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Comitati di Partito

Comunicato CC 11/10 - 13 giugno 2010
 

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La sorte degli operai della FIAT di Pomigliano è la sorte degli operai e delle masse popolari di tutta Italia!

 

Pomigliano, Termini Imerese, Vinyls e le altre mille aziende a rischio chiusura, ridimensionamento o delocalizzazione dicono tutte la stessa cosa: che la manovra finanziaria di Tremonti e il ricatto di Marchionne sono una questione sola, la questione della crisi del capitalismo!

 

Marchionne, Sacconi, Tremonti, Marcegaglia, Berlusconi: facciamone un unico mazzo e buttiamoli tutti via!

 

Basta con la banda di ricattatori, criminali, speculatori, fascisti, ladri e clericali che ci governa!

 

Facciamo del posto di lavoro un problema di ordine pubblico!

 

Nessuna pace sociale senza giustizia sociale!

Senza giustizia sociale, pace sociale significa lasciare sola ogni persona che i padroni mettono nei guai!

 

Un governo d’emergenza deve prendere il potere e rimettere in sesto il paese devastato dalla banda Berlusconi, dai suoi accoliti e dai suoi padrini!

 

Marchionne ricatta gli operai di Pomigliano, la FIOM e tutti i lavoratori. O accettano le condizioni che Marchionne detta o Marchionne chiude la fabbrica. Saranno sulla strada loro, le loro famiglie e le famiglie di una tutta una regione.

Marchionne ha già condannato gli operai di Termini Imerese e della Sicilia. Ora è la volta di quelli di Pomigliano e della Campania. E se Marchionne vince, non saranno gli ultimi. Toccherà ad altre centinaia e migliaia di fabbriche e aziende. La manovra finanziaria Tremonti lo dimostra.

Se Marchionne vince, le sue pretese non saranno finite. Prima di portare anche in Italia i lavoratori alle condizioni di vita e di lavoro che Marchionne già impone in Polonia e in Brasile, ha ancora molto da togliere. Prima di portare anche in Italia i lavoratori alle condizioni che impongono in India, in Brasile o in Cina, i padroni devono ancora farne molti di ricatti. I padroni già sbavano: abolire lo Statuto dei lavoratori. Abolire l’articolo 41 della Costituzione. Niente più diritti per i lavoratori. Niente più sindacati dei lavoratori, solo sindacati ligi al padrone. Niente più leggi e regolamenti per i padroni. In fabbrica comandano loro e basta, la loro volontà è legge. Nel paese comandano loro. Marchionne apre la strada a Tremonti, Tremonti spalleggia Marchionne.

 

Marchionne è spalleggiato dai padroni, dal loro governo, dai loro sindacalisti di regime, dai padrini della banda Berlusconi, in primo luogo dal Vaticano che di fronte al ricatto di Marchionne si guarda bene dal parlare di diritto alla vita e di chiamare all’obiezione di coscienza.

Marchionne è diventato l’eroe dei padroni e dei loro portavoce. Marchionne apre la strada che tutti i padroni vogliono percorrere. Marcegaglia e Sacconi parlano già chiaro. Tremonti ha già proclamato che bisogna abolire ogni laccio, ogni limite allo sfruttamento: l’unico diritto è la proprietà, il diritto del padrone.

 

Ridurre la questione solo a Pomigliano, è già accettare il ricatto di Marchionne e subire le sue imposizioni. Cosa dovrebbero fare gli operai di Pomigliano se davvero ognuno di loro fosse di fronte all’alternativa: o lavorare alle condizioni di Marchionne o perdere anche quel lavoro?

Ma la realtà non è questa. La sorte degli operai di Pomigliano non riguarda solo loro. Nei fatti non è così. Oggi loro sono solo diventati i primi della lista dei lavoratori a cui i padroni pongono il ricatto. Le cose si sono fatte in modo che oggi a Pomigliano sono in ballo le condizioni di vita e di lavoro di tutti gli operai e più in generale di tutte le masse popolari del nostro paese. Chi lo nasconde imbroglia. Chiunque segue le vicende del paese e della crisi lo sa. Se non lo dice, è complice dei padroni.

Gli operai di Pomigliano non devono accettare che Marchionne scarichi su di loro la responsabilità di decidere della sorte degli altri.

Gli operai e i lavoratori del resto del paese non devono accettare la manovra Marchionne: non devono lasciare soli gli operai di Pomigliano.

 

Da qui dobbiamo partire per far fronte alla situazione. Gli operai e le masse popolari di tutta Italia devono mettersi con gli operai di Pomigliano.

Gli operai di Pomigliano devono mettere il loro domani nelle mani degli altri operai e del resto delle masse popolari. Non possono decidere da soli. Non è la sorte degli operai di Pomigliano che è in ballo. È la sorte degli operai e del resto delle masse popolari di tutta Italia che è in ballo.

Marchionne e il resto dei padroni hanno tutto l’interesse a dividere e isolare, per batterci uno alla volta. Se li affrontiamo uno alla volta, è certo che la partita la vincono loro.

Ma se li affrontiamo insieme, la partita la vinciamo noi. Non solo Pomigliano: nessuna fabbrica da sola può risolvere il problema della sua sopravvivenza. Uniti con un governo nostro possiamo risolvere il problema di ogni fabbrica, di ogni lavoratore, di ogni persona.

 

Il ricatto di Marchionne è la più chiara dimostrazione che la soluzione della crisi per le masse popolari è politica. La banda Berlusconi non ha una soluzione per la crisi in corso. La manovra finanziaria Tremonti, se passa, è solo un salto di una triste storia già in corso per le masse popolari.

La vita per le masse popolari diventa di giorno in giorno più difficile. I posti di lavoro diminuiscono, quelli che non sono eliminati diventano precari, con meno diritti, con salari inferiori. La crisi si aggrava di giorno in giorno. Ma la crisi non è una cosa misteriosa: è quello che può fare il capitale finanziario che domina l’economia reale e non può non dominarla. L’umanità non è diretta da un dio misterioso. È diretta da una classe di finanzieri, banchieri e speculatori (spesso una stessa persona è tutte e tre le cose) a cui sono subordinati i capitalisti imprenditori (industriali, produttori di merci (beni e servizi) che spesso sono anche personalmente finanzieri e speculatori) e dalla sua corte di preti, ricchi ed esponenti della criminalità organizzata. Questo è il loro mondo e la loro civiltà. Il corso della cose che subiamo è quello che corrisponde alla loro direzione, ai loro interessi, ai loro privilegi, alla loro mentalità, alle loro abitudini. Da parte delle masse popolari, da parte di quei loro esponenti che più o meno sistematicamente riflettono sulla situazione (chiamiamoli intellettuali), è inutile continuare a dirsi l’un l’altro che bisogna avere una prospettiva, che bisogna indicare una prospettiva. La prospettiva c’è ed è una sola. Bisogna avere il coraggio di imboccarla, di lottare per realizzarla. Bisogna instaurare il socialismo. Il primo passo oggi è che le masse popolari organizzate costituiscano un governo d’emergenza.

 

Gli operai e le masse popolari possono far fronte alla crisi. Ma per farlo bisogna che le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari, cioè i lavoratori e le masse popolari organizzate, costituiscano esse stesse un governo d’emergenza che prenda in mano il paese e applichi sistematicamente le seguenti sei misure generali:

1.       Assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa).

2.       Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.

3.       Assegnare ad ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato, nessun individuo deve essere emarginato).

4.       Eliminare attività e produzioni inutili e dannose per l’uomo o per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti.

5.       Avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione.

6.       Stabilire relazioni di collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.

Questo governo d’emergenza costituito da organismi e da personaggi che già godono di una qualche autorità presso gli operai e le masse popolari e che opera con il loro sostegno, è il Governo di Blocco Popolare (GBP).

Un simile governo avrà una grande capacità d’azione. Le OO e delle OP assolveranno al compito di

- indicare caso per caso al GBP i provvedimenti particolari e concreti che deve adottare per realizzare nel caso concreto le sei misure generali,

- far attuare i provvedimenti che il GBP adotta e attuarli direttamente quando i funzionari pubblici recalcitrano ad attuarli,

- stroncare le manovre a cui certamente i gruppi più reazionari e criminali della borghesia, del clero e dei loro accoliti, complici e alleati ricorreranno per boicottare e sabotare l’azione del GBP.

In questo modo le masse popolari organizzate impareranno a governare.

Si creeranno così le condizioni per accelerare la rinascita del movimento comunista e deludere le speranze della classe dominante (la borghesia imperialista, il Vaticano, le Organizzazioni Criminali, con i loro padrini esteri: gli imperialisti USA e i gruppi sionisti) di riprendere in mano la situazione.

 

È possibile costituire un simile governo?

Sì, se le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari che già esistono e quelle che si formeranno, mobiliteranno le masse popolari in proteste, dimostrazioni, scioperi e incanaleranno tutte le lotte verso l’obiettivo centrale di costituire un proprio governo d’emergenza.

Non dobbiamo lasciarci uccidere uno a uno, lasciare che i padroni e il loro governo eliminino le aziende una a una. La solidarietà è la nostra arma. L’organizzazione serve per metterla in opera.

Se le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari che già esistono e quelle che si formeranno renderanno il paese ingovernabile da ogni governo padronale, se faranno del posto di lavoro per tutti il principale problema politico, la condizione base e indispensabile dell’ordine pubblico, certamente riusciranno a costituire un governo d’emergenza formato da persone che godono della loro fiducia.

 

Non occorreranno neanche nuove elezioni.

Cade in questi giorni il 50° anniversario del Luglio ’60.

Cosa successe tra giugno e luglio del 1960? Il Vaticano e il resto della classe dominante avevano dato il via al primo governo della Repubblica Pontificia sostenuto apertamente dagli ex repubblichini di Salò, dai fascisti del boia Almirante: il governo Tambroni. E il Parlamento lo aveva votato a larga maggioranza.

Ma le masse popolari non accettarono l’imposizione. A partire da Genova si sparse per l’intero paese un moto di ribellione. Esso mise tanta paura al Vaticano e al resto della classe dominante, che signori e monsignori abbandonarono Tambroni al suo destino e per placare gli animi formarono il primo governo della Repubblica Pontificia sostenuto apertamente dal PSI di Nenni e sottobanco dal PCI di Togliatti: il governo Fanfani. E lo stesso Parlamento che aveva votato a larga maggioranza il governo Tambroni, votò a larga maggioranza il governo Fanfani.

Così succederà ora, se gli metteremo abbastanza paura. Starà poi a noi fare in modo che il nostro governo d’emergenza non abbia lo stesso ruolo salva-padroni che ebbe allora il governo Fanfani.

 

La sorte di Pomigliano non la deve decidere la FIOM, come non la deve decidere Marchionne!

 

FIOM, USB, CGIL, ogni organizzazione che per qualsiasi motivo ha voce in capitolo nella questione Pomigliano, se è realmente dalla parte degli operai di Pomigliano deve mettersi alla testa della mobilitazione delle masse popolari di tutto il paese per costituire un simile governo d’emergenza!

Non servono lotte e scioperi di testimonianza, fatti per spompare i lavoratori: serve un movimento che cambi il governo del paese!

 

Questa è la sola via che consente di risolvere la questione di Pomigliano a favore degli operai di Pomigliano e degli operai e delle masse popolari di tutta Italia!

 

La questione di Pomigliano si risolve in tutta Italia! Marchionne, Berlusconi e i loro complici e padrini vogliono isolarla a Pomigliano, ma è una questione che riguarda tutti gli operai e tutte le masse popolari del nostro paese!

 

Gli operai di Pomigliano e di Termini Imerese devono mettersi alla testa della riscossa di tutti i lavoratori!

Sono così salvano anche se stessi!

 

Che in ogni fabbrica e in ogni azienda si formi un comitato di solidarietà con gli operai di Pomigliano, di Termini Imerese, della Vinyls, di tutte le aziende minacciate di chiusura, ridimensionamento o delocalizzazione!

 

Che da ogni fabbrica e da ogni azienda, da ogni quartiere e da ogni paese parta un movimento di riscossa dei lavoratori e delle masse popolari che costituisca un governo d’emergenza capace di far fronte alla crisi!