La Voce 55 - del (nuovo)Partito comunista italiano - anno XIX - marzo 2017

La raccolta della rivista Rapporti Sociali è disponibile sul sito del (n)PCI
[www.nuovopci.it/scritti/RS/indicom.html] e sul sito del P.CARC [www.carc.it]

Un patrimonio per tutto il movimento comunista

 

In ogni paese il partito comunista è un’organizzazione di lotta, ma prima ancora è l’organizzazione degli scienziati delle attività con le quali gli uomini della sua particolare formazione economico-sociale fanno la loro storia.

 

***** Manchette

La pubblicazione della rivista Rapporti Sociali a Milano, a partire dal settembre 1985, è un’iniziativa la cui importanza per il movimento comunista italiano e oltre sarà mostrata dalla storia futura: per ora la capiscono solo quelli che usano i suoi risultati. I suoi autori hanno definito posizioni fondamentali e nuove per tutto il movimento comunista dei paesi imperialisti e quindi, in definitiva, utili all’intero movimento comunista internazionale, perché stante i progressi comunque compiuti dall’umanità (l’eredità della prima ondata della rivoluzione proletaria, la maggiore unificazione del mondo, i progressi nella sussunzione reale delle attività umane nel capitale, i progressi della specie umana nel dominio della natura), la rinascita di questo movimento avrà come qualità distintiva rispetto al passato la conquista del potere da parte della classe operaia nei paesi imperialisti. La redazione di Rapporti Sociali espone le ragioni di fondo per cui la classe operaia non è riuscita a conquistare il potere durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, quella che ebbe inizio con la vittoria dell’insurrezione dell’Ottobre 1917 in Russia di cui celebriamo quest’anno il centenario, e indica gli insegnamenti della sconfitta. Per questo Rapporti Sociali è un contributo di importanza decisiva per il movimento comunista internazionale e, nello stesso momento e per la stessa ragione, strumento per il movimento comunista italiano, per fare la rivoluzione socialista nel nostro paese.

 

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I prodromi di Rapporti Sociali sono nella partecipazione dei suoi redattori alla lotta di classe sul fronte della solidarietà ai rivoluzionari prigionieri, dell’appoggio alla loro resistenza e della lotta contro chi rinnegava la lotta rivoluzionaria e chi se ne dissociava. Ne furono manifestazione Il Bollettino, Toni Negri ovvero del soggettivismo e del gradualismo (1981), I fatti e la testa (1983), Politica e rivoluzione (1983), Il proletariato non si è pentito (1984). Per questa loro attività nel 1985 alcuni di loro furono arrestati e una parte notevole del numero 0 in attesa di autorizzazione di Rapporti Sociali fu redatta in carcere. Il numero fu pubblicato nel settembre 1985 e a novembre 2004  venne pubblicato il n. 35, l’ultimo numero della prima serie. A dicembre 2008 uscì poi l’ultimo numero della nuova serie (i numeri da 36 a 42) iniziata nel gennaio 2007 ed edita dal Partito dei CARC costituitosi nella primavera 2005 (il congresso di fondazione venne tenuto in aprile 2005).(1)

La prima serie di Rapporti Sociali (numeri 0 - 35) fu espressione del lavoro condotto per la ricostruzione del partito comunista: essa infatti termina quando, nell’autunno del 2004, nella riunione allargata della Commissione Preparatoria del Congresso del (nuovo)Partito comunista italiano tenuta domenica 3 ottobre 2004, venne costituito il (nuovo)PCI.(2) La nuova serie fu invece espressione della nascita e dei primi passi del Partito dei CARC che con il suo IV congresso (13-14 giugno 2015) ha ora assunto il compito di promuovere in collaborazione con il (n)PCI la creazione delle condizioni necessarie alla costituzione del Governo di Blocco Popolare. La seconda serie è quindi espressione di un altro tipo di lavoro, di un lavoro con un obiettivo diverso dall’obiettivo perseguito con il lavoro che si esprime nella prima serie, benché non in contrasto con esso. Di seguito parliamo solo della prima serie.

Il proposito dichiarato dei redattori del numero 0 era fare il punto della situazione (cioè il bilancio del movimento comunista, lo stato delle cose, le linee di sviluppo): fu l’inizio di una elaborazione scientifica che si sarebbe sviluppata nei decenni successivi.

 

1. La storia della nascita dei CARC e del lavoro da essi condotto fino al 2004 per creare le condizioni necessarie a ricostruire il partito comunista e la storia della costituzione (nel gennaio 1999) della Commissione Preparatoria del congresso di fondazione del (nuovo)Partito comunista italiano sono fedelmente esposte nella tesi di laurea di Massimo Franchi, Storia dei CARC. Dalle origini ad oggi in distribuzione presso le Edizioni Rapporti Sociali.

 

2. Per i documenti della riunione costitutiva rimandiamo a La Voce n. 18 - novembre 2004.

 

Gli anni ’80 dello scorso secolo furono quelli in cui la fine dell’epoca del “capitalismo dal volto umano” si manifestava già apertamente come 1. repressione politica (poliziesca) del movimento comunista, 2. attacco alle conquiste strappate alla borghesia imperialista nei decenni precedenti, 3. regressione generale sul piano economico, politico, sociale e culturale. Il salto di qualità, la “fine di un’epoca”, era in vari modi “sentita” e si esprimeva in ampi strati delle masse popolari come disorientamento, confusione e anche, in parecchi, come senso di scoramento e sconfitta. I decenni successivi dal punto di vista dell’attacco alle conquiste furono anche più duri, ma questo decennio rispetto a quelli successivi è ricordato, da molti che lo vissero, come particolarmente negativo, perché fu un salto di qualità rispetto alla fase del “capitalismo dal volto umano”, di negazione di fatto delle illusioni e delle aspettative di quella fase.

 

***** Manchette

In ogni cosa ve ne sono due: il particolare e l’universale. Bisogna distinguerle per combinarle

CARC è l’acronimo di Comitati di Appoggio alla Resistenza - per il Comunismo.

La resistenza che i Comitati appoggiano è quella che le masse popolari oppongono, anche spontaneamente, al progredire della crisi del capitalismo. L’appoggiano non nel senso riduttivo di sostenere l’una o l’altra lotta di uno o di un altro settore della classe operaia o di altre masse popolari come fa chi va a “dare una mano” a un picchetto, raccoglie soldi per la cassa di resistenza di uno sciopero, ecc., ma nel senso che sostengono ognuna delle lotte in cui la resistenza delle masse popolari si esprime trasformandola in lotta per il comunismo, imparando e insegnando a combinare la lotta per l’obiettivo immediato e particolare con la lotta generale, delle masse popolari, per la trasformazione della società, cioè imparando e insegnando a fare la rivoluzione socialista.

La resistenza si esprime in mille lotte particolari e concrete. Ognuna di esse oggi oltre al suo contenuto particolare e immediato (es. difendere il proprio posto di lavoro), il  contenuto che tutti sentono e vedono, ha un preciso contenuto universale: è l’espressione particolare di un movimento comune ad altre lotte. L’elemento comune è la resistenza delle masse popolari al procedere della crisi generale del capitalismo effetto della seconda crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale. Compito dei comunisti è far valere questo aspetto: nei modi di condurla, nei risultati che produce, nella coscienza almeno di alcuni dei suoi attori. In sintesi farne una scuola di comunismo (vedi al riguardo Manifesto Programma pag. 262). Se i comunisti (che grazie alla loro scienza della lotta di classe conoscono questo contenuto universale di ogni lotta particolare) fanno condurre agli altri la loro lotta particolare in questo modo, ogni lotta particolare fa avanzare la rivoluzione socialista, rafforza le masse popolari, anche nel caso disgraziato che l’obiettivo particolare non è raggiunto.

Questo contenuto universale oggi esiste in ogni lotta particolare perché essa si svolge nel contesto della crisi generale del capitalismo, è un’espressione particolare di questa. Questa sintesi tra lotta particolare e lotta generale, tra l’obiettivo presente (la difesa del posto di lavoro, ad esempio) e quello futuro (la conquista del potere, l’abbattimento del regime borghese e cioè, in Italia, della Repubblica Pontificia) è nella parola d’ordine “fare di ogni lotta una scuola di comunismo”. Questa sintesi e la parola d’ordine corrispondente sono parte della linea sia del (nuovo)PCI che del P.CARC.

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Tutto questo, che era in vari modi “sentito”, andava capito, compreso in modo scientifico, capace cioè sia di dare una visione complessiva del corso delle cose, al di là di ogni enfatizzazione, ad esempio, della “onnipotenza” della borghesia (il “piano del capitale”, lo “Stato imperialista delle multinazionali” (SIM), il controllo sociale totale, ecc.), sia di prospettare una via d’uscita a fronte dei problemi che emergevano e di circostanze che minacciavano di travolgere e travolgevano le esistenze di singoli e organismi. Era a noi comunisti che si poneva il compito di capire cosa stava succedendo in Italia e nel mondo: se il movimento comunista cosciente e organizzato fondato da Marx ed Engels col Manifesto del 1848 aveva un futuro e quale, perché quel movimento era stato il motore di tutte le conquiste acquisite dalla classe operaia e dal resto delle masse popolari nel secolo e mezzo trascorso dalla sua fondazione. Gli scritti di Rapporti Sociali risposero e rispondono a queste domande. Ai proletari che quelle domande si ponevano, che non potevano né volevano pentirsi e rifiutavano quindi di farsi incantare dalla sinistra borghese e dalle sirene della Scuola di Francoforte che descrivevano quelli come “tempi bui”,(3) Rapporti Sociali indicava quello come il buio che precede l’aurora.

 

3. Il piagnisteo della sinistra borghese da allora non è mai cessato, ma anzi si è infittito e imputridito, come chiunque può sperimentare leggendo il manifesto, che si è ridotto a vedere spiragli di luce in ciò che dice il gesuita Bergoglio.

 

Sul piano internazionale, già all’inizio degli anni ’80 era evidente la decadenza dell’Unione Sovietica e delle democrazie popolari dell’Europa orientale iniziata nel 1956. In Cina, dopo la morte di Mao Tse-tung (1976) la Rivoluzione Culturale Proletaria era stata soffocata e pochi anni dopo (nel 1981) il Partito comunista cinese sotto la direzione di Teng Hsiao-ping lanciava la linea della reintegrazione graduale e pacifica della Repubblica Popolare Cinese nel sistema imperialista. In America Latina dopo il colpo di Stato in Cile (1973) imperversava il terrore di Stato patrocinato dai gruppi imperialisti USA (Piano Condor). La borghesia imperialista riusciva a compiere sotto la sua direzione la “transizione alla democrazia” in Grecia (1974), in Portogallo (1974-1976) e in Spagna (1975-1978) senza che i partiti comunisti raccogliessero i frutti della loro lunga resistenza alle dittature borghesi fasciste appoggiate dalle borghesia imperialista e dal clero. Conclusa vittoriosamente la resistenza eroica del Vietnam, della Cambogia e del Laos all’aggressione USA appoggiata da tutti gli Stati imperialisti, il governo del Vietnam aveva fatto invadere la Cambogia e si erano avuti scontri militari tra Vietnam e Cina, ancora più gravi degli scontri cino-sovietici sull’Ussuri di alcuni anni prima. La borghesia imperialista rialzava la testa in tutti i paesi imperialisti e nel mondo (Thatcher 1979 e Reagan  1981). I partiti comunisti europei, da tempo integrati, dopo la vittoria della Resistenza sul nazifascismo, nei regimi borghesi dei rispettivi paesi (nel 1981 il PCF portava Mitterrand alla presidenza della Repubblica e con Berlinguer il compromesso storico e l’ombrello della NATO consacravano la rottura del PCI con il movimento comunista internazionale), erano sulla via della disgregazione e dell’estinzione. L’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria nel mondo era palese.

In Italia dopo il fallimento del movimento marxista-leninista (Nuova Unità), anche il tentativo di ricostruire il partito comunista tramite la propaganda armata, fatto dalle Brigate Rosse nel contesto delle grandi lotte rivendicative degli anni ’70, si era esaurito nel militarismo delle OCC (Organizzazioni Comuniste Combattenti).

Era questo il contesto in cui si poneva la questione di cosa succedeva nel mondo e quale era il futuro del movimento comunista cosciente e organizzato. A questa questione, a partire dal primo numero, la redazione di Rapporti Sociali rispondeva, ponendo le basi dell’attività pratica condotta dalle organizzazioni della Carovana del (n)PCI, l’insieme di organismi e individui che all’inizio degli anni ’80 cominciò il suo percorso,(4) che sono anche le basi su cui oggi sono uniti i due partiti fratelli, il (n)PCI e il P.CARC.

 

4. La storia delle origini della Carovana, con particolare attenzione al lavoro che la redazione di Rapporti Sociali svolse, è nel testo di Massimo Franchi citato in nota 1.

 

Riassumendo a grandi linee, Rapporti Sociali nei suoi articoli

- mostra che il corso generale delle cose corrisponde alle dinamiche della società borghese illustrate da Marx ed Engels,

- elabora la teoria della crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale come base per comprendere il corso attuale delle cose,

- fa il bilancio dei primi paesi socialisti e illustra le cause della loro decadenza a seguito della svolta del XX Congresso del PCUS (1956),

- illustra gli apporti del maoismo al marxismo-leninismo, di importanza tale che la scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia d’ora in avanti, se la vogliamo indicare con i nomi dei suoi grandi autori, deve chiamarsi marxismo-leninismo-maoismo.

 

Lo studio della raccolta di Rapporti Sociali, oltre a permettere di conoscere a fondo il patrimonio teorico su cui si fonda l’attività politica sia del (n)PCI sia del P.CARC, è l’affermazione pratica per la prima volta nei paesi imperialisti che la concezione comunista del mondo è e deve essere la base del movimento comunista cosciente e organizzato. Riprende, quindi, estende ed esalta la scoperta di Lenin sulla funzione della teoria rivoluzionaria come fattore essenziale della rivoluzione socialista. I partiti della II Internazionale (1889-1914) avevano realizzato nei paesi imperialisti una grande opera di mobilitazione e organizzazione del proletariato (come Stalin chiaramente riconosce in I principi del leninismo, 1924) e lo avevano fatto facendo leva principalmente sulle lotte rivendicative e sulla partecipazione alla lotta politica borghese. Il loro fallimento a far fronte alla guerra nel 1914 fu la conferma che essi non erano adeguati alla conquista del potere, avevano ridotto il contenuto della loro attività a questi due fronti che il marxismo concepiva invece solo come strumenti per mobilitare e organizzare il proletariato a conquistare il potere. I partiti comunisti sorti nei paesi imperialisti dopo il 1919 ad opera della I Internazionale Comunista per scissione dei partiti socialisti mostrarono alla fine della Seconda Guerra Mondiale che essi non avevano superato l’incapacità rivoluzionaria dei partiti socialisti. Nessuno di essi era sorto dall’applicazione alla particolare formazione economico-sociale del suo paese della scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia: il contenuto dell’attività di ognuno di essi era applicazione da parte delle classi oppresse della concezione borghese del mondo, del senso comune generato dalle condizioni concrete e immediate nei venditori di forza-lavoro. Esso li spinge a rivendicare una posizione migliore nell’ambito del sistema borghese. Con Rapporti Sociali per la prima volta i comunisti di un paese imperialista hanno posto la teoria comunista  alla base della fondazione del partito comunista, hanno fatto propria la svolta portata da Lenin nella II Internazionale: la coscienza comunista non nasce spontaneamente dai rapporti di oppressione vissuti dalla classe operaia e dalle condizioni politiche della società borghese (democrazia borghese). Deve essere portata alla classe operaia dall’esterno, dai comunisti. I comunisti sono coloro che portano la coscienza comunista agli operai, che conquistano gli operai al comunismo, che fanno della teoria comunista e dei suoi portatori gli artefici della società che sorge.

Questa era la lezione che Gramsci incominciò ad applicare nel Partito Comunista d’Italia quando alla fine del 1923 l’Internazionale Comunista lo pose a capo del Partito. Chi legge Cinque anni di vita del Partito (Gramsci, l’Unità 24 febbraio 1926) troverà l’enunciazione di questa necessaria svolta che dopo l’arresto di Gramsci il PCdI non portò più avanti. Chi legge le memorie dei membri del PCdI, anche dei migliori (Teresa Noce, Arturo Colombi, Alessandro Vaia, Vittorio Vidali, Giovanni Germanetto, ecc.), troverà implicitamente confermata questa rinuncia a portare avanti l’opera di Gramsci: sentirà l’organizzazione di lotta, non sentirà l’organizzazione degli scienziati delle attività con cui i membri della formazione economico-sociale italiana facevano la loro storia. Nella raccolta di Rapporti Sociali è esposta la concezione comunista che è alla base della rinascita che noi perseguiamo, concezione che è riassunta nel nostro Manifesto Programma pubblicato nel 2008.

Rapporti Sociali è quindi un’arma per tutti quelli che si pongono in prima linea nella guerra popolare rivoluzionaria della classe operaia contro la borghesia imperialista, uno strumento per fare la rivoluzione socialista, per rafforzare la certezza granitica della vittoria e per alimentare la lungimiranza e la serenità in primo luogo di chi è all’avanguardia, dei compagni e delle compagne della Carovana del (n)PCI.

 

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A chi studierà la raccolta di Rapporti Sociali dobbiamo tuttavia dare un’avvertenza. In Rapporti Sociali tutta la materia, nel corso dei quasi vent’anni di vita della rivista, è costantemente esposta in polemica con le correnti e le posizioni all’epoca dominanti. Quando apparvero i primi numeri di Rapporti Sociali la lotta della redazione era rivolta principalmente contro le correnti soggettiviste. Secondo queste l’esito delle lotte che compongono la rivoluzione socialista dipendeva integralmente da fattori individuali, dalle qualità intellettive e morali degli individui, da quanto, in altre parole, erano intelligenti e coraggiosi. Noi comunisti dovevamo allora far valere la tesi che la storia dell’umanità è un processo di storia naturale, che gli uomini hanno fatto la loro storia rispondendo alle necessità poste dalla produzione e riproduzione delle condizioni materiali della loro esistenza con le proprie capacità mentali che si affinarono proprio in questa lotta. Per sviluppare consapevolmente la storia dell’umanità bisogna conoscere le leggi di questo particolare processo di storia naturale, unico del suo genere, e applicarle. Si tratta di leggi di carattere oggettivo, cioè socialmente valide per lo sviluppo della società capitalista fino a che questa società esisterà. Tutti i tentativi di far prendere alla storia umana, nelle grandi linee o nel dettaglio, un corso prescindendo da queste leggi, si risolvono inevitabilmente in fallimenti.

Tentativi del genere erano allora predominanti tra quanti si professavano comunisti (in particolare tra i militaristi delle OCC) e questo spiegava il loro fallimento. Nella lotta contro le tendenze soggettiviste, a volte la redazione di Rapporti Sociali per “raddrizzare il bastone che era storto” verso il soggettivismo lo piega dalla parte opposta: esalta la forza delle condizioni oggettive e sminuisce il ruolo dell’intelligenza e della volontà degli attori della storia. Di fronte a compagni che agivano come se tutto dipendesse dalla loro volontà, come se con la loro volontà avessero potuto percorrere qualsiasi strada tanto che nemmeno si chiedevano se questa strada fosse conforme alle premesse insite nella realtà che volevano trasformare, noi dovevamo richiamarli alla realtà che nell’azione per trasformare la società umana abbiamo successo solo se della trasformazione che perseguiamo esistono nella società stessa i presupposti e se la strada  che seguiamo corrisponde alle leggi proprie della società che vogliamo trasformare: la libertà è coscienza della necessità. Riusciamo a trasformare una cosa ma a questo fine dobbiamo conoscere la sua natura e le leggi della sua trasformazione. La dedizione alla causa non porta a buoni risultati se abbiamo una visione sbagliata della realtà. La prima espressione della dedizione di un comunista alla causa deve consistere nello sforzo per comprendere la natura e le leggi del contesto in cui opera. Questa è la prima legge del materialismo dialettico: la realtà è indipendente dalla coscienza che noi abbiamo di essa, da come la vediamo e da come vorremmo che fosse, ma con una conoscenza vera di essa possiamo trasformarla. A ben vedere, nella comprensione di questa legge erano insite le vie d’uscita dalla psicologia da “anni bui”. Rasserena sapere che la realtà è indipendente anche e soprattutto rispetto a tonnellate di cattiva coscienza che la borghesia dalla sua estremità di destra a quella di sinistra riversava e riversa per confondere, deviare, avvilire, indirizzare all’abbrutimento le varie classi delle masse popolari. Rasserena sapere che il corso delle cose spinge verso il comunismo, cioè che il movimento comunista è un movimento oggettivo, prima che soggettivo.

Di questo devono essere avvertiti i lettori di oggi. Le condizioni della lotta dei comunisti sono mutate rispetto a quelle dei vent’anni di vita della rivista. Oggi i nostri avversari principali nel campo dei malcontenti del catastrofico corso delle cose che la borghesia imperialista e il suo clero impongono al mondo, sono i fautori di disfattismo e di attendismo. La sfiducia nella propria opera, il senso di impotenza, la rassegnazione e la depressione spingono a non cercare neanche di capire, a non studiare la realtà oltre che a non fare. L’evasione e la rassegnazione predominano. In queste circostanze noi giustamente oggi mettiamo in primo piano la tesi che “tutto dipende dalla nostra dedizione alla causa”. Delle due caratteristiche del comunista “dedizione alla causa” e “comprensione della realtà” ieri giustamente calcavamo la mano sulla seconda. Ora dobbiamo calcare la mano sulla prima. Beninteso entrambe sono indispensabili: sono le due gambe su cui avanza il movimento comunista cosciente e organizzato. Come ben dicevano Marx ed Engels, all’inizio del secondo capitolo del Manifesto del 1848, i comunisti si distinguono dagli altri fautori della lotta del proletariato perché hanno una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e su questa base la spingono sempre in avanti con più decisione di chiunque altro. Per questo diciamo che un fattore decisivo della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti è la riforma intellettuale e morale dei comunisti, quella tramite cui i comunisti si distinguono dal resto delle masse popolari, si costituiscono in partito, si qualificano e si compattano per la conoscenza che acquisiscono (anche studiando la raccolta di Rapporti Sociali) e per la volontà, la determinazione, la fiducia nella causa, le qualità per cui, ad esempio, un dirigente come Stalin era definito d’acciaio.

 

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Quanto prima assimileremo tutto questo e trasmetteremo alle masse popolari sicurezza e fiducia nel futuro (fiducia nelle loro forze), tanto prima vinceremo. Nel nostro ambito, fatte le debite proporzioni, riproduciamo l’opera grandiosa che vide prima Marx ed Engels impegnarsi soprattutto nella scoperta e descrizione delle leggi che governano l’economia borghese, dando al socialismo statuto di scienza, e poi il partito di Lenin e di Stalin costituirsi sulla base di quella scienza, fondare su di essa la sua ferrea dedizione alla causa, trarre le debite lezioni dalla sconfitta della rivoluzione nel 1905, vincere con l’insurrezione dell’Ottobre del 1917, portare avanti la costruzione del socialismo in URSS, vincere la Seconda Guerra Mondiale. A fronte di quel percorso imponente e glorioso si rischia di limitarsi alle celebrazioni, di sentirsi più nel giusto restando nel nostro piccolo, ma il nostro piccolo di oggi può e deve diventare grande, come insegna il materialismo dialettico che ci viene spiegato da Stalin e da Mao. Lo studio di Rapporti Sociali serve per fare diventare grande questo piccolo, cioè per essere degni eredi del primo movimento comunista e anche per non temere di assumersi un grande impegno, quello per cui il movimento comunista del nostro paese potrà essere il primo a rompere la catena della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti.

Folco R.