell’anagrafica nazionale, di cui 6.026.000 residenti all'estero (AIRE), aumentati in meno di un anno di circa 92.000: come risultato del governo del “prima gli italiani e della famiglia” non c’è male!

La popolazione residente in Italia è in progressiva riduzione per il costante calo demografico e per l’aumento dei cittadini italiani che emigrano all’estero per studio, lavoro o per viverci (vedi il caso di pensionati che vanno a vivere in altri paesi). Questi due fattori sono in parte compensati dall’aumento dei cittadini immigrati. Senza gli immigrati i residenti in Italia nel 2023 sarebbero stati solo 53.310.000.

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Quello che presentiamo è l’aggiornamento dell’analisi di classe del Manifesto Programma (MP), con maggiori dettagli e con categorie e cifre che tengono conto di dati recenti e dei cambiamenti avvenuti dopo la sua pubblicazione nel 2008 (il MP faceva riferimento a categorie e cifre che risalivano alla fine degli anni ’90).

I principali cambiamenti degli ultimi vent’anni nella struttura economica del nostro paese (sostanzialmente affini a quelli avvenuti negli altri paesi imperialisti) e nel sistema di potere della borghesia imperialista, con il conseguente sconvolgimento delle sue relazioni e istituzioni, sono principalmente frutto dell’entrata nel 2008 della seconda crisi generale del capitalismo nella sua fase acuta e terminale e degli effetti da essa determinati in campo economico che si riverberano sul terreno politico, culturale e ambientale (al punto da mettere oramai a rischio la sopravvivenza stessa dell’umanità se la rivoluzione socialista non prevalesse nel mondo sulla direzione della borghesia imperialista).

I principali cambiamenti sono i 12 indicati qui di seguito.

1. La finanziarizzazione dell’economia e lo sviluppo della speculazione finanziaria, al punto che oggi il capitale impiegato direttamente nella produzione di merci (beni e servizi) è meno del 10% di quello che i capitalisti cercano di valorizzare (esso nel 2013 era stimato a 75.000 miliardi di dollari USA su un capitale complessivo di 1.068.000 miliardi).

2. La ristrutturazione, lo smantellamento e la delocalizzazione di interi settori produttivi di merci (nel nostro paese sono esemplari il settore degli autoveicoli e della siderurgia).

3. Le esternalizzazioni che hanno trasformato singole operazioni del processo produttivo (ad es. la ricerca, la pulizia dei locali, il trasporto, ecc.) in servizi prodotti, comperati e venduti come merci e i prodotti parziali dei precedenti processi produttivi in merci a se stanti.

4. La trasformazione in merci prodotte da lavoratori salariati, quindi da operai, di attività che ancora non lo erano (in particolare i servizi alla persona) e la privatizzazione di servizi scolastici, sanitari e socio-assistenziali e di altri servizi pubblici (manutenzione di impianti e reti, manutenzione del verde, di strade, ecc.) con il sistema di appalti e subappalti a cooperative vere, a finte cooperative, a finte partite IVA, aziende interinali, professionisti a gettone, ecc.

5. L’elevazione della produttività del lavoro e gli sviluppi tecnologici e scientifici (industria 4.0 e intelligenza artificiale).

6. La trasformazione delle fabbriche da comunità (gruppi di lavoratori che producevano dati beni, comunità di operai che lavoravano insieme e vivevano nelle vicinanze, per cui si trovavano al bar, nella sezione del PCI, nella cooperativa, ecc.: gli operai si vedevano e si associavano in fabbrica e fuori) a “supermercato” (struttura in cui ogni singolo lavoratore viene ammesso, quando e finché il padrone ne ha bisogno, a vendere la sua forza-lavoro che il padrone gli remunera con contratto aziendale o addirittura individuale) e lo sviluppo delle piattaforme digitali e mobili (spersonalizzazione della direzione delle aziende e individualizzazione del rapporto di lavoro).

7. La globalizzazione (mondializzazione) della produzione e del commercio con l’eliminazione o la forte riduzione delle frontiere industriali, commerciali, finanziarie e monetarie tra la gran parte dei paesi ancora sottomessi in vari modi e in gradi diversi alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti ed europei e dei gruppi di altri paesi ad essa annessi (giapponesi, canadesi, australiani e altri) e con le scorribande dei gruppi multinazionali che prendono conoscenze (know-how), avviamento industriale, struttura di ricerca e poi delocalizzano in paesi dove possono avvalersi di lavoratori con meno diritti e di leggi di protezione dell’ambiente e della sicurezza più permissive o dove realizzano altri obiettivi economici o politici. Alla globalizzazione partecipano in varia misura e in vari modi anche i paesi socialisti, in particolare la Repubblica Popolare Cinese (RPC).

8. Il commercio al dettaglio globale on-line di merci (beni e servizi) attraverso piattaforme digitali (Amazon, Ebay, ecc.), i servizi dei giganti di internet (Google, Instagram, X, Telegram), il mercato finanziario virtuale (trading online, criptovalute tipo Bitcoin), per compravendita di prodotti finanziari reali e virtuali, scommesse on-line, ecc.

9. L’eliminazione di una parte importante delle conquiste che le masse popolari dei paesi imperialisti avevano strappato alla borghesia quando il movimento comunista era forte in Italia e nel mondo: precarietà, sistema degli appalti e dei subappalti, molteplicità dei contratti, interinali, a tempo indeterminato e a tempo determinato, lavoratori subordinati e parasubordinati.

10. L’immigrazione di massa nei paesi imperialisti dai paesi oppressi e dai paesi ex socialisti, il declino demografico dei paesi imperialisti e l’invecchiamento della loro popolazione.

11. L’avanzamento, incontenibile stante la permanenza del sistema capitalista, dell’inquinamento e devastazione di terra, cielo e mare e della crisi climatica.

12. Lo sviluppo della guerra interna (guerra di sterminio delle masse popolari) e della guerra esterna (Terza guerra mondiale a pezzi).


All’aggiornamento dell’analisi di classe sono collegati altri due aspetti del nostro lavoro.

1. Conoscere la struttura produttiva del paese. Noi comunisti dei paesi imperialisti siamo i promotori e dirigenti della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata con cui i lavoratori e il resto delle masse popolari scalzeranno dal potere la borghesia imperialista, prenderanno in mano il governo del paese e inizieranno a riorganizzare le forze produttive esistenti al servizio delle masse popolari e della tutela dell’ambiente. Abbiamo bisogno di conoscere abbastanza a fondo la struttura produttiva del nostro paese (cosa si produce, cosa si importa e cosa si esporta, come è strutturato ogni settore produttivo - produzione di prodotti finiti e di componenti - e quanti sono i lavoratori impiegati), per dare indicazioni più concrete e di dettaglio alle organizzazioni operaie e popolari delle aziende capitaliste e pubbliche mobilitate contro lo smantellamento dell’apparato produttivo e la privatizzazione di quanto resta dei servizi e delle aziende pubbliche che il governo Meloni sta accelerando e per indirizzare le attività del Governo di Blocco Popolare una volta che le organizzazioni operaie e popolari lo avranno costituito. Questa lotta coinvolge già direttamente numerosi lavoratori avanzati ed esponenti della sinistra sindacale, alcuni dei quali hanno una conoscenza di dettaglio dei settori dell’attività economica del paese.

2. Promuovere l’unità d’azione nella mobilitazione delle masse popolari e sviluppare la lotta ideologica tra partiti, organismi, gruppi e individui che compongono il movimento comunista cosciente e organizzato per come è oggi. Fare l’analisi di classe (ricostruire gli anelli della catena che corre dalle classi ai concreti schieramenti politici e culturali) mal si adatta alla pigrizia sia dei dogmatici ripetitori di formule “marxiste” (opportunisti di sinistra) sia dei succubi della cultura borghese (opportunisti di destra) perché richiede ricerca concreta e verifica sperimentale.

Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao ci hanno insegnato che occorre partire dalla realtà oggettiva e trarne le leggi che la regolano, leggi con cui ci dovremo guidare nell’azione. I “fatti” sono tutte le cose che esistono oggettivamente, la “verità” consiste nei loro rapporti interni, ossia nelle leggi che regolano la loro trasformazione e “ricercare” significa studiare, ricostruire nella mente le relazioni riscontrate, verificare la corrispondenza tra ricostruzione mentale e realtà oggettiva.

Per stendere questo articolo abbiamo analizzato, ordinato e dato un senso ai fini della conoscenza del nostro paese (popolazione, attività economica, classi sociali) e della lotta di classe alle informazioni fornite dall’ISTAT e da altri istituti (camere di commercio, associazioni di categoria, ecc.) interpretate alla luce del materialismo dialettico, cioè inquadrandole nei processi e nei contesti sociali a cui appartengono. Questa ricerca ha lo scopo di fornire elementi utili per avanzare nella lotta che conduciamo per la costituzione del GBP e l’instaurazione del socialismo. Bisogna conoscere i nostri alleati di classe e i nostri nemici: conoscere per capire e capire per trasformare il mondo.

Per quanto riguarda la situazione della popolazione e i cambiamenti intervenuti negli ultimi vent’anni in Italia rimandiamo anche alla manchette La popolazione residente in Italia e gli italiani residenti all’estero.


2. Popolazione attiva, forza lavoro e popolazione inattiva in Italia

(Se non indicato diversamente, i dati ISTAT e di altre fonti sono aggiornati al 2023 e le cifre sono arrotondate. Differenze relativamente modeste compaiono tra le tabelle, dovute a differenze nel modo di lavorare delle fonti)


Su una popolazione residente (di nazionalità italiana o estera) di 58,4 milioni, 37,9 milioni sono gli individui in età lavorativa (da 15 a 64 anni), il 64,9% della popolazione e 20,5 milioni quelli in età non lavorativa, il 35,1% della popolazione: oltre i 64 anni (pensionati - 13,3 milioni, il 22,8% della popolazione) o tra 0-14 anni (bambini e ragazzi - 7,2 milioni, il 12,3% della popolazione).


2.1 Forza lavoro

a) Popolazione attiva (forza lavoro). Dei 37,9 milioni di individui in età lavorativa, gli occupati sono 23,8 milioni (il 40,8% della popolazione, il 62,8% degli individui in età lavorativa). Di questi i lavoratori dipendenti sono 18,8 milioni (il 32,2% della popolazione, il 49,6% degli individui in età lavorativa) e 5 milioni i lavoratori indipendenti (l’8,6% della popolazione, il 13,2% degli individui in età lavorativa). I disoccupati ufficiali (persone in cerca di occupazione) sono 1,9 milioni (il 3,3% della popolazione, il 5,0% degli individui in età lavorativa). Gli inattivi in età lavorativa (15-64 anni) sono 12,1 milioni (il 20,7% della popolazione, il 31,9% degli individui in età lavorativa). Un terzo della popolazione non lavora (o meglio risulta non svolgere alcune attività): in questa categoria rientrano in larga misura individui che svolgono lavori “in nero” e disoccupati effettivi.


b) Popolazione inattiva in età lavorativa

Le persone inattive in età lavorativa sono 12,1 milioni (il 20,7% della popolazione). Di questi:

- circa 7,7 milioni (il 63,6% degli inattivi) dichiarano di non essere disponibili a lavorare, di essi: 3,7 milioni (il 30,6%) non cercano un’occupazione per motivi familiari (assistenza anziani, cura dei figli) o per altro motivo e circa 4 milioni (il 33%) non cercano un’occupazione per motivi di studio (studenti scuole superiori e universitari) o per altro motivo;

- circa 4,4 milioni (il 36,4% degli inattivi) dichiarano di voler lavorare, di essi: 1,4 milioni (il 31%) dichiarano di essersi rassegnati a non cercare un posto di lavoro perché scoraggiati e 3 milioni circa (il 68,2%) dichiarano di non cercare lavoro ma di essere disponibili a lavorare da subito.

Il tasso di inattività (rapporto delle persone inattive sulla popolazione attiva di 37,9 milioni) nel nostro paese è del 32% (circa un terzo della forza lavoro).


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GLOSSARIO

Fonte: http://www.istat.it/it/files/2015/10/ASI2015_Glossario.pdf

Per usare con profitto i dati ISTAT (delle rilevazioni a campione, dei censimenti e altri) bisogna usare il relativo glossario.

1. Occupati

Nella rilevazione sulle forze di lavoro sono classificati come occupati gli individui di 15 anni e oltre che nella settimana di riferimento per l’intervista:

- hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che prevede un corrispettivo monetario o in natura;

- hanno svolto almeno un’ora di lavoro non retribuito nella ditta di un familiare nella quale collaborano abitualmente;

- sono assenti dal lavoro (ad esempio per ferie, malattia o cassa integrazione): i dipendenti assenti dal lavoro sono considerati occupati se l’assenza non supera i tre mesi, oppure se durante l’assenza continuano a percepire almeno il 50 % della retribuzione.

2. Tasso di occupazione

Rapporto tra gli occupati e la corrispondente popolazione di riferimento: ad es. tasso di occupazione sulla popolazione compresa tra 15 e 64 anni. Ovviamente l’ISTAT registra solo occupazioni ufficiali, regolamentate e legali.

3. Disoccupati (o Persone in cerca di occupazione)

Nella rilevazione sulle forze di lavoro sono classificati come disoccupati gli individui non occupati tra 15 e 64 anni che: nelle quattro settimane che precedono la settimana di riferimento (per l’intervista) hanno effettuato almeno un’azione attiva di ricerca di lavoro e sono disponibili a lavorare (o ad avviare una attività autonoma) entro le due settimane successive all’intervista; oppure inizieranno un lavoro entro tre mesi dalla data dell’intervista e sono disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività autonoma) entro le due settimane successive all’intervista, qualora fosse possibile anticipare l’inizio del lavoro.

4. Tasso di disoccupazione

Rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le corrispondenti forze di lavoro o attivi (occupati + disoccupati).

5. Inattivi (o Non forze di lavoro)

Comprendono le persone che non fanno parte delle forze di lavoro, ovvero quelle non classificate come occupate o in cerca di occupazione.

6. Impresa

Nei censimenti è indicata come impresa l’unità giuridico-economica che produce beni e servizi destinabili alla vendita e che, in base alle leggi vigenti o a proprie norme statutarie, ha facoltà di distribuire i profitti realizzati ai proprietari, siano essi privati o pubblici. Tra le imprese sono comprese, anche se costituite in forma artigiana: le imprese individuali, le società di persone, le società di capitali, le società cooperative (ad esclusione delle cooperative sociali che ufficialmente non distribuiscono profitti), i consorzi di diritto privato, gli enti pubblici economici, le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi. Sono considerate imprese anche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti.

7. Dimensione media imprese

Rapporto tra numero di addetti alle imprese e numero di imprese attive, dove per addetti si intendono le persone occupate in media nell’anno nell’unità produttiva, sia dipendenti che indipendenti, compreso il/i titolare/i.

8. Amministrazione Pubblica

Il settore che raggruppa le unità istituzionali le cui funzioni principali consistono nel produrre per la collettività servizi non destinabili alla vendita e nell’operare una redistribuzione del reddito e della ricchezza del Paese. Le principali risorse sono costituite da versamenti obbligatori effettuati direttamente o indirettamente da unità appartenenti ad altri settori.

Il settore dell'amministrazione pubblica è suddiviso in tre sotto-settori:

- amministrazioni centrali, che comprendono l’amministrazione dello Stato in senso stretto (i ministeri) e gli organi costituzionali; gli enti centrali con competenza su tutto il territorio del paese (Anas, Cri, Coni, Cnr, Istat, ecc.);

- amministrazioni locali, che comprendono gli enti pubblici la cui competenza è limitata a una sola parte del territorio. Sono compresi: le Regioni, le Province, i Comuni, gli ospedali pubblici e altri enti locali economici, culturali, di assistenza, le camere di commercio, le università, gli Enti pubblici territoriali, ecc.;

- enti di previdenza, che comprendono le unità istituzionali centrali e locali la cui attività principale consiste nell’erogare prestazioni sociali finanziate attraverso contributi generalmente a carattere obbligatorio (Inps, Inail, ecc.).

9. Addetti

Per le imprese sono costituiti dai lavoratori dipendenti e indipendenti. Per le istituzioni pubbliche e per le istituzioni non profit gli addetti sono costituiti dai soli lavoratori dipendenti.

10. Lavoratori dipendenti

Persone che svolgono la propria attività lavorativa in un’unità giuridico-economica e che sono iscritte nei libri paga dell’impresa o istituzione, anche se responsabili della sua gestione. Sono considerati lavoratori dipendenti:

- i dirigenti, i quadri, gli impiegati e gli operai, a tempo pieno o parziale

- gli apprendisti

- i lavoratori a domicilio iscritti nei libri paga

- i lavoratori stagionali

- i lavoratori con contratto di formazione e lavoro

- i lavoratori con contratto a termine

- i lavoratori in Cassa integrazione guadagni

- i soci di cooperativa iscritti nei libri paga.

Non sono considerati lavoratori dipendenti i titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa o a progetto. In alcune fonti viene utilizzata una definizione diversa, che non comprende, ad esempio, i dirigenti e gli apprendisti.

11. Lavoratori indipendenti

Persone che svolgono la propria attività lavorativa in un’unità giuridico-economica senza vincoli di subordinazione. Dal punto di vista dei costi delle imprese sono considerati lavoratori indipendenti:

- i titolari, soci e amministratori di impresa o istituzione, a condizione che effettivamente lavorino nell’impresa o istituzione, non siano iscritti nei libri paga, non siano remunerati su fattura (come invece le “partite IVA”), non abbiano un contratto di collaborazione coordinata e continuativa;

- i soci di cooperativa che effettivamente lavorano nell’impresa e non sono iscritti nei libri paga;

- i parenti o affini del titolare o dei titolari, che prestano lavoro senza il corrispettivo di una prefissata retribuzione contrattuale né il versamento di contributi.

12. Lavoratori esterni

Nelle imprese sono classificati come lavoratori esterni i lavoratori con contratto a progetto, i lavoratori con contratto occasionale di tipo accessorio (voucher), gli associati in partecipazione che risultano inscritti alla gestione separata Inps, i lavoratori autonomi dello sport e spettacolo per i quali l’impresa versa i contributi all’ex-Enpals, gli amministratori non soci e in generale persone con contratto di collaborazione anche continuativa ma senza vincolo di dipendenza, con compenso prestabilito e che non svolgono con propria partita IVA un’attività di impresa.

Nelle istituzioni pubbliche sono classificati come lavoratori esterni anche i lavoratori socialmente utili (Lsu) e i lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co).

Nelle istituzioni non profit sono classificati come lavoratori esterni i lavoratori a progetto (Co.co.pro.), i collaboratori con contratto occasionale di tipo accessorio (voucher) e i prestatori d’opera occasionali.

13. Lavoratori temporanei (ex interinali)

Lavoratori assunti da un’agenzia di somministrazione di lavoro regolarmente autorizzata (impresa fornitrice) che li pone a disposizione dell’unità giuridico-economica che ne utilizza la prestazione per esigenze temporanee.

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2.2 Lavoratori dipendenti e indipendenti

I lavoratori dipendenti sono 18,8 milioni, i lavoratori indipendenti 5 milioni; gli occupati complessivi 23,8 milioni.


a) Lavoratori dipendenti:

appartengono a questa categoria 18,8 milioni di individui così suddivisi:

- 13,2 milioni (22,6% della popolazione) lavoratori permanenti a tempo pieno;

- 2,6 milioni (4,5% della popolazione) lavoratori permanenti a tempo parziale;

- 2 milioni (3,4% della popolazione) lavoratori a termine a tempo pieno;

- 920 mila (1,6% della popolazione) lavoratori a termine a tempo parziale.


b) Lavoratori indipendenti:

appartengono a questa categoria 5 milioni di individui così suddivisi:

- 4,3 milioni (7,4% della popolazione) lavoratori a tempo pieno;

- 700 mila (1,2% della popolazione) lavoratori a tempo parziale.


c) Disoccupati ufficiali e altri disoccupati

- Disoccupati ufficiali (persone in cerca di occupazione): appartengono ufficialmente a questa categoria 1,9 milioni di individui così suddivisi: 1,5 milioni (2,6% della popolazione, il 78,9% dei disoccupati) con esperienze lavorative e 400 mila (0,7% della popolazione, il 21,1% dei disoccupati) senza esperienze lavorative.

- Altri disoccupati (individui classificati come inattivi - vedi punto 2.1 b), ma che vorrebbero lavorare): appartengono a questa categoria circa 4,4 milioni di persone (7,5% della popolazione).

La somma dei disoccupati ufficiali e dei disoccupati classificati come inattivi ma che vorrebbero lavorare corrisponde a 6,3 milioni, il 10,8% della popolazione: questo è il tasso di disoccupazione realistico esistente nel nostro paese.


2.3 Pensionati

Alla categoria dei pensionati appartengono 16,2 milioni di individui (il 27,7% della popolazione): di questi 11,9 milioni sono pensionati per vecchiaia e anzianità (ex lavoratori dipendenti e autonomi) e 4,3 milioni sono pensionati per invalidità civile o sociale.


a) Pensionati per vecchiaia e anzianità:

appartengono a questa categoria 11,9 milioni di individui (20,4% della popolazione e il 73,5% dei pensionati) così suddivisi:

- 5,7 milioni (35,2% dei pensionati) ex lavoratori dipendenti del settore privato;

- 240 mila (1,5% dei pensionati) ex liberi professionisti del settore privato;

- 3,7 milioni (22,8% dei pensionati) ex lavoratori autonomi del settore privato;

- 2,3 milioni (14,2% dei pensionati) ex dipendenti pubblici.

I cittadini immigrati che ricevono una pensione di vecchiaia/anzianità sono 304 mila (dati 2022).


b) Pensionati per invalidità civile o sociale:

appartengono a questa categoria 4,3 milioni di individui (7,4% della popolazione, il 26,5% dei pensionati) così suddivisi:

- 3,5 milioni (21,6% dei pensionati) con una pensione civile (inabilità al lavoro);

- 830 mila (5,1% dei pensionati) con una pensione sociale (anziani poveri).

I cittadini immigrati che ricevono un sussidio (NASPI, ecc.) o una pensione sociale sono 220 mila (dati 2022).


Reddito dei pensionati

Per quanto riguarda il reddito mensile, il 36% dei pensionati percepiscono meno di 1.000€ al mese (5,8 milioni di individui, con quasi 2 milioni che percepiscono meno di 500€); il 38% percepiscono da 1.000 a 2.000€ (6,3 milioni di individui). Solo 4 milioni percepiscono una pensione superiore a 2.000€ al mese.

Sono cifre al lordo: da esse vanno tolte le tasse che vanno dal 20 al 26% per la quota superiore alla “no tax area” (per il 2023 questa era 8.100€ annui).


2.4 Nuclei familiari e individui poveri

L’indice di povertà viene calcolato sulla capacità di spesa pro capite media di un nucleo familiare (famiglia o individuo). Alla categoria appartengono (dati ISTAT, anno 2022): 2,9 milioni di nuclei familiari (l’8,3% del totale) e 5,6 milioni di individui (il 10,2% della popolazione). Sono poveri non solo gli emarginati e i senza lavoro, ma anche lavoratori (che pur lavorando non riescono ad avere un reddito adeguato) e pensionati poveri (con pensione minime e sociali).


3. Forza lavoro e classi sociali

3.1 Lavoratori suddivisi per attività economica

Tabella 1 - Lavoratori suddivisi per attività economica (Dati ISTAT 2023, anno 2022)

Attività economica

Occupati

complessivi

%

Occupati

dipendenti

%

Occupati

indipendenti

%

Agricoltura

875.000

3,8

484.000

2,7

391.000

7,9

Industria

4.656.000

20,2

4.211.000

23,2

445.000

8,9

Costruzioni

1.550.000

6,7

1.024.000

5,7

526.000

10,6

Totale industria+costruzioni

6.206.000

26,9

5.235.000

28,9

971.000

19,5

Commercio-alberghi-ristorazione

4.543.000

19,7

3.133.000

17,3

1.410.000

28,3

Altri servizi

11.476.000

49,7

9.272.000

51,2

2.204.000

44,3

Totale commercio+altri servizi

16.019.000

69,3

12.405.000

68,4

3.614.000

72,6

TOTALE

23.100.000

100

18.124.000

100

4.976.000

100


I lavoratori dipendenti costituiscono il 78,4% del totale dei lavoratori, con percentuali molto differenti fra i diversi settori economici (nell’agricoltura la quota è del 55%, nell’industria del 90%, nell’edilizia del 66%, nel commercio del 69%, negli altri servizi dell’80%).


Tabella 2 - Lavoratori dipendenti addetti e dimensione delle imprese (Anno 2021)

Addetti per impresa

Numero

imprese

%

Occupati complessivi

%

3-9 addetti

805.500

78,9

3.695.000

28,1

10-49 addetti

189.000

18,5

3.375.000

25,7

50-249 addetti

22.860

2,2

2.223.000

16,9

250-499 addetti

2.347

0,2

807.000

6,1

500 addetti e oltre

1.622

0,2

3.060.000

23,2

TOTALE addetti a imprese con almeno 3 addetti

1.021.329

100

13.160.000

100


I dati dicono che poco più di un terzo (6.110.000) dei lavoratori dipendenti (18.124.000) lavorano in aziende di dimensioni grandi o medio-grandi (più di 50 addetti); meno di 4 milioni in aziende con almeno 250 addetti. Questi in Italia costituiscono la parte più strutturata e organizzata dei lavoratori dipendenti.



Tabella 3 - Addetti per settori di attività e retribuzione media (Anno 2021)

Settori

Numero

imprese

%

Occupati complessivi

%

Retribuzione annuale media (RAL) lorda in € (anno 2022)

Retribuzione annuale media netta € (anno 2022) *

Industria

188.255

18,4

3.792.000

28,8

30.000

23.000 (1.750 /mese)

Costruzioni

122.215

12,0

1.024.000

7,8

27.000

21.000 (1.600 /mese)

Totale industria+costruzioni

310.470

30,4

4.816.000

36,6



Commercio

247.732

24,2

2.447.000

18,6

29.000

22.000 (1.700 /mese)

Altri servizi

463.417

45,4

5.899.000

44,8

29.000

22.000 (1.700 /mese)

Totale commercio+servizi

711.149

69,6

8.346.000

63,4



TOTALE

1.021.619

100

13.162.000

100




Per quanto riguarda la retribuzione per settori e per mansioni principali la situazione del RAL è la seguente.

- Industria: impiegati 32.000€, operai 25.000€,

- Costruzioni: impiegati 30.000€, operai 23.000€,

- Commercio: impiegati 30.000€, operai 24.000€,

- Servizi: impiegati 30.000€, operai 24.000€.

Per quanto riguarda lo stipendio medio per i lavoratori agricoli, esso è di circa 25.000€.

La retribuzione annuale RAL (stipendio lordo con 13 mensilità) in Italia varia da 27.000 a 31.000€ (dati 2022):

- dirigenti: 103.000€ (+ benefit aziendali medi annui di 5.000€, naturalmente sono esclusi tutti i benefit che non vengono dichiarati come reddito: auto aziendale, rimborsi spese, ecc.),

- quadri: 55.000€ (+ benefit aziendali medi di 1.600€),

- impiegati: 32.000€ (+ benefit aziendali medi di 800€),

- operai: 25.000€ (+ benefit aziendali medi di 500€).


(*) Reddito medio significa che è la media tra il livello contrattuale più basso (es. 1.000€/mese per un operaio generico) e il livello più alto (1.800€/mese per operaio super specializzato).


3.2 Lavoratori delle imprese per tipo di rapporto e paese di nascita

Tabella 4 - Lavoratori delle imprese per tipo di rapporto (dati ISTAT 2023)

Anno

Totale

Dipendenti

Indipendenti

Esterni

Temporanei

Indipendenti in senso stretto

Familiari e coadiuvanti

Totale

Amministratori

Collaboratori e altri esterni

Totale


2011

16.967.000

11.304.000

4.791.000

328.000

5.119.000

95.000

326.000

421.000

123.000

2016

17.105.000

11.806.000

4.605.000

272.000

4.877.000

101.000

107.000

208.000

214.000

2021

18.156.000

12.823.000

4.530.000

226.000

4.756.000

115.000

107.000

222.000

355.000


I dati indicano che nel corso di 11 anni c’è stato un aumento dei lavoratori dipendenti, una costante diminuzione dei lavoratori indipendenti, un aumento costante dei lavoratori temporanei e degli amministratori.


Tabella 5 - Lavoratori dipendenti per settore di attività e paese di nascita (dati ISTAT 2023, riferiti all’anno 2021)

Settore di attività

Occupati complessivi

Paese di nascita

% (*)

Italia

estero


Industria in senso stretto

3.625.000

3.110.000

515.000

14,2

Costruzioni

933.000

737.000

196.000

21,0

Commercio- trasporto e magazzinaggio-alberghi-ristorazione

4.257.000

3.598.000

659.000

15,5

Altri servizi

3.977.000

3.457.000

520.000

13,1

TOTALE

12.792.000

10.902.000

1.890.000

14,8


(*) % nati all’estero sul totale

I dati indicano che i lavoratori dipendenti stranieri per nascita sono il 15% del totale, con punte del 21% nel settore delle costruzioni.

Nel settore trasporto-magazzinaggio di merci (dati Eurostat 2021) gli addetti sono 1,1 milione (900 mila trasporto merci di cui 380 mila nel trasporto su strada, 370 mila nella logistica generale e 150 mila addetti poste e corrieri e 200 mila impiegati e altri addetti). Dal 2013 al 2022 gli addetti sono aumentati del 10% (da 1 milione a 1,1 milioni).


Tabella 6 - Lavoratori dipendenti delle imprese per qualifica professionale (dati ISTAT 2023)


Totale

Impiegati

% (*)

Operai

% (*)

Quadri e

dirigenti

% (*)

Altri dipendenti (apprendisti e altri)

% (*)

2016

11.805.000

4.445.000

37,7

6.399.000

54,2

537.000

4,5

424.000

3,6

2020

12.411.000

4.541.000

36,6

6.716.000

54,1

543.000

4,4

611.000

4,9


I dati indicano che negli ultimi 5 anni c’è stato un aumento del numero degli operai (+5%) e del 44% degli altri dipendenti (apprendisti).


3.3 Lavoratori del settore pubblico

Tabella 7 - Lavoratori pubblici per gruppo contrattuale (Dati ISTAT 2023, anno 2022)

Gruppo contrattuale

Numero di

lavoratori

%

Sul totale

Retribuzione

media lorda annua in €

Retribuzione media netta annua in € (*)

Amministrazione centrale, Magistratura e Autorità indipendenti

192.000

5,2

44.500

33.000 (2.500/mese)

Amministrazione locali (Regioni, Provincia, Comuni)

562.000

15,2

29.700

22.000 (1.700/mese)

Forze Armate, Corpi di polizia e Vigili del Fuoco

518.000

14,0

46.700

34.000 (2.600/mese)

Scuola

1.470.000

39,7

24.600

20.000 (1.500/mese)

Servizio sanitario

740.000

20,0

40.900

30.000 (2.300/mese)

Università e enti di ricerca

134.000

3,6

49.500

36.000 (2.800/mese)

Altro

89.000

2,4

43.300

32.000 (2.400/mese)

TOTALE

3.705.000

100

34.100



II lavoratori della scuola costituiscono circa il 40% del totale degli addetti, quelli della sanità il 20%, gli addetti alle amministrazioni locali il 15% e le forze armate il 14%.

I lavoratori con contratto a tempo indeterminato sono 3,1 milioni (82,7%), mentre quelli a tempo determinato sono 640 mila (17,3%).


(*) Reddito medio significa che si calcola la media tra i redditi degli impiegati amministrativi (da 1.200€/mese a 1.800€/mese, a seconda di anzianità e livello), i funzionari-quadri (da 1.500€/mese a 3.000€/mese, a seconda di anzianità e livello) e i dirigenti (superiore a 3.000€\mese).

3.4 Lavoratori indipendenti

Tabella 8 - Lavoratori autonomi: artigiani, commercianti e liberi professionisti (Dati INPS 2023)

Gruppo

Numero di lavoratori

%

Sul totale

Artigiani

1.456.000

30,0

Titolari

1.352.000


Collaboratori

104.000


Commercianti

2.051.000

42,2

Titolari

1.900.000


Collaboratori

151.000


Liberi professionisti

1.350.000

27,8

TOTALE

4.857.000

100


I commercianti costituiscono circa il 42% del totale dei lavoratori indipendenti (il 93% sono senza collaboratori): rispetto a 10 anni fa (2014) sono diminuiti di 170 mila unità. Il commercio al dettaglio registra (dati 2023) 440 mila imprese con sede fissa e circa 70 mila ambulanti. Tra il 2012 e il 2023 il commercio al dettaglio ha perso oltre 111 mila imprese (- 21,8%).

Gli artigiani costituiscono circa il 30% del totale dei lavoratori indipendenti (il 93% sono senza collaboratori): rispetto a 10 anni sono diminuiti di 320 mila unità.

I liberi professionisti sono tornati al livello del 2014, perdendo dal 2018 (1.480.000 unità) circa 130 mila unità (10%): la pandemia del 2020-22 ha influito su questo calo.


3.5 Lavoratori indipendenti: alcune categorie particolari

La deregolamentazione del mercato del lavoro (precarizzazione, lavoro a chiamata, finte cooperative, lavoro a cottimo, ecc.), in corso da 30 anni, ha avuto un’accelerazione negli ultimi 10 anni (Jobs Act di Renzi). L’introduzione di nuovi settori legati a internet (piattaforme digitali e lavoro virtuale) senza regole o contratti collettivi di lavoro ha portato alla formazione di nuove categorie di lavoratori senza diritti, che possono appartenere sia alla categoria dei lavoratori dipendenti e sia a quella degli indipendenti.

Tabella 9 - Lavoratori delle piattaforme digitali (dati 2022) e delle cooperative (dati 2011)

Gruppo

Numero di

lavoratori

%

Lavoratori delle piattaforme (rider, ecc.)

570.000

25,6

Cooperative n° di occupati totale

1.654.000

74,4

Cooperative di produzione e lavoro

715.000

43,2

Cooperative sociali

520.000

31,4

Cooperative agricole

135.000

8,2

Cooperative del commercio

57.000

3,4

Altre cooperative

227.000

13,7

TOTALE

2.224.000



I lavoratori delle piattaforme digitali in Italia sono 570 mila (i rider sono il 36%, i fattorini che consegnano i pacchi sono il 14%, il restante 50% svolge vari lavori on-line, quali vendita di prodotti e servizi, gestione piattaforme digitali). Solo l’11% ha un contratto da lavoro dipendente e un terzo non ha un contratto scritto, il 50% è pagato a cottimo. Nei paesi dell’UE svolgono queste attività circa 28 milioni di persone e si stima che nel giro di qualche anno saranno oltre 43 milioni.

Le cooperative iscritte all’albo nel 2021 erano 110 mila (erano 113 mila nel 2019): il grosso di esse, 53.000 (cioè circa la metà), è costituito dalle cooperative di produzione e lavoro e dalle cooperative sociali (sono circa 24 mila). Gli addetti sono diminuiti dal 2018 al 2021 di circa 100 mila unità.


4. Analisi di classe della società italiana

4.1 Divisione della popolazione in classi sociali

In campo economico la crisi generale in corso dal 1975 e la sua entrata nella fase acuta e terminale nel 2008, aggravata dalla pandemia da Covid-19 del 2020-22, dalla devastazione ambientale, dalla crisi climatica e dalla Terza guerra mondiale che si propaga, hanno diviso e sempre più divideranno la popolazione del nostro paese in due campi nettamente distinti e contrapposti.

- Da una parte quelli che riescono a vivere solo se riescono a trovare un lavoro: essi sono sempre più sottoposti a condizioni di duro sfruttamento (peggioramento di orari, ritmi, condizioni salariali e di lavoro) e a condizioni economiche che a una parte crescente di essi non assicurano una vita dignitosa per loro e i loro familiari; questi costituiscono il campo delle masse popolari.

- Dall’altra il campo della borghesia imperialista costituito da quelli che godono di tutti i vantaggi senza lavorare o che, se lavorano, non lo fanno per vivere, ma per aumentare la loro ricchezza. Il corso delle cose porta alla divisione di questo campo: da una parte la formazione di nuovi ricchi legati al capitale finanziario, a nuove tecnologie, alla speculazione e a professioni privilegiate (essi si sommano alle vecchie famiglie della grande borghesia), dall’altra alla riduzione degli affari per quelli di loro che sono legati alla produzione industriale e agricola, al mondo del commercio e dei servizi investiti dalla crisi.

La divaricazione tra i due campi si allarga e cambiano i numeri e le condizioni economiche e sociali all’interno di ognuno dei due campi:

- per il campo delle masse popolari aumenta la precarietà, peggiorano le condizioni economiche, diminuiscono i diritti di molti di quelli che lavorano (eliminazione delle conquiste e aumento delle vecchie e nuove forme di sfruttamento), aumenta il numero di disoccupati, di precari e di pensionati e lavoratori poveri, gran parte delle masse popolari non proletarie (in particolare dei lavoratori autonomi: piccoli commercianti, artigiani e liberi professionisti) si proletarizzano;

- nel campo della borghesia imperialista emerge sempre più la suddivisione tra da una parte ricchi e super ricchi e dall’altra parte quelli che restano fermi o il cui capitale e potere politico si riducono.

Un fattore sempre più importante per la lotta tra i due campi e in generale per la lotta di classe, in particolare nei paesi imperialisti, è dato dalla devastazione e dall’inquinamento della terra, del mare e dell’atmosfera e dalla crisi climatica che ne deriva. Esse, come la guerra, sono un prodotto della sovrapproduzione assoluta di capitale. Il movimento comunista cosciente e organizzato deve far leva su questo fattore che agisce in entrambi i due campi, giovandosi anche dell’approccio ad esso anticipato da F. Engels (vedasi La questione delle abitazioni). Dobbiamo far leva sul fatto che essi sono inscindibili dalla crisi del capitalismo, combattere quanti contrastano questa verità e far leva su quanti sviluppano una comprensione più avanzata e diffusa di essa.


Qual è la consistenza dei due campi e quali i rapporti all’interno di ognuno di essi?

Classe

Numero



Totale

Grande borghesia imperialista e loro familiari [1]

1.000.000




Altri membri della borghesia imperialista e loro

familiari [1]

4.000.000




Campo della borghesia imperialista (BI)

5.000.000




Campo delle masse popolari (MP)

Lavoratori

Pensionati [*]

Disoccupati


Classe Operaia (CO) [2]

16.000.000

5.000.000

ex lavoratori

dipendenti (CO)

2.000.000

Disoccupati

ufficiali

23.000.000

Proletari non operai (PNO) [3]


5.500.000


2.000.000

ex lavoratori pubblici (PNO)

4.000.000

In cerca di lavoro

11.500.000

Totale proletari (non hanno di che vivere se non

vendono la loro forza lavoro):

21.500.000

7.000.000

6.000.000

34.500.000

Classi popolari non proletarie (per vivere devono vendere la loro forza lavoro) (CPNP) [4]

3.500.000

2.800.000

ex lavoratori

autonomi (CPNP)


6.300.000

Classi popolari non proletarie (piccoli proprietari, persone che vivono di piccole rendite) (CPNP) [5]

2.000.000

4.300.000

Pensioni per

invalidità e sociali


6.300.000

Totale campo delle masse popolari (MP)

27.000.000

14.100.000

6.000.000

47.100.000

Familiari in età non lavorativa (0-14 anni)

(Totale della popolazione di questa di età meno circa il 10% che appartiene al campo della BI)

6.300.000




TOTALE campo delle masse popolari + familiari (0-14 anni)

53.400.000




TOTALE popolazione

58.400.000





[*] La gran parte dei pensionati appartiene al campo delle masse popolari, tranne una quota (circa il 10% ex lavoratori dipendenti) e 20% (ex lavoratori indipendenti) che per livello di reddito e patrimonio appartiene al campo della borghesia. Appartengono sicuramente al campo delle masse popolari tutti i pensionati per invalidità civile o sociale.


[1] In un paese imperialista come il nostro fanno parte del campo della borghesia imperialista (BI): imprenditori, dirigenti d’azienda, finanzieri, redditieri (gente che vive di rendite), alti funzionari, alti prelati, grandi professionisti e artisti, ufficiali di livello superiore, ecc. Costituiscono un po’ meno del 10% della popolazione (circa 5 milioni di persone, compresi i familiari).

Il campo della BI a sua volta si divide in due:

a) la grande BI, che comprende individui che svolgono attività da cui ricavano un reddito netto annuo superiore a 100 mila € e sono titolari di patrimoni (beni immobili e mobili) superiori a 5 milioni €; a questa categoria riteniamo che appartenga il 20% della BI;

b) altri membri della BI, che comprende individui che svolgono attività da cui ricavano un reddito netto annuo superiore a 100 mila € e sono titolari di patrimoni (beni immobili e mobili) inferiori a 5 milioni €; a questa categoria riteniamo che appartenga l’80% della BI.


[2] È costituita dai lavoratori assunti dai capitalisti per valorizzare il loro capitale producendo merci (beni o servizi). Si tratta della gran parte dei 18,1 milioni di lavoratori occupati come dipendenti (vedi punto 3.1), meno circa 2 milioni che ipotizziamo siano dipendenti di cooperative, aziende familiari e simili (che appartengono alla classe dei proletari non operai).


[3] È costituita dai lavoratori assunti da aziende non capitaliste: dipendenti (esclusi i dirigenti) della Amministrazione Pubblica centrale e locale e degli enti parastatali (vedi punto 3.3), lavoratori impiegati in aziende non capitaliste (aziende familiari, artigiane e altre aziende che i proprietari creano e gestiscono non per valorizzare un capitale, ma per ricavare un reddito), lavoratori addetti ai servizi personali (camerieri, autisti, giardinieri, ecc.).


[4] Lavoratori autonomi che sono proprietari dei mezzi del proprio lavoro (artigiani, contadini, commercianti, trasportatori, ecc.), piccoli liberi professionisti, soci di cooperative di produzione e affini, artisti, ecc. Appartengono a questa categoria la gran parte dei circa 5 milioni di lavoratori classificati come indipendenti (vedi punto 3.4): sono lavoratori autonomi che ordinariamente non impiegano lavoro altrui, proprietari di aziende individuali o familiari il cui reddito proviene in parte rilevante dal proprio lavoro e solo in misura minore dallo sfruttamento di lavoro altrui.


[5] Sono risparmiatori e piccoli proprietari che vivono di piccole rendite (con redditi non da lavoro inferiori a 50 mila euro netti annui), persone che “sbarcano il lunario in qualche modo” (sottoproletari, extralegali poveri, prostitute, ecc.). Appartengono a questa categoria una parte dei 7,7 milioni degli inattivi che dichiarano di non voler lavorare (vedi punto 2.1 b).


4.2 Classi e loro atteggiamento verso la rivoluzione socialista e il Governo di Blocco Popolare

Questa parte dell’articolo indica il lavoro politico che i comunisti del nostro paese (e riteniamo che quasi tutti, se non tutti gli altri paesi imperialisti sono in una situazione analoga) devono in gran parte ancora fare. Proprio per questo diamo ai lettori di La Voce alcune idee e invitiamo tutti a riflettere, discutere, alimentare un dibattito franco e aperto, sperimentare. Il mondo cambia, la rivoluzione socialista e di nuova democrazia avanza in gran parte del mondo, gli effetti della permanenza della borghesia imperialista al potere diventano sempre più catastrofici.


a) Borghesia imperialista

Come detto sopra la crisi generale e la crisi del sistema di potere della borghesia imperialista (BI) ha determinato una divaricazione anche in questo campo tra una parte di ricchi e super ricchi e l’altra parte che rimane ferma o vede diminuire i suoi affari e il suo capitale.

Questo è il campo di coloro che sono nemici della rivoluzione socialista per condizioni oggettive e per i propri interessi personali. Essi godono dei privilegi che l’attuale ordinamento sociale riserva alle classi dominanti. Salvo eccezioni (la crisi generale e la guerra hanno le loro ripercussioni anche in questo campo), è per loro spontaneo concepire l’attuale ordinamento sociale come il migliore dei mondi possibili. Ovviamente si possono avere casi di individui che “tradiscono” la propria classe e passano dalla parte delle masse popolari e settori che spingono per sistemi di governo diversi da quelli delle Larghe Intese (senza il ruolo assunto dal Vaticano, dagli imperialisti USA, dalla criminalità organizzata, ecc. dopo la Seconda guerra mondiale).


Atteggiamento verso il GBP

La grande borghesia è estremamente controrivoluzionaria, contraria a ogni cambiamento dell’attuale regime economico e politico e quindi del sistema di potere della Repubblica Pontificia (dei cui vertici è parte integrante).

Poi c’è la parte della borghesia che risente e subisce in diversi modi lo strapotere e le vessazioni del capitale finanziario e speculativo, le imposizioni della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti ed europei. Questa parte si divide in due campi: l’ala destra che è reazionaria (promotrice e sostenitrice della mobilitazione reazionaria) e l’ala sinistra che può in qualche modo non opporsi alla creazione di un governo di emergenza alternativo a quello delle Larghe Intese (vedi sostegno di parte della borghesia a movimenti come la Lega e M5S di Grillo), che può ingoiare il GBP anche solo come soluzione provvisoria.


b) Masse popolari

Le masse popolari comprendono l’intera popolazione meno quelli che appartengono al campo della borghesia imperialista. Le masse popolari sono quella parte della popolazione che per vivere deve lavorare, che quindi vive, almeno in parte, grazie al proprio lavoro e non può vivere solo grazie allo sfruttamento del lavoro altrui. Le masse popolari sono il campo più vasto a cui la classe operaia può aspirare a estendere la sua direzione man mano che la crisi generale e la Terza guerra mondiale procedono, benché questo campo comprenda anche classi attualmente nemiche della classe operaia. La classe operaia è una parte delle masse popolari. Comprendendo anche i pensionati, gli invalidi e i familiari, complessivamente in Italia le masse popolari ammontano a circa 53,4 milioni di persone.


Atteggiamento verso il GBP

È il campo in cui nel corso degli ultimi anni è cresciuto il distacco dal sistema delle Larghe Intese (sistema di potere dei vertici della RP) con l’aumento dell’astensione dalle elezioni, il sostegno elettorale a partiti alternativi (o che si presentano come tali) alle Larghe Intese, lo sviluppo del movimento di resistenza di vari settori, ecc. È il campo di quelli che hanno tutto l’interesse a che nel nostro paese si costituisca un governo di emergenza popolare (un governo veramente democratico, cioè animato dalla volontà di attuare i principi della Costituzione in campo economico e sociale).


a. Proletariato

a1. Classe operaia

Tra gli operai esistono divisioni oggettive politicamente importanti, come lavoratore semplice e lavoratore qualificato, contratto a tempo indeterminato o determinato, operaio e impiegato, operai di città e operai di località di campagna; divisioni determinate dalla disponibilità di redditi non da lavoro, dalle dimensioni dell’azienda, dal settore cui l’azienda appartiene, dal sesso, dalla nazionalità, ecc. Da sottolineare che non sono operai quei dipendenti di aziende capitaliste il cui lavoro è, almeno per una parte rilevante, lavoro di direzione, organizzazione, progettazione e controllo del lavoro altrui per conto del capitalista (per dare un indice approssimativo, ma semplice, possiamo ritenere che appartengano a questa categoria tutti i dipendenti che ricevono un salario o stipendio annuo netto superiore a 70 mila euro).

Questa è la classe operaia che dirigerà la rivoluzione socialista. Il partito comunista è il suo partito.


Atteggiamento verso il GBP

È la classe che stante la sconfitta subita nel secolo scorso ha perso la coscienza e la fiducia nella sua forza e nella possibilità che invece ha di diventare la classe dirigente del paese. Nel corso degli ultimi anni si è però sempre più distaccata dai partiti delle Larghe Intese e dalle organizzazioni sindacali di regime e ha sviluppato varie forme di resistenza al procedere della crisi. È la colonna portante per la creazione del sistema delle organizzazioni operaie e popolari che imporranno il GBP. Anche i promotori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari contano su di essa e vi trovano adesioni tanto più ampie quanto più il movimento comunista cosciente e organizzato (e le sue organizzazioni di massa, in particolare quelle sindacali) è debole 1. nel suo intervento per contrastare le operazioni della borghesia tese a creare divisioni nelle masse e a fomentare diversione dalla lotta di classe (droga, sesso, manipolazione delle menti e dei cuori, delle idee e dei sentimenti) e 2. nel promuovere la mobilitazione rivoluzionaria delle masse.


a2. Altre classi proletarie

Gli appartenenti alle classi sotto indicate sono gli alleati più vicini e più stretti della classe operaia. Molti lavoratori nel corso della loro vita passano da una di queste classi alla classe operaia e viceversa. Ciò rafforza ulteriormente i legami di queste classi con la classe operaia (e porta nella classe operaia pregi e difetti di queste classi).


Atteggiamento verso il GBP

Sono classi che vedono peggiorare continuamente le proprie condizioni di vita e di lavoro. Anche i lavoratori di queste classi si sono via via sempre più distaccati dai partiti delle Larghe Intese e dai sindacati di regime e oppongono varie forme di resistenza allo smantellamento dei servizi pubblici, alle misure del governo, alla gestione della sanità e della scuola pubbliche; sono alla ricerca di un cambiamento di governo del paese e hanno tutto l’interesse a che si formi un governo di emergenza popolare, anche se non hanno fiducia che è possibile costituirlo. La parte di sinistra è l’alleata naturale della classe operaia nella lotta per costruire il sistema delle organizzazioni operaie e popolari per il GBP. I promotori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari contano molto anche su queste classi e vi trovano adesioni.


b. Classi popolari non proletarie

La crisi generale pone e sempre più porrà queste classi nell’alternativa: accettare la direzione della classe operaia o confluire nella mobilitazione reazionaria? Sono classi diverse tra loro ed eterogenee al loro interno, con legami con il proletariato e legami con la borghesia imperialista. Vi si distinguono due grandi gruppi.

Uno è formato dai lavoratori (sempre meno) autonomi che sono proprietari dei mezzi del proprio lavoro (artigiani, contadini, bottegai, trasportatori, ecc.) sempre più vessati dal sistema di potere (capitale finanziario) e di governo (tassazione, carovita).

L’altro è formato da lavoratori formalmente dipendenti ma con alte qualifiche che forniscono prestazioni nelle quali non sono facilmente rimpiazzabili. Essi hanno più la caratteristica di venditori di servizi che di proletari.

Quale sarà il loro atteggiamento pratico nello scontro futuro, sarà deciso principalmente dalla lotta politica tra classe operaia e borghesia imperialista. Sono classi che tendono a seguire il più forte. Di sicuro per ora c’è che nel futuro non potranno continuare a vivere come nel passato.


Atteggiamento verso il GBP

Sono classi che hanno subito grandi cambiamenti per l’aggravarsi della crisi generale del capitalismo negli ultimi anni (in particolare a causa della crisi del 2008, della pandemia da Covid-19 e della guerra in Ucraina: aumento costi di materie prime ed energia, calo degli affari, aumento delle tasse) e diversi settori si sono via via sempre più distaccati dai partiti delle Larghe Intese e sono alla ricerca di un cambiamento di governo del paese. Nel corso degli ultimi anni hanno sviluppato varie forme di resistenza al procedere della crisi (agricoltori, trasportatori, ecc.). La gran parte di esse hanno tutto l’interesse a che nel nostro paese si formi un governo di emergenza popolare: la parte di sinistra è alleata della classe operaia nella lotta per costruire il sistema delle organizzazioni operaie e popolari per il GBP. I promotori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari contano molto su queste classi e vi trovano larghe adesioni.

Sergio F. e Piero G.