Indice dei
comunicati --- Il testo del comunicato in formato
RTF compresso ZIP da stampare - fotocopiare - diffondere. ---
Commissione Preparatoria
del congresso di fondazione del
(nuovo)Partito comunista italiano
e.mail <lavocedelnpci@yahoo.com>
pagina web: www.lavoce.freehomepage.com
Partecipare all'attuazione del piano in due
punti per costituire il partito comunista:
1. elaborare il Manifesto Programma del partito
a partire dal Progetto pubblicato dalla Segreteria Nazionale dei CARC nel 1998;
2. costituire Comitati di Partito clandestini
provvisori che invieranno i loro delegati al congresso di fondazione che
approverà il Manifesto Programma e lo Statuto del Partito ed eleggerà il
Comitato Centrale che a sua volta ristrutturerà dall'alto in basso i Comitati
di Partito.
16. 05. 04
Comunicato
Impariamo
dagli operai di Melfi e facciamo valere in tutto il paese i risultati e gli
insegnamenti della grande e lunga lotta che loro hanno condotto!
Gli operai della FIAT di
Melfi e dell’indotto hanno fatto tra aprile e maggio una grande lotta. La sua
importanza va oltre Melfi e i risultati immediati conquistati dagli operai
della FIAT e dell’indotto di Melfi. Essa racchiude risultati e insegnamenti che
noi comunisti e i lavoratori avanzati di tutto il paese dobbiamo capire
chiaramente, propagandare, farli valere negli scontri dei prossimi mesi contro
i padroni e il loro governo e farli confluire nella lotta di lungo periodo per
la ricostruzione di un vero partito comunista e per la ricostruzione di uno
schieramento combattivo delle masse popolari che abbia alla sua testa la classe
operaia con il suo partito comunista e l’obiettivo di fare dell’Italia un nuovo paese socialista.
Quali sono i principali
risultati e insegnamenti della grande lotta degli operai di Melfi?
Noi non pretendiamo di
riuscire ad essere esaurienti. Vorremmo anzi che questo nostro comunicato
stimolasse compagni e lavoratori avanzati di Melfi e di tutto il paese a fare
anch’essi uno sforzo per ricavare gli insegnamenti di quella grande lotta e
renderli pubblici. In questo modo quella lotta avrà effettivamente il ruolo che
può avere per tutti gli operai e per tutte le masse popolari del nostro paese. Una
lotta così importante infatti può avere risultati ed effetti su un raggio ben
più ampio che la fabbrica e la zona dove è avvenuta. La borghesia fa tutto
quello che può perché la vicenda si chiuda in confini di spazio e di tempo il
più ristretti possibile. Noi dobbiamo invece fare esattamente il contrario. Dobbiamo
ricavare da ogni lotta particolare quello che essa insegna di universale, di
valido anche per gli altri lavoratori e farlo valere sulla scala più ampia
possibile. Ogni lotta racchiude potenzialità che, se le valorizziamo, vanno ad
arricchire il patrimonio comune delle masse popolari e a rafforzare la loro
lotta contro la borghesia imperialista per difendere le conquiste e fare dell’Italia
un nuovo paese socialista. Far valere le potenzialità di ogni lotta è anche
questo un aspetto del compito che riassumiamo con la parla d’ordine “fare di
ogni lotta rivendicativa una scuola di comunissmo”. La lotta di Melfi non è un
episodio chiuso in se stesso. Non è incominciata a Melfi. Non è esplosa per
caso. Non è un episodio “spontaneo”. Non è finita con l’accordo siglato con la
FIAT. La lotta di Melfi è una battaglia della lunga lotta che gli operai e le
masse popolari di tutto il paese conducono contro la borghesia imperialista, il
Vaticano e il loro governo per far valere i loro interessi immediati e per
liberarsi dall’ordine sociale capitalista e fare dell’Italia un nuovo paese
socialista. Alla fine degli anni ‘80, in contemporanea con il crollo dei regimi
revisionisti nei paesi dell’Est e in Unione Sovietica, la borghesia imperialista aveva costruito l’insediamento
industriale di Melfi contro la classe operaia e contro il movimento comunista. Con
la lotta di aprile-maggio la classe operaia e il movimento comunista hanno
sconfitto la borghesia imperialista. Gli operai di Melfi hanno occupato il loro
posto nel movimento comunista del nostro paese. Bisogna capire lo scontro di
Melfi alla luce di quella guerra più generale che è in corso tra la borghesia
imperialista e le masse popolari del nostro paese, nell’ambito della rinascita
del movimento comunista e della seconda ondata della rivoluzione proletaria che
avanza in tutto il mondo e sbarra la strada alla soluzione terroristica e
antipopolare, barbarica che la borghesia imperialista tende per sua natura a
dare alla crisi generale del suo sistema.
1. Il primo insegnamento
della lotta di Melfi che dobbiamo raccogliere e propagandare è l’importanza
centrale della classe operaia per tutte le masse popolari nella loro lotta
contro la borghesia imperialista e il suo ordinamento sociale. La classe
operaia esiste e la sua posizione nella società è tale che essa può avere un
ruolo decisivo nella vita sociale. Questo è vero benché tutta la propaganda
borghese e paraborghese da anni inquini la cultura delle masse popolari e
cerchi di convincerci che la classe operaia non esiste più, cerchi di
convincere gli stessi operai che essi sono dei residui, delle variabili
dipendenti, superstiti di una razza in via di estinzione, degli esuberi, dei
marginali. La propaganda padronale dice che il comunismo è morto e che la lotta
di classe è roba d’altri tempi. Gli operai di Melfi lottando hanno mostrato l’opposto
a tutti i settori delle masse popolari. La lotta di classe è il centro dello
scontro sociale e il motore di ogni progresso sociale. Non c’è progresso civile
senza lotta di classe. C’è solo regresso alle barbarie del passato. Gli
intellettuali che hanno ripreso e rilanciato la propaganda borghese sulla fine
della classe operaia e del suo ruolo centrale, quelli che lo hanno fatto in
buona fede, devono ripudiarla apertamente: solo così dimostrano la loro buona
fede. L’oppressione e lo sfruttamento esercitati dal capitalista in fabbrica e
sul lavoro sono ancora oggi il centro e la sorgente delle ingiustizie, dell’oppressione
e del malessere che inquinano tutta la società borghese. La classe operaia può diventare
il centro della mobilitazione e dell’organizzazione delle masse popolari per
porvi fine. Gli operai di Melfi hanno
smentito su grande scala i luoghi comuni della cultura borghese: che siamo in
una società postindustriale, postmoderna,
o che altro hanno detto. Questi luoghi comuni sono semplici
mistificazioni sparse dalla borghesia a piene mani perché confinano ogni uomo e
ogni donna nella disperazione della sua condizione individuale, intralciano e
scoraggiano l’aggregazione e la lotta delle masse popolari per fare del nostro
paese un nuovo paese socialista e contribuire così al movimento di
emancipazione delle classi e dei popoli oppressi di tutto il mondo.
2. Il secondo insegnamento
dato dagli operai di Melfi è che la classe operaia quando scende in lotta
assume un ruolo centrale nella resistenza delle masse popolari contro i
padroni, contro il Vaticano e contro il loro governo. Pone lo scontro di classe
e la lotta tra la borghesia e le masse sfruttate ed oppresse al centro della
vita politica del paese. Smaschera tutte le forze politiche borghesi. Mostra
apertamente il loro ruolo di agenzie padronali e di succursali del sistema di
sfruttamento. Il governo, la sua polizia, i suoi carabinieri e i suoi portavoce
hanno mostrato a Melfi il loro vero volto di aguzzini per conto dei padroni. Hanno
mostrato quel volto che invece mascherano e imbellettano con insegne umanitarie
quando parlano delle loro imprese brigantesche in Iraq, in Bosnia, in
Afganistan o nel Kosovo. Quando cercano di smorzare l’indignazione popolare per
il sangue, le torture e le altre barbarie che essi portano n tutto il mondo. Quando
addrittura cercano di raccogliere solidarietà delle masse popolari italiane
contro i colpi che la resistenza delle masse popolari dei paesi aggrediti e
invasi impartisce ai loro uomini e ai loro interessi. Tutte le forze politiche
borghesi cercano di far credere alle masse popolari che le forze mercenarie
della borghesia imperialista hanno questo ruolo civile e umanitario. Quelle di
destra affermano che ce l’hanno senz’altro. Quelle di sinistra sostengono che
potrebbero e dovrebbero averlo e che ce l’avrebbero se solo cambiassero divisa
e indossassero quella dell’ONU. La lotta degli operai di Melfi ha mostrato la
stessa cosa che mostrano i rivoluzionari palestinesi e iracheni: il vero volto
della borghesia imperialista, del Vaticano e del loro governo: la barbarie del
loro sistema sociale e della cultura che ne deriva. La contrattazione finale
con la FIAT sulle sanzioni disciplinari ha messo nero su bianco questo volto
bieco della borghesia imperialista.
3. Il terzo insegnamento dato
dagli operai di Melfi è che la società borghese, ultramoderna, postmoderna,
postindustriale e tutto il resto che vogliono dire e che dicono ogni giorno con
dovizia di mezzi e con strumenti raffinati, in realtà resta basata sul furto di
tempo di lavoro altrui, sull’estorsione di tempo di lavoro non pagato. Lo
sfruttamento del lavoratore salariato da parte del capitalista resta la cellula
costitutiva dell’intera società, per quanto grandi e articolate siano le
mistificazioni che lo nascondano e ancora più grandi, articolati e raffinati i
discorsi fumogeni sparsi a piene mani allo scopo di confondere e fuorviare i
lavoratori, di ingenerare disperazione o rassegnazione dove invece serve
semplicemente organizzare la lotta di classe fino a farla finita con l’ordinamento
capitalista e instaurare il socialismo.
Lo scontro su orario e
salario: ecco la modernità della società postmoderna. L’aumento dell’orario di
lavoro da 7 ore e 15 minuti a 7 ore e 30 minuti al giorno (15 minuti in più al
giorno!) su cui si è concluso l’accordo, il tira e molla tra 92 e 165 euro al
mese e sulla maggiorazione per il lavoro notturno mostrano e confermano che il “capitalismo
ultramoderno” resta in realtà un ordinamento sociale da trogloditi, basato sul
furto di tempo di lavoro altrui, sullo sfruttamento all’osso di chi lavora,
sull’espulsione dal lavoro degli “esuberi”. Un ordinamento sociale che confina
i lavoratori (cioè la massa della popolazione) nel ruolo di “variabili
dipendenti” del capitale, cioè dei padroni. Un ordinamento sociale che funziona
o almeno “va in pareggio” solo se i lavoratori stanno male. La lotta dei
lavoratori di Melfi ha mostrato in modo più convincente di qualsiasi discorso l’antagonismo
di interessi tra l’ordinamento sociale borghese e la massa della popolazione. Ha
mostrato quale è il limite invalicabile
di ogni democrazia borhese, quale è la “eguaglianza e libertà” compatibile con
la sopravvivenza della società borghese. E tutto ciò in uno dei paesi
capitalisticamente più progrediti del mondo, in uno dei paesi
capitalisticamente più ricchi del mondo, nel paese sede del Vaticano che si
proclama il portavoce della bontà e della giustizia divine in terra, nel paese
capitalista “più libero del mondo” e protetto dall’”ombrello della NATO”, per
usare le famigerate espressioni del rinnegato Berlinguer. È facile immaginare
la democrazia e la civiltà che gli esponenti e difensori di simile società e di
simile civiltà vanno a imporre in Iraq, in Afganistan, ad Haiti, in Costa d’Avorio
e negli altri paesi in cui inviano i loro mercenari a mantenere il loro ordine
e a imporre la loro pace. E tutto ciò nell’epoca della modernità e della
conquista di Marte, dell’informatica e della robotica, della telematica e della
cibernetica, delle nanotecnologie, della bioingegneria, ecc. ecc. A conferma
che la tecnologia e la scienza nelle mani della borghesia servono a ribadire le
catene e l’oppressione, la guerra e l’esclusione dalla società, a fare della
maggioranza degli uomini e delle donne degli “esuberi” della loro società e
delle variabili dipendenti dai loro interessi.
4. Il quarto insegnamento
dato dagli operai di Melfi è che non c’è soluzione borghese, mistificazione
culturale e politica e sindacalismo di regime che possono bloccare a tempo
indeterminato la classe operaia. Il defunto Giovanni Agnelli e l’attualmente
regnante Umberto avevano fatto costruire la fabbrica e l’indotto di Melfi,
impiegato le tecniche e i ritrovati più avanzati della scienza e fatto studiare
ogni dettaglio per garantirsi una fabbrica senza conflittualità: dalla scelta
del posto, alla progettazione delle linee di lavorazione, alle modalità di
assunzione, all’organizzazione del lavoro. Essi speravano che a Melfi la lotta
di classe era esclusa. I loro lacché lo proclamavano dalla TV, dai giornali,
dalle cattedre universitarie e dai loro libri eruditi . I più arroganti e
sfacciati se ne vantavano. I finti “amici degli operai” ci piangevano sopra. Ma
uniti giuravano che le speranze degli Agnelli erano ben fondate. Ci sono voluti
dieci anni per venire a capo della rete di accorgimenti, di imbrogli e di
repressione con cui gli Agnelli e i loro uomini e amici soffocavano i
lavoratori, li isolavano l’uno dall’altro in un percorso individuale e
imponendo una cultura individualista, schiacciavano sul nascere gli sforzi
degli operai più generosi e avanzati per destare i loro compagni di lavoro a un
ruolo civile, per unirli, organizzarli e mobilitarli contro la barbarie
padronale. Lo stato di decadenza, di confusione e di disgregazione in cui
ancora si trova il movimento comunista nel nostro paese e nel mondo, la
mancanza di un vero partito comunista presente sul posto di lavoro e nella zona
che desse orientamento, prospettiva e continuità agli sforzi degli operai
avanzati: tutto questo ha pesato. La cappa repressiva degli Agnelli, l’odine da
campo di concentramento che essi avevano instaurato, l’individualismo che
avevano imposto ed eretto a religione con
la benedizione dei loro preti hanno potuto reggere per dieci anni a
causa delle difficoltà in cui ancora versa il movimento comunista in questi
anni. Ma alla fine la catena si è spezzata e la lotta è esplosa con vigore
particolarmente forte anche a causa della lunga compressione. Sarà ora
difficile agli Agnelli e ai loro aiutanti, capetti e sindacalisti di regime,
preti e politicanti restaurare il vecchio clima. Anche se è sicuro che faranno
l’impossibile per riuscirci. In questa direzione mirano le loro grida contro “gli
eccessi” degli operai, contro le “violenze” degli scioperanti, contro i “danni
inflitti all’economia nazionale” e alla “meritoria opera di risanamaneto della
FIAT” che gli Agnelli condurrebbero da quando, neanche due anni fa, gli operai
FIAT, da Termini Imerese a Mirafiori all’Alfa di Arese, con la solidarietà del
resto delle masse popolari, hanno stoppato il progetto che il Giovanni e Umberto
Agnelli avevano complottato con Berlusconi per liquidare le fabbriche di auto e
vendere la loro quota di mercato alla General Motors. Il livello raggiunto
nella rinascita del movimento comunista si misurerà anche dalla continuità e
dalla forza con cui gli operai di Melfi riusciranno a tenere il posto che hanno
occupato nella lotta per il socialismo nel nostro paese.
5. Il quinto insegnamento
dato gli operai di Melfi è che il lavoro dei comunisti, delle FSRS e degli
operai avanzati a lungo andare dà i suoi frutti. La lotta accanita degli operai
di Melfi non nasce dal nulla, non è frutto del caso. Essa certamente è una
lotta spontanea nel senso che è la risposta che gli operai in massa hanno dato
al sistema di repressione e di sfruttamento che gli Agnelli e i loro agenti
hanno imposto ai lavoratori. È una lotta spontanea nel senso che non c’è stato
un unico centro promotore e organizzatore. È una lotta spontanea nel senso che
questa lotta è anche il frutto dell’avanzamento generale e diffuso che la prima
ondata della rivoluzione proletaria ha prodotto nei lavoratori: un avanzamento
che sopravvive nonostante la sconfitta subita dal movimento comunista. Solo i
padroni e individui ideologicamente succubi dei padroni non vedono o nascondono
questo avanzamento, nella loro smania di cancellare e denigrare il movimento
comunista. Ma l’esplosione di questa lotta resta un mistero per tutti quelli
che ignorano o nascondono l’opera tenace condotta per anni da comunisti e da
operai avanzati per far fronte al sistema repressivo degli Agnelli, l’influenza
che sugli operai di Melfi hanno avuto i comunisti, le FSRS, gli altri operai scesi in lotta: non
ultimi quelli che due anni fa sconfissero il disegno di Agnelli, appoggiato dal
governo Berlusconi, di liquidare le fabbriche di auto. Per anni operai aderenti
e no alla FIOM, allo SLAI-COBAS e ad altri sindacati, operai legati in un modo
o nell’altro alle FSRS e al movimento per la ricostruzione del partito
comunista hanno condotto attività di vario genere che hanno eroso le fondamenta
dei muri che la borghesia aveva eretto per isolare e schiacciare gli operai a
tempo indeterminato, hanno rotto in vari punti, ora qui ora là la rete del
terrore e dell’ignoranza che il padrone e i suoi agenti facevano regnare in
fabbrica, hanno costruito quel tessuto di rapporti e di influenze, di fiducia e
di cultura, quell’orientamento che il padrone e i suoi uomini facevano di tutto
per impedire che sorgesse o inquinarlo e deviarlo. La lotta di Melfi è la
vittoria degli sforzi che nei dieci anni intercorsi dall’inaugurazione a Melfi
della fabbrica e del sistema FIAT fino ad oggi centinaia di lavoratori avanzati
e di comunisti hanno compiuto per rompere la cappa di piombo che gli Agnelli, i
loro sgherri, i loro portavoce, i loro politici, i loro sindacalisti e i loro
preti avevano imposto e hanno cercato di far durare alla FIAT e nell’indotto: con
le misure disciplinari e con le mistificazioni, con le prediche melliflue e con
l’individualismo, con gli intralci alla socialità. Non capire e riconoscere il
ruolo del lungo lavoro modesto e in gran parte sotterraneo fatto nel corso
degli anni e che ha condotto all’esplosione dell’aprile 2004, sarebbe
disfattista e liquidatorio della lotta organizzata, della lotta di individui e
di piccoli gruppi che è all’origine di ogni salto in avanti della lotta
spontanea di massa, ancora più sarebbe
disfattista e liquidatorio della lotta per la ricostruzione del partito
comunista. I compagni e gli operai avanzati che in un modo o nell’altro, in qualche misura hanno compiuto quel lavoro
possono e devono guardare con soddisfazione ad esso. Devono trarre dal
risultato ottenuto l’incitamento a continuare o a riprendere quel lavoro, a
organizzarsi meglio e a lavorare in modo più sistematico, con maggiore
sicurezza e fiducia e con un migliore orientamento. I risultati saranno ancora
maggiori.
6. Il sesto insegnamento dato
dagli operai di Melfi è che i sindacalisti di regime possono essere sconfitti e
che quanto vi è di onesto e di sano nei sindacati di regime e nei sindacati
alternativi può prevalere sull’influenza ideologica e sul sistema di comando
della borghesia. La lotta condotta dagli operai di Melfi non ha inflitto una
sconfitta solo agli Agnelli e al loro governo, in particolare al governo della
banda di fascisti, razzisti, clericali, mafiosi, speculatori e avventurieri
raccolta attorno a Berlusconi che con azzardata arroganza tre anni fa aveva
fatto intravvedere all’intera borghesia imperialista il miraggio di riportare
la condizioni degli operai e delle masse popolari a quelle che erano all’inizio
del secolo scorso. La loro lotta ha inflitto una sconfitta anche al
sindacalismo di regime. I sindacati che hanno persistito nel sostenere l’ordine
di Agnelli, la FIM-CISL, la UILM, il FISMIC gli operai li hanno semplicemente
scavalcati, anche se il padrone, il governo, i capi della CGIL e della FIOM
hanno ancora imposto la presenza al tavolo delle trattative dei capi di questi
sindacati estranei alla lotta e sconfessati, mentre hanno imposto l’esclusione
dei veri dirigenti della lotta. Gli altri sindacati di regime, la FIOM da parte
revisionista e la UGL da parte fascista, hanno dovuto cavalcare la tigre delle
rivendicazioni degli operai. E per chiudere la lotta hanno dovuto richiamare in
vita l’istituto del referendum. Ora, il referendum è un’arma a doppio taglio. Ricodiamo
cosa è successo nel passato. Negli anni ‘80
contro le assemblee di fabbrica i sindacalisti di regime invocarono e
imposero i referendum, per contrapporre la parte più arretrata e più ricattabile
dei lavoratori ai lavoratori avanzati. Ma la cosa durò poco. Anche i referendum
nel giro di poco tempo non diedero più i risultati che i sindacalisti di regime
e i loro mandanti si riproponevano. Proprio quelli che contro le assemblee di
fabbrica avevano introdotto i referendum, li abolirono e sostituirono la loro “illuminata
volontà”, la loro capacità di “concertazione”, la loro abilità di imporre gli
interessi dei padroni come interesse generale, alla “volontà ignorante ed
egoista” dei lavoratori, dei diretti interessati, di quelli che dovevano subire
gli accordi e i contratti. Ricordiamo i proclami vergognosi di Lama contro “l’egoismo”
degli operai della FIAT di Termoli. Ora i suoi eredi e seguaci hanno dovuto
rispolverare il referendum. Sarà un segno dell’avanzamento della rinascita del
movimento comunista se non permetteremo all’aristocrazia operaia di
rimangiarselo ancora. Se ne faremo un cavallo di battaglia per porre in ogni
attività e in ogni questione sindacale la volontà dei lavoratori davanti a
quella dell’aristocrazia operaia, dei funzionari e dei dirigenti sindacali e
della borghesia imperialista che li guida ideologicamente anche nei casi in cui
non li ha del tutto asserviti organizzativamente ed economicamente. L’aristocrazia
operaia è sempre più stretta in una morsa. Se perde ogni seguito e prestigio
tra i lavoratori non serve più neanche alla borghesia e ne perde i favori. Ma
per non perdere seguito e prestigio tra i lavoratori deve prestarsi a
organizzare le loro lotte e a funzionare da centro di aggregazione della loro
resistenza allo smantellamento delle conquiste di civiltà e di benessere e alla
regressione generale della vita sociale: cioè della resistenza degli operai
alla soluzione barbarica che per sua natura la borghesia imperalista dà alla
crisi generale del suo ordinamento sociale. Porre la volontà dei lavoratori
davanti a quella dei dirigenti e dei funzionari, subordinare dirigenti e
funzionari sindacali alla volontà dei lavoratori è una bandiera che noi
comunisti dobbiamo far valere in ogni campo e in ogni aspetto dell’attività sindacale.
Dobbiamo aver fiducia nei lavoratori, dobbiamo aver fiducia nella nostra causa.
I lavoratori che anche solo vorranno difendere i loro interessi diretti e
immediati e non si rassegneranno alla regressione della loro condizone sociale
ed economica, inevitabilmente finiranno per aderire alle nostre proposte e
faranno proprie le nostre parole d’ordine. Instaurare il socialismo è la sola
via per l’emancipazione su grande scala dei proletari e degli altri lavoratori
dalla borghesia imperialista.
Ecco sei degli insegnamenti
che gli operai di Melfi lottando per più giorni hanno con forza dato a tutti
gli operai e al resto delle masse popolari, in questa primavera che ha aperto
il 60° anniversario della vittoria dei Partigiani sui nazifascisti, mentre da
un numero crescente di paesi oppressi arrivano le belle notizie dell’eroica
resistenza delle masse popolari all’occupazione e all’aggressione delle potenze
imperialiste. Sta a noi comunisti e agli operai avanzati portare questi
insegnamenti nel modo più efficace tra tutti gli operai e al resto delle masse
popolari. Sta a noi farli valere in
ognuna delle innumerevoli lotte che i lavoratori condurranno nei prossimi mesi:
dalle fabbriche del nord al Petrolchimico di Priolo (SR) e di Gela (CL), dall’Alitalia
a San Giovanni in Fiore (CS). Fare di essi elementi di forza nella lotta per
abbattere il governo Berlusconi, per difendere le conquiste strappate durante
la prima ondata della rivoluzione proletaria, per promuovere la solidarietà popolare
con la resistenza dei popoli oppressi e con i rivoluzionari prigionieri nel
nostro paese, per ricostruire un vero partito comunista. Anche questo è “fare
di ogni lotta rivendicativa una scuola di comunismo” e raccogliere in ogni lotta forze e risorse
per la ricostruzione del partito comunista e la rinascita del movimento
comunista. Per fare il primo passo indispensabile per trasformare in guerra
popolare rivoluzionaria di lunga durata la resistenza alla guerra non
dichiarata di sterminio che la borghesia imperialista conduce in ogni angolo
del mondo contro le masse popolari e andare così verso l’instaurazione del
socialismo nel nostro paese.
Sostenere la lotta della
classe operaia e delle altre classi delle masse popolari contro l’eliminazione
delle conquiste!
Fare di ogni lotta difensiva
e rivendicativa una scuola di comunismo!
Abbattere il governo
Berlusconi e la banda di fascisti, razzisti, clericali, mafiosi, speculatori e
avventurieri a cui la borghesia imperialista ha affidato il governo del paese e
a cui i governi del centro-sinistra (Dini, Prodi, D’Alema, Amato) hanno aperto
la strada!
Sostenere la resistenza delle
masse popolari della Palestina, dell’Iraq e dell’Afganistan contro l’occupazione,
fino alla vittoria sugli occupanti e sui sionisti!
Sostenere la rivoluzione
democratica antimperialista delle masse popolari arabe e musulmane!
Sostenere la guerra popolare
rivoluzionaria in corso in Perù, Nepal, India, Filippine, Turchia!
Solidarietà con tutti i
rivoluzionari e i proletari prigionieri!
Classi e popoli oppressi,
donne delle masse popolari, uniamoci nella lotta contro la borghesia
imperialista!
W la rinascita del movimento
comunista!
Diffondere la parola d’ordine:
Fare dell’Italia un nuovo paese socialista!
Costituire in ogni azienda, in ogni zona d’abitazione, in ogni organizzazione di massa comitati clandestini del (nuovo)Partito comunista italiano!