La Voce n. 12


Poliziotti e ausiliari

tra passato e presente

 

La borghesia combatte contro la ricostruzione del partito comunista. È il suo interesse di classe.

Lo fa spontaneamente. La cultura borghese, la moda borghese, i luoghi comuni borghesi, le abitudini borghesi scoraggiano e dissuadono dal diventare comunisti. La denigrazione del comunismo è un luogo comune e fa parte integrante della lotta contro la ricostruzione del partito comunista.

Lo fa in modo mirato e organizzato. La propaganda anticomunista viene incoraggiata, finanziata e premiata. E siamo ancora nel campo culturale, della dissuasione. Ma la borghesia combatte la ricostruzione del partito comunista anche in maniera più attiva. Denuncie, perquisizioni, arresti, intimidazioni, ricatti e fastidi di ogni genere diretti o indiretti (tramite i familiari) contro i membri delle organizzazioni che più si impegnano (per quanto poliziotti, magistrati e loro consulenti riescono a capire) per la ricostruzione del partito. Poi c'è l'azione sistematica e organizzata contro le organizzazioni: infiltrazioni, provocazioni, ricatti, calunnie. L'articolo 270 (associazione sovversiva) è stato richiamato in vita e potenziato dal governo di centro-sinistra che ha prolungato il periodo di indagine segreta. È l'articolo introdotto dal fascismo espressamente contro comunisti e anarchici. Gramsci fu condannato in base a questo articolo. Il regime DC ha messo la foglia di fico: via "comunisti e anarchici", rimpiazzato con il più vago e arbitrario "sovversivi". Il governo Berlusconi di suo ci ha aggiunto il 41bis (carcere duro) "per mafiosi, terroristi e trafficanti di uomini". Siccome i mafiosi verranno scarcerati grazie alle leggi che Berlusconi e Previti stanno facendo fare per sé, restano i "terroristi".

Tutto questo è noto e i comunisti non si spaventano. Bisogna denunciarlo per aprire gli occhi a chi nutre illusioni sulla democrazia della controrivoluzione preventiva. Anche i sionisti che massacrano in Cisgiordania e a Gaza sono democratici e questo aiuta ad aprire gli occhi su cosa è la democrazia per i ricchi. Loro mangiano al ristorante e gli avanzi vanno "ai cani e ai poveri", ma sulla carta i poveri sono eguali ai ricchi.

Tutto questo è noto, meno noto è invece lo sporco gioco dei "poliziotti ausiliari", i denigratori che aiutano la polizia e la borghesia a lottare contro i comunisti e la ricostruzione del partito comunista. Chi sono? Quelli che creano attorno alle organizzazioni che lottano per la ricostruzione del partito comunista un alone di mistero, di dubbio, di diffidenza, di sospetto, di paura. Non si muove foglia che la borghesia non voglia: quindi attento a quelli, perché sono manovrati, sono una provocazione montata dalla CIA, dal KGB, dai "servizi", ecc., sono infiltrati. 

La polizia infiltra? Cosa c'è di più semplice allora, quando non si ha il coraggio e la forza di combattere politicamente a viso aperto la linea e la concezione di un'organizzazione, che far correre la voce che quell'organizzazione è infiltrata dalla polizia? Semplicissimo, lo fa anche la polizia. Se infiltra uno spione, diffonde però la fama che arriva dappertutto, che vede e sa tutto, che ha suoi uomini dappertutto, che è onnipotente. Ma se la voce viene dai compagni che giurano che sanno, è certo più efficace.

Anche da come si comportano in questo campo i veri compagni si distinguono dai falsi compagni. Ogni volta che organismi o singoli hanno elementi di prova o i motivi di sospetto verso un membro di un'organizzazione, devono anzitutto comunicarli all'organizzazione interessata. È un elementare dovere di solidarietà contro la repressione. Chi non lo fa deve essere denunciato. Solo se l'organizzazione interessata non dà spiegazioni esaurienti e non prende provvedimenti soddisfacenti è accettabile (e a quel punto anche doveroso) "far girare la voce". Questo è un modo serio e onesto di fare vigilanza rivoluzionaria e di essere solidali contro la borghesia imperialista. Invece spargere voci vaghe e rifiutare di fornire elementi seri, aiuta la polizia nella sua sporca lotta contro la rinascita del movimento comunista, crea un ambiente e un clima in cui la polizia va a nozze. Ciò si chiama denigrazione del movimento comunista e lotta contro la ricostruzione del partito comunista. Pensiamo che nessun lettore ne dubiti. Come è doveroso combattere contro la polizia, è doveroso combattere contro i suoi ausiliari.

Bisogna quindi denunciare pubblicamente organismi e "compagni" che diffondono voci su presunti infiltrazioni e rifiutano di fornire alle organizzazioni interessate elementi e indizi. Bisogna che ogni compagno rifiuti categoricamente di raccogliere e tanto più di diffondere a sua volta voci di questo genere. Bisogna scoraggiare in ogni modo gli inventori di queste voci, anche quelli che le fanno circolare solo "confidenzialmente", "di amico fidato in amico fidato" e le "comari" che le ripetono per vizio.  O uno fornisce prove e indizi, o è un calunniatore e ausiliario della controrivoluzione e come tale va denunciato. Non c'è via di mezzo.

Questa è una lezione che più volte il movimento comunista ha dato e noi siamo comunisti, il che implica anche che seguiamo gli insegnamenti del nostro movimento. Il precedente più illustre e più chiaro viene da Lenin.

Nel 1912 gli operai metallurgici di Mosca mandarono (con 348.000 voti su 351.000 votanti) al Parlamento russo (Duma) un noto dirigente sindacale, R. Malinovski (1876-1918) che era membro del partito (clandestino) di Lenin. Quando l'attività parlamentare dei deputati operai (in tutto 13) fu investita dalla lotta tra i liquidatori del partito clandestino e suoi difensori, Malinovski si schierò energicamente a favore delle tesi di Lenin, cioè dei difensori del partito clandestino. I liquidatori schiumavano di rabbia, data l'influenza che Malinovski aveva tra gli operai e l'energia con cui sosteneva la causa. Ma nel maggio 1914 improvvisamente, senza dire nulla ai suoi compagni, Malinovski si dimise da deputato e scomparve all'estero. Il partito lo espulse ufficialmente per diserzione: abbandono arbitrario del suo posto nella lotta di classe. I liquidatori non trovarono di meglio che "far girare la voce" che Malinovski era un provocatore: ecco da dove veniva la sua energica difesa del partito clandestino! Più volte sfidati da Lenin e dai suoi a far conoscere gli elementi di prova o gli indizi che avevano a carico di Malinovski, si rifiutarono sempre di fornirne e di trattare la questione con le organizzazioni del partito a cui Malinovski era appartenuto. Ma voci continuarono a farne circolare senza ritegno. Si trattava di creare un’aria di sospetto e diffidenza attorno al partito di Lenin. Cosa tanto più facile perché si trattava di un partito clandestino.

Lenin indicò gente simile al disprezzo degli operai e di ogni persona onesta: "C'è da vergognarsi di simili individui che sfruttano il comportamento sciagurato di un individuo per combattere contro un’organizzazione avversaria". Ovviamente i liquidatori neanche con le loro insinuazioni e la loro opera di denigrazione riuscirono a impedire al partito di Lenin di fare la sua strada.

Ma c'è di più. Nel 1917, abbattuto lo zarismo, si scoprì che Malinovski dal 1907 era in contatto con la polizia e dal 1910 regolarmente retribuito dalla polizia politica. Nel 1914 era scappato perché il presidente della Duma, un "liberale", informato sul ruolo di Malinovski dalla stessa polizia, lo aveva convinto a dimettersi per non far scoppiare uno scandalo, cioè per proteggere la polizia politica (Okrana) che aveva violato la legge. Allora le leggi, persino quelle del regime zarista, vietavano alla polizia di assoldare deputati: altro che licenza di uccidere e delinquere alla Berlusconi e alla Bush! Sembra un altro mondo! Ebbene, quando nel 1917 si scoprì che Malinovski era una spia dell'Okrana, Lenin attaccò con ancora più vigore i liquidatori (e il presidente della Duma). Grazie alle loro relazioni dirette o indirette con la polizia, avevano saputo che Malinovski era una spia e cosa avevano fatto? Il presidente della Duma si era preoccupato di proteggere la polizia, i liquidatori si erano preoccupati di denigrare il partito di Lenin. Nessuno di quei signori aveva fatto quello che doveva fare: mettere in pubblico le informazioni che avevano.

I bolscevichi fucilarono Malinovski nel 1918, appena l'ebbero tra le mani. I denigratori del partito finirono tra le Guardie Bianche.

Ernesto V.