La Voce 63 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXI - novembre 2019

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Proletari e aristocrazia proletaria

Bando alla faciloneria

La nota Aristocrazia proletaria (La Voce 62 pag. 13) ha suscitato forti critiche tra i lettori. Le critiche riguardano sia la precisione dell’individuazione della categoria (quali proletari l’autore indica come componenti dell’aristocrazia operaia) sia i motivi per cui l’autore distingue questa categoria dal resto del proletariato: quale ruolo oggettivo (spontaneo) la distingue dal resto del proletariato e/o quale compito le vogliamo far svolgere nel nostro piano di guerra.

Sul primo punto alcuni lettori hanno fatto osservare che benestanti è un termine tanto generico da essere inutile, fonte di controversie senza fine e di confusione. Volendo qualificare l’aristocrazia proletaria anche per il suo reddito e stile di vita, l’autore della nota è ricorso a una soluzione molto peggiore del reddito usato come indice grossolano nell’analisi di classe nel Manifesto Programma (cap. 2.2.).

Altri hanno fatto osservare che mettere tutti i dipendenti del pubblico (dell’Amministrazione statale e degli enti locali e servizi ancora pubblici come sanità, istruzione, previdenza sociale, viabilità, rete fognaria, ecc.) senza distinguere la massa dei dipendenti dai quadri e funzionari, oltre che offendere l’evidenza della diversità dei ruoli sociali e delle relazioni contrattuali in cui sono coinvolti, è anche contrario alla linea della Carovana. Questa infatti giustamente attribuisce agli organismi popolari (OP) dei dipendenti aggregati nelle istituzioni e aziende pubbliche un ruolo affine a quello degli organismi operai (OO) delle aziende capitaliste. Di contro l’autore della nota assimila tutti i dipendenti del pubblico a quella che chiamiamo “seconda gamba”, articolata nei tre serbatoi (amministrazione pubbliche democratiche, sindacalisti di sinistra, esponenti della sinistra borghese non anticomunista) ai fini della costituzione del Governo di Blocco Popolare (GBP).

Tuttavia la costituzione del GBP e la creazione delle condizioni per costituirlo si fondano principalmente sull’intervento promosso dai comunisti sulle OO di aziende capitaliste e sulle OP delle istituzioni e aziende pubbliche (e in subordine sulle OP territoriali e tematiche) per promuoverne la moltiplicazione e il rafforzamento organizzativo e politico (nuove autorità pubbliche). Le OO di aziende capitaliste sono principali e decisive per la posizione che la classe operaia oggettivamente ha (lavoratori aggregati in aziende a produrre merci, formati dal lavoro collettivo, in confronto diretto con il capitalista e i suoi funzionari e con le condizioni (mercato, ecc.) della valorizzazione del capitale) e per il ruolo che di conseguenza può e deve svolgere nella trasformazione della società capitalista in società comunista. Ma il ruolo delle OP delle istituzioni e aziende pubbliche è analogo a quello delle OO delle aziende capitaliste nel dare continuità alla funzione produttiva e sociale delle istituzioni e aziende pubbliche (contro la privatizzazione e l’eliminazione o la riduzione di servizi pubblici conquistati dalle masse popolari). La rete di OO e OP costituisce la rete del nuovo potere su cui si poggerà il GBP e su cui poggerà anche l’edificazione del socialismo.

Nei paesi imperialisti le classi proletarie diverse dalla classe operaia costituiscono una parte notevole della popolazione (vedasi Manifesto Programma cap. 2.2). Esse sono gli alleati più saldi su cui la classe operaia può fare affidamento. Proprio perché anche i loro membri non hanno altra fonte di reddito che la vendita della loro forza-lavoro, le altre classi che compongono il proletariato sono direttamente connesse alla classe operaia.

Tra queste una parte importante è costituita da dipendenti di istituzioni e aziende pubbliche. Quindi analizzare la distinzione tra dipendenti del pubblico in proletari e aristocrazia proletaria (come facciamo tra classe operaia e aristocrazia operaia) è funzionale alla comprensione delle varie classi che compongono le masse popolari e che nel corso dell’attuale crisi economica e politica si possono riunire sotto la direzione della classe operaia contro la borghesia  imperialista e dunque è funzionale alla nostra linea d’intervento. Esattamente come per classe operaia e aristocrazia operaia, l’analisi che permette di distinguere tra i dipendenti del pubblico l’aristocrazia proletaria si fonda sui tre criteri per individuare l’aristocrazia operaia nei paesi imperialisti indicati in Rapporti sociali n. 12/13 (novembre 1992), nell’articolo Il campo della rivoluzione socialista. Qui, esattamente nella nota 5, si legge che nel sistema produttivo vengono inseriti dei lavoratori, anch’essi venditori della loro forza-lavoro, che aiutano il capitalista a svolgere le sue funzioni (dirigenti, quadri e capi). Proprio perché partecipano delle funzioni del capitalista, ma sono anche lavoratori dipendenti, quando si deve risolvere il problema della loro collocazione di classe occorre rispondere alle questioni: che ruolo hanno nello sfruttamento del resto della forza-lavoro? Quanto condividono delle funzioni del padrone, in che misura fanno le veci del padrone? Che proporzione c'è tra il loro ruolo di sostituti del padrone e il loro ruolo di lavoratori? Se la proporzione è decisamente sbilanciata a favore del secondo, essi appartengono alla classe operaia o al proletariato a seconda dei casi. Se la proporzione è decisamente sbilanciata a favore del primo, essi appartengono al campo dell’imperialismo, delle forze della reazione. Se la proporzione tra le due parti è grossomodo equilibrata, essi appartengono alla categoria particolare delle masse popolari di cui tratta la nota di La Voce 62 (pag. 13): l’aristocrazia proletaria.

Invece i dipendenti delle istituzioni e aziende pubbliche che non hanno ruoli nello sfruttamento degli altri, che non svolgono ruoli di sostituti del padrone e che sono quindi principalmente lavoratori (con l’avanzamento della crisi i dipendenti del pubblico perdono progressivamente anche i “privilegi” contrattuali e di reddito) sono i referenti del nostro intervento per costituire, rafforzare e moltiplicare OP che tutelino diritti e occupazione, lottino contro la privatizzazione e lo smantellamento dei servizi e si colleghino tra loro rafforzando la resistenza anche fuori dalle istituzioni. Il nostro intervento mira a farli partecipare alla costruzione del nuovo potere su cui si poggerà il GBP e successivamente l’edificazione del socialismo. Infatti i dipendenti del pubblico, che saranno coinvolti nella guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata (GPRdLD), dovranno assicurare la continuità di quei servizi che costituiscono il funzionamento collettivo della società, come istruzione, sanità, assistenza e previdenza e i molti altri che nel socialismo si aggiungeranno (trasporti, manutenzione del patrimonio immobiliare e del territorio, ecc.). I dipendenti statali, organizzati in OP, dovranno dunque svolgere un ruolo importante per la continuità del funzionamento dell’apparato statale e svolgeranno anche un ruolo decisivo nel controllo popolare dei dirigenti nell’ambito della lotta di classe che sarà in corso anche nel socialismo. Rispetto alle funzioni dello Stato durante la rivoluzione Lenin in Cinque anni di rivoluzione russa e le prospettive della rivoluzione mondiale (vol. 33 delle Opere complete) afferma infatti: “Abbiamo ereditato il vecchio apparato statale e questa è la nostra disgrazia. L’apparato statale lavora molto spesso contro di noi. È avvenuto che nel 1917, dopo che avevamo preso il potere, l’apparato statale ci ha sabotato. Allora ci spaventammo molto e dicemmo: “Per favore, ritornate da noi”. Sono ritornati tutti, questa è stata la nostra disgrazia. Oggi abbiamo una massa enorme di impiegati, ma non abbiamo un numero sufficiente di elementi preparati che possano effettivamente dirigerli. In pratica avviene molto spesso che qui, in alto, dove abbiamo il potere statale, l’apparato bene o male funziona: ma in basso, dove comandano loro, spadroneggiano in modo tale, che, spesso, agiscono contro i nostri provvedimenti. In alto, abbiamo non so quanti, ma penso ad ogni modo soltanto alcune migliaia, al massimo alcune decine di migliaia di elementi nostri. Ma in basso, abbiamo centinaia di migliaia di vecchi funzionari, ereditati dallo zar e dalla società borghese, che lavorano, parte consapevolmente e parte inconsapevolmente, contro di noi”.

Per l’intervento sulle OP del pubblico possiamo contare sulle leve individuate per i dipendenti pubblici nella nota di La Voce 62, sul fatto che le loro condizioni lavorative con l’avanzare della crisi peggiorano progressivamente con l’estensione del precariato, il blocco degli stipendi, il blocco delle assunzioni, il peggioramento degli edifici (pensiamo alle scuole e agli ospedali fatiscenti), ecc. e sul fatto che sempre più si assiste all’estensione nel pubblico della logica  aziendale (segreto aziendale, fedeltà aziendale, vincolo all’equilibrio finanziario, ecc.) per fargli fare scuola di comunismo e immetterli nella lotta di classe. Con la progressiva privatizzazione di settori e con l’esternalizzazione di sempre maggiori servizi si fanno più frequenti i passaggi di lavoratori dalla classe proletaria alla classe operaia.

Diverso e distinto è invece l’intervento sull’aristocrazia proletaria, riportato nella nota di La Voce 62 e per cui abbiamo ampi margini di intervento in termini pratici nella costituzione del GBP.

Ovviamente restano fuori dalle considerazioni qui svolte le classi proletarie non operaie diverse dai dipendenti delle istituzioni e aziende pubbliche, indicate nel punto a2 (pag. 170) del capitolo 2.2.2 del Manifesto Programma (a queste vanno aggiunti i dipendenti delle vere e finte istituzioni noprofit e i finti lavoratori autonomi, partite IVA, ecc.) e la corrispondente aristocrazia. Per queste rimandiamo alla pubblicistica del Partito e in particolare ai testi indicati nella bibliografia che segue.

 

Bibliografia

 

1. Coproco - I fatti e la testa - Giuseppe Maj Editore, aprile 1983 (i due capitoli Per l’analisi di classe dei paesi imperialisti pagg. 100 - 110 e L’aristocrazia proletaria dei paesi imperialisti pagg. 110 - 114).

 

2. Rapporti Sociali n. 5/6 gennaio 1990 pagg. 38-41 Per un’inchiesta collettiva sulle modificazioni del processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza.

 

3. Rapporti Sociali n. 12/13 novembre 1992 pagg. 37 - 42, Il campo della rivoluzione socialista. Classe operaia, proletariato, masse popolari.

 

4. Manifesto Programma capitolo 2.2.