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Comunicato CC 21/2013 - 22 maggio 2013

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Sulla manifestazione di sabato 18 maggio a Roma

Chiedere al governo Letta-Napolitano-Berlusconi di cambiare strada o cambiare governo? Quale governo e come costituirlo?

 

A quasi tre anni dal referendum di Pomigliano (giugno 2010) e dalla manifestazione di Roma del 16 ottobre 2010 con più di mezzo milione di persone in piazza, dopo tanto girovagare da un progetto all’altro e tanto tergiversare è la FIOM ritornata al punto di partenza? Cioè è ritornata sulla via che la porta a diventare centro aggregatore e catalizzatore per la costituzione di un governo d’emergenza delle masse popolari organizzate, il Governo di Blocco Popolare?

 

Questa era la questione decisiva posta alla manifestazione di sabato a Roma. La FIOM aveva chiamato a parteciparvi tutti i settori delle masse popolari, analogamente a come aveva fatto nell’ottobre di due anni e mezzo fa. A quella questione le masse popolari nel complesso hanno risposto che non hanno fiducia che la FIOM abbia ripreso e riprenda la via della costituzione del GBP. La loro partecipazione alla manifestazione di Roma di sabato scorso è stata certamente meno di un quinto di quella di due anni e mezzo fa. Nell’immediato questo è la risposta che più conta, è l’indice più sicuro di come decine e decine di migliaia di lavoratori e altri membri delle masse popolari giudicano la condotta che il gruppo dirigente della FIOM ha dato all’organizzazione negli ultimi anni. È una risposta significativa di cosa può svilupparsi dalle masse popolari, ancora più significativa di quanto lo sia stato il successo di Beppe Grillo e del M5S nelle elezioni di febbraio, dato il ruolo che gli operai hanno avuto in questa risposta e il ruolo che essi hanno nella nostra società. Ma restiamo per il momento alla FIOM.

È la risposta degli operai all’appello della FIOM una condanna definitiva per la FIOM e il suo gruppo dirigente? Non è detto. Dipende dal gruppo dirigente della FIOM, dai membri della FIOM e dagli altri lavoratori, da noi comunisti. Per la storia che abbiamo alle spalle, la FIOM era e ancora è l’organizzazione meglio piazzata per assumere un ruolo decisivo nel movimento per la costituzione del GBP. “Ogni cosa è quello che è, ma è anche quello che a determinate condizioni può diventare perché ha in sé i presupposti per diventarlo”.

È tenendo ben in mente queste cose, da questo punto di vista e con questo metodo che noi comunisti dobbiamo guardare e ragionare, capire e intervenire, dirigere a intervenire tutti quelli, individui o organismi, sul cui orientamento siamo capaci di avere una qualche influenza.

Il movimento per costituire il GBP si svilupperà anche senza e anche contro la FIOM. Il vecchio tipo di controllo dei vertici della Repubblica Pontificia sulle masse popolari è in calo costante. L’esito delle elezioni di febbraio lo mostra al di là di ogni dubbio. I vertici della Repubblica Pontificia sono sempre più divisi tra loro: hanno certo costituito il governo Letta-Napolitano-Berlusconi, ma per farlo hanno dovuto ricorrere a un colpo di Stato. La crisi del capitalismo continua e si aggrava: la borghesia imperialista non può fare altro che tirare in lungo con contorsioni e manovre che peggiorano la condizione delle masse popolari.

Quanto più vigorosamente si svilupperà il movimento per costituire il GBP, tanto più rapidamente la FIOM perderà seguito e prestigio se non vi assumerà il ruolo che è in grado di svolgere: o lo assume o va a morire. Questo sarà un buon argomento per spingere membri e funzionari FIOM a far assumere alla FIOM il ruolo che le spetta: ogni membro  del gruppo dirigente e ogni organismo mostrerà nella pratica la scelta che fa. Andare avanti sulla via della costituzione del GBP anche senza la FIOM ma non escludendola a priori e anzi incalzandola senza darle tregua, è lo strumento più efficace per indurla a mettersi su questa via. Questa è la via che possiamo e dobbiamo seguire.

Anche i sindacati alternativi e di base devono assumere il loro ruolo in questo movimento. Noi comunisti dobbiamo incoraggiare e sospingere le organizzazioni di base e i sindacati alternativi a mettersi sulla strada della costituzione del GBP. Le difficoltà che incontra il sindacalismo di base e alternativo ai sindacati di regime, lo spingono in questa direzione. La costituzione di Ross@ è un segnale di quanto il gruppo dirigente dell’USB (Leonardi, Tomaselli, Papi e gli altri) e i compagni di Rete dei Comunisti sono consapevoli della crisi del sindacalismo di base. Ne trattano anche nel documento con cui l’USB va al Congresso di giugno. Ma non ne hanno capito le cause visto che ne traggono la conclusione di costituire una branca metropolitana del sindacato e vista la loro indifferenza di fronte al colpo di Stato perpetrato nei mesi scorsi nei vertici della Repubblica Pontificia.

La crisi del sindacalismo di base e alternativo proviene dall’orientamento che ha seguito man mano che si aggravava la crisi del capitalismo. Oggi un sindacato che non fa politica, che non assume il suo ruolo nel movimento per costituire il GBP, non riesce nemmeno a fare sindacato, quindi perde consensi e seguito. Di fronte al precipitare della crisi del capitalismo, i sindacati alternativi e di base incontrano le stesse difficoltà dei sindacati di regime, se non se ne distinguono assumendo il ruolo che possono svolgere nel movimento per costituire il GBP. Nella tormenta della crisi del capitalismo, il conflitto, la rivendicazione e la protesta non bastano. Bisogna concorrere a mobilitare e organizzare le masse popolari perché si rendano capaci di governare il paese e costituiscano un loro governo d’emergenza.

È anche l’unica via che ha il M5S per non diventare a sua volta, nonostante tutte le buone intenzioni, un ingrediente della Repubblica Pontificia.

 

La lotta di classe diventa sempre più aspra e detta le sue leggi. In tutti i paesi imperialisti le piccole e medie imprese sono strettamente dipendenti dalle grandi imprese capitaliste e dal capitalismo di Stato e questi sono strettamente dipendenti dal capitale finanziario di cui fanno parte. Questi domina e via via inaridisce l’economia reale dei paesi imperialisti attraverso mille agenti e canali. Sempre più la guerra e il riarmo diventano l’unica alternativa alla recessione. Per il resto è riduzione dei posti di lavoro nel privato e nel pubblico, riduzione dei redditi e dei consumi delle masse popolari, degli investimenti e delle attività produttive dei capitalisti e dei lavoratori autonomi, riduzione dei servizi pubblici e della valorizzazione e perfino della manutenzione e conservazione del patrimonio edilizio e artistico, delle infrastrutture e del territorio. I disastri naturali diventano più disastrosi anziché essere prevenuti.

La lotta di classe infuria. La crisi del capitalismo peggiora le condizioni delle masse popolari in tutto il mondo. La borghesia non è in grado di porle fine, guadagna tempo con misure che peggiorano le condizioni delle masse popolari. Chi si illude che i capitalisti, il clero e le loro autorità, la Corte Pontificia o il governo Letta-Napolitano-Berlusconi pongano un qualche rimedio agli effetti della crisi del capitalismo sulle masse popolari, resterà deluso. Se cedono cento ad alcuni, tolgono duecento ad altri. Le misure che adottano, mirano solo a dividere le masse popolari, a togliere ad alcuni più che ad altri, in modo da metterli gli uni contro gli altri, a promuovere la mobilitazione reazionaria. Cedono qualcosa solo quando sono costretti con la forza, quando incontrano una resistenza accanita che minaccia di trasformarsi in attacco. Le recenti lotte del S. Raffaele a Milano e della Richard Ginori a Sesto Fiorentino lo hanno mostrato chiaramente. I lavoratori hanno guadagnato qualcosa grazie alla loro determinazione nella lotta, grazie al fatto che la sinistra sindacale non si è limitata a denunciare i cedimenti della destra sindacale, ma ha preso la direzione della lotta, grazie al peso che ha avuto sul rapporto di forze il legame che nella lotta si è creato tra i lavoratori più avanzati e noi comunisti. I padroni e il clero hanno paura che i comunisti ritornino alla testa delle masse popolari, che il movimento comunista ritorni forte come lo era diventato alla metà del secolo scorso. È quello che si è visto anche all’Irisbus: dopo  il successo dell’assemblea del 6 aprile a Roccaminarda (Avellino), le autorità hanno scosso i sindacati di regime che si sono rimessi in pista con i parlamentari della zona e i ministeri.

Noi comunisti possiamo condurre le masse popolari alla vittoria. Possiamo vincere e quindi dobbiamo vincere. La lotta è dura, ma possiamo vincere, quindi vinceremo. Bando al fatalismo e ai comunisti che attendono la rivoluzione socialista e l’avvento del socialismo come i cristiani attendevano la fine del mondo e il regno dei cieli. Bando a ogni disfattismo, alla sfiducia, alla rassegnazione e all’attendismo. Dobbiamo da questo punto di vista prendere esempio dai comunisti d’un tempo che non si scoraggiarono di fronte al dilagare del fascismo e del nazismo, non si arresero di fronte al fervore con cui in ogni paese la borghesia imperialista e il clero portavano fascismo e nazismo in palma di mano (altro che pensiero unico!) e guidarono le masse popolari a combattere fino a vincere le orde nazifasciste che la borghesia imperialista aveva lanciato contro l’Unione Sovietica e ad eliminare il fascismo e il nazismo in ogni paese.

Dobbiamo mobilitare e organizzare le masse popolari su scala sempre più larga, moltiplicare il numero delle OO e OP;

animarle a prendere in mano ogni aspetto della vita sociale, la produzione, i servizi, la manutenzione del territorio e del patrimonio edilizio e artistico che la borghesia e il clero lasciano cadere;

orientarle a protestare e a prendere contemporaneamente iniziative pratiche, a costringere le banche a finanziare le loro iniziative per rimettere in moto le aziende che i padroni hanno chiuso e per tenere aperte quelle che vogliono chiudere, a creare nuove aziende e a indurre le Amministrazioni Locali ad assumere compiti e ruoli d’emergenza per attuare su scala sempre più vasta le parole d’ordine “a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso” e “a ogni individuo i beni e servizi necessari per una vita dignitosa”;

spronarle in ogni modo a contribuire a costituire un proprio governo d’emergenza, il GBP, che dia forza e forma di legge ai loro provvedimenti, li coordini a livello nazionale e curi le corrispondenti relazioni internazionali.

Le masse popolari organizzate e solo le masse popolari organizzate possono porre fine alla crisi del capitalismo!

Chi immagina e auspica che le masse popolari combattano senza partito comunista, finisce per denigrare le masse popolari accusandole di essere passive e rassegnate, finisce per scoraggiarsi o addirittura per passare dalla parte della borghesia imperialista. Man mano che il partito comunista si rafforzerà e si porrà all’altezza dei suoi compiti, crescerà anche la mobilitazione delle masse popolari: sotto la sua direzione le masse popolari combatteranno fino all’instaurazione del socialismo!

Nel nostro paese la via è quella della costituzione del governo d’emergenza delle masse popolari organizzate, il Governo di Blocco Popolare. Questo nel nostro paese è la primo passo verso l’instaurazione del socialismo.

Le masse popolari organizzate lo possono fare. Il compito dei comunisti sta nel promuovere da subito, partendo dallo stato soggettivo e oggettivo attuale, la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari. I comunisti devono costituirsi in Partito per elaborare le concezioni e i metodi e raccogliere le forze necessarie a svolgere questo compito.

Avanti quindi nel consolidamento e rafforzamento del nuovo Partito Comunista Italiano!

Costituiamo nella clandestinità Comitati di Partito in ogni azienda, in ogni scuola, in ogni istituzione civile e militare dello Stato, in ogni località!

 

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