La campagna per l’elettrificazione in URSS

Rapporti Sociali 35 - novembre 2004   (versione Open Office / versione MSWord)

 

In tutti i paesi imperialisti compreso il nostro assistiamo a un processo di privatizzazione di tutti i servizi più importanti. In Francia è in atto il processo di privatizzazione dell’EDF, l’ente nazionale che eroga energia elettrica, processo contro cui si stanno mobilitando i lavoratori del settore, come accenniamo nell’articolo che segue. In Italia la prossima Finanziaria prevede come voce più consistente il programma di dismissioni ovvero privatizzazioni di servizi pubblici strategici quali l’Enel, di cui nei prossimi mesi sarà messa in vendita la terza tranche sul mercato riducendo così la quota pubblica dall’attuale 50% a poco più del 30%. Si conclude così quel percorso che nel lontano 1963 aveva portato alla nazionalizzazione dell’industria elettrica.

La borghesia imperialista è molto occupata a diffondere la concezione secondo cui il processo di privatizzazione dei servizi pubblici è inevitabile perché o non funzionano o sono il “prodotto di carrozzoni clientelari”, o perché “le inevitabili e naturali leggi di mercato” impongono la redditività delle imprese e quindi bisogna privatizzare tutti i servizi in quanto anch’essi nella società capitalistica sono merci e sono sottoposte alla legge di valorizzazione del capitale.

Ma i carrozzoni clientelari sono il prodotto della stessa borghesia, cosa particolarmente evidente in Italia dove, appunto, il lavoro in un posto pubblico è stato inteso come modo clientelare di gestione dell’impiego pubblico prima che come servizio alla società.

I paesi socialisti nella loro lunga storia hanno dimostrato la superiorità della gestione pubblica della ricchezza collettiva attraverso la nazionalizzazione dei mezzi di produzione e la pianificazione della vita economica e sociale a fronte della proprietà privata di beni e servizi. La statalizzazione dell’elettricità in URSS è una manifestazione dei grandi risultati che le masse popolari hanno saputo produrre in pochi decenni, colmando un enorme gap di arretratezza che il paese scontava e garantendo un futuro di progresso a generazioni di sovietici.

Il partito comunista bolscevico diretto da Lenin, subito dopo la conquista del potere nel 1917, emanò subito i provvedimenti che espropriarono la classe borghese e i residui feudali del grande latifondo zarista da ogni leva di comando economico-finanziario-politico. Il provvedimento di nazionalizzazione delle banche e la loro fusione nella banca di stato, il decreto sul controllo operaio sulla produzione, oltre a quello sulla terra, furono la base fondamentale del processo di nazionalizzazione generale del 28 giugno del 1918 che con un colpo di penna nazionalizzò praticamente tutte le grandi imprese senza eccezione, escludendo ogni indennizzo ai capitalisti stranieri francesi e inglesi che avevano investito soprattutto nelle ferrovie e nelle miniere.

La nazionalizzazione e l’esproprio si applicavano a tutte le società di capitale con valore superiore a un milione di rubli e operanti nell’industria mineraria, tessile, del cuoio, del cemento, del ferro e dell’elettricità.

La storia dell’elettrificazione in URSS testimonia il ruolo strategico che questo settore ha avuto nella trasformazione dei rapporti sociali in senso socialista. I bolscevichi diedero estrema attenzione al piano di sviluppo dell’elettrificazione con l’obiettivo di migliorare radicalmente le condizioni di vita di centinaia di milioni di operai e di contadini dall’est all’ovest e da nord a sud in un paese continente come l’URSS di 22 milioni di kmq.

Lo sviluppo dell’elettrificazione fu fondamentale nell’economia di piano, aspetto centrale della storia dei paesi socialisti. Il modello economico socialista della pianificazione e il metodo della previsione e del bilancio furono strumento stabile e specializzato di ogni sistema socialista. Furono leva per la trasformazione dei rapporti sociali di produzione, guida per la realizzazione dei bisogni della collettività e strumento della battaglia ideologica contro il mondo capitalista, per la valorizzazione massima del lavoro e dell’interesse collettivo sul primato dell’individuo, della  lotta per emanciparsi dalla società capitalistica degli sprechi, del lusso sfrenato per pochi e della miseria nera per le moltitudini.

La campagna per l’elettrificazione nacque grazie anche all’iniziativa di Lenin prima ancora della fine della guerra civile nel marzo 1920 con la fondazione del GOERLO ossia della Commissione statale per l’elettrificazione, embrione del GOSPLAN (Commissione statale per la pianificazione) che sarebbe stato l’organismo dirigente dei piani quinquennali dalla fine degli anni ‘20 in poi. Il GOERLO utilizzando il modello economico del piano si dotò di un progetto pluriennale e su scala nazionale di sviluppo della rete elettrica. La Progettazione dello scheletro organizzativo della rete era stata elaborata in base alle necessità demografiche, alla previsione delle zone in via di sviluppo, per ridurre le disuguaglianze economiche, sfruttando al massimo le immense risorse idriche, in modo da favorire il pieno sviluppo dell’industria pesante e delle industrie di trasformazione particolarmente dipendenti dall’utilizzo di centrali elettriche quali le industrie della gomma sintetica, di cui l’Urss divenne negli anni ‘30 la prima produttrice al mondo. Il GOERLO lavorò anche alla stesura del piano elettrico e industriale oltre i confini della Russia europea, preparando le basi per quello sviluppo equilibrato delle regioni asiatiche dell’URSS, che durante lo zarismo erano state sfruttate come terre di colonizzazione e le cui popolazioni erano state lasciate nel completo asservimento.

Il suo primo compito fu quello di preparare un piano per l’elettrificazione della RFSRS (nel 1922 URSS) da presentare all’approvazione dell’imminente VIII congresso dei Soviet nel dicembre 1920. La precedenza data all’elettrificazione si informava al principio di Lenin secondo cui, in un paese arretrato quale era la Russia dopo la rivoluzione, era fondamentale la costituzione di una base energetica solida, condizione prima per lo sviluppo socialista nelle campagne, per promuovere la cooperazione agricola e nelle città attraverso la modernizzazione introdotta dalla tecnica e dall’industria. Il principio era riassunto nel noto aforisma di Lenin “il comunismo è uguale ai Soviet più l’elettrificazione”.

La nazionalizzazione e la pianificazione della rete elettrica fu un impresa gigantesca, che rappresentò anche per le economie capitaliste più avanzate un modello a cui richiamarsi (basti pensare allo sviluppo delle grandi opere durante il New Deal americano per uscire dalla crisi del ‘29 o nel periodo della ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale in Italia la nazionalizzazione dell’industria elettrica e la nascita dell’ENEL).

Per quanto riguarda le basi economiche l’elettrificazione fu la leva principale della trasformazione socialista, accelerò la battaglia per la trasformazione dei rapporti sociali e la lotta di classe nelle campagne, creando le condizioni per la nascita dei colcos e dei sovcos, la meccanizzazione e collettivizzazione dell’agricoltura e combattendo quelle componenti ricche della classe contadina che si erano avvantaggiate della politica della NEP. Una grande conquista della tecnica umana era al servizio della classe operaia e delle masse popolari e ciò era potuto avvenire perché nell’unico stato socialista di allora il proletariato dirigeva attraverso il suo partito comunista e i suoi organi della democrazia proletaria (i Soviet), la costruzione della società socialista. L’economia di piano instaurata alla fine del periodo di ricostruzione significò l’esaurimento della NEP, di quel “sistema transitorio misto” (così definito da Lenin) al quale nel suo insieme egli dette il nome di “capitalismo di Stato” inteso come sistema di controllo dello Stato sulla piccola produzione mercantile. Nessuna industrializzazione era possibile senza un adeguato piano di elettrificazione e la pianificazione era la condizione necessaria dello sviluppo socialista, base dell’alleanza (smytcha) tra la classe operaia e il proletariato contadino.

Le difficoltà incontrate furono enormi, dall’accerchiamento controrivoluzionario bianco del 1918-1921, all’isolamento economico imposto dalle potenze capitaliste, all’apparato economico quasi completamente al collasso e al livello di alfabetizzazione soprattutto nelle campagne estremamente basso. Nelle industrie scarseggiavano ingegneri, operai qualificati, tecnici di vario profilo e il sistema dei trasporti, in particolare la ferrovia, in larga parte non era elettrificato.

Una delle prime decisioni economiche fu la nazionalizzazione dei grandi impianti elettrici in vista “della loro  importanza per l’organizzazione dello Stato”.(1) Il piano GOERLO prevedeva di costruire trenta grandi centrali elettriche sfruttando anche l’utilizzo delle grandi risorse idriche del territorio con la costruzione di centrali idroelettriche e termoelettriche della potenza complessiva di 1.300.000 KW e la produzione doveva aumentare di quasi dieci volte rispetto al 1913. Verso l’inizio del 1926 il processo di ricostruzione in URSS era ultimato ed erano stati riavviati e messi in produzione gran parte degli impianti industriali ereditati dal sistema precedente. In quell’anno la produzione industriale aveva raggiunto il livello prebellico, mentre sia la superficie coltivata che il totale della produzione agricola avevano superato i 9/10 del 1913 (anno di riferimento per le stime economiche). Questi risultati permettevano allo Stato operaio socialista di uscire dall’emergenza e creare le condizioni per lo slancio verso l’economia di piano degli anni ‘30. Questo primo importante traguardo era il prodotto della direzione del partito comunista e della sua linea di massa in grado di raccogliere le indicazioni provenienti dai Soviet cittadini e rurali e convogliare la mobilitazione delle masse popolari nei programmi dell’edificazione socialista, non senza contraddizioni e una lotta di classe interna al partito e nella società che si accentuò nel corso degli anni. Esiste una letteratura sterminata (anche se censurata da molti anni in primis dai revisionisti moderni) da quella scientifica, alla memorialistica alla narrativa dell’epoca, che documenta i grandi sacrifici, i traguardi che le collettività operaie di città popolose e di villaggi sperduti raggiunsero nei vari movimenti di mobilitazione per l’avanzamento della società sovietica. L’obiettivo era affermare l’uomo nuovo e fare dell’Urss il solido faro del socialismo per la classe operaia dei paesi capitalisti e per i popoli sottomessi delle colonie e lo strumento per la loro emancipazione dall’imperialismo.

 

1. Decreto del 17 febbraio 1918 citato in M. Dobb, Storia dell’economia sovietica.

 

Nel 1925 la produzione e distribuzione di energia elettrica aveva compiuto un notevole passo avanti: entrarono in attività le centrali elettriche previste per quel periodo dal piano GOERLO, le centrali elettriche di Kashira e di Leningrado nel 1922, quelle di Kiselovsk, di Nizni-Novgorod e di Sciagura nel 1924-1925. Nel 1926 fu portata a termine la costruzione della prima grande centrale idroelettrica, quella di Volkhov.

In base al piano GOERLO molte vecchie aziende furono ricostruite, riorganizzate, dotate di nuovi impianti. Furono prodotte le prime locomotive elettriche, le prime linee per automezzi e i primi trattori per favorire lo sviluppo della cooperazione agricola.

L’uscita dall’emergenza economica e la necessità dello slancio verso l’industrializzazione emergono nel dicembre 1925 nel XIV congresso del Partito in cui Stalin presenta il rapporto generale sulla politica economica e delinea un programma per l’industrializzazione che pone particolare attenzione allo sviluppo dell’industria pesante.

Nella risoluzione approvata con largo consenso al Congresso si enuncia un principio fondamentale: “la necessità di trasformare l’Unione Sovietica da paese importatore di macchinari in paese produttore di macchine, in modo che l’Unione Sovietica, nel mezzo dell’accerchiamento capitalistico, non debba diventare un’appendice economica dell’economia mondiale capitalista, ma un’unità economica indipendente che costruisce il socialismo.”

La svolta effettiva ci fu comunque nel 1928-1929, quando il lavoro svolto dal GOSPLAN venne messo in esecuzione e il primo piano quinquennale (1929-1933) organizzò l’attività in tutti i settori economici. Nel piano venne data particolare attenzione al consolidamento della produzione e distribuzione della rete elettrica su tre obiettivi: sviluppo dell’industria pesante (siderurgica-metallurgica-chimica) e della rete dei trasporti, meccanizzazione dell’agricoltura, rafforzamento della rete elettrica urbana. Era indubbio che lo slancio nell’elettrificazione era la condizione per lo sviluppo delle industrie dell’alluminio, magnesio, nichel, bauxite e per la produzione della chimica sintetica e della gomma sintetica, materie prime fondamentali per uno sviluppo industriale, che pochi anni dopo raggiungerà un livello tale da poter fronteggiare l’invasione nazifascista fino alla vittoria.

Alla fine del primo piano quinquennale la capacità complessiva delle centrali elettriche era più che raddoppiata e gli  obiettivi di piano in questo campo erano particolarmente positivi. L’elettrificazione nel paese era una parola d’ordine molto popolare. Su questo versante lo Stato socialista giocava gran parte della partita per il superamento dell’arretratezza e di questo le masse popolari erano coscienti. Tutto quanto vi era di più avanzato veniva utilizzato nella battaglia economica: fondi economici, specialisti, macchine ultramoderne.

“…La centrale del Dnepr fu un esempio di mobilitazione eccezionale possibile solo grazie al grande apporto di fatica ed entusiasmo profuso da migliaia di lavoratori. Da tutte le regioni affluivano ininterrottamente operai, attrezzature, materiali. La direzione dei lavori fu affidata ad A. Vinter, grande specialista dell’energetica. Nel 1932 erano occupati nel cantiere più di 5.200 comunisti e 7.500 membri del Komsomol (Gioventù comunista sovietica). Erano i reparti di assalto del lavoro (udarniki). Un lavoro in cui ingegneri e operai avanzavano continue proposte e rimedi volti ad accelerare i lavori. La prima turbina fu montata in 34 giorni. Gli specialisti americani che partecipavano alla costruzione della centrale come consulenti tecnici si rifiutavano di credere a ciò; nel loro paese il montaggio di una turbina del genere richiedeva in media 45 giorni. Quale fu dunque la sorpresa quando sotto i loro occhi la quinta turbina fu montata in 24 giorni. Per costruire la diga prima del termine stabilito, ogni giorno tutti i comunisti e i membri del Komsomol lavoravano di propria volontà ancora per un’ora, detta “ora socialista”. La loro iniziativa fu appoggiata da migliaia di lavoratori senza partito. Nel corso dell’emulazione i lavoratori di avanguardia superavano di due volte le medie di produzione.

La diga, della lunghezza di 760 metri, era alta 64 metri, ossia più di una casa di 20 piani. Il 1° maggio 1932 la centrale idroelettrica del Dnepr cominciò a produrre corrente industriale…”(2)

 

2. AA.VV., Storia della società sovietica, Edizioni Progress.

 

Abbiamo riportato questo passo per indicare l’importanza svolta nella storia dell’elettrificazione dell’Urss dalla costruzione di questa centrale e per il grande lavoro collettivo svolto dalle energie migliori della classe operaia nel raggiungere questa impresa. Si lavorava duramente non per arricchire il capitalista di turno ma per dare un contributo alla collettività e ogni cosa edificata era un mattone per migliorare la società socialista e per guardare con fiducia all’avvenire.

La storia dell’elettrificazione e della pianificazione nell’Urss non è esente dalle sconfitte, dai contrasti interni al Partito, ed è oggi difficilmente immaginabile la vastità dei problemi che i dirigenti comunisti, i militanti, i lavoratori incontrarono nel raggiungere gli obiettivi prefissati. Siamo negli anni delle grandi trasformazioni in cui un paese agricolo profondamente arretrato nel giro di vent’anni diventa la seconda potenza industriale del mondo, costruisce nelle condizioni storiche date una società socialista dove la lotta di classe tra sinistra e destra all’interno del partito e spinte alla restaurazione borghese e tendenze al rafforzamento socialista non sono estinte.

Negli anni ‘30, mentre i paesi imperialisti sono devastati dagli effetti della crisi del ‘29, in Urss la disoccupazione viene battuta e la popolazione beneficia delle migliori condizioni di vita rese possibili dall’industrializzazione, dalla cooperazione e dalla meccanizzazione in agricoltura e dall’equilibrata produzione e distribuzione di energia elettrica in larghe zone del paese.

Con il secondo piano quinquennale avanza il processo di consolidamento delle basi materiali del socialismo grazie alla grande mobilitazione e all’entusiasmo della classe operaia e delle masse popolari per raggiungere gli obiettivi posti nei piani di sviluppo e alla capacità di direzione del Partito comunista dell’URSS.

In tale contesto la statalizzazione dell’elettricità nell’URSS dimostra: 1. la centralità e la superiorità di un sistema in cui i beni sono al servizio delle masse popolari e non sono merce e strumento di disuguaglianze economiche e di speculazione, un sistema in cui le strutture e i servizi sono gestiti dalla classe operaia sulla base della proprietà collettiva dei mezzi di produzione in modo organico e finalizzato a soddisfare i bisogni della collettività, 2. nella società socialista  la produzione di elettricità, anche in condizioni di arretratezza profonde come in Russia negli anni ‘20, si può sviluppare in modo prorompente, perché i lavoratori sanno di lavorare non per arricchire la borghesia imperialista ma per se stessi.

 

Testi di riferimento:

Dobb, Storia dell’economia sovietica, Editori Riuniti, 1957.

Byakov, Storia dello sviluppo economico sovietico, Einaudi.

Marco Martinengo, I primi Paesi socialisti, Edizioni Rapporti Sociali.

 

 

 

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