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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXI - marzo 2019

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Sulla resistenza spontanea delle masse popolari

Presentazione di un articolo di Rapporti Sociali 12/13



La rivoluzione in Europa non può essere altro che l’esplosione della lotta di massa di tutti gli oppressi e di tutti i malcontenti. Una parte della piccola borghesia e degli operai arretrati vi parteciperanno inevitabilmente – senza una tale partecipazione non è possibile una lotta di massa, non è possibile nessuna rivoluzione – e porteranno nel movimento, non meno inevitabilmente, i loro pregiudizi, le loro fantasie reazionarie, le loro debolezze e i loro errori. Ma oggettivamente essi attaccheranno il capitale. L’avanguardia cosciente della rivoluzione, il proletariato avanzato, esprimendo questa verità oggettiva della lotta di massa varia e disparata, variopinta ed esteriormente frazionata, potrà unificarla e dirigerla, conquistare il potere, prendere le banche, espropriare i trust odiati da tutti (benché per ragioni diverse!) e attuare altre misure dittatoriali che condurranno, in fin dei conti, all’abbattimento della borghesia e alla vittoria del socialismo, il quale si epurerà dalle scorie piccolo-borghesi tutt’altro che di colpo”.

(V.I. Lenin, Risultato della discussione sull’autodecisione (1916), in Opere complete vol. 22).


1. Premessa

L’articolo Il movimento di resistenza delle masse popolari al procedere della crisi della società borghese e i compiti delle forze soggettive della rivoluzione socialista (FSRS) è stato pubblicato su Rapporti Sociali n. 12/13 (novembre 1992). Esso raccoglie e sviluppa la relazione introduttiva, tenuta dal compagno Giuseppe Maj, del Convegno di Viareggio (21-22 novembre 1992) organizzato dai Centri di documentazione Filorosso di Milano e di Viareggio, a seguito del quale vennero creati i Comitati di Appoggio alla Resistenza – per il Comunismo (CARC).

A distanza di quasi 27 anni dalla pubblicazione, lo riproponiamo come materiale di studio per la formazione dei quadri della Carovana del (n)PCI e per tutti coloro che vogliono comprendere il corso delle cose e come avanzare nella lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

In primo luogo, studiare l’articolo a distanza di 27 anni permette di verificare, alla luce di quanto accaduto in questo lasso di tempo, l’analisi della situazione in esso illustrata. Il lettore constaterà che l’analisi fatta è stata completamente confermata dal corso che le cose hanno avuto in questi trent’anni. È una dimostrazione concreta, “tangibile” per così dire, di cosa significa avere un’analisi materialista dialettica, scientifica e organica della realtà, nel caso specifico della natura della crisi e dei suoi effetti.

A fronte della sinistra borghese che alimenta il “pensiero debole”, l’opinionismo, “l’impossibilità di comprendere la realtà perché il mondo è complesso”, l’incertezza sul futuro e sulla strada da percorrere, l’eclettismo che apre le porte allo scetticismo e al baratro del nichilismo, questo articolo mostra che invece il mondo può essere compreso e che esso si trasforma secondo leggi sue proprie delle quali noi possiamo e dobbiamo servirci.

Il secondo motivo per cui lo riproponiamo è che l’articolo mostra che la resistenza spontanea delle masse popolari è il principale fattore della trasformazione della nostra società su cui il Partito deve innestarsi per promuovere la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. Da qui la linea generale del (n)PCI indicata nel Manifesto Programma (Capitolo I, pag. 105): “unirsi strettamente e senza riserve alla resistenza che le masse popolari oppongono e opporranno al procedere della crisi generale del capitalismo, comprendere e applicare le leggi secondo cui questa resistenza si sviluppa, appoggiarla, promuoverla, organizzarla e far prevalere in essa la direzione della classe operaia fino a trasformarla in lotta per il socialismo, adottando come metodo principale di lavoro e di direzione la linea di massa”.

L’articolo tratta dell’origine di questa resistenza spontanea, delle sue caratteristiche fondamentali, del suo effetto in particolare nei paesi imperialisti, della lotta tra borghesia imperialista e movimento comunista per la direzione di questa resistenza spontanea, dei compiti che essa pone ai comunisti.

Studiarlo, o ristudiarlo alla luce della fase e dei compiti, è molto utile per comprendere in modo più approfondito il contesto in cui si inquadra la nostra opera e le potenzialità che ci sono per il suo sviluppo.

Riportiamo alcuni estratti dell’articolo (con l’avvertenza che i numeri di pagina indicati si riferiscono alla versione dell’articolo reperibile sul sito www.nuovopci.it, sezione dedicata alla rivista Rapporti Sociali) e mettiamo in luce i punti più utili per la nostra azione di oggi.

Una spiegazione necessaria. Nell’articolo spesso si parla di “forze soggettive della rivoluzione socialista (FSRS)” e di “forze soggettive della reazione”.

Con FSRS indichiamo “compagni e organismi che nella loro attività si pongono l’obiettivo delle rivoluzione socialista. Quando (invece, ndr) parliamo di comunisti, intendiamo compagni che assumono come propri la concezione materialista dialettica del mondo e della società e il patrimonio di esperienze del movimento comunista, un movimento internazionale che dura da 150 anni. Non tutti i compagni che oggi nel nostro paese si pongono l’obiettivo della rivoluzione socialista, accettano la concezione materialista dialettica del mondo e della società né si riferiscono ai 150 anni di movimento comunista come elemento di verifica della loro attività. Riteniamo utile distinguere quindi le FSRS e i comunisti” (da Atti del Convegno “La resistenza delle masse popolari al procedere della crisi del sistema capitalista e l’azione delle forze soggettive della rivoluzione socialista”, Edizioni Rapporti Sociali, febbraio 1993). Anche la Carovana del (n)PCI era una delle FSRS, negli anni ’90. Molte delle concezioni e delle linee delle FSRS criticate nell’articolo sono tuttora campo di lotta ideologica nel movimento comunista del nostro paese.

Con “forze soggettive della reazione” l’autore intende invece i promotori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari. Nell’articolo (pagg. 23-33) viene fatta una dettagliata analisi di esse, tra le più dettagliate e approfondite tra quelle fatte nella letteratura della Carovana del (n)PCI, che consigliamo vivamente di studiare. Tanto più ora che la sinistra borghese, per attaccare il governo M5S-Lega (suo concorrente elettorale), grida al “moderno fascismo” e al “governo più a destra della storia repubblicana” confondendo le acque e le idee su cosa è sul serio la mobilitazione reazionaria delle masse popolari e anche su quali sono le difficoltà che la borghesia imperialista incontra nel promuoverla su ampia scala.


2. L’origine della resistenza spontanea

La crisi economica [la seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale, ndr] e le conseguenti crisi politiche obbligheranno irresistibilmente tutte le classi a uscire dal corso abituale in cui per alcuni decenni si è svolta la loro attività, ad abbandonare abitudini, modi d’essere, culture, aggregazioni, relazioni e istituzioni consolidate da alcuni decenni, a cambiare idee, a cercare nuove aggregazioni e nuove soluzioni ai problemi della loro esistenza. Esse sconvolgeranno, in particolare, via via più profondamente e più diffusamente il processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza delle masse popolari; sconvolgeranno via via più profondamente e più diffusamente anche le condizioni spirituali della loro esistenza; precipiteranno le masse popolari in una situazione materiale e spirituale tragica.

Nei prossimi anni il bisogno di far fronte al procedere della crisi della società borghese determinerà, come comune sorgente e forza motrice, il sorgere, il moltiplicarsi, il diffondersi e l’approfondirsi di nuove attività pratiche e spirituali delle masse popolari. Già oggi la resistenza al procedere della crisi della società borghese proietta la sua luce sulle vecchie iniziative e attività pratiche e spirituali delle masse popolari: riempie alcune di un contenuto nuovo rispondente alla nuova situazione, svuota altre del loro contenuto condannandole al deperimento e alla morte. La resistenza al procedere della crisi della società borghese imprimerà il suo segno caratterizzante sulle più svariate e contraddittorie forme di attività, di mobilitazione e di organizzazione delle masse popolari. Essa spingerà le masse popolari a mobilitarsi ed esse diventeranno una forza irresistibile che travolgerà le attuali formazioni economico-sociali” (pag. 4).

La crisi della società borghese sconvolgerà a tal punto il processo produttivo che le masse popolari per sopravvivere dovranno muoversi direttamente alla ricerca di soluzioni. Questo è il tratto principale tra quelli che distinguono il movimento politico della nostra società del periodo che ci sta davanti da quello che ci sta alle spalle” (pag. 5).

La resistenza delle masse popolari al procedere della crisi della società borghese, la mobilitazione diretta delle masse popolari è come un fiume in piena (…). Gli iniziatori della mobilitazione delle masse non sono né i rivoluzionari né i demagoghi reazionari: è l’esperienza diretta, capillarmente diffusa, onnipresente e multiforme della crisi delle attuali formazioni economico-sociali capitaliste che muove e sempre più muoverà all’azione le masse popolari” (pag. 13).


3. Le caratteristiche della resistenza spontanea

Quanto al carattere della mobilitazione delle masse popolari, la resistenza delle masse popolari al procedere della crisi della società borghese già ora combina e inevitabilmente combinerà, in proporzioni diverse da caso a caso e di tappa in tappa, vari aspetti.

Un aspetto difensivo e un aspetto offensivo.

L’aspetto difensivo della resistenza consiste nell’opporsi all’eliminazione di quello che le masse popolari hanno conquistato nel passato e che, pezzo dopo pezzo, ora la borghesia imperialista toglie ad esse. È, generalmente, l’aspetto iniziale, più elementare e diffuso.

L’aspetto offensivo della resistenza consiste nell’attaccare il regime esistente che elimina, pezzo dopo pezzo, quello che le masse popolari hanno conquistato ed è incapace di porre rimedio alle sofferenze che la crisi della società borghese genera e genererà tra le masse popolari: questo aspetto è anch’esso una componente ineliminabile, fin dall’inizio, della resistenza delle masse popolari, ma crescerà d’importanza man mano che le masse popolari impareranno, per propria diretta esperienza, che la difesa, nel migliore dei casi, rallenta ma in nessun caso arresta il procedere della crisi della società borghese.

Un aspetto individuale e un aspetto collettivo.

C’è un aspetto individuale per cui milioni di individui si muoveranno, ognuno per trovare una soluzione alle sue personali ristrettezze economiche, al proprio disagio materiale e morale (psicologico, spirituale) e in questa ricerca romperà i vecchi legami e le vecchie frequentazioni. Di fronte allo sconvolgimento delle condizioni materiali e spirituali della loro esistenza, alcuni individui saranno avviliti, demoralizzati, inebetiti, abbruttiti, ridotti a livelli di servilismo e di soggezione oggi impensabili; altri tenderanno, affineranno, rafforzeranno al massimo grado le loro energie e capacità e compiranno imprese che non avrebbero altrimenti compiuto: quanti eroi sono sorti durante la Resistenza che senza la Resistenza non sarebbero mai esistiti?

C’è un aspetto collettivo per cui gli individui si uniranno a gruppi, a corporazioni, a classi, a fronte unito di classi per la difesa e per l’attacco; in questo impareranno a creare e a gestire una prassi collettiva, a concepire la propria esistenza come parte e come contributo alla vita di un collettivo e a esplicare la propria iniziativa come mobilitazione (opera di convincimento e di educazione), organizzazione e direzione di un collettivo.

Un aspetto distruttivo e un aspetto costruttivo.

Un aspetto pratico e un aspetto culturale.

Ad ogni fase della resistenza corrisponderà una lotta particolare tra queste quattro coppie di opposti: lo scontro tra questi opposti sarà onnipresente e assumerà connotati precisi e particolari in ogni iniziativa, in ogni gruppo, in ogni momento.

Sullo sviluppo di queste contraddizioni agiranno sia le forze soggettive della rivoluzione socialista sia le forze soggettive della reazione” (pagg. 9-10).


4. La resistenza spontanea non diventa offensiva solo grazie all’azione dei comunisti

Tra queste quattro coppie di opposti della resistenza spontanea, ci soffermiamo sull’“aspetto difensivo e offensivo” e in particolare sull’aspetto offensivo, date le sue implicazioni con la linea “rafforzare e moltiplicare le organizzazioni operaie e popolari e portarle ad agire da nuove autorità pubbliche”.

Prendiamo ad esempio la coppia difensivo-offensivo.

Ambedue gli aspetti sono presenti, quindi ambedue vanno elaborati. Qual è il rapporto tra i due? Che tutti e due ci sono e vanno bene? Questo è eclettismo. In realtà il primo è la base, il più elementare, istintivo e diffuso, è quello che se resta predominante porta alla sconfitta. Il secondo è quello che si sviluppa più lentamente, più complesso, è quello che diventando dirigente può condurre alla vittoria.

Quindi le forze soggettive della rivoluzione socialista devono raccogliere e valorizzare il primo per rendere dirigente il secondo. Esse devono combattere le azioni tese a limitare il movimento delle masse al primo aspetto. Tipici promotori di azioni di questo genere sono Rifondazione comunista e in generale i gruppi opportunisti (dogmatici o economicisti). Queste azioni alimentano tra le masse popolari iniziative condannate in partenza alla sconfitta, concentrano le loro energie, i loro sentimenti e le loro aspirazioni su obiettivi perdenti. Quindi generano tra le masse dispersione delle forze, disgregazione, diversione, demoralizzazione, sfiducia. Tutte cose che favoriscono l’affermazione della direzione dei gruppi reazionari (mobilitazione reazionaria delle masse). La difesa delle condizioni esistenti può e deve trasformarsi in lotta contro il corso della crisi, contro il regime in crisi, contro il regime che non sa e non può porre fine alla crisi. Così come l’azione individuale può trasformarsi in azione collettiva, l’azione distruttiva in azione costruttiva e l’attività pratica può acquisire un livello maggiore di coscienza e un orizzonte più ampio. Le forze soggettive della rivoluzione socialista non devono mai disprezzare, svilire il primo aspetto, dire che è inutile! La difesa non può risolvere il problema. La difesa non basta e per questo bisogna lottare contro chi vuole limitare le masse popolari alla difesa. Ma la difesa non è inutile, anzi è necessaria. Bisogna lottare anche contro chi, siccome “la difesa non basta”, scoraggia la difesa, di fronte a ogni lotta rivendicativa si ritira dichiarando che non approderà a nulla, di fronte a ogni lotta difensiva dice che tanto prima o poi la borghesia imperialista l’avrà vinta (“prima o poi saremo tutti morti”: e allora è forse questo un buon motivo per lasciarci uccidere oggi?) e svilisce i risultati ottenuti. Contenere, limitare, ritardare l’eliminazione delle loro conquiste e dei loro diritti è utile alle masse popolari. Difendendosi si impara a combattere, a conoscere le proprie forze, a raccoglierle, a mobilitarle e a organizzarle; difendendosi si possono costruire le condizioni (ideologiche, politiche, organizzative e tecniche) necessarie per l’attacco.

Le forze soggettive della rivoluzione socialista devono sostenere, promuovere, organizzare e dirigere le lotte difensive, facendo tutto il possibile perché ognuna di esse sia vittoriosa e nello stesso tempo sviluppare, all’interno di ognuna di esse, le condizioni per l’attacco. Senza difesa non c’è attacco! Questo è il lato positivo della difesa. La difesa ha tuttavia anche un lato negativo: ogni gruppo difende i suoi particolari interessi e questo offre alla borghesia imperialista l’appiglio per cercare di mettere in primo piano le contraddizioni tra classi e strati che compongono le masse popolari (…), contraddizioni che solo nell’attacco, nell’offensiva contro la borghesia imperialista tornano a occupare il posto di secondo piano che oggettivamente loro compete.

Tuttavia chi non combatte per difendere quello che ha, tanto meno combatte per conquistare di più! Non si tratta di negare la difesa, ma di renderla funzionale all’attacco fino a trasformarla in attacco. Nella lotta di difesa le forze soggettive della rivoluzione socialista devono continuamente far emergere gli elementi di attacco fino a renderli dirigenti, in modo che la perdita del poco che avevamo si traduca nella conseguente determinazione che la strada giusta è prendersi tutto: “abbiamo perso il poco proprio perché era poco”.

L’aspetto offensivo è l’anima viva, vincente della mobilitazione delle masse, l’aspetto che esiste già anch’esso nella resistenza delle masse, che l’azione delle forze soggettive della rivoluzione deve far emergere e fare diventare dominante, dirigente. A favore di questo aspetto vi è l’antagonismo oggettivo tra gli interessi delle masse e quelli della borghesia imperialista. È l’aspetto che sviluppandosi trasformerà la resistenza in lotta per il socialismo” (pagg. 10-11).

L’articolo spiega che l’aspetto offensivo è presente già nella resistenza spontanea e che i comunisti devono vederlo e rafforzarlo. Non sono loro a crearlo. “Non è vero che sono le forze soggettive che introducono l’aspetto offensivo nel movimento delle masse popolari. Esso vi esiste, ovviamente al modo in cui le cose esistono tra le masse popolari, già prima che vi si sviluppi l’azione cosciente e mirata delle forze soggettive della rivoluzione socialista (e quella delle forze soggettive della reazione). I fatti che testimoniano questo sono vari:

- la “disaffezione” crescente delle masse popolari dalla “politica”, ossia dalle attività in cui i partiti e le altre associazioni del regime vogliono coinvolgerle;

- il fatto che anche i promotori della direzione della borghesia nel movimento delle masse popolari (mobilitazione reazionaria) devono scagliarsi contro l’attuale regime attaccando le forme “particolari” che ha assunto la dominazione della borghesia imperialista (la partitocrazia, la corruzione, il centralismo, (la casta, ndr), ecc.), visto che per la loro natura di classe non possono scagliarsi contro la dominazione della borghesia imperialista, come invece fanno le forze soggettive della rivoluzione socialista;

- il relativo successo che hanno, per un certo tempo, i mestatori e i “salvatori della patria (alla Cossiga, alla Bossi, alla Segni, ecc.) che si propongono come antagonisti dell’attuale regime” (pag. 9, nota 18).


A questo proposito anche nelle nostre file oggi c’è confusione: è diffusa l’idea che la resistenza delle masse assume un carattere offensivo solo dove c’è l’intervento dei comunisti e questo ha una serie di ricadute sulla nostra azione. Le principali sono le seguenti.

1. Non vedere nel movimento delle masse l’aspetto offensivo che già esiste e che va sviluppato. Questo depotenzia la nostra azione per moltiplicare e rafforzare le OO e OP e favorisce la tendenza a sostituirsi ai lavoratori in lotta: porta ad agire da avanguardie di lotta anziché da comunisti. Vedere l’aspetto offensivo che esiste indipendentemente da noi, invece, ci spinge a concentrarci sulle tendenze positive della resistenza spontanea e su come estenderle, rafforzarle e svilupparle.

2. Ritenere che l’aspetto offensivo esiste solo grazie all’azione dei comunisti porta anche a pensare che le OO e OP possono agire da nuove autorità pubbliche (NAP) solo se ci sono i comunisti (“non possono esserci NAP senza l’azione dei comunisti”). Questo contrasta, ad esempio, con quanto avviene, in grande, in Val Susa con il movimento NO TAV. Inoltre, cosa più importante, non ci fa vedere tutte le possibilità che ci sono per moltiplicare e rafforzare le OO e OP e per portarle ad agire da NAP. Dobbiamo partire dal fatto che agire da NAP è una tendenza in una certa misura spontanea, manifestazione del carattere offensivo della resistenza delle masse. Il compito di noi comunisti è vederla, sostenerla, alimentarla, rafforzarla, estenderla.

3. Limita la comprensione dei processi in atto e delle possibilità che aprono alla costruzione del nuovo potere. La breccia aperta dalle masse popolari nel sistema delle Larghe Intese che per quarant’anni ha governato il nostro paese, ad esempio, è una manifestazione del carattere offensivo della resistenza spontanea: le masse popolari di fatto hanno attaccato il regime esistente.


 


Sul sito del (nuovo) Partito comunista italiano sono disponibili l’indice generale e la raccolta completa degli articoli della rivista Rapporti Sociali 1985 - 2008:

www.nuovopci.it/scritti/RS/

 



5. Sulla mobilitazione reazionaria

Nell’articolo (pagg. 23-33) viene fatta un’analisi sulla mobilitazione reazionaria e sull’azione svolta dalla borghesia imperialista per promuoverla.

Vengono indicati i punti deboli e i punti forti delle forze della mobilitazione reazionaria e i tre aspetti su cui “devono e dovranno far leva le forze soggettive della reazione per imporre la direzione della borghesia imperialista nel movimento di resistenza”, ossia:

- la lotta contro le forme specifiche che la dominazione della borghesia imperialista ha assunto nella concreta formazione economico-sociale (il tipo di regime),

- le contraddizioni tra classi e strati delle masse popolari,

- gli strumenti di potere che i nuovi gruppi reazionari “ereditano” dall’esistente regime.

Dei tre aspetti appena indicati, l’autore dell’articolo fa un’analisi di dettaglio.

Ci soffermiamo sul primo di essi (“la lotta contro le forme specifiche che la dominazione della borghesia imperialista ha assunto nella concreta formazione economico-sociale”), data la sua importanza. Innanzitutto l’articolo spiega che 1. il sistema capitalista e 2. le forme specifiche della dominazione della borghesia (il tipo di regime di cui si dota) non sono la stessa cosa e che i promotori della mobilitazione reazionaria “attaccano” le forme specifiche della dominazione (il tipo di regime), salvaguardando però il sistema capitalista: la confusione che essi generano tra le masse popolari (l’idea che possano cambiare o che stiano cambiando le cose) poggia su questo aspetto.

Allo stesso tempo l’articolo indica i punti deboli di questa linea:

- “le forze soggettive della reazione non possono che usare le forme specifiche della dominazione della borghesia imperialista (del regime, ndr) per nascondere la dominazione della borghesia imperialista in generale, additare le prime come bersaglio della mobilitazione delle masse popolari per evitare che essa si diriga contro la seconda” (pag. 27). In sintesi: il punto debole delle forze soggettive della reazione è che pur attaccando la forma di regime della borghesia imperialista, i rapporti di produzione restano gli stessi e quindi il contrasto di classe (tra classe operaia e borghesia imperialista) non può essere “risolto”, “superato” e continuerà a ripresentarsi;

- la resistenza accanita degli interessi costituiti legati alla specifica formazione economico-sociale (interessi che devono essere “sacrificati”),

- la difficoltà di separare interessi legati alla particolare formazione economico-sociale (al regime, ndr) dagli interessi della borghesia imperialista in generale, la forma storicamente determinata degli interessi di classe dagli interessi di classe in generale, il particolare dal generale,

- la difficoltà che le forze soggettive della reazione incontrano a fermare la lotta delle masse popolari “al punto giusto”,

- la difficoltà di “elaborare” una nuova formazione economico-sociale che al posto dell’attuale incarni in forme diverse la dominazione della borghesia imperialista” (pagg. 28-29).

A quanto detto nell’articolo occorre aggiungere che:

- la borghesia imperialista ricorre alla mobilitazione reazionaria delle masse popolari solo se il movimento comunista è forte e minaccia concretamente il suo dominio (questo aspetto non è messo adeguatamente in risalto nell’articolo),

- oggi i promotori della mobilitazione reazionaria non sono gli scimmiottatori del fascismo del XX secolo (CasaPound, Forza Nuova, Fratelli d’Italia, ecc.) ma le Larghe Intese tra PD e Partito di Berlusconi.

Oggi Matteo Salvini punta ad accreditarsi presso la borghesia imperialista come esponente di primo piano per la promozione della mobilitazione reazionaria. Lui e tutti gli altri promotori della mobilitazione reazionaria incontrano però un grande ostacolo: stante le condizioni in cui versa il capitalismo e il corso delle cose prodotto dalla borghesia stessa a seguito dell’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, oggi è impossibile per i promotori della mobilitazione reazionaria una “rivoluzione passiva” come quella fatta dal fascismo in Italia e dal nazismo in Germania (industria di Stato, infrastrutture, bonifiche, abbattimento della disoccupazione, sistema pensionistico, colonie per bambini, miglioramenti delle condizioni di vita delle masse popolari schiacciando le masse popolari di altri paesi, ecc.).

La “rivoluzione passiva” è una componente fondamentale della mobilitazione reazionaria, per conquistare il consenso e il sostegno di una parte delle masse popolari. Questo è il grande “tallone d’Achille” degli odierni promotori della mobilitazione reazionaria.

Riprendendo le parole dell’articolo, questo rende ancora più difficile alle forze soggettive della reazione “attaccare le forme specifiche della dominazione della borghesia imperialista (del regime, ndr) per nascondere la dominazione della borghesia imperialista in generale, additare le prime come bersaglio della mobilitazione delle masse popolari per evitare che essa si diriga contro la seconda”.

Senza “rivoluzione passiva” è ancora più difficile nascondere, momentaneamente, il contrasto tra classe operaia e borghesia imperialista!

Buono studio!

Conoscere il mondo per trasformarlo!

Franco S.