La Voce 48

del (nuovo)Partito comunista italiano


anno XVI
novembre 2014


Sulla quarta forma di familismo nelle
file della Carovana del (n)PCI


Nell'articolo Trattare le divergenze tra compagni politicamente e non come contrasti personali pubblicato su La Voce n. 47 abbiamo indicato le tre forme con cui si esprime il familismo al nostro interno:

1. mettere il personale davanti al politico (subordinare l'attività politica alla famiglia, agli affetti, al lavoro, ecc.),

2. fare cricca, gruppo a sé, creando con i compagni-familiari un ambito parallelo e principale di discussione politica rispetto a quello collettivo, di Partito, fuori dal controllo del collettivo, dalla lealtà e dalla trasparenza che deve vigere tra i membri del Partito, minandone l'unità e il sano funzionamento (la cricca è l'embrione del frazionismo),

3. trasformare divergenze politiche (di linea, di orientamento) in contrasti e contrapposizioni personali e, viceversa, riversare nell'attività politica contrasti personali (usare l'ambito politico per "far pagare" ad un compagno divergenze, dissidi, delusioni, ecc. inerenti la sfera personale).

Analizzando l'esperienza che la Carovana del (n)PCI sta facendo, emerge però anche una quarta forma di familismo al nostro interno:

la dipendenza politica rispetto al proprio compagno/a di vita (concepirsi e, soprattutto, agire come una "costola" del proprio compagno/a e non come soggetto autonomo e dirigente).

Questa quarta forma di familismo si presenta quando c'è una coppia composta da due compagni che entrambi militano nel Partito (beninteso, non esiste sistematicamente così come nessuna delle altre forme di familismo esiste sempre, per il fatto stesso che ci sono legami personali).

Essa si esprime (si concretizza) nel provare insicurezza, smarrimento, paura, insofferenza, resistenza quando si deve operare fuori da un collettivo diretto dal proprio compagno/a (e, quindi, senza la possibilità d'essere, o sentirsi, la “moglie del capo” o “il marito della segretaria”) o di cui il proprio compagno/a è parte (e, quindi, senza la possibilità di averlo, o di sperare di averlo, come possibile “alleato” in caso di difficoltà o divergenze).

In sintesi, questa forma di familismo viene alla luce quando si deve camminare con le proprie gambe e senza avere "stampelle". In particolare essa emerge con forza quando bisogna assumere in prima persona un ruolo dirigente in un collettivo, in un settore o in un ambito. È una forma di resistenza (passiva o attiva a seconda dei casi) rispetto al concepirsi soggetto e oggetto della trasformazione, al lanciarsi senza remore nella lotta di classe.

Questa quarta forma di familismo, come le altre, è frutto del senso comune, quindi delle concezioni clericali e borghesi al nostro interno. Anch'essa, come le altre, è una manifestazione di liberalismo nelle nostre fila. Stante la situazione di doppia oppressione, essa si esprime principalmente (ma non solo) nelle compagne: spesso sono infatti i compagni a svolgere ruoli dirigenti nel Partito per via della doppia lotta che le compagne devono fare per trasformarsi, per superare il rivendicazionismo, la tendenza alla delega, la pigrizia intellettuale e assumere un ruolo dirigente. La Riforma Morale e Intellettuale che devono fare le compagne è più profonda rispetto a quella che devono fare i compagni, stante i millenni di oppressione patriarcale e di genere.

Le compagne e i compagni che esprimono questa forma di familismo spesso non ne sono coscienti, non elaborano fino in fondo la sensazione di malessere, paura, nervosismo, ecc. che vivono. Compito dei dirigenti e del collettivo è mettere in luce e trattare con loro questo limite, ragionarci su, evidenziarne l'origine ideologica, impostare un percorso di studio e di revisione critica della propria concezione, mentalità e personalità e adottare misure adeguate (compiti) per l'emancipazione della compagna o del compagno (ricorrendo anche a forme di costrizione all'inizio), in particolare iniziative che favoriscono lo sviluppo di un'azione politica autonoma operando in un collettivo che non sia familiare. La trasformazione e la mobilitazione per trasformarsi da parte del compagno/a che presenta questo limite ideologico è principale per fare un passo in avanti. Quello che diventerà dipende principalmente da quello che vorrà diventare e da come lotterà per diventarlo (nessuno si trasformerà al suo posto: bando al rivendicazionismo, che porta ad individuare sempre negli altri qualcuno a cui attribuire la responsabilità della propria arretratezza e del proprio opportunismo, anziché concepirsi appieno come soggetto e oggetto della rivoluzione!).

Fissato questo aspetto, occorre però metterne in luce anche un secondo. Oltre ad intervenire sul compagno/a che esprime la quarta forma di familismo, il dirigente e il collettivo devono combinare un intervento anche sull'altro componente della coppia, per due motivi.

1. Se esiste questa situazione nella coppia anche lui/lei ha una parte di responsabilità, nel senso che con la sua concezione, mentalità e personalità di fatto sostiene e alimenta (anche accettare passivamente una situazione significa sostenerla), in forme e modi diversi, con più o meno coscienza, con più o meno attivismo e infantilismo, questa quarta forma di familismo. Avere un compagno/a che si sente una "tua costola" dà una certa sicurezza, nell'ottica del rapporto feudale (dipendenza personale) o borghese (senso di proprietà, proprietà privata). In diversi frangenti scatta anche la "paura dell'abbandono" (concepire quindi il rapporto con l'altra persona in un'ottica parassitaria, riversando nella coppia problematiche personali insolute perché non trattate fino in fondo). Da qui il circolo vizioso che si crea (doppia morale) e che frena lo sviluppo di entrambi i compagni e dello stesso rapporto, oltre una determinata fase e un determinato livello (bisogna essere dialettici: in un primo momento questo tipo di rapporto può svolgere un ruolo positivo nel senso di portare il proprio compagno/a ad attivarsi politicamente e/o intraprendere un percorso politico superiore, come ad es. entrare nel Partito. Da un certo punto in poi diventa però una cappa da rompere, un tappo).

2. Bisogna far leva sull'avanzato per spingere in avanti e trasformare l'arretrato: il compagno/a che ha un ruolo dirigente nel Partito deve essere dirigente anche nella coppia, non in modo goffo e autoritario ("io sono il segretario e quindi comando io anche nella coppia!"), ma nel senso di favorire l'affermazione e lo sviluppo di un orientamento avanzato in essa. Se in una coppia esiste questa quarta forma di familismo, come detto nel punto precedente la responsabilità non è solo del compagno/a che la esprime. Il compagno/a dirigente deve essere parte attiva del percorso di trasformazione, con il sostegno e anche il controllo del collettivo, seguendo la strada che il collettivo indica. Questo significa anche rompere degli equilibri nella coppia (quieto vivere, doppia morale, concezioni arretrate che attraversano entrambi i compagni in forme e modi diversi, ecc.) e portare la lotta di classe anche in quell'ambito. Inoltre, solo adottando questa linea nella coppia si potrà poi dirigere altri compagni nell'elevazione del loro rapporto di coppia: un dirigente non può dirigere altri a fare quello che lui in prima persona non fa (crepa morale, ipocrisia, poca padronanza del tema).

L'insieme di questo intervento favorirà la crescita della compagna e del compagno, della coppia nel suo insieme, dell'apporto che i due compagni daranno al collettivo e, inoltre, il Partito ne ricaverà giovamento perché alcuni suoi membri avranno meno lacci che li legano al vecchio mondo e, quindi, potranno lottare con maggiore slancio ed efficacia per distruggerlo e fare dell'Italia un nuovo paese socialista!

Avanti con la Riforma Morale e Intellettuale!

Avanti verso il Nuovo!

Il compagno Federico