Sull’atteggiamento dei gruppi imperialisti USA e del governo di Washington
di fronte al nazifascismo nel periodo 1920 - 1950

Rapporti Sociali 35 - novembre 2004   (versione Open Office / versione MSWord)

 

La banda Berlusconi e la sinistra borghese italiana esaltano il ruolo della borghesia imperialista americana descrivendola come protagonista della liberazione del nostro paese e dell’Europa nella Seconda guerra mondiale. A giugno, con la venuta di Bush per celebrare l’anniversario dello sbarco in Normandia e della fine dell’occupazione nazifascista di Roma, questa campagna di falsificazione storica si è fatta massiccia. Dietro questa campagna che oscura il ruolo decisivo svolto dall’Armata Rossa e dalla Resistenza delle masse popolari europee nella distruzione del nazifascismo, c’è la precisa volontà di far passare la guerra d’aggressione condotta oggi contro le masse popolari irachene, afghane, palestinesi come una giusta guerra contro il “terrorismo” e per la liberazione di questi popoli.

Quella che oggi viene spudoratamente chiamata “liberazione” è la forma più esplicita della guerra di sterminio che la borghesia imperialista conduce contro le masse popolari di tutto il mondo, e ad essa giustamente si oppone la resistenza armata dei popoli. La sostanza delle cose non fu diversa nel periodo culminato con la Seconda guerra mondiale, quando i nazisti pretesero di invadere l’URSS per “liberare” le masse popolari dal comunismo e sterminarono venti milioni di russi e quando i gruppi imperialisti “liberarono” le masse popolari dei paesi oppressi dal fascismo e dal nazismo con i bombardamenti a tappeto e con le atomiche su Hiroshima e Nagasaki.

 

 

Sull’atteggiamento dei gruppi imperialisti USA e del governo di Washington di fronte al nazifascismo nel periodo 1920 - 1950

 

1. Occorre distinguere accuratamente (e invece la borghesia e anche alcune FSRS ciurlano nel manico proprio confondendo le due cose) la condotta dei gruppi imperialisti USA e del loro governo da quella delle masse popolari USA riguardo all’atteggiamento e al comportamento di fronte al nazifascismo. Tra le masse popolari USA vi fu in tutto questo periodo un vasto movimento antifascista. Esso corrispondeva alla tradizione democratica che è un aspetto della storia del popolo americano e allo sviluppo importante che negli USA ha avuto, fin dalle sue origini nel 1848, il movimento comunista. La prima Internazionale ebbe una sezione importante negli USA e nel 1872 la sede del suo centro venne trasferita negli USA. Molti cittadini USA hanno partecipato a vari movimenti rivoluzionari nel resto del mondo (ricordare: John Reed e I dieci giorni che sconvolsero il mondo, la brigata Lincoln che partecipò alla guerra di Spagna con le altre Brigate Internazionali; gli operai americani che emigrarono in Unione Sovietica per contribuire allo sviluppo industriale). Ricordiamo anche il vasto movimento sindacale e rivendicativo degli operai americani, i movimenti per l’emancipazione delle donne dalla discriminazione sessuale, dei neri americani prima dalla schiavitù e poi dalla discriminazione razziale. Questa corrente democratica e comunista presente tra le masse popolari quasi mai lungo la storia degli USA si è espressa nell’azione di un vero partito comunista (rivoluzionario, d’avanguardia e capace di un’azione di massa). Essa ha tuttavia condizionato la condotta della classe dominante lungo tutta la storia degli USA. È impossibile comprendere il comportamento della classe dominante USA se non si tiene conto che essa ha dovuto costantemente far fronte (e deve far fronte) con le buone o con le cattive (o combinando le due maniere) a questa corrente. Nei contrasti politici tra i gruppi imperialisti USA e tra i loro partiti, coalizioni e schieramenti politici (come ad es. tra i suoi due attuali partiti, il repubblicano e il democratico) si riflettono non solo i contrasti di interessi tra i gruppi imperialisti nel paese e all’estero, ma anche i contrasti sulla linea più adatta a tener buone le masse popolari e su quali promesse elettorali fare per accaparrarsi i loro voti. La stridente e aperta distinzione tra le promesse elettorali e la condotta reale degli eletti dopo la vittoria elettorale è una significativa costante della politica USA. Wilson vinse le elezioni nel novembre 1916 promettendo che mai e poi mai avrebbe inviato anche un solo soldato americano in Europa. Roosevelt ottenne la riconferma alla presidenza nel novembre 1940 giurando che avrebbe tenuto gli USA fuori dalla guerra in corso in Europa e in Asia. Le campagne elettorali USA hanno da tempo assunto un carattere apertamente fraudolento e le caratteristiche di una campagna pubblicitaria e sono diventate una questione di investimento finanziario, proprio a causa della forza della corrente democratica con cui la borghesia imperialista deve fare i conti.

 

2. I gruppi imperialisti USA di fronte al fascismo e al nazismo hanno visto fin dall’inizio il fascismo come una valida  difesa in Italia contro il comunismo (inteso in generale come rivendicazioni dei lavoratori e pericolo che essi instaurassero il socialismo). Il governo fascista fin dal primo momento della sua installazione fu alle prese con la questione del debito di guerra del governo italiano (il debito contratto per finanziare la guerra mondiale). Le banche USA e il governo di Washington lo appoggiarono con forza per farvi fronte sia all’estero che all’interno. In cambio il governo fascista si oppose con forza alla campagna contro l’assassinio di Sacco e Vanzetti compiuto dallo Stato USA nel 1927. Il governo e le autorità USA appoggiarono gli sforzi dello Stato e del partito fascista per prendere il controllo delle comunità italiane negli USA e ostacolare l’azione degli emigrati antifascisti. Quando scoppiò la crisi del ‘29, Roosevelt inviò vari suoi ministri a studiare le innovazioni introdotte dal fascismo in termini di intervento dello Stato nell’economia, di statalizzazione delle banche, di creazione di un settore statale nel campo industriale, di salvataggio di aziende in fallimento (IRI), di creazione di un sistema assicurativo pubblico, di formazione di sindacati di Stato, di inquadramento e mobilitazione reazionaria delle masse popolari. Egli era un ammiratore dell’“Italia fascista” e cercava ispirazione e modelli per le “riforme” del suo New Deal. I gruppi imperialisti USA non sentivano i gruppi imperialisti italiani come concorrenti seri a livello internazionale e quindi fino a quando Mussolini non si legò definitivamente alla Germania o appoggiarono la politica internazionale del fascismo o rimasero neutrali. Bisogna ovviamente tener conto che i gruppi imperialisti USA consideravano l’Italia come un paese che rientrava nella zona di predominio dell’imperialismo britannico, non nella loro zona: questo durò fino alla conclusione della II Guerra Mondiale. Quindi il loro “intervento” in Italia era subordinato alla relazione di lotta e unità con i gruppi imperialisti britannici.

Durante la guerra di Spagna i gruppi imperialisti USA parteciparono alla politica di “non intervento” che in realtà fu una politica di interruzione delle relazioni commerciali, diplomatiche e militari con il governo repubblicano spagnolo, che ufficialmente il governo di Washington riconosceva come il solo governo legittimo, e di appoggio all'impresa dei fascisti spagnoli sostenuti persino sul terreno da fascisti italiani e nazisti tedeschi.

Col nazismo i gruppi imperialisti USA e il governo di Washington ebbero relazioni più complesse. Essi fino al 1929 appoggiarono con massicci investimenti la ricostruzione dell’industria pesante e bellica tedesca. Gli investimenti industriali (acquisto o forte partecipazione in aziende industriali) e finanziari (prestiti e investimenti di Borsa) furono enormi e sono documentati. Il ritiro precipitoso degli investimenti USA dalla Germania dopo il ‘29 fu uno dei fattori che precipitò la crisi in Germania e nel resto d’Europa. I gruppi imperialisti USA non erano direttamente minacciati, erano preoccupati della forza del movimento comunista in Germania e la Germania forte era un baluardo contro l’URSS. Dopo l’avvento del nazismo all’inizio lo appoggiarono diplomaticamente e finanziariamente (ad es. nelle trattative sulle riparazioni) e in generale nel campo delle relazioni internazionali: era in primo luogo un efficace rimedio contro il movimento comunista. Ford e il padre di John Kennedy (che fu ambasciatore di Roosevelt a Londra e uno dei suoi massimi sostenitori e finanziatori) erano ferventi ammiratori e pubblici sostenitori dell’alleanza con la Germania nazista e lo rimasero fino alla II Guerra Mondiale. Ma non erano i soli tra i grandi personaggi della finanza, dell’industria e della politica: i fratelli Allen e John Foster Dulles (il futuro ministro degli esteri USA), le famiglie Dupont, Morgan, Rockefeller, Lamont, per non citare che i nomi più famosi, condividevano le loro simpatie. Gruppi imperialisti USA mantennero forti partecipazioni e accordi di collaborazione con industrie tedesche fino e anche durante la II Guerra Mondiale. In un secondo tempo molti gruppi imperialisti USA incominciarono a temere la concorrenza dei gruppi imperialisti tedeschi a livello internazionale, in particolare la loro penetrazione commerciale e finanziaria in America Latina, che era zona di predominio USA (e che allora attraversava già una fase di grande turbolenza politica: soprattutto in Brasile, in Argentina, in Cile). Morgenthau, ministro del tesoro di Roosevelt, proclamava: “Ci sveglieremo una mattina e li troveremo installati sulla porta di casa nostra”. Essi quindi cercarono di indirizzare le aspirazioni tedesche verso l’Est, in particolare contro l’URSS. Il programma dei nazisti (Mein Kampf) contemplava già questa scelta di espansione, di ricerca dello “spazio vitale” all’Est piuttosto che all’Ovest. Quindi  c’erano ampie basi di intesa. Il disegno di una spartizione del mondo tra gruppi imperialisti tedeschi e gruppi imperialisti anglo-sassoni ebbe fervidi sostenitori sia in Germania (Rudolf Hess, il delfino di Hitler, durante la guerra si paracadutò in Inghilterra per avviare trattative in questo senso) sia negli USA e in Inghilterra (il nonno di Elisabetta, Giorgio V, poi dimissionario, era un aperto simpatizzante di Hitler e la politica di appoggio all'espansione all’Est della Germania nazista impersonata dal primo ministro Chamberlain aveva forti sostenitori nella classe dominante britannica).

È noto (1) che i governi di Londra e di Parigi furono trascinati a dichiarare guerra alla Germania nel 1939, dopo l’invasione della Polonia, da un ingranaggio di situazioni e di eventi a cui da un certo momento in poi non poterono sottrarsi. Ma tutta la politica dei due governi e del grosso delle rispettive classi dominanti negli anni precedenti mirava a scatenare la Germania nazista contro l’URSS. Essi avrebbero appoggiato o addirittura partecipato all’aggressione. Quanto alla spartizione del bottino, si sarebbe trovato un accordo. Il motto della grande borghesia francese era: “Meglio Hitler che il Fronte Popolare”. L’abile politica del PCUS e dell’Internazionale Comunista riuscì ad evitare la trappola e fece sì (Patto Molotov-Ribbentrop, agosto 1939) che la guerra incominciasse ad occidente anziché con l’aggressione della Germania contro l’URSS. Per un po’ di tempo, fino al maggio 1940, i governi francese e inglese cercarono comunque di evitare di impegnarsi su grande scala nella guerra. Fu Hitler ad attaccare sul fronte occidentale nel maggio 1940, con l’obiettivo di costringere gli inglesi ad un accordo di pace e avere le mani libere all’Est. Quanto ai gruppi imperialisti USA, in realtà furono il governo di Hitler e di Mussolini che l’11 dicembre 1941 (subito dopo Pearl Harbour - 7 dicembre ‘41 e la dichiarazione di guerra degli USA contro il Giappone) dichiararono guerra agli USA. La linea realmente seguita dai gruppi imperialisti USA fu ben sintetizzata da H. S. Truman. Costui nel 1941 era già un’influente autorità politica (senatore): sarebbe diventato vice-presidente degli USA e poi presidente alla morte di Roosevelt nell’aprile 1945 e lo rimase fino al 1952. Il 24 luglio 1941, un mese dopo che il 22 giugno Hitler aveva invaso l’Unione Sovietica, Truman scriveva sul New York Times: “Se vediamo che la Germania sta per vincere la guerra, dobbiamo aiutare la Russia. Se vince la Russia, dobbiamo aiutare la Germania. Così faremo in modo che si uccidano tra loro il più possibile”. Tirati per i capelli a entrare in guerra contro la Germania nazista, essi condussero la seconda guerra mondiale in Europa bombardando e terrorizzando le popolazioni (bombardamenti a tappeto delle città: da Dresda a Milano) con l’obiettivo di affermare la dipendenza dei paesi dell’Europa da loro. Invece boicottarono costantemente il movimento partigiano e ostacolarono in ogni modo lo sviluppo della guerra civile antifascista e antinazista in Europa, in particolare in Francia e in Italia. Furono avari nel lancio di armi e di danaro, nella fornitura di informazioni alle unità partigiane. Quel poco che fecero, lo diressero alle formazioni golliste in Francia e a quelle monarchiche e democristiane in Italia, che erano poco numerose e cercavano di evitare gli scontri e di limitarsi ad azioni di sabotaggio e di raccolta di informazioni per gli anglosassoni. Nell’autunno del 1944 il comandante generale delle forze anglo-americane in Italia, il generale Alexander, fece addirittura un proclama disfattista in cui invitava i partigiani, alle prese con le difficoltà della situazione e al freddo dell’inverno che avanzava, a sciogliere le formazioni e ritornare a casa, in attesa della primavera quando le truppe anglo-americane avrebbero ripreso l’avanzata dalla “linea gotica” (tra la Toscana e l’Emilia) dove erano attestate. Volevano insomma evitare che i popoli europei si liberassero da soli dal nazifascismo. Appena arrivati sul posto, gli anglo-americani sia in Francia che in Italia imposero il disarmo dei partigiani e la reintegrazione del grosso del personale del vecchio Stato: fascista in Italia e collaborazionista o petainista in Francia. Il personale politico a cui affidarono il potere, in Italia, in Francia, ma soprattutto in Germania, Belgio e Olanda, fu in gran parte gente che o aveva collaborato con i nazi-fascisti o se ne era stata buona a fare i propri affari (come De Gasperi, Adenauer, ecc.). Ovunque guardavano con sospetto gli antifascisti militanti e spesso li perseguitarono. Il loro vero obiettivo era instaurare il loro dominio nei paesi conquistati creando regimi il più affidabili possibile. Gli antifascisti militanti non lo erano: anche quelli che non avevano combattuto per il socialismo, avevano  combattuto per l’indipendenza e la libertà del loro paese e non sempre erano disposti a rinunciarvi a favore dei gruppi imperialisti USA, sia pure in nome dell’anticomunismo. Passati i primi giorni di entusiasmo popolare per la sconfitta del nazifascismo, i gruppi imperialisti USA, registi della situazione in Europa occidentale, reintegrarono e assoldarono al loro servizio persino i criminali di guerra fascisti e nazisti, i torturatori e gli spioni. Gli industriali e i finanzieri che avevano appoggiato e servito il regime (i Valletta, gli Agnelli, ecc. per quanto riguarda l’Italia) ripresero il loro posto. Anche quella parte del clero (Pio XII in testa) che aveva sostenuto il nazifascismo riprese il suo posto e gli antifascisti vennero guardati con sospetto (vedi ad es. il caso di padre Turoldo a Milano). Per vari anni persino il genocidio perpetrato dai nazisti ai danni degli ebrei (per non parlare di quelli ai danni degli zingari, dei serbi, ecc. e delle persecuzioni subite dai comunisti e dai popoli sovietici) venne messo nel dimenticatoio. Per anni nella scuola e nella cultura delle forze del regime era vietato parlare male del fascismo: dato che non potevano osare parlarne bene, non ne parlavano. Solo dopo la rivolta del luglio ‘60 contro il governo Tambroni (che si reggeva sul voto del MSI) vennero rilanciate su grande scala finalmente anche con l’appoggio dell’amministrazione pubblica le Lezioni sul fascismo. Solo a partire dal 1965 le pubbliche autorità presero a partecipare alle celebrazioni del 25 aprile con l’ANPI. Gaetano Martino, il padre dell’attuale ministro berlusconiano Antonio Martino, che fu ministro degli esteri dei governi DC e fedele esecutore degli ordini USA, negli anni ‘50 impose (lo disse più tardi il ministro Taviani nelle sue Memorie) l’accantonamento dei procedimenti giudiziari a carico degli autori delle stragi naziste in Italia, in nome della collaborazione che i nazisti stavano dando ai gruppi imperialisti USA nella loro lotta contro il comunismo. Solo ora quei procedimenti giudiziari sono stati rispolverati, a quale scopo è facile immaginare.

 

NOTA

1. Vedi Il movimento politico degli anni trenta in Europa, in Rapporti Sociali n.21, pagg. 23 – 31.

 

 

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