La Voce  56 - anno XIX, luglio 2017 - in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

del (nuovo)Partito comunista italiano

Il salto epocale in campo economico-sociale che l’umanità deve compiere

 

Per il partito comunista le lotte rivendicative (sindacali e politiche) sono uno strumento non solo utile ma indispensabile per mobilitare le masse popolari (queste lotte corrispondono al senso comune sulla base del quale agiscono le masse popolari del nostro paese), ma il Partito è capace di fare delle lotte rivendicative un’efficace scuola di comunismo (1) solo se esso ha una buona comprensione del salto epocale che l’umanità deve compiere (e questa alla comprensione è particolarmente indispensabile per il partito comunista di un paese imperialista: qui l’unica rivoluzione possibile è la rivoluzione socialista). È grazie alla comprensione del corso delle cose che il Partito orienta la lotta delle masse popolari, fa confluire ogni lotta come un rivolo nel grande fiume della rivoluzione socialista (trattando con cognizione di causa, giustamente, la contraddizione tra l’immediato e lo strategico, tra il particolare e il generale, tra l’economia nazionale e l’economia mondiale, tra il nostro paese e il resto del mondo), fa crescere fra le masse popolari il numero degli elementi avanzati e via via fa progredire la loro coscienza.(2)

 

1. Cosa significa “scuola di comunismo” è illustrato nella nota 30 a pag. 262 e 263 del nostro Manifesto Programma, a cui rimandiamo i lettori. Riportiamo qui invece uno stralcio dell’articolo del 1899 Sugli scioperi, in cui Lenin spiega riferendosi agli scioperi che il compito dei comunisti è di farne una “scuola di comunismo” (che Lenin chiama “scuola di guerra”).

“Gli scioperi, dunque, abituano gli operai all’unione, mostrano loro che soltanto uniti riescono a lottare contro i capitalisti, insegnano loro a pensare alla lotta di tutta la classe operaia contro tutta la classe dei fabbricanti e contro il governo autocratico e poliziesco. Ecco perché i socialisti chiamano gli scioperi una “scuola di guerra”, scuola nella quale gli operai imparano a fare la guerra contro i loro nemici, per la liberazione di tutto il popolo e di tutti i lavoratori dal giogo dei funzionari e dal giogo del capitale.

Ma una “scuola di guerra” non è ancora la guerra stessa. Quando fra gli operai si diffondono largamente gli scioperi, alcuni operai (e alcuni socialisti) cominciano a pensare che la classe operaia possa limitarsi agli scioperi e alle casse o società di resistenza per gli scioperi; che mediante i soli scioperi la classe operaia possa ottenere importanti miglioramenti delle sue condizioni o persino la sua emancipazione. Vedendo quale forza rappresentano l’unione degli operai e persino i loro piccoli scioperi, alcuni pensano che sia sufficiente scatenare lo sciopero generale in tutto il paese perché gli operai possano ottenere dai capitalisti e dal governo tutto quel che vogliono. Tale opinione è stata espressa anche da operai di altri paesi, quando il movimento operaio era solo agli inizi e gli operai erano ancora molto inesperti. Ma è un’opinione errata. Gli scioperi sono uno dei mezzi di lotta della classe operaia per la sua emancipazione, ma non sono l’unico mezzo; e se gli operai trascureranno gli altri mezzi di lotta ritarderanno lo sviluppo e i successi della classe operaia.

Certo, per la vittoria degli scioperi occorrono casse che sostengano coi loro fondi gli operai durante gli scioperi. Gli operai (abitualmente quelli di singole industrie, di singoli mestieri o reparti) organizzano tali casse in tutti i paesi, ma qui da noi, in Russia, ciò è particolarmente difficile, perché la polizia dà loro la caccia, sequestra il denaro, arresta gli operai. Naturalmente questi sanno anche sfuggire alla polizia; naturalmente l’organizzazione di tali casse è utile e non vogliamo dissuadere gli operai dall’occuparsene. Ma non si può sperare che le casse operaie, essendo interdette dalla legge, possano attrarre una grande massa di aderenti; e quando gli aderenti sono pochi, le casse operaie non possono essere molto utili. Inoltre, persino in quei paesi in cui i sindacati operai possono liberamente esistere e posseggono grandi fondi, persino in quei paesi la classe operaia non può limitarsi nella sua lotta ai soli scioperi. Basta un ristagno nell’industria (la crisi che, per esempio, sta ora approssimandosi anche in Russia) perché i fabbricanti provochino deliberatamente degli scioperi, essendo loro talvolta vantaggioso cessare temporaneamente il lavoro e rovinare le casse operaie. Gli operai quindi non possono assolutamente limitarsi agli scioperi e alle società di resistenza.

In secondo luogo, gli scioperi sono vittoriosi soltanto dove gli operai sono già abbastanza coscienti, dove sanno scegliere il momento per scatenarli, sanno presentare le rivendicazioni, hanno legami con i socialisti per procurarsi manifestini e opuscoli. Di tali operai però ve ne sono ancora pochi in Russia, ed è necessario tendere tutte le forze per aumentarne il numero, per far conoscere alla massa degli operai la causa operaia, il socialismo e la lotta della classe operaia. I socialisti, insieme con gli operai coscienti, devono prendere su di sé questo compito, costituendo a questo scopo un partito operaio socialista.

In terzo luogo, gli scioperi, come abbiamo visto, mostrano agli operai che il governo è il loro nemico e che bisogna lottare contro di esso. E infatti in tutti i paesi gli scioperi hanno insegnato a poco a poco alla classe operaia come lottare contro i governi per i diritti degli operai e per i diritti di tutto il popolo. Come abbiamo detto or ora, può condurre una tale lotta soltanto un partito operaio socialista che diffonda fra gli operai giuste nozioni circa il governo e la causa operaia. Un’altra volta parleremo particolarmente del modo come si conducono gli scioperi qui da noi, in Russia, e  come gli operai coscienti devono servirsene. Per il momento dobbiamo rilevare, come abbiano notato più sopra, che gli scioperi sono una “scuola di guerra”, non già la guerra stessa; che gli scioperi sono soltanto uno dei mezzi di lotta, soltanto una delle forme del movimento operaio. Dagli scioperi isolati gli operai possono e devono passare, e realmente passano in tutti i paesi, alla lotta di tutta la classe operaia per l’emancipazione di tutti i lavoratori. Quando tutti gli operai coscienti divengono socialisti, cioè uomini che aspirano a tale emancipazione, quando si uniscono in tutto il paese per diffondere fra gli operai il socialismo, per insegnar loro tutti i mezzi di lotta contro i loro nemici, quando costituiscono un partito operaio socialista che lotta per la liberazione di tutto il popolo dal giogo del governo e per l’emancipazione di tutti i lavoratori dal giogo del capitale, soltanto allora la classe operaia aderisce completamente al grande movimento degli operai di tutti i paesi che unisce tutti gli operai e innalza la bandiera rossa sulla quale è scritto: ‘Proletari di tutti i paesi, unitevi!’” (in Opere complete vol. 4 - Editori Riuniti 1957, pagg. 315 -325).

 

2. Per giungere a una comprensione del corso delle cose nel nostro paese e nel mondo abbastanza avanzata da poterla usare con successo per fare andare il mondo verso il comunismo, è decisivo conoscere la relazione dialettica tra l’economia e il resto (le relazioni politiche, le relazioni della società civile, la morale e il mondo delle idee). Per avere una buona comprensione dell’economia è fondamentale intendere che Il capitale di Carlo Marx non è il “concreto di pensiero” della società borghese, la rappresentazione nella nostra mente del “mondo come è”. Esso è un trattato di logica dialettica applicata al modo di produzione capitalista, nel senso illustrato da Engels nello scritto Karl Marx, “Per la critica dell’economia politica” (1859), Opere complete vol. 16 - Editori Riuniti 1983, pagg. 472-481. Cioè espone come successione di categorie (di concetti) l’evoluzione che il modo di produzione capitalista ha fatto lungo i secoli depurandone però la storia dalle perturbazioni dovute ad eventi accidentali.

Per chi ha capito questo sono letteralmente privi di senso tutti i discorsi su cosa è ancora valido e cosa non è più valido delle teorie economiche di Marx. Il capitale di Carlo Marx è la teoria dell’origine e dello sviluppo del modo di produzione capitalista che è in tutto il mondo il modo di produzione dominante nell’economia delle società attuali. Ovvio che un adulto non è più il bambino che era alla sua nascita, ma le caratteristiche attuali dell’adulto riusciamo a capirle pienamente e riusciamo a capire quale ulteriore sviluppo l’adulto può avere e come, solo se ricostruiamo (se l’adulto stesso ricostruisce, ammesso che voglia e sia in grado di dirigere la sua ulteriore evoluzione) l’evoluzione fisica, intellettuale e sentimentale che egli ha avuto, il processo della formazione della sua personalità, della sua mentalità e delle sue idee.

Anche la relazione tra il sistema economico nazionale (cioè di ogni singolo paese) e il sistema economico mondiale imposto dalla borghesia imperialista, quindi il problema della sovranità nazionale nel mondo attuale e quindi della rivoluzione socialista nel nostro paese, possiamo capirlo in modo giusto (cioè adeguato a far avanzare la rivoluzione socialista) solo se assumiamo Il capitale di Marx come un trattato di logica dialettica applicata al modo di produzione capitalista.

 

Nei paesi capitalisti più avanzati dove è nato (oggi divenuti paesi imperialisti, ossia paesi dove i monopoli convivono con lo scambio, con il mercato, con la concorrenza, con le crisi e l’economia mondiale convive con le molte economie nazionali),(3) il movimento comunista poteva e può svilupparsi solo sulla base di una comprensione abbastanza avanzata del salto epocale che l’umanità deve compiere, stante il progresso che essa ha fatto negli ultimi secoli grazie al modo di produzione capitalista. I risultati della prima ondata della rivoluzione proletaria hanno reso la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti (almeno in uno o alcuni paesi imperialisti) indispensabile per evitare una terza guerra dispiegata tra paesi imperialisti e comunque per sollevare una nuova ondata della rivoluzione proletaria nel mondo. È quindi indispensabile una comprensione più avanzata del salto epocale che l’umanità deve compiere e del ruolo dirigente dei comunisti verso il resto delle masse popolari.

 

3. Vedasi a questo proposito Lenin Considerazioni sui rilievi della Commissione della Conferenza d’Aprile, 20 maggio 1917, in Opere Complete vol. 24 - Editori Riuniti 1966, pag. 476 e Rapporto sul programma del Partito, 19 marzo 1919, in Opere Complete vol. 29 - Editori Riuniti 1967, pag. 147 e segg.

 

In cosa consiste il salto epocale?

Ancora solo alcuni secoli fa l’umanità viveva principalmente grazie a una moltitudine di lavoratori individuali ognuno dei quali produceva quello che gli serviva per vivere e proteggersi dalle intemperie e quanto altro le relazioni familiari e di vicinato e le classi dominanti gli chiedevano o imponevano di produrre. Ogni lavoratore faceva questo lavorando per conto suo, con le sue mani o al massimo con un attrezzo manuale che di regola si era lui stesso costruito, quello che trovava in natura. Questo tipo di economia, che la maggior parte dei nostri compagni oggi neanche conosce, è ben descritta da Lenin in Lo sviluppo del capitalismo in Russia, Opere Complete vol. 3: ogni membro del (n)PCI deve studiare almeno il cap. 1 di quest’opera reperibile in www.nuovopci.it. In larga misura la divisione del lavoro esisteva principalmente  a livello familiare o di vicinato.

Invece già oggi, e ancora più lo sarà in prospettiva, la produzione dei beni e servizi che l’umanità impiega è affidata a un unico sistema produttivo mondiale (che solo in una certa misura è ancora articolato in sistemi produttivi nazionali). La produttività di esso (cosa produce e quanto in termini di beni e servizi) è potenzialmente illimitata e dipende principalmente dall’applicazione (alla produzione) del patrimonio conoscitivo generale dell’umanità. Questo sistema però funziona solo grazie all’opera, combinata secondo regole e leggi ben definite, di molti individui che fanno ognuno la propria parte e tutti possono fare la loro parte solo se ogni individuo fa la sua parte. D’altra parte ogni individuo ha quello che lui usa per vivere (anche quello di cui ha strettamente bisogno per soddisfare i più essenziali bisogni animali: mangiare, ecc.) solo se chi dirige l’intero sistema produttivo assegna a quell’individuo un ruolo nel sistema, un “posto di lavoro”.

In sintesi l’umanità viene da una situazione in cui il singolo lavoratore (o al massimo la sua famiglia o la piccola comunità locale) produce tutto quello che usa per vivere e sta alla classe dominante di obbligarlo a consegnargliene una parte, ed è passata (sta passando) a una situazione in cui il singolo lavoratore da solo non è in grado di produrre niente di quello che egli usa.

Con il capitalismo l’umanità ha quindi già compiuto in larga misura nel campo dell’economia un cambiamento che rende l’instaurazione del socialismo condizione indispensabile per ogni ulteriore progresso, per la conservazione dell’ambiente e con tutta evidenza persino per la sopravvivenza dell’umanità: perché la specie umana gestisca su grande scala se stessa con quell’intelligenza che i capitalisti hanno fatto emergere nel campo della produzione di beni e servizi e che per loro natura devono limitare ad essa con gli effetti catastrofici che già affliggono l’umanità. È la trasformazione che Marx aveva previsto nel capitolo Capitale fisso e sviluppo delle forze produttive della società dei suoi Lineamenti fondamentali (Grundrisse) della critica dell’economia politica scritti nel 1858 (in Marx-Engels, Opere Complete vol. 30 - Editori Riuniti 1986, pagg. 79-100). È la situazione alla quale in Europa ci siamo avvicinati alla fine del secolo XIX e alla quale a livello mondiale ci siamo molto avvicinati in questi ultimi decenni, dopo che la borghesia imperialista ha di nuovo preso la direzione pressoché del mondo intero.(4)

 

4. Tutto questo è più analiticamente esposto in La Voce n. 55. pagg. 13-14.

 

È a fronte di questo risultato che noi comunisti dirigiamo le masse popolari a costituirsi in collettivo, espropriare la borghesia e instaurare la loro direzione sul sistema produttivo e riorganizzare di conseguenza tutta la loro vita sociale e quindi anche individuale. Questa trasformazione è la rivoluzione socialista e poi la transizione dal capitalismo al comunismo (la fase socialista della storia dell’umanità, per usare la denominazione introdotta da Marx in Critica al programma di Gotha, 1875).

Noi mobilitiamo le masse popolari (e in primo luogo la classe operaia) a fare la rivoluzione socialista facendo leva in ogni caso concreto sulle condizioni lì concretamente esistenti e sul loro senso comune, ma per guidarle nella direzione giusta dobbiamo avere una sufficiente comprensione

1. del cammino che l’umanità deve compiere per porre fine al catastrofico corso delle cose che la borghesia impone per prolungare l’esistenza del suo agonizzante sistema sociale,

2. della relazione conflittuale tra il sistema economico nazionale del nostro paese e il sistema economico mondiale imposto dalla borghesia imperialista, quindi del ruolo decisivo che la sovranità nazionale ha oggi ai fini della rivoluzione socialista. Oggi ristabilirla è economicamente difficile ma non impossibile, neanche in un paese come l’Italia che non è mai andato più in là di una sovranità nazionale limitata. Solo a partire dall’instaurazione del socialismo nel nostro paese è possibile passare a rapporti di collaborazione e a rapporti di solidarietà con gli altri paesi e quindi all’unico sistema economico mondiale del futuro comunista.

 Nei paesi capitalisticamente arretrati come la Russia e la Cina nel secolo scorso era ampiamente conosciuto quali progressi gli uomini potevano e dovevano fare (ma che era impossibile fare con i nobili e la borghesia al comando): donde la rivoluzione di nuova democrazia.

Oggi nei paesi capitalisticamente arretrati (i paesi oppressi dal sistema imperialista), quali progressi e quale trasformazione della loro condizione sono possibili, tutti i malcontenti dello stato presente delle cose lo vedono nei paesi imperialisti.

Nei paesi capitalisticamente avanzati (i paesi imperialisti) solo una scienza profonda del corso delle cose rende capaci di capire quale trasformazione è possibile e necessaria. Nei paesi imperialisti sono esperienza diffusa e anche senso comune i danni che i progressi fatti generano, ma 1. che la causa dei danni non sono i progressi in sé, ma la direzione della borghesia sotto cui sono stati fatti e 2. qual è la soluzione, sono due cose note solo a chi ha in una certa misura assimilato la concezione comunista del mondo (e questa sono i comunisti che devono portarla “dall’esterno” alla classe operaia e al resto delle masse popolari, dandosi i mezzi per superare gli ostacoli posti dalla condizione pratica delle masse popolari e dalla controrivoluzione preventiva). Alcuni esponenti della sinistra borghese e anche alcuni che si proclamano comunisti fanno un gran chiacchierare di spontaneità delle masse popolari, ma principalmente perché non vogliono assumersi la responsabilità di dirigerle. Le masse popolari devono distruggere di loro iniziativa un ordine che le soffoca ma che sia pur malamente le nutre e devono costruire un nuovo ordine che non conoscono, che la borghesia nasconde e denigra con mezzi raffinati e da cui cerca di distoglierle in mille modi. Questa contraddizione è l’elemento comune di tutte le contraddizioni in cui le masse popolari si dibattono: la contraddizione tra sistema economico nazionale (locale) e sistema economico mondiale (globalizzazione e mondializzazione), tra mercato e monopolio, tra pieno impiego e produttività del lavoro, tra diritti e responsabilità, tra rivoluzione e abbrutimento, tra economia e politica. Solo le masse popolari sono in grado di dare soluzione alle contraddizioni in cui si dibattono, esse hanno pienamente la forza per farlo, ma sono in grado di farlo solo sotto la direzione di una loro parte speciale, i comunisti, che devono quindi porsi e farsi valere e accettare come Stato Maggiore della lotta delle masse popolari contro la borghesia, il clero e i loro seguaci.

Tonia N.