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Bastonare il cane fino ad affogarlo

Elezioni amministrative di primavera, legge elettorale, pensioni e TFR,
lotta per i salari e il lavoro, lotta contro la guerra

Il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti (PAB) si è installato al potere nel maggio 06. Nei nove mesi trascorsi da allora ad oggi la sua natura è diventata ben evidente anche a quelli che ne dubitavano. Per dei marxisti, la lotta per impedire che la borghesia imperialista realizzi tramite il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti il “programma comune” che non è riuscita a realizzare che in piccola parte tramite il governo Berlusconi-Bossi-Fini (BBF), deve basarsi su una chiara comprensione della sua natura. Proprio nella sua natura è anche il motivo principale della sua debolezza. Quindi analizzando la sua natura, si capisce anche che noi comunisti possiamo effettivamente sconfiggerlo e cosa possiamo riproporci dalla sua sconfitta.

Da una parte il governo PAB deve cercare di attuare il “programma comune” della borghesia imperialista. Abbiamo già più volte detto e, per avere un ruolo dirigente nella lotta, bisogna avere chiaro che la lotta delle masse popolari contro il circo Prodi e il suo governo PAB resta una lotta per impedire alla borghesia imperialista di realizzare il suo “programma comune”. Sotto questo aspetto, è eguale alla lotta condotta contro la banda Berlusconi e il suo governo BBF. Abbiamo più volte spiegato le ragioni che impediscono ogni dubbio in proposito. L’esperienza dei nove mesi di governo lo ha confermato in ogni campo della vita sociale, in politica estera come in politica interna. Esso ha convalidato non solo la vecchia subordinazione democristiana degli interessi delle masse popolari e della stessa borghesia al Vaticano e agli USA. Ha avallato anche i briganteschi e sanguinari accordi del governo Berlusconi-Bossi-Fini con Israele e con gli USA (legge di collaborazione militare speciale con Israele del 17 maggio 2005 (legge 94), rafforzamento delle basi militari USA a partire da Vicenza e dell’uso, unilaterale e arbitrario, del territorio e delle strutture militari e civili italiane da parte degli USA, assistenza logistica e spionistica in Africa e in Asia, Afganistan, Medio Oriente - il ritiro dei militari dall’Iraq è polvere negli occhi, nasconde l’effettivo sostegno che lo Stato italiano continua a dare all’aggressione e all’occupazione). Mantiene in vita i trattati segreti del 1954, mai approvati dal Parlamento, che danno agli USA basi, libertà d’azione e di ingerenza in Italia e la supervisione delle istituzioni italiane. Ha mantenuto il segreto di Stato sui crimini USA, anche quelli commessi in territorio italiano (Abu Omar, ecc.), sulla partecipazione dei militari italiani alla tortura dei prigionieri a Guantanamo e altrove, sui delitti del governo BBF (G8 di Genova, tentativo di truffa elettorale, ecc.). Ha persino sollecitato l’interferenza USA (lettera degli ambasciatori) per risolvere le contraddizioni interne alla maggioranza. Ha mantenuto in vigore le concessioni fatte da Berlusconi al Vaticano (scuola, esenzioni fiscali, uso e abuso delle strutture pubbliche e del territorio italiani, ecc.). Ha continuato la persecuzione razzista e classista contro gli immigrati (visto d’ingresso, permesso di soggiorno, cittadinanza, CPT). Ha proseguito nell’eliminazione delle conquiste (TFR, pensioni, imposte indirette, privatizzazioni, ecc.). Sul “teatrino della politica borghese” il circo Prodi ha vociato per cinque anni contro la banda Berlusconi, i suoi misfatti e persino contro alcuni dei suoi delitti. Una volta preso il governo, il circo Prodi non ha cancellato nemmeno una delle misure prese dalla banda Berlusconi. Non ha perseguito né penalmente né amministrativamente nessuno degli autori e mandanti dei suoi misfatti e dei suoi crimini. Non ha ripudiato alcuno dei suoi impegni (Vicenza, ecc.) e trattati briganteschi. Non ha messo in galera nessuno dei profittatori della banda Berlusconi. Al contrario ha praticato la continuità con i crimini e i misfatti della banda Berlusconi in nome della serietà e del prestigio internazionale della “grande nazione” (papalina), della “continuità dello Stato”, ecc. I fatti hanno la testa dura, i giri di parole non li scalfiscono.

Dall’altra parte la lotta contro il circo Prodi si svolge ad un livello superiore rispetto alla lotta contro la banda Berlusconi. Ogni comunista, ogni persona per cui la lotta per fare dell’Italia un paese socialista non è una giaculatoria di bell’effetto ma un programma realistico che decide di tutta la sua attività, quindi per ogni membro del (nuovo)Partito comunista italiano, questo è una cosa decisiva. Inquadra coscientemente la lotta contro il governo PAB nel contesto della lotta di più lunga durata per instaurare il socialismo. Fa della prima un passaggio, una fase ben definita della seconda.1

La lotta contro il governo PAB infatti comporta, richiede e permette che nelle masse popolari la sinistra prenda il sopravvento sulla destra,2 che la classe operaia assuma la sua funzione dirigente sulle altre classi delle masse popolari, che il suo Partito comunista si consolidi e si rafforzi, che il controllo della borghesia imperialista sulle masse popolari faccia un passo indietro: che il vecchio potere si indebolisca e si rafforzi il nuovo potere. Con altre parole la CP del Comitato Centrale del (n)PCI ha espresso lo stesso concetto dicendo che le masse popolari possono vincere contro il governo PAB, possono impedirgli di realizzare il “programma comune”, ma “perché vincano, occorre una maggiore diffusione della concezione del mondo più avanzata (quella del movimento comunista), occorre una maggiore adesione a un obiettivo politico più definito e più lungimirante (“fare dell’Italia un nuovo paese socialista”), occorre una più ramificata e forte organizzazione delle masse popolari autonoma dalla borghesia (cioè connessa, sia pure nei modi più vari, al Partito comunista). La lotta contro il circo Prodi può dunque avere successo, ma occorre che la rinascita del movimento comunista faccia un deciso passo avanti” (Comunicato CP 28.08.06). Perché?

Perché, a differenza del governo Berlusconi-Bossi-Fini, il governo PAB mantiene l’ordine pubblico e più in generale il controllo sulle masse popolari grazie all’appoggio dei partiti della borghesia di sinistra, della destra dei sindacati e della destra delle altre organizzazioni popolari (“popolari” solo nel senso empirico che si reggono grazie al consenso che riescono a raccogliere tra le masse popolari e all’influenza che riescono ad esercitare sul loro orientamento; assolutamente non nel senso che fanno gli interessi delle masse popolari nella lotta che le oppone alla borghesia imperialista): cioè della destra dell’aristocrazia operaia, la parte più corrotta e subordinata alla borghesia.3

A sua volta questa destra ideologicamente non vede nulla al di là dell’orizzonte della società borghese e delle sue leggi che per essa sono “leggi di natura”. I suoi interessi la rendono fautrice della continuità del regime e dell’ordinamento sociale. Per di più è in sostanza un gruppo sociale conservatore, perché ha le sue radici nel passato, nella fase precedente della storia del nostro paese (nella fase del “capitalismo dal volto umano”): il suo momento di gloria, la sua età d’oro è nel passato. È un residuato storico che resta in vita perché è utile alla borghesia di sinistra e che la borghesia di sinistra cerca di riciclare come puntello del regime e dell’ordinamento sociale nella nuova fase (a differenza della banda Berlusconi che invece voleva umiliarla e distruggerla). Quindi è una destra che deve seguire la borghesia di sinistra nel suo tentativo di attuare il “programma comune”. Questa destra rincorre la borghesia di sinistra (Prodi, DS, Margherita, ecc.) che a sua volta rincorre la borghesia di destra. Quindi in definitiva è una destra “popolare” pilotata dalla borghesia di destra. Comunque si trascina al seguito dei fautori del “programma comune”. I suoi esponenti più brillanti, più “audaci”, più “moderni”, più reclamizzati e accarezzati dai borghesi si azzardano in svolazzi e innovazioni “blairiane”, come i fondi pensione, i contratti aziendali (il “secondo livello”), i nuovi “ammortizzatori sociali” (il “nuovo welfare”), la gestione della precarietà e della flessibilità, ecc. Insomma propongono qualcosa che confermi un ruolo all’aristocrazia operaia nell’ambito della nuova società che la borghesia imperialista sogna. Tentano di sfuggire alla natura conservatrice propria del gruppo sociale a cui appartengono. Tuttavia questa destra non può mettersi frontalmente e apertamente contro il grosso delle masse popolari.

Oggi il grosso delle masse popolari è meno docile e manipolabile dalla classe dominante (sia direttamente tramite il padrone, il clero o l’intellettuale sia indirettamente tramite l’aristocrazia operaia) di quanto lo fosse nel lontano passato. Infatti il grosso delle masse popolari 1. risente in una certa misura della cultura e dei principi della civiltà futura che la prima ondata della rivoluzione proletaria ha sedimentato nelle masse popolari (per il diritto di tutti a condizioni di vita dignitose, contro la guerra imperialista, contro l’oppressione delle donne, dei ragazzi e degli immigrati, contro la discriminazione razziale, ecc.), 2. per quanto debole sia ancora il movimento comunista, vi è in ogni aggregazione e organizzazione delle masse popolari una sinistra che ha una certa influenza. In definitiva questa sinistra può quindi rendere la vita difficile al governo PAB: tanto più, quanto più ha la volontà e la capacità di rendere in ogni aggregazione e organizzazione delle masse popolari difficile la vita alla destra, le contende consapevolmente e con iniziativa l’influenza sul grosso delle masse popolari e lotta per soppiantarla nella sua direzione.

Il balletto tra Epifani e il governo PAB a proposito delle pensioni illustra bene queste relazioni. Guglielmo Epifani, segretario nazionale della CGIL, la più grande delle organizzazioni delle masse popolari, è uno degli esponenti più qualificati della destra di cui abbiamo parlato. Egli vuole che sia il governo a imporre le misure del “programma comune”. Vuole cioè che il governo PAB dia modo ad Epifani di presentarsi alle masse popolari come uno che si “oppone” alla decisione antipopolare del governo. Come uno che con la sua “opposizione responsabile e realistica” riesce a “strappare” al governo qualche concessione agli “interessi dei lavoratori”. Il governo PAB invece vuole che sia Epifani a fare una proposta (naturalmente “ragionevole”, “seria”: cioè compatibile con il “programma comune”). Poi il governo PAB verrebbe incontro alla proposta “esagerata” di Epifani, “mediando” tra Epifani e Montezemolo (o Draghi o Padoa-Schioppa). Epifani non può fare direttamente una proposta compatibile con il “programma comune” perché si metterebbe contro i sentimenti, le aspirazioni, l’orientamento, oltre che gli interessi, delle persone che deve controllare e influenzare e darebbe un’arma ai suoi concorrenti nella CGIL, agli altri sindacati di regime concorrenti della CGIL, alla sinistra interna alla CGIL (Rinaldini, Cremaschi, ecc.) e ai “sindacati alternativi”. Tanto meno la può fare, quanto più la sinistra interna ed esterna alla CGIL ha la capacità e la volontà di condurre tra i lavoratori e il resto delle masse popolari un’agitazione efficace.4

Un gioco di società che abbiamo visto anche in occasione del varo della Finanziaria. Lo stesso gioco di società è evidente a proposito della partecipazione dello Stato italiano e dei suoi mercenari all’aggressione dell’Afganistan, della difesa del protettorato sionista e USA in Libano, della pulizia etnica sionista in Palestina, dell’aggressione dei paesi arabi e musulmani (Iraq, Afganistan, Iran, Siria, ecc.) e dei paesi africani (Somalia, Sudan, ecc.). Il gioco delle parti tra Diliberto-Giordano-Pecoraro Scanio da una parte e dall’altra il resto del governo PAB. Il problema comune dei “giocatori” è trovare la “giusta” divisione dei compiti, trovare le parole adatte per far passare senza grande opposizione i fatti della partecipazione alla guerra, per impedire tra le masse popolari la coalizione degli oppositori, per diluire e attutire l’opposizione popolare, per impedire che tra le masse popolari l’opposizione monti, acquisti forza e si generalizzi, si formi una nuova direzione. Consideriamo la campagna contro il terrorismo che il governo PAB ha scatenato lunedì 12 febbraio: il governo PAB ha messo in difficoltà chi voleva partecipare alla manifestazione di Vicenza e ha dato modo di non partecipare a chi ci partecipava per “dovere d’ufficio”. Prodi si è conquistato la forza di ordinare dall’India ai suoi ministri di non andarci.

Questa situazione conferisce alla sinistra un ruolo che la sinistra deve però assumere consapevolmente, con forza, iniziativa e audacia. Bando quindi alla tristezza, allo scoraggiamento, al pessimismo, alla sfiducia, alla rassegnazione e al disfattismo perché “la destra non scende più in campo contro il governo”. Per chi ha obiettivi ambiziosi (“fare dell’Italia un nuovo paese socialista”) questo è uno degli aspetti che rendono la lotta contro il governo PAB superiore alla lotta contro il governo BBF, anche se sempre di lotta contro il “programma comune” si tratta. La destra dei sindacati e delle organizzazioni “popolari” ha nel governo PAB il suo “governo amico”. Lo difenderà meglio che potrà. Se lavoriamo bene, affogherà con lui. Sperare di condurre la lotta contro il governo PAB al modo in cui l’abbiamo condotta contro il governo BBF è non capire il diverso schieramento di forze che i due governi rappresentano. È non voler usare la situazione presente per fare un passo avanti verso l’instaurazione del socialismo. Siamo riusciti a far combattere la destra contro il governo BBF. Anche grazie ad essa siamo riusciti a sconfiggerlo. Con la lotta contro il governo PAB metteremo la destra fuori gioco, le toglieremo la direzione delle masse popolari. La destra non ha il monopolio della direzione e dell’influenza sulle masse popolari per “volontà divina”. La sua posizione è precaria. Non a caso deve ricorrere all’espulsione degli elementi più coscienti (membri dei CARC e di altre FSRS). Ha il terrore dell’organizzazione comunista clandestina. La sua collaborazione con i padroni e con la loro polizia la rende invisa ai lavoratori. Si tratta di combatterla consapevolmente e con iniziativa, con piani e operazioni ben studiate, di isolarla e di “prendere il suo posto”. Ciò è del tutto realistico e possibile. È il compito della fase. Basta osare concepirlo, osare perseguirlo. Il tramonto della destra segnerà la fine del 70% dell’egemonia della borghesia imperialista sulle masse popolari, ridurrà il suo potere a repressione e ricatto.5

È vero che la destra parte in vantaggio. Oggi essa ha nelle organizzazioni delle masse popolari un potere e un’influenza incomparabilmente superiori a quelli della sinistra. È ciò che ereditiamo dalla fase precedente della storia del nostro paese e mondiale (dalla fase del capitalismo dal volto umano, del revisionismo moderno). Se non fosse così, le masse popolari non sarebbero finite nella situazione miserabile in cui si trovano, non avrebbero perso tutto quello che hanno perso; la borghesia imperialista non avrebbe tentato un’avventura azzardata come quella di affidare il governo del paese alla banda Berlusconi. D’altra parte la sinistra sottovaluta le sue potenzialità. In questo sta la debolezza, la malattia, il limite di tanta parte della sinistra delle masse popolari. Molti compagni e lavoratori avanzati hanno paura di assumere responsabilità, hanno paura della propria forza, non vedono la propria forza, hanno paura di dirigere, non osano pensare di vincere. Pensano che è impossibile togliere la direzione alla destra. Sono ancora abbagliati dal ruolo che la destra riuscì a mantenere tra le masse popolari dei paesi imperialisti durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, nella prima metà del secolo scorso.6 Non hanno capito che la destra riuscì a mantenere il suo potere sulle masse popolari principalmente perché il movimento comunista non aveva ancora una concezione e una strategia corrispondenti alle leggi della rivoluzione socialista. Se si considerano scientificamente i fatti attuali, risulta chiaro che, se la banda Berlusconi ha fallito e la borghesia imperialista le ha tolto l’investitura a governare, è perché l’influenza della sinistra tra le masse popolari è già oggi tutt’altro che trascurabile. Negli anni 2001-2006 fu già abbastanza grande da mobilitarle in misura sufficiente ad impedire al governo della banda Berlusconi di realizzare il “programma comune” in misura sostanziale.

Certo in quegli anni la sinistra si è giovata anche dell’ostilità della borghesia di sinistra nei confronti della banda Berlusconi. Ma niente oggi le impedisce di giovarsi, in modo certo diverso, dell’ostilità della banda Berlusconi nei confronti del circo Prodi. Per farlo deve però essa stessa smettere di considerarsi, nei sindacati e nelle organizzazioni popolari, un’appendice della destra e, tramite essa, del circo Prodi; di considerare il circo Prodi “più amico” delle masse popolari di quanto lo sia la banda Berlusconi. Di considerarsi parte di una unica “sinistra” che comprenderebbe anche la destra di cui parliamo e magari anche la borghesia di sinistra, da Bertinotti a Prodi. A differenza della banda Berlusconi, il circo Prodi è certo, per sua natura, disposto a cooptare e corrompere singoli esponenti e organismi della sinistra (che per questa via smettono di appartenere alla sinistra). Ma quanto alla eliminazione delle conquiste, al carattere antidemocratico, al saccheggio e all’aggressione dei popoli oppressi non è da meno della banda Berlusconi: per convincersene basta guardare alle sue opere anziché fermarsi alle sue parole e alle sue promesse, al fumo che i suoi agenti “popolari” spandono a copertura delle sue azioni.

Certo negli anni 2001-2006 la sinistra si è giovata del contrasto tra la banda Berlusconi e tutta l’aristocrazia operaia. Ha fatto marciare tutta l’aristocrazia operaia contro la banda Berlusconi. Ora invece la lotta contro il governo PAB divide l’aristocrazia operaia. Proprio questo è uno dei motivi per cui la lotta contro il governo PAB è ad un livello superiore rispetto alla lotta contro il governo BBF: costringe la sinistra ad assumere la direzione, a qualificarsi, a crescere. La sua evidente amicizia col governo e la sua complicità con la polizia dei padroni isolano la destra dal grosso delle masse popolari, minano il suo potere e la sua influenza che ostacolano e indeboliscono le masse popolari. La causa principale di molte sconfitte delle masse popolari nelle lotte indette e dirette dalla destra, sta proprio nella direzione della destra: questa nei giorni, mesi, anni che precedono ogni singola lotta che essa stessa indice, ha creato e crea con la sua attività (di formazione ideologica borghese, di disorganizzazione, di divisione, disfattista, ecc.) le condizioni che rendono impossibile la vittoria e inevitabile la sconfitta.

La debolezza e il limite della sinistra oggi si esprimono nella rinuncia ad assumere la direzione, ad isolare la destra, nel non osare contrapporsi alla destra. I nostri estremisti di sinistra ieri non volevano che la destra partecipasse alla lotta contro il governo BBF. I nostri estremisti di destra oggi vogliono avere ancora la destra accanto a loro (o meglio sopra di loro) nella lotta contro il governo PAB, non osano marciare senza e contro la destra. Molti compagni e lavoratori avanzati vorrebbero che la destra mantenesse la direzione, ma fosse un po’ più “di sinistra”. Vorrebbero che facesse “qualcosa di sinistra”. Invece la sinistra deve porsi l’obiettivo di isolare la destra dalle masse popolari, ridurre la sua influenza e toglierle la direzione. Le masse popolari non possono dispiegare la loro forza e vincere con una direzione trascinata a forza nella lotta, che lotta di malavoglia, che sogna di trovare un accordo col nemico, che sta con le masse popolari principalmente per impedire che siano trascinate nella mobilitazione reazionaria. Hanno bisogno di una direzione che sia fautrice decisa della lotta, che sia alla testa della lotta, che la promuova con accanimento, che voglia vincere.

Certo la destra è organizzata, la destra ha le leve del potere istituzionale, la destra è spalleggiata dalla borghesia di sinistra e anche da quella di destra, dai loro mezzi e dal loro Stato. Ma l’influenza sulle masse popolari non è come il comando della truppa: risponde ad altre logiche e ad altre dinamiche. La sinistra ha dalla sua parte gli interessi delle masse popolari e la situazione rivoluzionaria in sviluppo: due “argomenti” decisivi.7 La situazione internazionale lavora a favore della sinistra. Il periodo d’oro della borghesia imperialista, quando la “democrazia” e la libertà dei capitalisti erano tanto decantati, dopo il “crollo del muro di Berlino”, è finito. I fatti hanno dato universalmente la misura di quello che la borghesia può fare e le masse popolari la rigettano su scala crescente in ogni angolo del mondo.

La sinistra può vincere la destra, ma deve fare un salto di qualità. Deve organizzarsi e superare la debolezza che la induce a dubitare della sua capacità di vincere, a non osare dare battaglia, a non assumere la direzione, a non avere abbastanza fiducia nelle capacità rivoluzionarie delle masse popolari. C’è un circolo vizioso che alimenta la debolezza della sinistra: 1. senza direzione decisa a lottare e vincere, le masse popolari non sono in grado di dispiegare la loro forza su grande scala e compiere azioni rivoluzionarie; 2. la sinistra rifiuta di assumere la direzione e la lascia alla destra (che è più “sperimentata”, più “colta”, più “organizzata” e … soffoca e sabota il movimento rivoluzionario); 3. la sinistra prende pretesto dalla mancanza di azioni rivoluzionarie da parte delle masse popolari per convalidare la propria sfiducia come “realismo”. È questo circolo vizioso che si osserva in ogni campo della lotta di classe. È il circolo vizioso che noi comunisti dobbiamo rompere in ogni campo della lotta di classe. È essenziale quindi che i comunisti svolgano il loro compito di mobilitare e organizzare ovunque la sinistra, in ogni aggregazione e organizzazione delle masse popolari. Bisogna che i comunisti portino nella sinistra una concezione più dialettica del mondo: niente nasce già grande, la sinistra conquisterà la direzione dirigendo, mobilitando in modo giusto e unitario quello che già influenza, trasformando con un lavoro sistematico e coraggioso la sua influenza in direzione, estendendo di battaglia in battaglia la propria direzione. La sua capacità di dirigere estenderà la sua influenza e questa si trasformerà in direzione. Le masse popolari imparano principalmente per loro esperienza diretta. I comunisti devono armarsi della “linea di massa” che è, come Mao ci ha insegnato, il principale metodo di lavoro e di direzione dei comunisti.

 

Le elezioni amministrative di primavera

 

Nella prossima primavera vi sarà una tornata di elezioni di consigli comunali e provinciali. È un’occasione che i comunisti non devono perdere per fare passi avanti nell’irruzione nel “teatrino della politica borghese”, coalizzando tutte le forze possibili. Chi condivide l’analisi fin qui fatta e affronta la lotta contro il governo PAB consapevole che la vittoria sarà un passo avanti nella guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, non si lascerà frenare dal timore di nuocere al circo Prodi e favorire la banda Berlusconi (“voto utile”, “è una questione locale”, ecc.). Si voterà in più di mille comuni, tra cui 29 capoluoghi di provincia, molte altre città importanti e quasi mille comuni con meno di 10.000 abitanti, per un totale di circa 10.5 milioni di abitanti. Occorre fare il massimo sforzo per presentare il numero maggiore possibile di Liste Comuniste, di liste di Blocco Popolare o altre formazioni analoghe per impostazione e programma. Occorre mirare con la campagna elettorale a moltiplicare i “concentramenti di forze” nei grandi comuni e nei paesi grandi e piccoli, nei quartieri.8 Vi è oggi nella sinistra una forte tendenza a lavorare al rovescio, a causa di una visione poco dialettica del mondo. Alcuni compagni vorrebbero presentarsi alle elezioni solo dove esistono già concentramenti di forze, dove sono sicuri di avere eletti. In ciò vi è anche molta concezione elettoralista, parlamentarista dell’attività politica. Come se in una campagna elettorale la cosa più importante non fossero la educazione politica di massa che si compie durante la campagna elettorale, l’aggregazione e l’organizzazione di massa che ne risulta. Come se per noi la cosa principale fossero i posti che si conquistano nei consigli e l’attività degli eletti dopo le elezioni, indipendentemente dal cambiamento prodotto a livello di massa e dall’azione che le masse popolari conducono. In ciò vi è molto politicantismo. “Non esiste ancora un seguito elettorale certo e quindi non ci si può presentare alle elezioni”: è questa ad esempio la quint’essenza della posizione proposta dalla Rete dei Comunisti nel documento preparatorio della sua 2° Assemblea Nazionale (10 marzo 2007). Essi vorrebbero (in realtà si illudono di riuscire a) conquistare, come Rete dei Comunisti o struttura derivata, il posto e il potere di rappresentanti nelle istituzioni borghesi sia di un’opposizione interna al regime borghese sia di un’opposizione al regime borghese, come lo fu per anni il vecchio PCI, dopo la sua rinuncia alla rivoluzione socialista. Ma il vecchio PCI non partì da quel ruolo. Vi giunse a causa dell’uso borghese della posizione che esso aveva raggiunto nella società italiana con la lotta rivoluzionaria che per anni aveva condotto contro il fascismo e con la Resistenza. Questi compagni sognano di nascere già grandi, come rappresentanti di un blocco sociale costituito indipendentemente dal partito comunista e dalla lotta politica rivoluzionaria che esso stesso promuove e dirige. Vorrebbero partire dalla fine, potremmo dire, se la fine che prospettano non fosse il ruolo squallido di opposizione di sinistra nel regime a cui i revisionisti condussero il vecchio PCI.

L’esperienza fatta l’anno scorso dalle Liste Comuniste fornisce insegnamenti preziosi. Il bilancio redatto dai compagni Angelo D’Arcangeli e Andrea De Marchis della Lista Comunista in un comune piccolissimo (Roccasecca dei Volsci, mille abitanti) è uno strumento prezioso e dimostra le potenzialità di un simile intervento.9 Ne consigliamo ai nostri lettori uno studio attento.

 

La legge elettorale

 

La partecipazione alle elezioni comunali e provinciali è resa ancora più importante, proprio in questo momento, da quello che la classe dominante sta preparando in tema di legge elettorale. La classe dominante sta andando verso una legge elettorale di fatto ancora più antipopolare dell’attuale. La crisi politica della borghesia si aggrava. In ogni paese la governabilità (la capacità di formare secondo le procedure e regole esistenti un governo capace di governare) diventa sempre meno compatibile con assemblee parlamentari in qualche misura rappresentative dell’opinione pubblica. È un effetto della crisi politica che accompagna la crisi generale del capitalismo. I contrasti di interesse si acuiscono e con essi si moltiplicano e acuiscono anche i contrasti politici. La borghesia ricorre quindi a una riforma dei partiti borghesi e a leggi elettorali che escludono, con sbarramenti economici ed amministrativi e con premi di maggioranza la partecipazione diretta e autonoma alle elezioni delle piccole formazioni (e un’effettiva opposizione all’ordinamento sociale entra nel “teatrino della politica borghese” piccola; si presenta alle elezioni e partecipa alle lotte elettorali come forza autonoma appunto per formare, aggregare e mobilitare i partigiani della rivoluzione), ammettono in parlamento solo “deputati responsabili” (cioè disposti a risolvere “in famiglia” i problemi importanti, senza portarli tra le masse, legati a una pratica di riservatezza e di omertà) e impediscono l’ingresso in parlamento dei portavoce di un’effettiva e radicale opposizione, di una forza veramente popolare.

Governabilità del paese e rappresentatività dei parlamenti diventano inconciliabili. Il paese è governabile con governi approvati dal parlamento, solo se si fa eleggere un parlamento adatto ad assicurare la governabilità, a scapito della sua rappresentatività. A un livello superiore, avviene un processo analogo. I partiti borghesi si devono coalizzare e fondere, per evitare la concorrenza e la demagogia delle lotte elettorali: i contrasti tra gruppi borghesi bisogna risolverli in famiglia, non portarli di fronte alle masse. Crescono la politica fatta dietro le quinte, il politicantismo opaco dove prospera la corruzione, i regolamenti di conti e gli scandali di regime aperti e chiusi nel giro di pochi giorni senza che nulla cambi, l’attività sotterranea che rende la politica borghese incomprensibile alle masse popolari. Nessuna contrapposizione di principio, tutto diventa contrattabile e viscido, tutto ha un prezzo. A sinistra DS e Margherita devono formare il Partito Democratico. A destra deve formarsi la Federazione delle Libertà (padronali). Queste devono agire come due correnti dello stesso partito: sulle questioni importanti devono presentare al pubblico la stessa soluzione pattuita fuoriscena (“bipartisan”). I contrasti di interessi e di orientamento vanno regolati lontano dall’opinione pubblica, nel “palazzo”, nella Borsa.

Si tratta per la borghesia di ridurre gli strumenti di azione politica a disposizione delle masse popolari, di privarle completamente se possibile. Di relegare le masse popolari nel ruolo di comparse che si attivano a comando, di cacciarle e mantenerle in uno stato in cui siano incapaci di iniziativa politica (“qui non si fa politica”), di allontanare ancora più la politica reale e importante dall’opinione pubblica, dalle televisioni e dai giornali, sempre più dediti alla cronaca nera e rosa, ai pettegolezzi, a disquisizioni di morale e curiosità intellettuali.

L’astensione delle masse dalle elezioni e dalla lotta elettorale è nata dall’esperienza che è inutile partecipare alle elezioni. In effetti senza un partito rivoluzionario, per le masse popolari è inutile partecipare alle elezioni. I revisionisti hanno reso le elezioni e l’attività parlamentare inutili ai fini rivoluzionari e delle riforme. O addirittura le hanno usate per insabbiare, confondere e corrompere. Le masse popolari hanno reagito spontaneamente allontanandosene. Gli astensionisti si sono accodati alla spontaneità, non hanno capito l’origine e le contraddizioni del fenomeno: non hanno svolto un ruolo d’avanguardia. A una politica da “partito operaio borghese” fatta dai revisionisti hanno opposto l’astensionismo, hanno lasciato campo libero ai revisionisti anziché lottare contro il revisionismo, anziché costituire un vero partito comunista che mobilitasse e organizzasse le masse popolari anche tramite la loro irruzione nel “teatrino della politica borghese” a scompigliarne il gioco e le sceneggiate e a creare condizioni più favorevoli per la politica rivoluzionaria.

Con la costituzione del Partito Democratico a sinistra e della Federazione delle Libertà (padronali) a destra, la borghesia imperialista vuole escludere i problemi seri dalla sceneggiata che essa mette in scena sul “teatrino della politica borghese”. Nello stesso tempo vuole escludere dal parlamento tutti gli altri partiti con una legge elettorale che ostacola la presentazione di liste (con intralci economici e con procedure amministrative-burocratiche) ed esclude comunque l’elezione di loro rappresentanti in parlamento (salvando con provvedimenti ad hoc i rappresentanti di alcuni gruppi etnici: tedeschi del Sud Tirolo, valdostani, sloveni).

La lotta delle masse popolari per una legge elettorale rappresentativa, proporzionale è una delle battaglie su cui i comunisti devono mobilitare la sinistra e anche quei gruppi borghesi che la legge maggioritaria escluderebbe, durante e dopo le elezioni amministrative. La legge elettorale maggioritaria è anche una ulteriore violazione sostanziale della Costituzione. Impedire con l’azione di massa l’introduzione di una legge elettorale restrittiva è un passaggio importante dell’irruzione nel “teatrino della politica borghese”.

Il cambio di legge elettorale e i tentativi di aggregazione (fusione) dei partiti borghesi confermano l’importanza che le elezioni e le lotte elettorali hanno per il regime, smentiscono la concezione degli astensionisti. La lotta per una legge elettorale proporzionale permetterà ai comunisti di fare alleanze che creeranno condizioni più favorevoli all’accumulazione delle forze rivoluzionarie.

 

Far montare la maionese”

 

Bisogna tradurre la lotta rivoluzionaria anche in campagne concrete sul secondo e sul terzo fronte, in campagne che in ogni campo impediscano il tranquillo svolgimento delle sceneggiate tra compari, degli imbrogli alle spalle delle masse popolari, delle diversione, della intossicazione e della confusione che costituiscono la lotta politica che la borghesia presenta alle masse popolari.

L’opposizione al regime della borghesia imperialista della maggior parte dei gruppi e degli individui delle masse popolari è, per così dire, “unilaterale” come l’esperienza diretta di ognuno di essi. Un gruppo è contrario per un motivo, un altro per un altro motivo. Solo la partecipazione diretta alla lotta politica fa superare ad ognuno la sua “unilateralità”. Noi comunisti siamo contrari al regime nel suo insieme, per tutto per così dire. La nostra opposizione è di classe, “ideologica” dicono i nostri avversari che parlano alla moda. Ciò è giusto ed è per noi un vanto. È un frutto della nostra concezione scientifica, materialista dialettica del mondo, che vede e mette in gioco le connessioni tra i vari aspetti della realtà. Ma per far diventare efficace la nostra opposizione complessiva, dobbiamo fare in modo che le masse popolari la assumano come loro nella misura più larga possibile. Bisogna quindi, tra l’altro, che noi dividiamo, strumentalmente, a scopo pratico, provvisoriamente, la nostra opposizione complessiva in campagne particolari: una su un aspetto del regime che mobilita un gruppo delle masse popolari, un’altra su un altro aspetto che mobilita un altro gruppo. A differenza di quelli che hanno loro stessi una concezione unilaterale della società, bisogna che contemporaneamente, nel condurre ogni campagna “unilaterale”, noi educhiamo la sinistra e i lavoratori avanzati a una visione dialettica e che guidiamo le masse popolari a un’azione dialettica. Che teniamo cioè conto, nella propaganda e nella tattica quotidiana, nel condurre la nostra “scuola di comunismo”, del legame che esiste tra i vari aspetti della società. Bisogna cioè che educhiamo gli uni e le altre, ognuno con il metodo che gli è più adatto, alla dialettica. Bisogna quindi che, ovviamente con una appropriata divisione del lavoro che solo l’organizzazione consente di adottare come metodo di lavoro dialettico anziché come deviazione, studiamo i particolari e ci occupiamo dei particolari, per far valere il generale nel trattamento di ogni particolare, cioè ci occupiamo dei particolari in modo dialettico. Sbagliano i compagni che in ogni discorso, di qualunque cosa si tratti, esprimono solo o principalmente la loro “opposizione ideologica” all’ordinamento sociale, imprecando e dipingendolo a tinte fosche, sia pur veritiere e realistiche, ma sempre le stesse sia che stiano parlando di guerra sia che stiano parlando della questione delle abitazioni, di cronaca nera o dei due livelli di contrattazione sindacale. Sono oziosi, non studiano il particolare che occupa le menti o i sentimenti del loro pubblico particolare. Comunicano la loro passione, ma non la suscitano, non convincono, non trascinano, non influenzano, non stabiliscono direzione. Bisogna studiare ogni particolare in quello che ha di specifico, ma certo studiarlo in modo dialettico, cioè non unilaterale, fino a scoprire chiaramente il suo nesso generale. Ma bisogna studiarlo fino a impadronirsene. Un compagno che parla in modo giusto di tutto ma sempre solo in generale, che non conosce a fondo nessun particolare, di regola è un compagno dogmatico, non riesce a insegnare e convincere. Noi invece dobbiamo insegnare. “In tutti i paesi borghesi, le elezioni servono ai partiti borghesi a fini reclamistici. Per la classe operaia le elezioni e la lotta elettorale devono servire ai fini dell’educazione politica, del chiarimento della vera natura dei partiti” (Lenin, Opere vol. 17, pag. 274-275).

Oggi il secondo e il terzo fronte sono i fronti principali del nostro lavoro di massa. Qui non bisogna lasciare nessun campo libero alla destra e alla borghesia di sinistra. Bisogna sfruttare la connessione tra tutti i campi della vita sociale e individuale, pur separando i lavori per renderli più efficaci. Noi non siamo né per un partito che si occupa di rompere la politica borghese ma non si occupa dei rapporti sociali, della disuguaglianza economica e sociale (nelle relazioni, nel ruolo che si ha nella società, nel prestigio), né per un sindacato che si occupa delle relazioni di lavoro, ma non si occupa di rompere la politica borghese. Entrambi sarebbero comunque ancora un partito e un sindacato borghesi.

Nella lotta sul secondo e sul terzo fronte non si tratta di aumentare il numero di scandali con cui i mezzi borghesi di controllo dell’opinione pubblica distraggono, confondono, allarmano, demoralizzano e intossicano le masse popolari: oggi l’Anonima Spioni di Tronchetti Provera, domani Parmalat, dopodomani l’ingerenza USA, poi i redditi scandalosi dei parlamentari, ecc. ecc. Uno scandalo ogni tot giorni. Tot giorni per ogni scandalo, che poi scompare dalle cronache, lascia solo sbigottimento, paura, sfiducia di poter conoscere e ancor meno modificare la realtà con la propria azione. Si tratta di suscitare l’attenzione e la coscienza dei lavoratori avanzati e degli esponenti avanzati delle altre classi delle masse popolari sul legame che unisce tutti gli “scandali”, e quegli aspetti della società che ancora non sono “esplosi” come scandali, tra di loro e al regime e all’ordinamento sociale, di suscitare sistematicamente mobilitazioni di masse popolari contro il regime e l’ordinamento sociale di cui è espressione, di coordinarle nella pratica e il più possibile anche nella coscienza dei protagonisti, di dar modo ad ogni gruppo sociale e finanche ad ogni individuo di valorizzare e di imparare a valorizzare la sua esperienza diretta e di farne una componente della lotta generale. Si tratta di creare consapevolmente e sistematicamente in ogni lotta le condizioni per lotte maggiori e per la loro vittoria. Si tratta di “far montare la maionese” dell’indignazione per lo stato delle cose, dell’odio di classe, dell’insofferenza per l’oppressione e lo sfruttamento, dell’intolleranza di ogni ingiustizia, della volontà di lotta e di vittoria, della solidarietà di classe tra le masse popolari. Esattamente il contrario di quello che fa la destra che oggi dirige ancora le organizzazioni delle masse popolari e provoca la sconfitta di ogni loro lotta. Bisogna demolire giorno dopo giorno l’egemonia che la borghesia, il clero, i loro intellettuali, portavoce e lecchini ancora esercitano sulle masse popolari. Bisogna con questa azione sistematica e organizzata ridurre sempre più il loro potere alla repressione, che è il loro ultimo baluardo. Questa riduzione è un’operazione politica, non avviene spontaneamente, specialmente nei paesi imperialisti. La borghesia cerca con ogni mezzo di opporvisi. Per lei è più favorevole combinare corruzione, cooptazione, confusione, intossicazione, ecc. con la repressione selettiva di quegli organismi e meglio ancora di quegli individui che sono centri di aggregazione, promozione, organizzazione e direzione. Questa riduzione è nei paesi imperialisti la condizione preliminare per eliminare completamente il potere: è l’introduzione alla guerra civile, alla trasformazione della guerra non dichiarata di sterminio che la borghesia conduce contro le masse popolari in una guerra in cui anche le masse popolari combattono con iniziativa e organizzazione, nelle condizioni per poter vincere.

È possibile “far montare la maionese”? È possibile questa riduzione? Certamente sì, finché la borghesia non butterà in aria il suo “teatrino”. Dipende solo dalle forze che riusciremo a coalizzare, mobilitare, organizzare. Ma voler fare dell’Italia un nuovo paese socialista ed essere convinti che i comunisti sono incapaci di mobilitare e organizzare le larghe masse dei lavoratori, delle donne, dei pensionati, degli studenti, degli emarginati, dei malcontenti, quindi non occuparsi di trovare i modi e le forme per farlo, sono cose che non stanno insieme che in una fantasia morbosa.

La nostra irruzione nel “teatrino della politica borghese” consiste nell’andare a mettere il naso in ogni angolo, portare alla luce del sole le cose che la borghesia e gli uomini politici “ragionevoli”, “responsabili” (cioè borghesi o succubi della borghesia) nascondono, su cui tacciono, violare ogni loro segreto commerciale, politico, di Stato, industriale e finanziario. Confrontare in ogni campo i discorsi con la pratica, per ogni politico e per ogni personaggio del clero e della cultura. Col concorso delle masse, che sono presenti ovunque e hanno occhi dappertutto, svolgere un’azione organizzata e sistematica per portare sulla scena del teatrino della politica borghese i suoi retroscena. La borghesia non può tollerare organismi, che, con la forza che deriva dall’organizzazione e da una linea coerente praticata inflessibilmente con continuità e approfittando di tutte le contraddizioni interne alla classe dominante, le impediscono di fare i suoi affari dietro le quinte, al riparo dagli occhi “indiscreti”, “inesperti”, “irragionevoli” delle masse popolari.

Instaurare il socialismo, non è cercare la luna nel pozzo. I primi passi della società socialista consistono comunque, sempre e ovunque, nell’organizzare le forze produttive esistenti e nell’usare le risorse esistenti nel modo più ragionevole, nel modo più favorevole agli interessi delle masse popolari (anziché distorcerle ai fini dei profitti delle aziende, cioè dei capitalisti, ai fini dei privilegi e usi dei ricchi e del clero). Da qui si parte per avanzare verso il comunismo. Dobbiamo quindi rendere coscienza comune l’irrazionalità e l’ingiustizia di ogni provvedimento e misura della borghesia. La critica di massa della società presente e la lotta di massa contro le sue singole relazioni e transazioni sono formazione di massa ai primi passi della società socialista, “scuola di comunismo”.

La borghesia oggi privatizza i servizi pubblici e vende le aziende pubbliche per ridurre il debito pubblico, ma non vende l’oro della Banca d’Italia né i tesori e gioielli depositati nei sotterranei della Banca d’Italia a cominciare da quelli della monarchia Savoia e da quelli che lascia a disposizione del Vaticano, della sua corte e della sua Chiesa benché già formalmente pubblici.

Non è il costo della manodopera (i salari) che hanno portato l’Alitalia al fallimento. Il monte salari per chilometro volato incide sulla cifra d’affari meno che in altre floride aziende aeree (es. Air France). Le spese che portano l’Alitalia al fallimento sono i servizi che fa allo Stato, al Vaticano, ai magnati del paese, le elargizioni ai ricchi e le servitù.

Le imposte indirette (IVA, ticket, multe, ecc.), quelle che falcidiano i salari e colpiscono i lavoratori più dei ricchi, sono una parte crescente delle entrate dello Stato, mentre l’attenzione viene concentrata sugli sconti dell’IRPEF. Ovviamente anche questo in aperta violazione della Costituzione.

Più le forze produttive crescono, meno è possibile, lo dicono i borghesi stessi, assicurare condizioni di vita decenti e serenità agli anziani: proprio perché le forze produttive e la ricchezza del paese crescono nella veste di capitale che richiede profitti e rendite crescenti. I pensionati sono quindi additati come un peso, una uscita e una spesa, per la società. Del resto una parte crescente dell’intera società nei libri contabili dei borghesi è ridotta al ruolo di spesa e passivo dell’attività del “signor capitale”, il profitto è l’attivo e l’obiettivo dell’attività sociale.

L’istruzione, l’igiene pubblica, la ricerca, l’assistenza sanitaria, la salute, la conservazione dell’ambiente, il benessere individuale e collettivo della popolazione sono oneri e pesi, sono spese per la società borghese. Il profitto e lo spreco e il lusso dei ricchi e del clero sono invece l’obiettivo dell’attività sociale e l’indice della ricchezza della società.

Sul TFR la borghesia e la destra alla Epifani, Bonanni, Angeletti & C stanno perpetrando un furto economico e una truffa politica di dimensioni gigantesche, che avranno un passaggio importante nei prossimi sei mesi, il periodo per le opzioni.

Gli stipendi dei parlamentari e dei dirigenti vanno confrontati sistematicamente con quelli dei lavoratori, la pratica dei predicatori va confrontata in ogni campo con la loro predica, con quello che impongono alle masse popolari.

Metà della spesa pubblica (delle uscite dello Stato) va in spese di rappresentanza, in servizi prestati ai ricchi, al Papa e alla sua corte, in lussi e sprechi, in stipendi e pensioni da più di 5 mila euro al mese pagati a una folla senza fine di parassiti e di lecchini (di “cooptati” che il governo PAB per sua natura moltiplica più ancora del governo BBF), in ricompense sontuose per consulenti, in tangenti, in affitti d’oro pagati ai ricchi, in acquisto di armi, in elargizioni agli amici. Per queste voci non c’è mai problema. Le spese per cui ogni anno mancano i soldi sono immancabilmente le pensioni, la scuola, l’assistenza sanitaria, i servizi pubblici, la ricerca, l’assistenza pubblica, la manutenzione del territorio e tutto quanto dovrebbe concorrere, sia pure tra sprechi, profitti e tangenti perché gestito da capitalisti, a soddisfare la massa della popolazione. (Comunicato CP 05.12.06)

Lo sperpero di risorse e l’abbrutimento morale delle guerre imperialiste (“spedizioni umanitarie”) in cui la borghesia ci coinvolge (basi sul tipo di Vicenza, Aviano, Ghedi, Maddalena, Napoli, Sigonella e servitù militari (vedasi Sardegna), prostituzione, traffici loschi, omicidi mirati, bombardamenti chirurgici, effetti collaterali, riarmo, segreti di Stato, economia parassitaria, ecc.) vanno analiticamente messi alla luce del sole come il sostrato che emana il puzzo nauseabondo che appesta la nostra vita quotidiana.

L’irruzione nel “teatrino della politica borghese” è in ogni campo e su ogni terreno lotta intransigente per la democrazia.

Per i borghesi e quelli la cui mentalità è racchiusa nell’orizzonte della società borghese, la democrazia si riduce al fatto che ognuno ha il diritto di dire la sua e di fare quello che vuole: nessuna legge o autorità glielo vieta. Per loro quindi non ha alcuna importanza il fatto che fanno intendere la loro voce solo quelli che hanno una posizione economica e sociale che glielo consente. Che i reazionari, i fascisti e il clero fanno la parte del leone. Che simile democrazia è per ogni individuo o gruppo tanto più vantaggiosa quanto maggiore è la forza che la sua posizione economica e sociale gli conferisce. La democrazia borghese è il governo della classe e dei gruppi economicamente e socialmente più forti.

Per noi comunisti, e per tutti i veri democratici, la democrazia è principalmente lotta per rimuovere le condizioni economiche e sociali che ostacolano la partecipazione dei lavoratori, delle donne e delle minoranze, quindi dell’enorme maggioranza della popolazione, alla vita politica e al patrimonio intellettuale e morale della società.

 

Costruzione del Partito e lavoro di massa del Partito si condizionano a vicenda.

 

Il consolidamento e il rafforzamento del Partito sono la condizione per realizzare il lavoro di massa del Partito, sul secondo e sul terzo fronte, di cui abbiamo fin qui parlato. Sarebbe velleitario oltre che una deviazione ripromettersi di avanzare nel lavoro di massa senza avanzare nel consolidamento e rafforzamento del Partito. Ma riusciremo a consolidare e rafforzare il Partito solo se svilupperemo il lavoro di massa: le masse sono il nostro serbatoio inesauribile di forze e le masse imparano soprattutto per esperienza diretta. Costruzione del Partito e lavoro di massa del Partito si condizionano a vicenda.

Siamo quindi alla classica situazione del cane che si morde la coda? No. In questa fase la costruzione del Partito è l’elemento principale, determinante del processo. Il lavoro di massa deve quindi servire alla costruzione (consolidamento e rafforzamento) del Partito. In concreto questo vuol dire che il Partito deve con le forze di oggi, facendo leva sul meglio della sua concezione e del suo patrimonio, elevare al massimo la qualità del suo lavoro di massa (come orientamento, come propaganda di linee, come mobilitazione e orientamento delle forze intermedie ed ausiliarie, ecc.), estenderlo al massimo consentito dalle forze oggi disponibili in modo da ricavare da questo lavoro di qualità, reclutamento e rafforzamento dei suoi organismi e quindi estendere il lavoro di massa anche in quantità. 1. Combinare la definizione delle linee generali con lavori per esempi-tipo (esperienze-tipo), 2. combinare la creazione di concentramenti di forze con il lancio di appelli generali: ecco le due chiavi per avanzare in questa fase in cui l’obiettivo di sintesi, l’obiettivo principale del nostro lavoro è ancora la costruzione del Partito.

Rosa L


NOTE

1 Chi capisce bene questo e fa della lotta contro il governo PAB una fase della lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista, una campagna della guerra popolare rivoluzionaria che terminerà con l’instaurazione del socialismo, è ben attrezzato per non farsi spaventare dallo spauracchio del “ritorno di Berlusconi”, che i fautori del governo PAB agitano come loro estrema risorsa.

2 Sinistra, centro, destra: nel ragionamento che stiamo facendo, come in generale nella teoria della “linea di massa”, si intende per sinistra quella parte che, in ogni FSRS, in ogni sindacato, in ogni organizzazione delle masse popolari, tra i lavoratori avanzati, nelle forze intermedie, negli stessi partiti del circo Prodi, ovunque vi è una consistente presenza di masse popolari, in ogni campo della vita sociale e della lotta di classe, è propensa a lottare 1. contro il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti e 2. contro il “programma comune” della borghesia imperialista.

Di contro si intende per destra in ogni aggregazione e in ogni organizzazione delle masse popolari quella parte che difende la sopravvivenza di questo governo, la antepone agli interessi delle masse popolari.

Per aggregazione delle masse popolari intendiamo ogni collettivo che è spontaneamente costituito dalla rete degli affari delle vita corrente: azienda, scuola, quartiere, ecc.

3 Aristocrazia operaia: per aristocrazia operaia qui e in seguito si intendono i promotori, dirigenti, organizzatori, funzionari di organizzazioni popolari: sindacati, cooperative, associazioni, case editrici, giornali, ecc. L’insieme di individui che trae i maggiori vantaggi intellettuali, morali e sociali (cioè in termini di relazioni e prestigio sociali) dal movimento dei lavoratori e di regola riceve almeno una parte importante del suo reddito dal ruolo che vi svolge. Ogni membro dell’aristocrazia operaia ha socialmente un ruolo che la società borghese nega al singolo proletario, “vale” un certo numero di proletari (es. un sindacalista parla a un certo numero di proletari, ha relazione con essi, li influenza, ecc.).

4 Come si vede nell’esempio, la concorrenza tra individui e gruppi della stessa pasta (classe), interferisce con il contrasto di indirizzo, così come le contraddizioni interne alla borghesia imperialista interferiscono con le contraddizioni di classe. Nel seguito vedremo che

1.             la formazione del Partito Democratico e della Federazione delle Libertà (padronali) è un tentativo di rimediare alla crisi politica principalmente sul lato delle contraddizioni interne alla borghesia: permette alla borghesia imperialista di trattare “in famiglia”, lontano dalla scena del “teatrino della politica borghese”, i contrasti tra gruppi e personalità della borghesia imperialista;

2.             la legge elettorale maggioritaria è un tentativo di rimediare alla crisi politica principalmente sul lato delle contraddizioni tra la borghesia imperialista e il campo delle masse popolari: esclude rappresentanti genuini e portavoce casuali degli interessi delle masse popolari dal parlamento e quindi “salva” il parlamento (lo rende compatibile con la governabilità della società per la borghesia, con la conduzione dei suoi affari) – in realtà gli toglie ogni rappresentatività ed autonomia, lo sopprime nella sostanza e ne salva la facciata: lo trasforma in camera di ratifica pubblica delle decisioni dell’esecutivo e dei mandanti dell’esecutivo.

5 I fautori e i nostalgici della “lotta armata delle OCC” non si rendono conto che il potere della borghesia sulle masse popolari si basa oggi 1. sulla egemonia e 2. sulla mancanza di una direzione rivoluzionaria, più che 3. sulla repressione. E questo nei paesi imperialisti in misura qualitativamente superiore che nei paesi oppressi. Per instaurare il socialismo dobbiamo anzitutto spezzare o almeno incrinare fortemente due delle tre gambe su cui si regge il suo potere. Dobbiamo cioè anzitutto 1. formare una direzione alternativa (non solo come gruppo deciso, capace e devoto alla causa secondo le condizioni indicate in La Voce n. 19, marzo 2005 - Il nuovo partito comunista, ma come Stato Maggiore (della classe operaia che lotta per il potere) effettivo, in cui è cioè organizzata una parte importante degli operai avanzati) e 2. ridurre fortemente l’egemonia della borghesia. Allora il potere della borghesia imperialista sulle masse popolari si fonderà principalmente, o almeno in misura crescente, sulla repressione aperta, poliziesca (militare) – cosa da cui siamo ancora lontani. Allora la situazione sarà pronta perché le masse popolari rispondano principalmente sul piano militare con successo. “Chi vuol prendere il potere, deve creare un’opinione pubblica favorevole”, ha insegnato Mao, riferendosi alla Cina dove l’egemonia aveva un ruolo minore e benché il partito comunista avesse già, per le condizioni particolari della Cina, le sue forze armate. È un principio di politica rivoluzionaria che vale a maggior ragione per i paesi imperialisti.

6 In proposito è utile studiare L’attività della prima Internazionale Comunista in Europa e il maoismo, in La Voce n. 10 - marzo 2002

7 Comprendere o no che siamo in una “situazione rivoluzionaria in sviluppo” è una questione discriminante per la valutazione di quello che oggi è realistico (è possibile e quindi bisogna) perseguire in campo politico. Noi siamo in una situazione rivoluzionaria in sviluppo, una situazione in cui i contrasti oggettivi degli interessi tra le classi si acuiscono e si acuiranno sempre più fino a portare allo scontro tra mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari e mobilitazione reazionaria delle masse popolari. La borghesia non può fare concessioni reali alle masse popolari, non può fare nel nostro paese effettive riforme popolari se non connesse col saccheggio di altri paesi (un saccheggio condotto prendendosi la parte del leone: quindi non a beneficio dei gruppi imperialisti USA o del Vaticano - vedi “spedizione umanitaria” a Timor Est), non può concedere alle masse popolari se non le briciole di quello che esse le conquistano sostenendo la rapina, il saccheggio e l’aggressione nella guerra imperialista. La sinistra quindi è sicuramente vincente se incalza la destra e la borghesia di sinistra sul terreno delle riforme effettivamente popolari e della lotta contro la partecipazione alla guerra imperialista.

8 Vedasi in proposito Sulla mobilitazione delle masse popolari: concentramento di forze e dispersione di forze in La Voce n. 24, pag. 21 e segg.

9 Angelo D’Arcangeli e Andrea De Marchis, Bilancio di un’irruzione nel teatrino della politica borghese - L’esperienza della lista Comunista di Roccasecca dei Volsci (LT), Edizioni Rapporti Sociali, 4.00 €.