La Voce 48

del (nuovo)Partito comunista italiano


anno XVI
novembre 2014


Sul lavoro organizzativo del (n)PCI

Lettera di un compagno del P.CARC alla Redazione sull’Appello ai Giovani e la clandestinità


Cari compagni della Redazione,

ho studiato con molto interesse l’Appello ai Giovani lanciato dal (n)PCI, il Comunicato CC 23/2014 del 6 luglio. Ha suscitato in me molte riflessioni in merito alla concezione che mi guida, ai progetti che perseguo, a come sto impostando la mia vita, a cosa vuol dire essere realmente e coerentemente rivoluzionario oggi, nel nostro paese. Mi ripropongo di tornare sull’argomento a breve, sto riordinando le idee e non voglio dire cose confuse, disordinate, ecc.

Voglio però porvi subito una domanda. Parlando con alcuni compagni, mi sono reso conto che avevo concepito l’Appello come l’indicazione a diventare rivoluzionari di professione (magari con “soluzione creativa”, ad es. iscriversi all’Università ma dedicare il grosso del proprio tempo all’attività politica, oppure, se si viene da una famiglia agiata economicamente, ricavarsi di che vivere senza lavorare, o, ancora, andare a prendere i soldi dove ci sono), ma non avevo affatto preso in considerazione che l’Appello chiamasse i più generosi dei compagni a costruire Comitati di Partito (CdP) clandestini e, tanto meno, a entrare nella clandestinità e rafforzare il Centro clandestino del Partito (diventare, quindi, rivoluzionari di professione che operano sotto falsa identità e seguendo precise norme di sicurezza per sfuggire dal controllo della polizia politica della Repubblica Pontifica).

Quando un compagno mi ha fatto notare il “legalitarismo” che viziava il mio ragionamento (ossia vedere solo la militanza alla “luce del sole”, nelle organizzazioni pubbliche della Carovana del (n)PCI), mi sono reso conto che, pur avendo fatto il corso sul Manifesto Programma e pur studiando assiduamente La Voce e i comunicati del (n)PCI, non ho compreso, assimilato il vostro progetto. Il mio ragionamento è appiattito sul lavoro pubblico, questo è il punto. Considero il rafforzamento delle organizzazioni pubbliche della Carovana il compito massimo da fare in questa fase in termini di costruzione del Nuovo Potere (e, quindi, diventare rivoluzionari di professione nelle organizzazioni pubbliche la decisione più avanzata che si può prendere). Per me è una doccia fredda: devo studiare meglio, essere meno superficiale, portare fino in fondo la riflessione sulla base di quanto scritto nel Manifesto Programma, in La Voce e nei comunicati del (n)PCI e non limitarmi a prendere quello che mi serve per fare meglio quello che già faccio nel Partito dei CARC.

Mi chiedo, però: ma è solo un mio problema individuale, una mia arretratezza individuale? Oppure c’è qualcosa nella Carovana che bisogna rivedere, sviluppare meglio ad esempio nel modo in cui nel P.CARC si fanno i corsi sul Manifesto Programma (all’oggi non mi sembra che aprano la mente rispetto alla clandestinità: a me, almeno, non l’hanno aperta ma neanche ad altri compagni che conosco) e al peso reale che nella nostra opera di costruzione del Nuovo Potere diamo alla costruzione del Partito clandestino?

Anche nell’intervista di Ulisse Perché avanziamo lentamente? (molto utile per comprendere i problemi da prendere di petto) il tema della clandestinità non è molto sviluppato, è quasi assente e questo è un errore: sembra che la Riforma Morale e Intellettuale sia scollegata dall’assunzione di questo compito da parte dei compagni. In molti l’abbiamo recepita così. Ne è prova il fatto che né io né gli altri compagni con cui ho parlato, dopo averla letta, ci siamo detti: “allora per avanzare più velocemente bisogna darci da fare innanzitutto per costruire il Partito clandestino!”.

Alla luce di tutto questo ragionamento sono portato a dire che tutto il percorso di Lotta Ideologica Attiva e di lotta tra le due linee che sta attraversando il P.CARC deve portare necessariamente al rafforzamento del Partito clandestino, questo è un compito che la sinistra dei compagni deve porsi. Sbaglio?

Se è così, però, perché il (n)PCI non lo dice esplicitamente, ad es. su La Voce? Nei numeri 46 e 47 di La Voce si parla della Lotta Ideologica Attiva e della lotta tra le due linee, degli insegnamenti che stiamo ricavando, ma dello sbocco che deve avere nella costruzione del Partito clandestino non c’è traccia. Non se ne parla esplicitamente, apertamente, indicando in modo netto e chiaro il legame di LIA e lotta tra le due linee con la costruzione del Partito clandestino, orientando in modo chiaro ed efficace chi è deciso ad avanzare. Bisognerebbe fare un articolo specifico, invece, per indirizzare chi come me vuole darsi da fare, ma evidentemente ha le idee confuse.

Insomma, ho portato diversi esempi: i corsi sul Manifesto Programma, l’Appello ai Giovani, l’intervista ad Ulisse, La Voce n. 46 e n. 47. Penso che ci sia qualcosa da rivedere, nella pubblicistica del Partito ma, forse, non solo: ossia come operate realmente per costruire la struttura clandestina. Parlo da esterno, chiaramente. Magari tante cose mi sfuggono. Ma parlo con il cuore in mano, con la franchezza di chi vuol contribuire ad avanzare e anche con la coscienza di chi, solo ora, ha compreso che il punto massimo della Riforma Morale e Intellettuale (quindi della trasformazione in comunista) in questa fase non è diventare rivoluzionario di professione in un’organizzazione pubblica della Carovana del (n)PCI, ma volare ancora più in alto, rafforzare la struttura clandestina del Partito (creare Comitati di Partito clandestini e arruolarsi per rafforzare la struttura clandestina centrale del Partito). Non vi nego che la cosa è un po’ un terremoto nella mia vita (mette in discussione tutta una serie di idee e di certezze che mi ero costruito) e mi fa un po’ paura (il nuovo, “l’ignoto” fa sempre un po’ paura all’inizio), ma che allo stesso tempo mi galvanizza.

Insomma, vi chiedo di indirizzarci meglio nel riordinarci le idee in questa fase convulsa e movimentata (sia sul piano interno che esterno) per farci volare ancora più in alto e farci contribuire ancora meglio allo sviluppo della nostra impresa!

Allo stesso tempo, i compagni che, come me, vogliono avanzare, devono cimentarsi con più testa e meno superficialità nello studio del materiale prodotto dal (n)PCI, nella riflessione su di esso e nel suo uso effettivo!

Faremo dell’Italia un nuovo paese socialista!


G.R., membro del P.CARC



La società borghese la comprende solo chi è fermamente deciso a cambiarla


La redazione di La Voce risponde a G.R.


Caro compagno,

ben vengano lettere come la tua. Spingono noi del nuovo PCI a darci la sveglia. Abbiamo discusso la tua lettera in redazione ma, più importante ancora, verrà discussa nel CC del Partito perché i rilievi che fai sono non solo giusti (se tu non hai capito, significa che non parliamo chiaro), ma utili per migliorare il nostro lavoro. All’Appello ai Giovani, alle obiezioni e ai fraintendimenti abbiamo già dedicato l’articolo di Vera Z. in La Voce n. 47, l’Avviso ai naviganti 44 del 9 luglio e molta corrispondenza. Ma evidentemente non basta. Del resto il rapporto tra il Partito clandestino e il lavoro pubblico, l’orientamento che i membri del (n)PCI devono portare tra i membri delle organizzazioni pubbliche della Carovana e tra le masse popolari organizzate e no, è una questione vitale. Il rapporto tra il Partito clandestino e il lavoro pubblico è un terreno a proposito del quale l’esperienza nei paesi imperialisti scarseggia: basta pensare agli Stati Uniti, un paese in cui che il partito comunista deve essere clandestino è particolarmente evidente e la sua costruzione di grande interesse per i comunisti di tutto il mondo dato il carattere apertamente criminale della repressione anticomunista e il raggio d’azione mondiale dei vertici politici dei gruppi imperialisti USA, ma dove, a nostra conoscenza, i tentativi di costruirlo finora non hanno ancora dato risultati conclusivi.

In questa sede ci limitiamo a dire due cose.

1. Effettivamente il senso dell’Appello ai Giovani è: non perdete tempo a studiare cose inutili, imparate a fare le rivoluzione socialista anzitutto costituendo nella clandestinità, tra compagni fidati, gruppi di studio del Manifesto Programma e della letteratura del Partito, datevi i mezzi finanziari e organizzativi della vostra attività sia clandestina sia pubblica, datevi un programma di lavoro da Comitato di Partito di base (raccogliete le indicazioni ripetute anche in questo numero della rivista) e incominciate ad attuarle, riversate nel lavoro di massa e nel reclutamento quello che imparate nel lavoro clandestino, mettetevi in contatto con il Centro del Partito. Non aspettate che il Partito vi formi. Ovviamente nei terreni in cui il Partito ha accumulato un patrimonio di esperienze, il Partito organizza anche formazione. Ma gran parte del lavoro rivoluzionario consiste nella traduzione nel particolare e nell’attuazione nel concreto del programma e delle linee e indicazioni generali, che il Partito diffonde pubblicamente con rivista e Comunicati. Non aspettate di essere formati: incominciate! Quindi all’opera, costituite Comitati di Partito clandestini: il legame con il Centro i CdP lo stabiliranno in corso d’opera.

2. Non sottovalutate il ruolo delle organizzazioni di massa e delle organizzazioni pubbliche della Carovana, in particolare del P.CARC. Lo stesso autore della lettera, quello che ha scritto lo ha imparato lavorando in un’organizzazione pubblica. Come ha detto il compagno Ulisse nel saluto alla II Assemblea Nazionale del P.CARC, il Partito clandestino e le organizzazioni pubbliche lavorano in forme e in ambiti diversi, ma alla stessa causa. Sono due lati indispensabili e complementari della stessa impresa.


Buon lavoro a tutti i giovani che rispondono all’Appello del (n)PCI!