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Comunicato CC 14/2024 - 15 maggio 2024

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Casteldaccia (PA): le Larghe Intese piangono lacrime di coccodrillo, giornali e televisioni di regime parlano di fatalità e tragico incidente.

È un omicidio: i mandanti sono le associazioni padronali e le loro autorità politiche!

La salubrità e sicurezza delle aziende devono deciderle i lavoratori organizzati!

 

L’assassinio di 5 operai a Casteldaccia (PA) del 6 maggio scorso è solo l’ultima eclatante strage di operai, in ordine di tempo, dopo la strage di Brandizzo (TO) del 30 agosto 2023, di Firenze e di Suviana (BO) del 16 febbraio e 9 aprile scorso. Ogni giorno, sui luoghi di lavoro e in itinere, vengono ammazzati lavoratori a causa delle condizioni di lavoro imposte dai capitalisti e dalle loro autorità, dell’ignoranza e della rassegnazione che essi impongono, del criminale sistema dei subappalti, per la manomissione dei sistemi di sicurezza dei macchinari, per i mancati controlli e la scarsa manutenzione, per la stanchezza causata dai ritmi, orari e carichi di lavoro, ecc. Ogni causa dell’assassinio quotidiano di lavoratori ha le sue radici nello sfruttamento che i padroni impongono alla classe operaia e agli altri lavoratori.

Il movimento operaio fin dalla sua nascita (inizio del XIX secolo) ha lottato non solo per il salario, ma anche per migliorare le condizioni in cui era costretta a lavorare la classe operaia (F. Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, 15 marzo 1845) e ha acquisito forza nei paesi imperialisti grazie alla vittoria in Russia della Rivoluzione d’Ottobre (1917) e all’istituzione da parte della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa del Codice del Lavoro (1918), che costituiva l’insieme di leggi sulle condizioni di lavoro più avanzate dell’epoca e diventava riferimento per le principali rivendicazioni operaie. Ciò aprì la strada alle più importanti conquiste strappate ai padroni con le lotte dei lavoratori. Persino i fascisti in Italia e successivamente i nazisti in Germania, così come i governi degli altri paesi imperialisti (Francia, Regno Unito, USA), furono costretti a scimmiottare il Codice del Lavoro sovietico incalzati dalla mobilitazione operaia e dall’esempio di riscossa che il primo paese socialista della storia suscitava in buona parte delle masse popolari.

I partiti delle Larghe Intese piangono lacrime di coccodrillo e si stracciano le vesti quando i morti sono troppi per essere oscurati dalla stampa e dalle televisioni di regime: coperti dalle preghiere di papa Bergoglio e sostenuti da giornalisti e opinionisti prezzolati, parlano di fatalità e tragici incidenti mentre cercano di mascherare le responsabilità politiche dei governi delle Larghe Intese che negli ultimi quarant’anni hanno progressivamente eliminato molte delle conquiste strappate dai lavoratori dopo la vittoria della Resistenza sul nazifascismo e fino agli anni ‘70 (Statuto dei lavoratori - 1970): soppressione della Scala Mobile (1992), pacchetto Treu (1997), legge Biagi (2003), legge Fornero (2011), Jobs Act di Matteo Renzi (2016). Giorgia Meloni e i suoi procedono sulla stessa strada.

 

Basta con la lagna velenosa delle Larghe Intese: agitarsi e organizzarsi in ogni azienda per imporre le misure di sicurezza più avanzate!

Lasciare in mano ai padroni e alle loro autorità la sicurezza dei lavoratori apre il fianco al tentativo di scaricare sugli stessi lavoratori la responsabilità degli omicidi padronali: cercano l’errore umano per condannare sui giornali, prima che nei tribunali, l’ultima ruota del carro. Nel frattempo i padroni vengono lasciati liberi di agire impuniti: USB denuncia che solo otto mesi dopo la strage di Brandizzo gli amministratori della Sigifer, l’azienda per la quale lavoravano i cinque operai trucidati sui binari, cambiano nome all’azienda in StarFer e fanno nuovamente affari con Rete Ferroviaria Italiana (RFI) attraverso un accordo con Costruzioni linee ferroviarie: una vera e propria provocazione alla faccia dei 1.400 omicidi sul lavoro all’anno!

Non bisogna rassegnarsi a questi omicidi e alle decine di migliaia di incidenti con feriti e invalidi. È necessario reagire! I lavoratori devono organizzarsi e farsi valere azienda per azienda, contro le autorità governative e le istituzioni padronali. Ogni lavoratore deve insistere sui propri Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), le Rappresentanze Sindacali Aziendali (RSA) e le Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU) per segnalare all’Ispettorato del Lavoro, costantemente, ogni minimo pericolo per la sicurezza dei lavoratori e per esigere adeguati controlli; per organizzare corsi sulla sicurezza; per esigere le manutenzioni, i dispositivi di protezione individuale e adeguare i ritmi di lavoro laddove usuranti o pericolosi. Senza pressione da parte dei lavoratori, senza agitazione, mobilitazione e organizzazione nelle aziende, si attenua la vigilanza nei luoghi di lavoro e i padroni ne approfittano. Tenere alta l’attenzione è il primo passo per spingere anche le organizzazioni sindacali a mobilitarsi.

 

L’unica possibilità per garantire salute e sicurezza sui posti di lavoro è la mobilitazione popolare!

A partire da scioperi veri e non “sciopericchi” di poche ore, convocati più perché “si deve” che perché si crede che attraverso la lotta i lavoratori e le lavoratrici possono per davvero raggiungere risultati. I sindacati di base (USB, Si Cobas, CUB, Cobas, SGB, Adl Cobas, USI e altri) devono smetterla di limitarsi a lamenti e denunce per quello che i sindacati concertativi non fanno oppure perché fanno meno di ciò che potrebbero. Il sindacalismo di base deve assumersi la responsabilità di fare ciò che CGIL, UIL e gli altri sindacati concertativi non fanno o fanno con titubanza: bloccare la produzione quando e dove ci sono rischi per la sicurezza, chiedere controlli dell’Ispettorato del Lavoro e delle ASL e denunciare quando non avvengono, convocare lo sciopero generale laddove i sindacati concertativi chiamano 2, 4 o 8 ore di sciopero di categoria, a fronte dello stillicidio di morti tra i lavoratori, per non disturbare troppo i padroni. Su questa strada bisogna mobilitare anche i rappresentanti sindacali delle organizzazioni concertative e i loro iscritti. Quanto più i sindacati di base si mobilitano di buona lena in questo modo, tanto più CGIL, UIL e gli altri sindacati concertativi saranno costretti a rincorrere e a darsi da fare per non perdere ruolo e credibilità.

Le autorità e le istituzioni non salvaguardano gli interessi della classe operaia e del resto dei lavoratori: c’è bisogno di organizzarsi azienda per azienda per la sicurezza, contro la precarietà, le delocalizzazioni e le chiusure. Bisogna sostenere ogni operaio che non si rassegna alla negazione del proprio diritto a un lavoro dignitoso e sicuro e alimentare la costituzione di organizzazioni operaie che, come i Consigli di Fabbrica sorti nell’Autunno Caldo del ’69, promuovono il controllo operaio anche all’interno delle aziende. L’esperienza dei Consigli di Fabbrica ha dimostrato che ogni legge e misura a favore dei lavoratori è stata imposta alle autorità padronali con la mobilitazione e la lotta, animata e sviluppata azienda per azienda: le morti sul lavoro non si ridurranno se la legge sul reato di omicidio e lesioni gravi sul posto di lavoro promossa da USB e i referendum promossi dalla CGIL per il lavoro stabile, dignitoso, tutelato e sicuro non saranno ambito di mobilitazione e organizzazione dei lavoratori per imporne l’approvazione e l’attuazione.

 

Basta omicidi sul lavoro: imporre con la mobilitazione l’attuazione di controlli e misure di sicurezza per prevenire infortuni!

Costruire nelle aziende capitaliste e pubbliche organismi operai e popolari che mettono in campo ogni iniziativa utile a questo scopo!

 

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