La Voce 64 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXII  marzo 2020

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Lettera alla redazione di La Voce  

La lettera che segue ce l’ha inviata un trentenne che oggi simpatizza per il nostro Partito ma in gioventù ha militato in organismi “neofascisti”, principalmente Forza Nuova. Ce l’ha scritta dopo che ha letto la nota 5 di pag. 7 di La Voce 63. La pubblichiamo perché utile ai nostri compagni e ai nostri lettori per intervenire in simili organismi “dall’interno”, ma soprattutto per occuparsi in modo materialista dialettico dei loro membri e simpatizzanti e del terreno dove simili organismi reclutano e mobilitano. Organismi come Forza Nuova, CasaPound, ecc. non sono milizie extralegali costruite per attuare un piano controrivoluzionario come invece lo furono le formazioni del movimento fascista promosso dalla borghesia e dal clero nel Biennio 1919-1920 per far fronte al movimento rivoluzionario del proletariato e quelle che costituirono il fascismo fino alla sua incorporazione nello Stato (istituzionalizzazione del fascismo e fascistizzazione dello Stato) avvenuta grosso modo nel 1926 ad opera di Mussolini e per decisione dello stesso, della Corte dei Savoia, del Vaticano, degli alti esponenti delle FFAA e della burocrazia dello Stato e segnata dalla sostituzione di Roberto Farinacci con Augusto Turati alla testa della segreteria nazionale del PNF (per dettagli vedere Renzo De Felice, Mussolini il fascista, vol. II L’organizzazione dello Stato fascista 1925-1929). Per questo chiamiamo quegli attuali organismi scimmiottatori del fascismo del secolo XX e non fascisti o neofascisti. Nel secolo XX, durante la prima ondata della rivoluzione proletaria (1917-1976), la borghesia dei paesi dove il movimento rivoluzionario era più forte e il sistema di controrivoluzione preventiva insufficientemente sviluppato (in Europa: Italia, Germania, Spagna, Portogallo) la borghesia e la gerarchia cattolica fecero ricorso al fascismo, sistema di mobilitazione reazionaria delle masse popolari che faceva abilmente uso dei limiti e dei punti deboli della mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari. Oggi che il movimento comunista cosciente e organizzato e con esso la mobilitazione rivoluzionaria sono deboli, gli organismi di cui parliamo scimmiottano simboli, insegne, riti e parole d’ordine del vecchio movimento fascista, ma hanno un ruolo politico marginale, ausiliario delle Forze dell’Ordine e di strutture clandestine reazionarie (vedi Gladio e altri organismi NATO e USA, P2, ecc.). Esemplare il ruolo di organismi “neofascisti” (Ordine Nuovo e altri) nella strategia della tensione (anni ’60 - ’80 del secolo scorso). Questi organismi oggi sfruttano la mancanza di senso della vita ingenerato dal corso delle cose in larga parte dei giovani, come lo sfruttano ONG, organizzazioni clericali e altre.

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Cari compagni di La Voce, a scrivervi è un simpatizzante della rivista e del vostro partito che da poco ha iniziato a leggere la rivista e a interessarsi alla vostra letteratura.

Vi inoltro alcune mie considerazioni prendendo spunto da una nota letta sul n. 63 di La Voce, in merito a tutti quei giovani che si avvicinano e fanno militanza politica nei movimenti di estrema destra, quali CasaPound, Forza Nuova e simili.

Io sono un giovane proveniente da una famiglia di classe media in via di proletarizzazione, costretto come tanti giovani a emigrare sul continente. Sono cresciuto e vissuto a Catania, in un quartiere periferico, emarginato e con problemi di micro e macro criminalità, fino a pochi anni fa senza strade asfaltate e con servizi di base del tutto inesistenti. Mio padre (a sua volta costretto a emigrare a Catania da un’altra zona della Sicilia per motivi di lavoro) fa il poliziotto e mia madre la casalinga.

Anch’io come tantissimi giovani mi sono avvicinato, già da adolescente, a vari movimenti di estrema destra. Questi movimenti sono fortemente gerarchizzati, al loro interno viene costantemente alimentato un forte senso di appartenenza (attraverso simbologie, propaganda, saluti, ecc.) e un costante senso di protezione reciproca e mutualismo.

Queste caratteristiche hanno la capacità di dare una sorta di significato alla vita dei giovani, in particolare nei quartieri più poveri e disagiati. Un significato che è per certi versi positivo per i tanti giovani che si sentono esuberi della società, che non hanno alternative (centri culturali e ricreativi, biblioteche, efficienti strutture sportive) o che non si riconoscono nei centri di aggregazione già esistenti (parrocchie, centri sociali, bar, sport, ecc.).

Molti dei giovani che si legano a questi organismi lo fanno perché notano le storture della società: mi riferisco all’ipocrisia dei centri religiosi, al disfacimento morale e intellettuale di molti centri sociali, all’abbrutimento dovuto ad alcool e droghe e alle mille forme di distrazione dai problemi del sistema sociale che la borghesia propaganda tra le masse.

Una buona parte di questi giovani vive la forte contraddizione che vi è tra la popolazione autoctona e quella straniera, contraddizione che è alimentata maggiormente dalle condizioni materiali e intellettuali in cui sia popolazione autoctona (con caratteristiche sue proprie) sia quella straniera sono relegate.

Alcune delle leve fortissime che i gruppi di estrema destra utilizzano per raccogliere consensi e adesioni sono:

1. una forma di patriottismo nazionalista in cui nessuno è diverso dall’altro e in cui il collante è l’appartenenza allo stesso colore della pelle, alla stessa nazione con annesse culture, lingua e tradizioni;

2. il mito della socializzazione dell’economia, ponendo al centro l’opera di Mussolini e in particolare il mito della Repubblica Sociale Italiana;

3. il mito di una rivoluzione che però nei fatti è solo quella che la borghesia ti permette di fare, una finta rivoluzione insomma di cui i dirigenti di questi gruppi sono disonestamente consapevoli, ma a cui le masse proletarie e sottoproletarie aderiscono inconsapevolmente in assenza di alternative politiche valide e di una visione generale della società capitalista;

4. la propaganda della necessità di avere ordine e sicurezza nella società, società in cui la liberalizzazione dell’economia ha portato a un enorme disordine sociale (immigrazione incontrollata legale e non, conflitto orizzontale tra le classi subalterne) che in qualche modo le masse riconoscono come ingiusto e al quale pertanto cercano un modo per opporsi.

In questi gruppi vi sono fortissime contraddizioni interne. Provo a descriverne due brevemente.

1. La prima contraddizione fortissima esiste tra chi dirige e che viene diretto. Non vi è mai confronto tra base e vertici ed è assodata e collaudata la gerarchia di tipo militare: in sostanza vi è chi pensa e chi fa, relegando chi fa nella condizione di non pensare (un po' come in fabbrica dove il padrone decide e gli operai eseguono fin quando serve al padrone, e l’operaio è bravo fin quando è fedele al padrone). A lungo termine questa contraddizione porta a due estremi: o l’allontanamento o diventi pienamente parte di quel sistema.

2. La seconda contraddizione è quella uomo/donna: la donna viene considerata come un individuo il cui compito è quello di occuparsi della casa e della famiglia, un individuo “naturalmente” inferiore che in ogni caso non potrà mai arrivare alle condizioni materiali e intellettuali dell’uomo. Questa contraddizione porta a raccogliere scarsissimi consensi tra la popolazione femminile e al tempo stesso ad alimentare maggiormente, negli individui maschi militanti, il machismo e il senso di superiorità fisica e intellettuale.

Per quanto riguarda la mia esperienza personale, io ora non faccio più parte da anni di questi gruppi, nonostante ne conosca ancora diversi membri. In autonomia rispetto all’attività di militante, ho condotto studi politici su Marx, Lenin e Mao che mi hanno spinto ad un progressivo isolamento nell’organismo al quale aveva aderito e alla ricerca di un nuovo senso della vita, per dare un valore più ampio all’attività politica che sentivo la necessità di mettere in campo.

Oggi io mi riconosco in buona parte delle analisi che il (n)PCI porta avanti e pertanto è mio desiderio che questo testo diventi motivo di dibattito tra quanti vogliono analizzare con gli occhi del materialismo dialettico le condizioni di esistenza dei membri degli organismi cosiddetti “neofascisti”. Ad oggi non ho riscontrato in nessuno dei cosiddetti partiti comunisti un’adeguata analisi di questi gruppi. Hanno un’analisi viziata da una pregiudiziale. La stessa pregiudiziale che esiste oggi nei confronti delle masse proletarie che si arruolano nelle forze dell’ordine, ma sono possibili alleati della classe operaia nel fare la rivoluzione socialista perché appartengono alla stessa classe.

La sinistra colorata oggi ritiene che i neofascisti esistono perché non vi è una sinistra unita e forte. Io credo che in realtà è esattamente il contrario: oggi i movimenti di estrema destra non sono forti proprio perché il movimento marxista non è forte. La borghesia non ha bisogno di questi gruppi “neofascisti” perché il movimento comunista non è ancora in grado di aggregare attorno a sé larghe masse di proletari e pertanto non è una minaccia reale al sistema di relazioni sociali.

In chiusura spero che questo testo sia uno strumento di dibattito per l’unione di tutti i comunisti attorno ad un unico partito pubblico che sia in grado di intervenire nelle contraddizioni che ho descritto, affiancato da un partito clandestino che sia in grado di penetrare tutti gli ambienti, anche quelli storicamente lontani dalla tradizione comunista. Con l’augurio di un confronto costruttivo, vi saluto.

Antonio Persico