I Comitati Antifascisti e Antimperialisti Toscani

Rapporti Sociali 31-32 - dicembre 2002  (versione Open Office / versione MSWord)

 

I Comitati Antifascisti e Antimperialisti Toscani (CAAT) hanno posto le basi per il loro sviluppo in un convegno tenuto a Pietrasanta (LU) il 28 settembre 2002. Abbiamo dato informazioni ed esposto le nostre valutazioni su questa aggregazione nel numero scorso di Rapporti Sociali.(1) Le nostre valutazioni si sintetizzano nell’individuare come limite principale dell’aggregazione l’evitare ogni riferimento al comunismo e alla ricostruzione del partito. Oltre al contributo critico che abbiamo esposto su queste pagine, abbiamo contribuito manifestando la nostra disponibilità ad aderire al progetto di lavoro dei CAAT. Questa disponibilità ha avuto riscontro nell’effettiva adesione di compagni e compagne che appartengono ai CARC o alle strutture del Fronte Popolare in Toscana.

 

1. Comunisti che non parlano di comunismo, in Rapporti Sociali n. 30, pag. 29.

 

Abbiamo già indicato cosa ha di negativo l’aggregazione di cui stiamo parlando. Ogni riferimento al comunismo e alla ricostruzione del partito è consapevolmente evitato: si ritiene che riferimenti del genere dividano anziché unire e in particolare non consentano di raccogliere le adesioni nella lotta contro l’imperialismo e contro il fascismo da parte di alcuni settori delle masse popolari o indifferenti o ostili al comunismo e al partito. A questo giudizio, che riguarda il campo esterno, possiamo aggiungere il giudizio che riguarda il campo interno dell’aggregazione. Ogni riferimento al comunismo e al partito darebbe immediatamente avvio a un dibattito in cui verrebbe alla luce, tra le altre, una contraddizione irrisolta e bloccata. I poli della contraddizione, come avviene in molti casi, sono la teoria e la pratica. Da un lato abbiamo affermazioni teoriche che si affermano come scientifiche (cioè come vere) in campo economico e politico, ma ad esse non risponde una pratica, cioè un lavoro organizzativo. Facciamo un paio di esempi: si dice il partito deve essere così e così, però non lo si ricostruisce secondo le regole che abbiamo appena esposto, oppure si dice che la crisi economica è così e così, però non si spiega in che modo si possa reagire. Dall’altro lato abbiamo una pratica come quella del Partito della Rifondazione Comunista (PRC), le cui posizioni teoriche sono nel migliore dei casi una sarabanda di opinioni che raramente hanno fondamento scientifico, nel peggiore sono anticomuniste (tali sono quelle che hanno avuto la maggioranza nell’ultimo congresso).(2)

 

2. Vedi PRC: rifondazione del neorevisionismo, in Rapporti Sociali n. 30, pagg. 10-14.

 

L’aspetto positivo dei CAAT è la proposta di condurre un’azione comune contro il fascismo e l’imperialismo. Tutte le forze che nella regione dichiarano il proprio carattere antifascista e antimperialista possono unirsi, al di là delle differenze che le separano o che le oppongono. L’impedimento a unirsi è il settarismo, che può trovarsi benissimo sia fuori che dentro i CAAT. Ha che fare con il settarismo, ad esempio, pensare che il lavoro dei CAAT non ci interessa per ciò che di negativo abbiamo individuato e dichiarato a loro riguardo. Il lavoro politico non si riduce alle analisi e alle dichiarazioni. Se si riduce a questo è di nuovo teoria senza pratica. Noi possiamo evitare di ricadere in questo errore, utilizzando e affinando nell’uso lo strumento che abbiamo oggi a disposizione, la politica da Fronte.

L’azione proposta dai CAAT si concretizza nella formazione effettiva dei Comitati, in un’area che si estende da un capo all’altro della regione. Nell’analisi dell’imperialismo esposta in alcuni loro documenti emergono elementi di valore scientifico. Esaminiamo rapidamente la Relazione introduttiva al convegno di Pietrasanta. Si comprende che il fascismo, inteso come “estrema e organica espressione” dell’imperialismo, si può riproporre “in forme diverse dal fascismo storico”. Si riconoscono le contraddizioni interimperialistiche e si uniscono in “quella parte della società che è sfruttata dall’imperialismo (…) le classi lavoratrici nel loro insieme e i popoli oppressi dei paesi dipendenti”.(3) Si  registra nell’arco dell’ultimo ventennio il “pesante arretramento delle condizioni materiali delle classi lavoratrici, di perdita progressiva di quelle conquiste eredità della Resistenza e dei cicli di lotta successivi alla II Guerra mondiale” affiancando a questo “l’arretramento delle coscienze”. Si espongono, cioè, gli aspetti oggettivi dell’attacco che la borghesia ha sferrato contro le masse popolari e contro il movimento comunista in concomitanza con lo sviluppo della crisi di sovrapproduzione di capitale. All’attacco della borghesia si è opposta sempre da parte delle masse popolari una resistenza che negli ultimi anni è diventata visibile a tutti, come ci dice l’autore della Relazione introduttiva, il quale riconosce il “carattere difensivo” che accomuna i vari modi in cui tale resistenza si esprime nel mondo. Possiamo quindi già riconoscere nella Relazione tutta una serie di elementi che ci sono familiari, che sono stati sviluppati in modo organico nella nostra rivista da quando è nata.

 

3. L’importanza di questo riconoscimento vale contro tutte quelle FSRS che isolano la lotta dei popoli oppressi opponendola a quella delle classi lavoratrici nei paesi imperialisti, quelle, per intenderci, che ritengono la classe operaia dei nostri paesi arretrata, asservita ideologicamente alla borghesia, incapace di guardare oltre il proprio interesse immediato e che all’opposto considerano rivoluzionari solo i movimenti di lotta nei paesi dove l’oppressione imperialista è più brutale (Palestina, Colombia, ecc.)

 

Anche nell’analisi della situazione internazionale e della situazione nazionale molti elementi della Relazione rimandano a quanto andiamo dicendo da diversi anni. Si intravede pure che “la guerra (…) è in primo luogo una necessità per il sistema imperialistico”. D’altro lato si afferma che la guerra “non può essere risolutiva, ma (…) consente soprattutto se infinita e duratura di finanziare l’unico settore che può consentire di tirarsi fuori dalla recessione, il tecnologico militare, che è tra l’altro il settore dove il decadente imperialismo americano conserva una netta superiorità”. Nel documento ci sono imprecisioni e contraddizioni, e non ne possono mancare in un organismo dove manca un punto di riferimento unitario, dove molte anime si riuniscono per fare qualcosa contro qualcuno, dove cioè ci si unisce non per il comunismo, ma contro l’imperialismo. In questo passaggio la contraddizione sta nel dichiarare da un lato la necessità della guerra e dall’altro dichiarare che la guerra non è risolutiva, il che porta il lettore a chiedersi per cosa è necessaria la guerra. Di seguito si parla di guerra “infinita e duratura”, riprendendo i termini usati dalla propaganda di Bush. I due termini, naturalmente, si contraddicono. Se la guerra è necessaria, serve a qualcosa, dura finché non ha risolto qualcosa, e quindi non è infinita. Tutto il problema si semplifica e si scioglie quando si comprende la funzione della guerra, necessaria al sistema imperialista perché distrugge il capitale in eccesso, la causa della crisi economica.

Non è questo il luogo per un’analisi dettagliata del documento in questione, comunque. Nemmeno basta l’esame del documento a comprendere il processo di formazione dei CAAT e il loro sviluppo attuale. Tutto questo potremo comprenderlo tanto meglio quanto più riusciremo a contribuire a tale sviluppo. Si tratta comunque di un documento da considerare con attenzione, perché è quello posto come introduzione al convegno di formazione dei CAAT ed è quello che è stato consegnato agli intervenuti. Ci torniamo sopra per quanto si dice della repressione. Il regime di controrivoluzione preventiva cala la maschera e tra le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista lo stato di indifferenza reciproca si incrina. Durante il convegno di Pietrasanta si è ribadita le necessità del sostegno reciproco di fronte alla repressione. Un’impostazione del genere è preziosa e la Relazione introduttiva ne porta qualche traccia. Questa impostazione poi si esprime chiaramente nella Relazione quando si tratta della repressione contro Batasuna, indicando il caso come un esempio della deriva verso uno “stato di polizia”. Come è indicato nell’inserto che occupa la parte centrale di questa rivista, la questione di Batasuna è di importanza cruciale per il movimento comunista, in particolare per quello europeo. Anche se non si concordasse con questo giudizio, comunque non si può negare che la questione di Batasuna è di importanza cruciale per ognuno che pratichi la resistenza antifascista. Per questo motivo i CAAT fanno bene a indicare la questione e ancora meglio faranno se riescono a trattarla, promuovendo la solidarietà concreta verso questa organizzazione, che fin da quando si è costituita ha rappresentato a livelli elevati la resistenza  delle masse popolari basche contro il fascismo della borghesia imperialista spagnola.

La conclusione della Relazione avverte che “i Comitati (…) non hanno come scopo la costruzione o ricostruzione di un partito politico”. Vi si milita non come appartenenti a un organismo, ma a livello individuale. Ognuno “ha piena libertà di sostenervi le idee della propria organizzazione ma non in modo strumentale e nel rispetto della natura e della piena autonomia dei Comitati”. Questa conclusione è rivolta anche agli appartenenti ai CARC e al Fronte, dato che sia i CARC che il Fronte hanno la ricostruzione del partito come obiettivo principale, dato che abbiamo indicato come debole ogni tentativo di aggregazione che non abbia la ricostruzione del partito come riferimento principale. È positivo che si affermi piena libertà di espressione per ognuno. Questo significa che un membro del CARC o degli organismi aderenti al Fronte che partecipa a un CAAT ha piena libertà di sostenere le idee della propria organizzazione, e in particolare l’idea di fondo, secondo la quale la ricostruzione del partito comunista è il compito principale nella lotta che ci oppone alla borghesia imperialista. Questo non significa che la nostra funzione è andare entro un CAAT per limitarci a fare una dichiarazione del genere. La ricostruzione del partito non si riduce alle dichiarazioni. La nostra partecipazione ai CAAT è la manifestazione concreta della capacità di superare gli steccati tra le FSRS, di superare la frantumazione da molti indicata come uno degli elementi che si oppongono alla ricostruzione del partito comunista. Così come non basta dichiarare che bisogna ricostruire il partito, nemmeno basta dichiarare che bisogna superare la frantumazione. Viene il momento in cui non si tratta più di dover fare qualcosa, ma di farlo. Con la nostra adesione ai CAAT noi continuiamo nel nostro percorso ormai decennale, dove molti salti di qualità hanno significato passare dalle parole ai fatti. La politica da Fronte è un salto di qualità. La nostra adesione ai CAAT è politica da Fronte ed è utile alla ricostruzione del partito già da sé, perché è atto pratico con cui si supera lo stato di frantumazione in cui le FSRS sono ridotte dopo cinquant’anni di dominio del neorevisionismo.

 

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