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Comunicato 19 agosto 2008
Sulle motivazioni della sentenza
Zaccariello
La carovana del nuovo Partito
comunista italiano ha respinto l’ottavo attacco giudiziario della
Repubblica
Pontificia!
La sentenza Zaccariello sbarra
la porta all’atto d’accusa Giovagnoli!
Zaccariello sconfessa ma
giustifica Giovagnoli!
Nel 2003 la
Procura di Bologna ha
accusato di terrorismo alcuni compagni del nostro Partito e di
organismi ad
esso vicini (Partito dei CARC e ASP), cioè della “carovana” del
(n)PCI.
L’obiettivo era mettere fuorilegge sia il (n)PCI sia le organizzazioni
pubbliche contigue al (n)PCI, dichiarandole organizzazioni terroriste a
cui
applicare automaticamente le nefandezze previste dalle leggi e dai
regolamenti
nazionali e internazionali antiterrorismo: in sostanza detenzione dei
sospetti
senza procedura giudiziaria, privazione della libertà e dei
diritti
civili per
decisione della polizia. Zelante capo dell’inchiesta il magistrato
Paolo
Giovagnoli. Dopo cinque anni di indagini, Paolo Giovagnoli ha ritenuto
di avere
raccolto prove sufficienti ad avere una condanna e ha proposto di fare
il
processo. Ma il 1° luglio la Giudice dell’Udienza Preliminare del
Tribunale di
Bologna, Rita Zaccariello, ha respinto la sua richiesta. Ha sentenziato
che le
prove che Giovagnoli ha fatto raccogliere non stanno in piedi e che
è
evidente
che non consentirebbero una condanna. Il 24 luglio ha depositato le
motivazioni
dettagliate della sua sentenza. Ora esse sono a disposizione del
pubblico sul
sito dei CARC www.carc.it. Nelle sue
motivazioni la Zaccariello dimostra non
solo che noi membri della carovana del (n)PCI non siamo assatanati
terroristi
(aspiranti attentatori e assassini) quali il Giovagnoli ci accusa di
essere, ma
addirittura che siamo “beati costruttori di pace” tra oppressi e
oppressori e
che, se parliamo di lotta di classe, è per non farla e
dissuaderne chi
è
tentato di farla.
Queste in breve
le tappe dell’ottavo
procedimento giudiziario (OPG) che le Autorità Italiane
conducono
contro gli
organismi e i compagni che nel 1980, dopo la sconfitta delle Brigate
Rosse
deviate nel militarismo, hanno preso in mano il lavoro per ricostruire
il Partito
comunista italiano. Lavoro le cui tappe più recenti e importanti
sono
la
costituzione del (nuovo)Partito comunista italiano - (n)PCI -
nell’ottobre 2004
e la pubblicazione del suo Manifesto
Programma nella primavera di quest’anno.
Che significato
hanno questi
avvenimenti? Perché l’inchiesta e la richiesta di processo
firmata
Giovagnoli?
Perché Zaccariello ha bocciato Giovagnoli? Quali insegnamenti ne
devono
trarre
i comunisti e tutti quelli che vogliono contribuire a porre fine
all’attuale
marasma economico, politico, sociale, intellettuale, morale e
ambientale in cui
la Repubblica Pontificia ci ha condotto e ogni giorno più ci
affonda?
La borghesia
italiana non può
tollerare la rinascita del movimento comunista: il traballante
equilibrio del
suo regime verrebbe compromesso. Chi non capisce o non ammette questo -
non c’è
peggior cieco di chi non vuole vedere - non può capire la logica
dei
procedimenti giudiziari a catena contro la “carovana del (n)PCI” e dei
loro
ripetuti fallimenti, trova assurdi tutti questi fatti che tuttavia
restano
fatti.
Il Partito
comunista è il promotore
della rinascita del movimento comunista e la ricostruzione del PCI
è la
manifestazione più avanzata della rinascita. È quindi
ovvio e
inevitabile che
le Autorità della Repubblica Pontificia cerchino di distruggere
il
nuovo PCI.
Ma proprio per prevenire simile evento il nuovo PCI è
clandestino e la
sua
clandestinità spunta l’efficacia della repressione, quindi
scoraggia la
repressione con vantaggio per tutto il movimento rivoluzionario.
Giovagnoli non
ha mai messo in galera gli imputati su cui poteva mettere le mani,
perché così
facendo sperava di mettere le mani su quelli che gli interessavano di
più, quelli
la cui carcerazione preventiva più avrebbe intralciato
l’attività del
nuovo
PCI. Non c’è mai riuscito, grazie alla linea seguita dal Partito
nella
lotta
contro il procedimento giudiziario francese. Questo ha indebolito tutto
il suo
procedimento accusatorio. La Zaccariello lo chiede a chiare lettere a
Giovagnoli: se era veramente convinto di quello che dice, perché
non li
ha
fatti arrestare?
Lo avrebbe fatto
senz’altro, una tra
le cento altre angherie, se fosse riuscito a mettere le mani su quelli
che gli
interessavano di più. Ma il (n)PCI è clandestino. La
Repubblica
Pontificia più
che cercare di fargli terra bruciata attorno non può fare.
Infatti è
alla
caccia dei suoi membri e dei suoi organismi. Cerca pretesti per mettere
fuori
legge ogni organismo pubblico, come il P-CARC o l’ASP, che in qualche
misura è
contiguo al nuovo PCI. Rende loro la vita difficile con intimidazioni,
controlli, denunce, perquisizioni, sequestri, spese giudiziarie, fermi
e
detenzioni. Gli organismi e gli individui che si avvicinano a loro
vengono
visitati e ammoniti dalla polizia politica. Giornali e altri mezzi di
informazione vengono sollecitati a ignorare o mettere in cattiva luce
il
Partito e chi collabora con esso. La “guerra al terrorismo” lanciata e
guidata
a livello internazionale dagli imperialisti USA e dai loro accoliti
sionisti
d’Israele, cioè dai peggiori criminali della nostra epoca, da
quelli
che
svolgono nella nostra epoca a livello mondiale il ruolo che nel passato
fu dei
nazisti di Hitler e dei fascisti di Mussolini, offre anche in Italia il
contesto più favorevole per tutte le manovre volte a impedire la
rinascita del
movimento comunista. Tutti gli Stati europei ballano alla musica
dell’orchestra
USA e sionista. L’inchiesta Giovagnoli si è inserita in questo
corso.
Per
cinque anni ha violato in mille modi i diritti politici e civili di un
vasto
numero di comunisti e simpatizzanti.
I governi di
centro-destra e di
centro-sinistra hanno preso misure antipopolari di ogni genere. Con le
ultime
elezioni il Parlamento è diventato un’assemblea costituita in
maggioranza da
impiegati di Berlusconi e ha votato iniquità di ogni genere
contro
immigrati,
pensionati, lavoratori, donne e giovani. Perché, già che
ci sono, le
Autorità
della Repubblica Pontificia non dichiarano semplicemente che tutti
quelli che
collaborano con il (n)PCI o anche solo non partecipano alla lotta
contro il
(n)PCI sono fuori legge e quindi passibili di arresto e galera?
È
quello che
gli imperialisti USA e i loro accoliti sionisti già fanno in
vari
paesi. In
Palestina i detenuti neanche sottoposti a procedimento giudiziario sono
più di
10.000. Negli USA, nei loro paesi satelliti e nelle loro basi, sono
numerose migliaia
(non ne pubblicano neanche il numero, tanto è il segreto di cui
sono
circondati: spariti).
La borghesia
italiana non dichiara
fuorilegge i comunisti perché ha già preso una volta
questa strada, con
il
fascismo, e le è andata molto male. È finita che ha corso
il rischio
più grave
in tutta la sua storia. C’è mancato poco che, con la vittoria
della
Resistenza,
l’Italia diventasse un paese socialista. Proprio per scongiurare quel
pericolo
alla fine degli anni ’40 del secolo scorso la borghesia italiana, col
sostegno
del imperialisti USA, ha dato vita alla Repubblica Pontificia.
La Repubblica
Pontificia ha
incorporato la lezione che la repressione aperta, violenta e dichiarata
del
movimento comunista è pericolosa per la borghesia e ci va cauta.
Sessanta anni
fa ha dato vita a un regime di controrivoluzione preventiva: la
diversione,
l’evasione, la confusione, l’imbroglio, la manipolazione,
l’intossicazione
delle masse popolari dovevano ridurre al minimo la repressione. La
Repubblica
Pontificia riconosceva ufficialmente libertà e diritti ai
lavoratori, a
condizione che i lavoratori si accontentassero di quello che la
borghesia
concedeva e a questo dovevano provvedere i revisionisti di Togliatti
& C e
la sinistra borghese. La Costituzione e le leggi della Repubblica
Pontificia risentono
ancora oggi largamente delle concessioni che la borghesia ha dovuto
fare per
smorzare e deviare il movimento comunista uscito vittorioso dalla lotta
contro
il fascismo. Ma un sistema simile marcia finché i lavoratori si
accontentano.
Rinascita del movimento comunista, crisi della sinistra borghese
vogliono dire
che i lavoratori non si accontentano più. D’altra parte la
borghesia dà
sempre
di meno. Anzi da trent’anni a questa parte ritira anche quello che nei
primi
trent’anni della Repubblica Pontificia aveva concesso. La nuova crisi
generale
del capitalismo la spinge in questa direzione e la debolezza del
movimento
comunista l’ha convinta di poterlo fare.
La rinascita del
movimento comunista
rimette tutto in discussione. Tanto più che a livello
internazionale il
vento è
girato. I primi paesi socialisti sono crollati sotto il peso dei propri
limiti,
i capitalisti ne hanno approfittato ma il capitalismo ha condotto
l’umanità in
un vicolo cieco. Il malcontento e la ribellione dilagano. Gli
imperialisti USA
e i loro accoliti sionisti ricorrono sempre più alle armi e alle
stragi, ma
sono sempre più in difficoltà: dal Nepal al Venezuela,
dall’Iraq
all’Afghanistan,
dalla Palestina alla Colombia, dalle Filippine all’India. Gli altri
gruppi
imperialisti sono sempre più malcontenti e inquieti.
L’inchiesta
Giovagnoli è
l’espressione della tentazione della borghesia di usare contro la
rinascita del
movimento comunista il braccio violento della legge e costituisce essa
stessa
l’uso più ampio della legge che la situazione le consente.
La sentenza
Zaccariello è
l’espressione delle resistenze che vi sono all’interno della borghesia
a
imboccare apertamente questa strada, in particolare ad andare oltre,
fino in
fondo, fino a mettere fuori legge i comunisti.
La
solidarietà
che si è mobilitata in
Italia e all’estero a favore della “carovana del (n)PCI” ha fatto
pendere ancora
più la bilancia dalla parte del (n)PCI. La clandestinità
del (nPCI già
smussava
comunque l’efficacia pratica di ogni condanna e messa fuori legge.
Nemmeno Giovagnoli
aveva emesso mandati di carcerazione preventiva.
Zaccariello
giustifica la sua
sentenza smentendo le ragioni legali di Giovagnoli. Dice che le sue
prove sono
inconsistenti, che ai termini delle leggi esistenti non ha prodotto
indizi
sufficienti nemmeno per processare, tanto meno per condannare e mettere
fuorilegge il (n)PCI e le organizzazioni pubbliche che in qualche
misura collaborano
con esso. Ma nello stesso tempo Zaccariello si guarda bene dal dire che
la
palese mancanza di indizi gravi dimostra che Giovagnoli per cinque anni
ha
aggirato la legge; che otto procedimenti giudiziari a catena sono una
violazione per di più palese e intenzionale della Costituzione;
che il
“Gruppo
di coordinamento bilaterale franco-italiano per le minacce gravi”
(creato nel
marzo 2004 per aprire con una condanna del (n)PCI in Francia la via
alla messa
fuorilegge in Italia delle organizzazioni pubbliche contigue), è
una
violazione
palese e intenzionale della Costituzione; che cinque anni di indagini a
vuoto
sono dilapidazione del denaro che la banda governativa estorce ai
lavoratori.
Insomma Zaccariello non applica la legge contro il suo collega
Giovagnoli e i
suoi complici e mandanti, né dispone il risarcimento dei danni
illegalmente
causati agli imputati di Giovagnoli, anche se il suo ruolo di
magistrato e il
comune senso della giustizia la vincolerebbero a farlo.
Rita Zaccariello
è una tipica rappresentante
della sinistra borghese. Non vuole mettersi apertamente contro le masse
popolari, ma è al tempo stesso succube della destra borghese.
È succube
della
destra borghese, ma fa al movimento rivoluzionario il servizio che la
sinistra
borghese per sua natura fa al movimento comunista, quanto questo ha una
linea
giusta: volente o nolente intralcia la repressione e favorisce lo
sviluppo del
movimento comunista.
La sua sentenza
è frutto
o delle sue
convinzioni e della sua
personale onestà che le impedisce di violare direttamente e
personalmente la
legge e la Costituzione della Repubblica Pontificia,
oppure è
frutto
di una valutazione
più astuta e razionale
-
del fallimento del contesto internazionale orchestrato da
Giovagnoli e dai suoi mandanti che avrebbe dovuto aprire la via alla
messa
fuori legge del (n)PCI e della sua carovana (le Autorità
francesi e
svizzere
dovevano aprire la strada agli arresti e alle condanne in Italia,
invece si
erano già dissociate dalle Autorità italiane),
-
della
solidarietà che le masse popolari da una parte e vari
esponenti della sinistra borghese dall’altra hanno espresso contro la
persecuzione giudiziaria del (n)PCI,
-
del
rumore e del polverone che un processo avrebbe sollevato,
-
del prestigio
che un processo e una condanna avrebbero
conferito al (n)PCI e alle organizzazioni pubbliche ad esso contigue,
presso
masse popolari sempre più malcontente e indignate della crisi
che rende
loro la
vita ogni giorno più difficile e l’avvenire incerto.
Quale di questi
elementi ha avuto più
peso è secondario, anche se conoscerlo sarebbe politicamente
utile.
Fatto è
che, quali che siano le sue motivazioni personali, la dott.ssa
Zaccariello con
la sua sentenza emessa il 1° luglio 2008 e con le sue motivazioni
depositate il
24 luglio ha respinto la richiesta di rinvio a processo fatta da
Giovagnoli e
ha affermato che di per se stessa la clandestinità non è
un reato, come
già
aveva sentenziato anche il dott. Umberto Antico del Tribunale di Napoli
con la
sua ordinanza emessa il 24 aprile 2003. Sarà un intralcio di
più per i
prossimi
procedimenti giudiziari, indebolisce tutto l’apparato repressivo
giudiziario
che minaccia e intralcia tutto il movimento di resistenza delle masse
popolari
alla Repubblica Pontificia. Un’ottima cosa in un momento in cui Maroni,
il
governo Berlusconi, il Parlamento degli impiegati di Berlusconi e le
altre Autorità
della Repubblica Pontificia addebitano invece la clandestinità
come
reato agli
immigrati e il loro alloggio come un reato ai padroni di casa.
Servirà
a tutto
il movimento rivoluzionario.
Quanto alle
altre motivazioni con cui
Rita Zaccariello giustifica la sua decisione, esse rientrano tra quelle
che il
suo ordinamento giudiziario le metteva a disposizione. Giovagnoli dice
che i
comunisti sono terroristi bombaroli. Zaccariello dice che sono pacifici
sognatori. A ruoli e obiettivi diversi, corrispondono motivazioni
diverse. Né
l’uno né l’altro cambiano con le loro frasi la nostra natura.
Essa è
dettata
dalle necessità della lotta di classe, dalle necessità
delle masse
popolari di
farla finita con il marasma economico, politico, sociale,
intellettuale, morale
e ambientale in cui la Repubblica Pontificia ha portato il nostro
paese,
dall’esperienza e dalla solidarietà del movimento comunista
internazionale.
Il
(nuovo)Partito comunista italiano è
un partito clandestino. Tiene segreti i suoi membri, le sue risorse e i
suoi
strumenti di lavoro. Ma diffonde in mille modi tra le masse la sua
concezione
del mondo, i suoi obiettivi, la sua linea e i suoi metodi.
Il (n)PCI
è il
Partito della guerra
popolare rivoluzionaria di lunga durata, la strategia che la prima
ondata della
rivoluzione proletaria ha mostrato essere necessaria per instaurare il
socialismo nei paesi imperialisti. Il Manifesto
Programma del (n)PCI spiega chiaramente (cap. 3.3. pag. 203)
che l’essenza
della GPRdiLD consiste
-
nella
costituzione del partito comunista come centro del
nuovo potere popolare della classe operaia;
-
nella
mobilitazione e aggregazione crescente di tutte le
forze rivoluzionarie della società attorno al partito comunista;
-
nella elevazione
del livello intellettuale, morale,
organizzativo e operativo delle forze rivoluzionarie;
-
nella loro
utilizzazione secondo un piano per sviluppare una
successione di iniziative che pongono lo scontro di classe al centro
della vita
politica del paese in modo da
o
reclutare nuove
forze,
o
indebolire il
potere della borghesia imperialista e
rafforzare il nuovo potere,
o
arrivare a
costituire le forze armate della rivoluzione,
o
dirigerle nella
guerra contro la borghesia fino a rovesciare
i rapporti di forza, eliminare lo Stato della borghesia imperialista e
instaurare lo Stato della dittatura del proletariato.
Il (n)PCI non ha
concezioni,
obiettivi, linee o metodi segreti. Li ha sempre proclamati e diffusi
tra i
lavoratori e le masse popolari e continuerà a farlo.
Perché essi
diventeranno
una forza materiale che trasformerà il nostro paese e
contribuirà alla
seconda
ondata della rivoluzione proletaria mondiale solo perché le
masse li
faranno
propri. Essi sono chiaramente espressi dal nostro Manifesto Programma e sono argomentati nella stampa (La Voce) e nei Comunicati
del Partito.
Tutta l’azione del partito si conforma ad essi.
La conclusione
dell’ottavo
procedimento giudiziario è quella più favorevole alla
rinascita del
movimento
comunista. Questa vittoria è il frutto della combinazione della
resistenza del
Partito alla repressione con la lotta contro la repressione, con la
solidarietà
delle masse popolari italiane e con la solidarietà delle
organizzazioni
italiane
e straniere. Il Partito ha saputo mobilitare la lotta e la
solidarietà
e
approfitta anche di questa occasione per ringraziare tutti coloro che
hanno
contribuito a questo successo.
Reprimendoci, la
borghesia fa danni,
ma contemporaneamente dice alle masse popolari che noi comunisti siamo
i suoi
più decisi antagonisti. A condizione che noi non ci lasciamo
né
scoraggiare né
eliminare, quanto più le masse popolari sono malcontente della
borghesia e
della Chiesa, tanto più la repressione giudiziaria rafforza il
nostro
legame
con le masse.
Il (n)PCI ha
sviluppato una linea per
far fronte alla repressione giudiziaria e volgerla a favore del
movimento
comunista. I risultati dell’ottavo procedimento giudiziario hanno
finora
confermato che è una linea giusta.
Di fronte ai
procedimenti giudiziari
che si ripetono, noi abbiamo adottato e collaudato la linea della lotta su due gambe e della
trasformazione del processo in un processo
di rottura.
La lotta
su due gambe combina due tipi di attività, distinti ma che
si
influenzano reciprocamente.
1. Iniziative di
mobilitazione delle masse popolari:
informazione, denuncia, appello alla solidarietà, iniziative di
solidarietà,
con il fine di allargare i legami tra il Partito e le masse popolari,
di
promuovere un fronte unito contro la repressione: di resistenza e
opposizione
alla repressione e di solidarietà con tutti gli organismi, i
militanti,
i
proletari e gli altri membri delle masse popolari colpiti dalle forze
repressive, indipendentemente dal tipo di accuse formulate dalle
Autorità
contro di loro (criterio di classe e politico, non legalitario).
Facciamo leva
sull’indignazione che la repressione provoca nelle masse popolari e le
incitiamo a opporsi in mille modi alla borghesia.
2. Azioni
specifiche tra i sinceri democratici (cioè coloro che
antepongono ai propri interessi e privilegi personali e di classe la
partecipazione delle masse popolari alla gestione della società
e la
sua
promozione) e nella sinistra borghese per mettere i suoi esponenti di
fronte
alle loro responsabilità, per sfruttare a fondo il bisogno che
la
sinistra
borghese ha di curare la propria immagine presso le masse popolari, per
indurre
il numero più largo possibile dei suoi esponenti a prendere
posizione
contro la
persecuzione dei comunisti e in generale contro la repressione, per
appoggiare i
suoi esponenti più onesti e avanzati nelle loro prese di
posizione, per
indebolire
per questa via la repressione e intimidire i titolari della
persecuzione,
ognuno dei quali ha problemi di immagine, di carriera e di relazioni
sociali.
Nella lotta
contro la repressione,
l’aiuto delle organizzazioni e dei partiti a livello internazionale
è
molto
utile. La denuncia in tutto il mondo delle operazioni repressive della
borghesia italiana mina il suo prestigio. È quindi importante
diffondere
all’estero la denuncia e i messaggi e le dichiarazioni di
solidarietà.
Noi le
diffondiamo in Italia perché intimidiscono i persecutori e
incoraggiano
le
masse popolari.
Il processo
di rottura consiste nel trasformarsi da accusati in
accusatori e nel negare da parte degli imputati ogni collaborazione
alle
Autorità dello Stato, in specifico alla magistratura: questa
è legata a
procedure, riti e forme che implicano un certo grado di sottomissione e
di
collaborazione dell’imputato. Il processo
di rottura consiste nel fatto che gli imputati non collaborano alla
ipocrita
messinscena a favore della classe dominante della “giustizia neutrale”,
“eguale
per tutti”. Essi, le organizzazioni politiche e le organizzazioni
contro la
repressione trasformano con varie iniziative e con creatività
l’intero
procedimento giudiziario e in particolare le udienze e le cerimonie del
processo, in un processo alle Autorità che violano le loro
stesse
leggi,
violano lo spirito e spesso anche la lettera della Costituzione, vanno
contro
gli interessi delle masse popolari, legittimi ancorché non
riconosciuti
dalle
leggi.
La vittoria di
questa battaglia ha
rafforzato la nostra determinazione ad avanzare nella lotta per fare
dell'Italia un nuovo paese socialista, tramite la guerra popolare
rivoluzionaria di lunga durata. Auspichiamo che il nostro successo
incoraggi altri
compagni e anche i compagni degli altri paesi imperialisti ad adottare
il
marxismo-leninismo-maoismo come teoria guida e la guerra popolare
rivoluzionaria di lunga durata come strategia.
Con un giusto orientamento e una
giusta linea, ogni vittoria diventa possibile!
Uniamoci sempre più
profondamente ai popoli che da un capo all’altro del mondo resistono
alla
guerra di sterminio non dichiarata perpetrata dalla borghesia
imperialista e
dalle altre forze reazionarie!
La lotta per fare dell’Italia un
nuovo paese socialista è il contesto necessario perché
crescano su
grande scala
la coscienza politica e l’organizzazione delle masse popolari italiane
autoctone e immigrate e si sviluppino con forza e con successo le loro
lotte
per la difesa e l’ampliamento delle conquiste e per un lavoro dignitoso
e
sicuro per tutti, la loro resistenza al procedere della crisi, la loro
lotta
contro il carovita, contro gli speculatori e contro la Corte Pontificia
e le
altre Autorità che li sostengono, contro lo squadrismo fascista
e
razzista e
contro le Organizzazioni Criminali, per la civiltà e il
benessere!
Che i lavoratori, le donne, i
giovani più avanzati si arruolino nelle fila del Partito
comunista,
degli
organismi della resistenza e delle organizzazioni di massa e
contribuiscano
alla rinascita del movimento comunista!
Rafforzare la struttura clandestina
centrale del
(nuovo)Partito comunista italiano, moltiplicare il numero dei Comitati
di
Partito clandestini e migliorare il loro funzionamento, sviluppare il
lavoro
sui quattro fronti indicati dal Piano Generale di Lavoro!
Costruire in ogni azienda, in ogni
zona d’abitazione,
in ogni organizzazione di massa un comitato clandestino del (n)PCI!