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  La Voce 40 del (nuovo)Partito comunista italiano

Uno schizzo della storia dell’umanità come successione di fasi e stadi

Dalla produzione mercantile semplice,
alla produzione mercantile capitalista, all’imperialismo,
al socialismo, al comunismo

 

La specie umana ha compiuto una trasformazione epocale quando è iniziata la produzione di merci: oggetti da scambiare contro altri oggetti. Le prime manifestazioni di produzione mercantile risalgono a varie migliaia di anni fa e si riscontrano in vari paesi e continenti.

Grazie a un numero incalcolabile di semplici atti di scambio la specie umana ha fatto un enorme progresso intellettuale e morale. Gli uomini si sono abituati ad avere tra loro rapporti di tipo nuovo. La sostanza del rapporto di scambio consisteva in questo: un individuo dava qualcosa a un altro, faceva qualcosa per un altro solo se a sua volta questi dava a lui qualcosa o faceva qualcosa per lui. L’individuo in questo rapporto si è abituato anche a valutare quanto lui dava e quanto lui riceveva, ad esigere di ricevere qualcosa di equivalente a quello che lui dava. Equivalente in che senso?

Non certo eguale: dare patate in cambio di patate sarebbe un’operazione senza senso, un gioco. Ognuno dava all’altro qualcosa di diverso, ma equivalente. La natura della relazione di cui si trattava in sintesi è: io do a te qualcosa per cui ho dovuto faticare, in cambio di qualcosa di diverso che tu mi dai e che, per produrlo io, mi richiederebbe una fatica equivalente a quella che ho fatto per produrre la cosa che io do a te. Quindi l’equivalenza doveva essere la fatica, il tempo di lavoro che uno doveva impiegare nella produzione Questo è lo scambio sulla base del valore, lo scambio di valori eguali, il rapporto di valore-lavoro. Con l’espressione valore di una cosa gli uomini hanno in sostanza indicato il tempo di lavoro necessario per produrla.

Molti secoli dopo, quando dalla produzione mercantile semplice l’umanità era passata alla produzione capitalista di merci e in questa veste la produzione mercantile si era diffusa su larga scala, quando la legge del valore-lavoro (dello scambio tra tempi di lavoro equivalenti) era stata riconosciuta come base del nuovo modo di produzione e quindi posta alla base della scienza economica e veniva oramai usata anche dal nascente movimento operaio per contestare il buon diritto del capitalista a intascare una parte del ricavato della vendita di quello che l’operaio aveva prodotto, la trasformazione del valori di scambio in prezzi diventò un terreno di lotta per negare la relazione tra il prezzo e il tempo di lavoro. Migliaia di professori, alcuni filibustieri altri sciocchi, hanno dedicato ore e ore di calcoli, inchieste, riflessioni, dissertazioni, trattati e discussioni per confermare o contestare che il prezzo di una merce rispetto a un’altra, il rapporto in cui sono scambiate (tot di patate contro tot di ciabatte), il loro valore relativo, corrisponde più o meno esattamente o non corrisponde affatto al rapporto tra i tempi di lavoro richiesti per la loro produzione. Il terreno si prestava allo scontro, ai dubbi, alla confusione e alla mistificazione perché nella realizzazione pratica e concreta (cioè nei singoli casi, relativi ai singoli generi di merci, nelle singole circostanze), vi è una infinita varietà di tempi, fatiche, abilità, condizioni di lavoro, condizioni di scambio che determinano variazioni, anche se sono tuttavia variazioni contenute in margini definiti e dovute a circostanze ben definite in ogni caso concreto in cui vengono studiate: non troverete mai che il prezzo di una mela è eguale o superiore al prezzo di una casa.

Per di più questa lotta di classe sul terreno teorico si è sviluppata in un periodo in cui oramai, con lo sviluppo raggiunto dalla società borghese, la creazione della ricchezza (quindi la via principale attraverso la quale gli uomini producono e riproducono quanto necessario alla loro vita) non dipendeva più principalmente dal tempo di lavoro e dalla quantità di lavoro impiegato, quanto piuttosto dalla potenza degli agenti messi in moto durante il tempo di lavoro. Questa potenza degli agenti messi in moto a sua volta non stava in alcun rapporto con il tempo di lavoro immediato che la loro  produzione richiedeva, ma dipendeva piuttosto dallo stato generale della scienza e dal progresso della tecnologia o dell’applicazione di questa scienza alla produzione. Quindi la legge del valore-lavoro era oramai storicamente superata, anche se di fatto e contraddittoriamente il furto di tempo di lavoro altrui restava al cuore del rapporto tra capitalisti e lavoratori (le trasformazioni contrattuali imposte da Marchionne da due anni a questa parte ne hanno dato clamorosa conferma).

 

Ma ritorniamo al rapporto di scambio e alla produzione mercantile. Con il semplice rapporto di scambio, ripetuto un numero incalcolabile di volte nelle circostanze più varie, gli esseri umani l’hanno fatta finita, moralmente e intellettualmente, con i rapporti di dipendenza personale (schiavistico o feudale-clericale) o affini.

I rapporti di dipendenza personale erano sorti quando e dove nella specie umana si era affermata la divisione in classi sociali di sfruttati e sfruttatori, di oppressi e oppressori. La divisione dell’umanità in classi sociali è sorta molte migliaia di anni fa in vari paesi e continenti, trasformando e soppiantando le comunità primitive.

I rapporti di dipendenza personale per alcuni effetti riproducevano tra estranei i rapporti correnti nelle comunità primitive. Li riproducevano però tra persone non legate da alcun rapporto di sangue, di parentela (maternità o paternità), familiare, d’affetto o d’amicizia, comunque da un rapporto, almeno da parte di chi dà, volontario.

Li riproducevano, ma proprio per la differenza delle circostanze (per l’assenza di relazione familiare o comunque comunitaria) li riproducevano come rapporto coatto (schiavistico, feudale-clericale o affine). Nelle società in cui tali rapporti coatti dominavano ed erano la regola, si differenziavano da essi ma con essi convivevano 1. rapporti di donazione tra eguali, tra pari e 2. rapporti di elemosina e di regalo. Questi ultimi sono relazioni in cui uno (quello che regala, quello che dà l’elemosina) dà per suo capriccio e a suo arbitrio. Quello che riceve, riceve senza alcun merito e volontà da parte sua. Si tratta quindi di un rapporto di assoluta disuguaglianza tra i due: atto del tutto arbitrario e sovrano da una parte, condizione del tutto dipendente dall’altra. Da signore a suddito, da chi ha ogni diritto (di dare e di non dare, di decidere quanto, quando, cosa e a chi dare) a chi non ha alcun diritto. È come il rapporto schiavistico o feudale-clericale, una sua faccia minore.

I rapporti di dipendenza personale erano stati per millenni abituali. Quindi erano considerati naturali e consacrati da religioni, filosofie, riti, sentimenti ed espressioni di venerazione. Ma con la diffusione dei rapporti mercantili vennero via via giudicati ingiusti, indegni di esistere, un furto e una sopraffazione.

 

I rapporti di scambio si sono sviluppati dapprima ai margini o nelle nicchie di società dove dominavano rapporti di dipendenza personale. Essi si sviluppavano tra persone non legate tra loro da relazioni di sangue o di comunità (di solidarietà dettata da un comune destino: o ci salviamo tutti o non si salva nessuno; la tua sopravvivenza è condizione necessaria della mia sopravvivenza; oggi tocca a me e io ti soccorro ma domani toccherà a me e sarai tu a darmi l’aiuto che io ora do a te, ecc.), ma su basi di non dipendenza (di libertà reciproca) e di eguaglianza e non di costrizione personale reciproca: io sono sì costretto a dare patate che ho e a prendere formaggio che non ho: ma non devo fare questo scambio proprio con te; devo farlo ma posso farlo a mia scelta con chiunque offre formaggio.

Simili atti di scambio ripetuti un numero incalcolabile di volte, divenuti abituali, universali e quindi naturali, ingenerano sentimenti, attitudini, quindi una morale da individui autonomi dalla comunità, liberi rispetto agli altri individui ma che nello stesso tempo riconoscono di aver bisogno del lavoro di altri, come questi hanno bisogno del suo (pari dignità dei lavori). Sentimenti, attitudini e una morale da individui che valutano e calcolano. Per i quali è naturale (abituale, universale) che ognuno calcoli quanto lui dà e quanto lui riceve. In questi termini si pone ora la convenienza o meno del rapporto. Tra gli individui la norma è l’indifferenza reciproca in tutto quello che non riguarda direttamente l’atto dello scambio: se quello con cui scambio oggi, domani non sarà in grado di scambiare, ce ne sarà un altro al suo posto.

 Da qui, in questo contesto, il denaro gradualmente si afferma prima e anzitutto come mezzo di scambio. Poi e a cascata come riserva di valore e come tesoro. Il denaro può diventare e restare mezzo di riserva e tesoro (denaro non destinato allo scambio) perché e dove funziona come mezzo di scambio. Il denaro diventa successivamente moneta coniata dall’autorità.

 

In questo contesto ma con un salto qualitativo (arricchirsi diventa lo scopo della vita, un valore morale), il denaro diventa capitale commerciale (acquistare non per usare o consumare, ma per vendere con un guadagno, un profitto), poi capitale industriale (il capitalista fa produrre da un lavoratore prodotti che egli vende) con il lavoro salariato. Da qui l’azienda capitalista e la divisione tecnica del lavoro nell’azienda, il capitalista monetario, le banche di prestito (capitalismo bancario), il commercio internazionale. Il cambio delle monete, il denaro fiduciario (biglietto o scrittura contabile).

Il capitalismo industriale sorge all’incirca a partire dal secolo XV e si sviluppa in Europa, con la Gran Bretagna come suo principale centro. Esso implica le condizioni materiali, sociali, intellettuali e morali per una crescita illimitata della quantità di prodotti e quindi per lo sviluppo mondiale del commercio (mercato mondiale) e per la dominazione europea sul resto del mondo (prima colonialismo, più tardi, dalla fine del secolo XIX, imperialismo).

Al capitalismo industriale appartengono la centralizzazione e la concentrazione del capitale. La grande industria. La separazione tra industria e commercio. La divisione tra settori industriali; la divisione sociale del lavoro tra aziende, categorie, settori; le professioni al servizio della produzione e del commercio. Le oscillazioni negli affari e le crisi cicliche.

Dalla combinazione di capitalismo industriale e capitalismo bancario, nasce il capitale finanziario: la partecipazione al profitto dell’impresa del capitalista monetario che non partecipa alla sua gestione. La nascita dei titoli finanziari, del commercio dei titoli finanziari e delle borse. Le banche di deposito e le banche d’affari, le società finanziarie.

Quindi il capitale speculativo che opera nel mercato dei titoli finanziari: specula sulla variazione del corso (prezzo, quotazione, borse valori) dei titoli finanziari; il capitale speculativo che opera nel mercato delle merci: specula sulla variazione del corso (prezzo, quotazione, borse merci) delle merci.

Il monopolio o oligopolio nei mercati dei titoli e nei mercati delle merci. Le manovre per causare variazioni del corso dei titoli finanziari e del prezzo delle merci (variazioni che non sono in relazione né all’entità dei profitti attesi, né dei costi di produzione o della disponibilità).

 

È a seguito di questa evoluzione della specie umana che nella prima parte del secolo XIX in Europa dal movimento operaio nasce il movimento comunista nel senso moderno del termine (indicato da alcuni organismi con il termine socialismo, da altri con il termine comunismo).

A partire dalla prima metà del secolo XX, dall’inizio della prima ondata della rivoluzione proletaria, socialismo, oltre che indicare la sinistra della società borghese che si oppone alla prima ondata della rivoluzione proletaria (socialisti e socialdemocratici), diviene anche il termine con cui noi comunisti, dall’uso che ha introdotto Marx nel 1876 nella sua Critica del Programma di Gotha (programma del partito socialdemocratico tedesco che doveva tenersi a Gotha), indichiamo la fase inferiore, la prima fase del comunismo: la fase che segue alla conquista del potere politico da parte degli operai organizzati come classe dirigente che distruggono lo Stato borghese e instaurano lo Stato proletario.

Il socialismo così inteso è la fase di transizione dal capitalismo al comunismo. Nel socialismo esistono ancora le classi e lo Stato (una speciale forza di repressione) che però è nelle mani degli operai organizzati come classe dirigente (Stato proletario). Le classi e lo Stato proletario si estinguono: la loro estinzione è un aspetto della transizione al comunismo. Nella fase del socialismo viene gradualmente abolita non solo la produzione capitalista, ma anche la produzione  mercantile: la singola unità produttiva non produce beni e servizi per scambiarli con altri beni e servizi. Ogni unità produttiva produce beni e servizi che le istituzioni della società le hanno commissionato e riceve da esse quanto necessario al suo funzionamento. Per ogni individuo il lavoro è una prestazione sociale come altre, una manifestazione e conferma del suo ruolo nella società. Le stesse istituzioni si occupano della distribuzione dei beni e servizi prodotti, tra usi produttivi (alle unità produttive), usi collettivi (a istituzioni, enti e associazioni) e i singoli individui.

Il comunismo (Manifesto del partito comunista, 1848) consiste nella costituzione della specie umana in un’associazione di individui (quindi nasce sulla base delle acquisizioni intellettuali e morali della evoluzione storica sopra descritta che hanno fatto di ogni essere umano un individuo libero da vincoli comunitari e da vincoli di dipendenza personale) tale che il libero sviluppo di ognuno è la condizione del libero sviluppo di tutti. La base materiale del comunismo sono la gestione pubblica - cioè da parte delle istituzioni di questa associazione - dei mezzi e delle condizioni della produzione e la distribuzione dei prodotti tra gli usi produttivi, tra gli enti e le istituzioni dell’associazione e tra gli individui. Il comunismo implica non solo che tutti gli individui dispongano dei beni e dei servizi nella qualità e nella quantità necessarie per una vita dignitosa, ma che ogni individuo partecipi nella misura massima consentita dalle sue caratteristiche fisiche, intellettuali e morali al patrimonio culturale della società e alla gestione della vita sociale (democrazia).

Questi caratteri del comunismo segneranno l’ingresso della specie umana in una nuova epoca della sua storia dopo quella delle comunità primitive e quella della divisione in classi sociali. Questa storia risulterà allora divisa nelle seguenti quattro fasi in successione progressiva: fase delle comunità primitive; fase della divisione dell’umanità in classi sociali sulla base di rapporti di dipendenza personale; fase della divisione dell’umanità in classi sociali sulla base di rapporti commerciali; fase del comunismo.

Antonio L.

 

 

 

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