La Voce 67 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIII - marzo 2021

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Le attività del futuro sono le attività specificamente umane, non il lavoro necessario a produrre di che vivere!

Produrre quello che è necessario per vivere è l’attività basilare, indispensabile di ogni società umana, anche della più primitiva della quale gli antropologi hanno trovato traccia. La produzione di quello che è necessario per vivere è anche il primo capitolo da cui inizia la scienza della società umana (che infatti consiste nella ricostruzione logica dello sviluppo della specie umana, nella costruzione della logica della storia). Le altre attività nascono da questa e si sviluppano su di essa. Nel costruire la scienza dello sviluppo della società umana nel corso dei millenni, se si va a fondo nel costruirla e nel cercare le leggi che quello sviluppo ha seguito, si arriva all’attività per produrre quello che è necessario per vivere.(1) Riconoscere questo è la concezione che chiamiamo materialismo storico. Strappare all’ambiente quanto necessario per vivere è l’attività alla base di tutto lo sviluppo di ogni società umana.(2)

La questione che si pone a noi comunisti rispetto all’ambiente in cui viviamo consiste nel fatto che oggi gli uomini, presi nel loro complesso, sono diventati capaci di operare sull’ambiente in misura sufficiente a modificarlo e se non lo fanno a ragion veduta, con cognizione di causa (sapendo dove vogliono arrivare), lo modificano in modo tale da rendervi impossibile la vita propria e delle altre specie animali e vegetali.

 

1. Per il concetto di “storia in forma logica” e le altre connesse categorie rimando alla recensione dell’opuscolo di Karl Marx Per la critica dell’economia politica scritta da Federico Engels per il periodico Das Volk e pubblicata nel n. 16 del 20 agosto 1859, reperibile anche in
http://www.nuovopci.it/classic/marxengels/crtecpol.html.

 

2. A proposito del materialismo storico, vedere Manifesto Programma del (nuovo)PCI, nota 3 pag. 250.

 

Il modo di produzione capitalista per sua natura ha dato un grande impulso all’applicazione della scienza e della tecnica alle attività produttive, allo sviluppo della ricerca scientifica e della tecnica, alla moltiplicazione delle cose e dei servizi usati per vivere e di conseguenza alla moltiplicazione delle attività per produrli.

 Consideriamo un gruppo di esseri umani che vive in un determinato ambiente da cui riesce a ricavare quanto gli è necessario per vivere. Di ogni bene (di regola e quindi) sul lungo termine, togliendo gli alti e bassi delle annate che si succedono, non ne ricaverà più di quello che gli occorre. Supponiamo che quel gruppo stabilisce una relazione di scambio con un secondo gruppo umano che vive in un ambiente differente dal quale ricava (produce) beni che il secondo gruppo usa per la propria vita e che il primo gruppo invece non produce e quindi non usa. Tramite lo scambio (o la dominazione o la razzia) il primo gruppo può venire in possesso e usare i beni prodotti dal secondo e la sua vita diventa più ricca, più comoda e più felice. Trascuriamo le relazioni di dominazione e di razzia che riempiono millenni di storia umana (i millenni di preistoria, barbarie e semibarbarie e che oggi molti sognatori e molti operatori del primo pilastro del sistema di controrivoluzione preventiva (3) idealizzano come età dell’oro, paradiso perduto, ecc.), consideriamo unicamente il libero scambio.

 

3. Sul sistema di controrivoluzione preventiva rimando al Manifesto Programma cap. 1.3.3 pagg. 46-56.

 

Da quando lo scambio prende piede (la forma più primitiva di scambio è il baratto), il primo gruppo di un bene produce (ricava dal proprio ambiente) una quantità superiore a quella che esso usa per il suo consumo: quello che non consuma direttamente lo scambia con beni prodotti dal secondo gruppo. Quindi già la semplice relazione di libero scambio tra produttori diretti (l’economia mercantile) può dar luogo a uno sfruttamento dell’ambiente superiore a quanto l’ambiente rigenera o tollera, può causare degrado e devastazione dell’ambiente. Resta per il primo gruppo il limite che non produce (non ricava dal proprio ambiente) beni in quantità superiore alla somma di quello che usa direttamente e di quello che gli serve per acquisire tramite scambio la quantità dei beni prodotti dal secondo gruppo che è entrata nel proprio uso.

La relazione di capitale per sua natura estende lo scambio (ogni capitalista - per comodità consideriamo il capitalismo nella sua forma logicamente primitiva, trascuriamo il capitale bancario, finanziario e speculativo - aumenta il proprio capitale grazie alla vendita - lo scambio tramite denaro - delle merci che ha fatto produrre), moltiplica quindi il tipo di beni che entrano nell’uso corrente e quindi le quantità di beni che ogni gruppo umano produce (ricava dal proprio ambiente). La relazione di denaro (la sostituzione della vendita allo scambio merce contro merce) rende possibile una moltiplicazione maggiore della produzione di beni, perché la vendita dei beni prodotti permette di acquisire denaro che viene usato in molteplici relazioni oltre che nell’acquisto di beni. Il denaro fiduciario l’amplia ulteriormente: quanta merce universale (oro o altro) è disponibile in natura diventa cosa secondaria (se il denaro è ancora in qualche misura convertibile) o del tutto irrilevante (se, come nella società in cui noi viviamo, il denaro non è più neanche convertibile).

Dato che il capitale si valorizza facendo produrre e vendendo beni, il capitalista spinge gli uomini a moltiplicare il tipo di beni che entrano nell’uso, li induce a usare beni inutili o addirittura dannosi, a modificare il modo di vivere moltiplicando il tipo di beni usati (“usa e getta”, beni progettati per una durata limitata, ecc.): di conseguenza li obbliga a produrre beni in quantità illimitata. La relazione di capitale spinge allo sfruttamento illimitato dell’ambiente per ricavarne beni e all’inondazione dell’ambiente con rifiuti e scarti derivanti 1. dalla produzione di un bene entrato nell’uso o nello scambio e 2. dall’uso.

Alla valorizzazione del capitale si aggiungono l’aumento della produttività del lavoro (aumenta la quantità di beni prodotti nello stesso tempo di lavoro) e la sovrapproduzione assoluta di capitale (ogni capitalista deve cercare di entrare in nuovi settori produttivi di beni per impiegarvi con profitto il nuovo capitale di cui dispone e che non è in grado di impiegare con profitto nei settori dove già opera).(4) Nelle società in cui predomina il modo di produzione capitalista gli uomini non producono (non lavorano) per usare quello che producono, ma per valorizzare il capitale (se non valorizzano il capitale, non producono neanche quello di cui hanno bisogno per vivere): il materialismo storico è storicamente superato.(5)

 

4. Sulla sovrapproduzione assoluta di capitale rimando all’Avviso ai naviganti 8 - 21.03.2012, reperibile in: http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav08.html.

 

5. Un aspetto della società è storicamente superato quando gli uomini hanno creato condizioni che rendono possibile o addirittura necessario andare oltre quell’aspetto - il concetto è illustrato da Lenin in Intorno a una caricatura del marxismo e all’“economicismo imperialista” (1916), reperibile in http://www.nuovopci.it/classic/lenin/caricatura.html.

 

Ne risulta che le attività produttive, se restano nelle mani dei capitalisti e quindi hanno per ogni capitalista come fine la valorizzazione del suo capitale, diventano un fattore di trasformazione dell’ambiente e di modificazione delle attività  materiali e spirituali degli uomini, una trasformazione senza scienza del corso delle cose e senza altra ragione se non la valorizzazione per sua natura illimitata del capitale.

Grazie al capitalismo gli uomini sono arrivati a un dominio potenzialmente illimitato sulla natura (sull’ambiente e sulla stessa specie umana) e, come illustrato fin qui, questo rende la sopravvivenza del capitalismo distruttiva della natura stessa.

Il comunismo (e il socialismo (6) che è la fase di transizione dal capitalismo al comunismo) diventa la condizione indispensabile per la conservazione e il miglioramento dell’ambiente e quindi anche per la conservazione della specie umana. Nell’ambito del modo di produzione capitalista gli uomini lavorano per valorizzare il capitale, non per produrre quello che è loro necessario. O, meglio, il capitale rende necessario aumentare illimitatamente il consumo pena non poter consumare neanche l’indispensabile. È quello che succede attorno a noi: la fame è l’aspetto complementare dello spreco e lo spreco è l’aspetto complementare della fame. Per questo ogni discorso contro la fame e la miseria è inganno o assurdità se non è anche incitazione a instaurare il socialismo e porre fine al capitalismo.

 

6. Stante le molte fantasie circolanti sul socialismo, conviene precisare che per socialismo noi comunisti intendiamo una società poggiante su tre pilastri: 1. il potere nelle mani degli operai e degli altri lavoratori organizzati attorno e nel partito comunista, 2. la gestione pubblica scientificamente pianificata delle attività economiche per soddisfare i bisogni della popolazione e delle relazioni di scambio, collaborazione e solidarietà con gli altri paesi, 3. la mobilitazione delle risorse dell’intera società per accrescere la partecipazione delle masse popolari alle attività specificamente umane.

È utile precisare che, al modo in cui nella società borghese la molteplicità dei partiti riflette il contrasto di interessi che nella società borghese mette un capitalista contro l’altro, il comune interesse del proletariato e delle masse popolari a porre fine al capitalismo e creare la società comunista si riflette nella necessità che nel socialismo il potere faccia capo ai lavoratori organizzati per il superamento del modo di produzione capitalista (cioè al movimento comunista cosciente e organizzato - MCCO) e al partito comunista che del MCCO è la sintesi.

 

Alla luce di questo dobbiamo definire il significato reale di parole d’ordine di buon senso come “lavorare tutti, lavorare meno!”, “riduzione dell’orario, aumento del salario!”, “un lavoro utile e dignitoso per tutti!” e altre. Ognuna di esse concretizza una giusta rivendicazione contro quello che i capitalisti, le loro autorità e i loro agenti impongono. Sono parole d’ordine ognuna adatta a una situazione particolare e concreta. Per noi comunisti sono parole d’ordine tattiche irrinunciabili, ma non sono parole d’ordine strategiche.

L’uso non strategico ma solo tattico di queste e analoghe parole d’ordine è una delle cose che distinguono noi comunisti da partiti, organismi, gruppi e individui che, pur dichiarandosi (e diamo pure per scontato che si dichiarino sinceramente) comunisti, sono in realtà ancora espressione della sinistra borghese: cioè di quanti sono insoddisfatti o addirittura contrari al corso delle cose, ma propongono rimedi e alternative che restano nell’ambito del modo di produzione capitalista.

Sono oramai cento anni che il capitalismo sopravvive a se stesso: la Comune di Parigi di marzo-maggio 1871 fu il segnale che il capitalismo era storicamente superato. Proprio perché sopravvive, esso devasta l’ambiente e condanna gli uomini a dividersi tra chi “mangia fino a scoppiare” e chi “muore di fame”.

 In realtà la borghesia che è sopravvissuta a se stessa ha ridotto così male il nostro paese che per rimetterlo in sesto c’è da fare un’enormità di lavoro (inteso nel senso di “lavoro necessario”: lavoro per produrre quanto serve per vivere e riprodursi): quartieri, case e impianti domestici da mettere in sicurezza, edilizia scolastica e in generale edilizia pubblica, infrastrutture e reti di servizi, vie di comunicazione, difesa, stabilità e sicurezza dell’ambiente naturale (fiumi, montagne, ecc.), zone inquinate da risanare, ecc. Di conseguenza oggi c’è lavoro (nel senso di “lavoro necessario”) per tutti. Ma le nostre parole d’ordine strategiche in campo economico sono “gestione pubblica scientificamente pianificata delle attività economiche per soddisfare i bisogni della popolazione e delle relazioni di scambio, collaborazione e solidarietà con gli altri paesi!”, “mobilitazione delle risorse dell’intera società per accrescere la partecipazione delle masse popolari alle attività specificamente umane!”.(7)

 

7. Sulle attività specificamente umane rimando al Manifesto Programma nota 2 (pagg. 249-250).

 

Il futuro degli uomini non è lavorare per produrre il necessario per vivere e riprodursi (compiere cioè il lavoro necessario), ma dedicarsi alle attività specificamente umane, cioè alle attività connesse al lato spirituale (intese quindi a riprodurre il mondo - il concreto reale - nella propria mente come concreto di pensiero e creare nuove attività, nuove cose, nuove relazioni e nuovi sentimenti) che gli uomini hanno sviluppato nel corso della loro storia e che distinguono la specie umana dalle altre specie animali. Non è un caso che le classi dominanti hanno costantemente teso a riservare a se stesse queste attività, escludendo le classi oppresse dall’accesso ad esse e che al contrario il movimento comunista cosciente e organizzato ha sistematicamente teso a sviluppare l’educazione, la scolarizzazione, la cultura, l’attività scientifica, l’arte, l’esercizio fisico sportivo e le altre attività creative e ricreative, a favorire l’ampio e crescente accesso dell’intera popolazione ad esse. I primi paesi socialisti, formati nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917-1976) sono stati fulgido esempio di questa tendenza benché siano stati in larga misura instaurati in paesi dove il capitalismo non era ancora il modo di produzione localmente dominante.

Alla base della libertà vi è la coscienza della necessità!

Il comunismo è il futuro dell’umanità!

Tonia N.