A proposito della “minoranza” scissionista dei CARC e di una caricatura del marxismo

Rapporti Sociali 23/24 - gennaio 2000 (versione Open Office / versione MSWord )

 

Quando diventano guida dell’attività delle masse, le idee diventano una forza materiale che trasforma il mondo

 

Tra le FSRS l’opposizione al lavoro sul Progetto di Manifesto Programma del nuovo partito comunista italiano è alimentata principalmente da due correnti.

Una composta da quelli che si oppongono alla ricostruzione del partito comunista. Il partito è una struttura dannosa o per lo meno inutile; nel migliore dei casi è un male necessario da tenere più alla larga possibile perché non soffochi la spontaneità delle masse;(1) il partito può formarsi solo come coronamento di un diffuso movimento rivendicativo di massa: queste sono alcune delle tesi che sintetizzano le posizioni di questi oppositori al lavoro sul Progetto.

 

1. È la tesi sostenuta da R. Luxemburg contro i bolscevichi nel 1904, nell’articolo Problemi di organizzazione della socialdemocrazia russa, pubblicato sulla rivista della socialdemocrazia tedesca Die Zeit e sulla “nuova” Iskra, menscevica.

 

La seconda è composta da quelli che sottovalutano l’importanza della teoria ai fini della crescita e della vittoria della lotta della classe operaia per il comunismo, concepiscono il partito come una semplice organizzazione di lotta (come una specie di riedizione di Lotta Continua o dell’Autonomia, come una specie di nuova Organizzazione Comunista Combattente), contrappongono la pratica alla teoria.

È a quest’ultima corrente che appartengono gli ultimi scissionisti dei CARC. Certamente davanti a questa critica essi alzeranno rumorose proteste d’indignazione e grideranno alla calunnia. Il fatto che essi non si riconoscano in questa critica, non cambia la realtà. Le persone non vanno valutate da quello che esse pensano di se stesse, ma dal ruolo che svolgono nella vita sociale. “Il tempo è onesto”: chi non capisce ora questa caratteristica degli scissionisti, che aspetti un po’ e la vedrà dispiegarsi più chiaramente man mano che “cammineranno sulle loro gambe”. A chi invece aspira a non aspettare, a capire oggi e da subito le ragioni di una scissione (cosa essenziale per chi vuole lavorare alla ricostruzione del partito), consigliamo di considerare con attenzione quanto poco gli scissionisti si impegnano a esporre le loro posizioni politiche e ideologiche rispetto ai temi trattati nel Progetto, quanto poco si curano degli orientamenti e delle parole d’ordine sbagliate che hanno corso nelle manifestazioni, nelle assemblee, nei volantini e nei manifesti (per non parlare degli opuscoli) del “movimento”, con quanta indifferenza (se non favore) ascoltano affermazioni del tipo “le parole hanno lasciato il tempo che trovano, bisogna passare ai fatti” che “fioriscono” dalla bocca di persone che hanno distribuito e distribuiscono a destra e a sinistra “parole sbagliate” (che ovviamente non “hanno lasciato il tempo che trovano”, ma addirittura hanno aumentato la confusione e indebolito l’attività pratica).

L’ultima ondata di scissionisti dei CARC rappresentano una tendenza diffusa, una malattia storica del movimento comunista italiano: la tendenza a sottovalutare il ruolo della teoria rivoluzionaria, a trascurarla e a trattare con sufficienza e con insofferenza le persone e le iniziative che sviluppano e propagandano la teoria rivoluzionaria. Una tendenza che è il riflesso speculare della tendenza costituita dagli intellettuali accademici “di sinistra”, quelli che non fanno parte di organizzazioni rivoluzionarie, che si occupano di problemi che non c’entrano con i problemi del movimento pratico e che non si preoccupano di verificare nel movimento pratico le loro teorie.(2)

 

2. Il tema è ampiamente illustrato nell’articolo Perché abbiamo bisogno del programma del partito, nel n. 2 de La Voce, organo della Commissione Preparatoria del congresso di fondazione del (nuovo)Partito comunista italiano.

 

 Le concezioni dei nostri ultimi scissionisti e dei loro simili sono una caricatura del materialismo storico. In sostanza essi non capiscono l’importanza delle idee ai fini del successo del movimento comunista. Essendo idealisti, si sono innamorati dell’idea che le idee non hanno importanza. Come quegli intellettuali che sostengono che l’istruzione pubblica e le scuole in generale non servono a nulla o addirittura sono dannose. O come quei ricchi dalla pancia piena che parlano con disgusto del cibo e predicano l’austerità e il digiuno.

Abbracciati a questa idea, adagiati su questa caricatura del materialismo storico, essi in realtà “collaborano” con l’ing. Taylor che diceva, proclamava e imponeva all’operaio: “Tu non devi pensare. Tu sei pagato per lavorare. Altri sono pagati per pensare”. Loro dicono al movimento: “Tu devi lottare. L’unica alternativa al presente è la lotta. Cosa avverrà dopo, l’obiettivo per cui lotti, il fine, tutto ciò è secondario, non devi preoccupartene”.

L’idea che le idee non hanno importanza, che occuparsi di idee (di teoria) è staccarsi dalla pratica, diventare “intellettuali”, astratti, ecc. è una caricatura del materialismo storico.

Il materialismo storico esso stesso è una concezione del mondo (quindi un’idea, un prodotto del pensiero) e più precisamente addirittura un pensiero sui pensieri. È una concezione che spiega l’origine dei pensieri, da dove vengono le idee. Il materialismo storico sostiene che le idee vengono dalla pratica, Sono il risultato dell’elaborazione che l’uomo fa col suo cervello delle percezioni e delle sensazioni che colpiscono i suoi, sensi nel corso della sua attività pratica. È la negazione delle concezioni che fanno discendere le idee e in generale l’attività di pensiero degli uomini da altre idee e, all’origine, dall’anima, da dio o da qualche altra fonte misteriosa. Prima delle idee umane, esiste l’uomo che agisce, esiste l’uomo che opera per conservare se stesso, la sua vita, le sue relazioni. Prima è venuta la vita e poi il pensiero. Invece i teorici dell’idealismo, gli idealisti dichiarati, consapevoli, che non si vergognavano di esserlo, quelli delle classi dominanti dicevano: “In principio c’era l’idea (il verbo) e l’idea si fatta carne”.

Quindi il materialismo storico è una concezione che combatte le credenze e le superstizioni relative a dio, all’anima e in generale a un mondo sovrannaturale, misterioso, metafisico: un mondo che esisterebbe prima, indipendentemente dal mondo in cui noi viviamo, che noi sperimentiamo e conosciamo nel corso della nostra esperienza, che trasformiamo con la nostra attività, un mondo che sarebbe all’origine del mondo in cui noi viviamo; un mondo che spiegherebbe i lati “oscuri” e “complessi”, cioè ancora ignoti, del mondo in cui viviamo.

Il materialismo storico è stato concepito ed enunciato da K. Marx e da F. Engels nel secolo scorso. L’esposizione più sistematica e articolata fu fatta in L’ideologia tedesca (scritta nel 1845-1846 ma pubblicata integralmente solo nel 1932 in URSS). Esposizioni meno sistematiche e articolate le diedero Marx nella Prefazione del 1859 a Per la critica dell’economia politica ed Engels nel 1888 in Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca. Questa concezione è stata formulata per rompere con le concezioni del socialismo utopista che faceva derivare “i mali della società borghese” dalle cattive idee (della classe dominante) e proponeva una riforma delle idee (della classe dominante) per riformare la società. Col materialismo storico Marx ed Engels hanno spiegato che le idee della classe dominante non erano frutto di ignoranza da illuminare o di imbroglio da smascherare, ma corrispondevano al suo ruolo nella società e derivavano da esso e che la trasformazione della società borghese poteva essere opera solo della classe operaia che a questo fine aveva bisogno di elaborare le concezioni appropriate. Ed essi per tutta la loro vita si impegnarono in questo lavoro, da cui i proletari e le masse popolari di tutto il mondo hanno già tratto enormi benefici.

 

 

 

 

 *****Manchette

Una pubblicazione chiarificatrice

In ottobre è uscito Rivoluzione, numero speciale del gruppo che si è scisso dai CARC in maggio quando la SN ha approvato la Dichiarazione di appoggio alla Commissione Preparatoria del congresso di fondazione del (nuovo)Partito Comunista Italiano, pubblicata sul n. 22 di Rapporti Sociali.

Chi ha un po’ di esperienza nel lavoro per la ricostruzione del partito comunista, leggendo il foglio capirà chiaramente a quale tendenza i suoi autori appartengono.

“È sempre più all’ordine del giorno la questione della ricostruzione del partito”: bene, quindi cosa fare? La risposta dei nostri è che “la via ... della ricostruzione verrà trovata applicando, verificando e mettendo in pratica le proprie concezioni...Rivoluzione vuole essere uno strumento di propaganda in questa direzione” (cioè nella direzione di non “costruire sette” ma “mettere in pratica le proprie concezioni”). Bene, e quali sono le concezioni dei nostri per la ricostruzione del partito? Per loro “la lotta per la ricostruzione del pc in un paese imperialista ... è direttamente lotta contro il proprio imperialismo e contro il revisionismo” (il corsivo è nostro). Cioè negano che esista un settore di lavoro specifico per la creazione delle condizioni della ricostruzione e per la costruzione del partito: il partito si costruisce direttamente lottando contro l’imperialismo e il revisionismo. cioè lottate contro l’imperialismo e il revisionismo e il partito nascerà. Così i movimentisti intendono “costruire il partito nel fuoco della lotta”. Noi sosteniamo che per ricostruire il partito occorre creare le quattro condizioni e, in particolare ora, occorre definire il suo programma. Solo col partito la lotta contro l’imperialismo e il revisionismo uscirà dallo stato pietoso in cui attualmente è condotta e diventerà una lotta in cui la classe operaia tramite il suo partito raccoglierà, formerà e accumulerà forze rivoluzionarie fino a rovesciare l’attuale rapporto di forza. Se insistiamo a “lottare contro l’imperialismo e il revisionismo” senza partito sperando che prima o poi da queste lotte sorga il partito, senza definire e fare un lavoro specificamente diretto a crearlo, non usciremo dal pantano attuale. Il lavoro per la ricostruzione del partito è un lavoro particolare, specifico. Chi non lo affronta in questi termini, resta nel campo del movimentismo e dello spontaneismo. Attualmente le lotte contro l’imperialismo e il revisionismo servono principalmente a creare le condizioni per la ricostruzione del partito. Chiedere altro alle lotte condotte senza partito vuol dire seminare illusioni e confusione. Il legame tra lotta contro l’imperialismo e il revisionismo e lotta per la ricostruzione del partito finché non abbiamo fondato il partito consiste esattamente nel fatto che la prima deve servire alla seconda.

Se le parole di Rivoluzione vanno prese sul serio e valutate per quello che dicono, l’editoriale è il programma del movimentismo e dell’abbandono della ricostruzione del partito comunista, abbandono nascosto dalla tesi che la ricostruzione del partito sarà un effetto diretto e spontaneo della lotta contro l’imperialismo e il revisionismo.

Questa è la divergenza politica principale tra noi e i movimentisti: essi hanno rotto con i CARC, violando statuti e principi organizzativi, proprio perché noi perseguiamo obiettivi precisi e specifici nella ricostruzione del partito.

 

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Le idee vengono dalla pratica, più precisamente sono un prodotto dell’elaborazione dell’esperienza pratica e hanno un fine pratico. Da ciò i nostri scissionisti derivano che “quindi” le idee non hanno alcuna importanza, che “quindi” possiamo fare a meno delle idee, che “quindi” possiamo trascurare le idee e abbreviare la strada pratica - teoria - pratica nella strada pratica - pratica. Siccome la realtà è sorda alle trovate degli idealisti (categoria alla quale appartengono i nostri scissionisti), i proletari continuano ad avere bisogno di rappresentare a se stessi la lotta che stanno combattendo, quindi ad avere bisogno della teoria. Cosa succede allora dove prevalgono concezioni idealiste simili a quelle dei nostri scissionisti? Che la teoria ai proletari continua a darla la classe dominante, si perpetua la subordinazione dei proletari alla classe dominante in campo teorico (la teoria dominante anche nel campo rivoluzionario continua a essere quella della classe dominante). Questa subordinazione rende impossibile la vittoria dei proletari, per grandi che siano i loro sforzi e per audaci che siano le “azioni militanti” degli spontaneisti. Non a caso Lenin e con lui tutti gli altri veri esperti di rivoluzione proletaria, hanno insegnato che senza teoria rivoluzionaria il movimento rivoluzionario del proletariato non può svilupparsi oltre un livello elementare, non può arrivare a conquistare la vittoria. E la pratica dei 150 anni del movimento comunista lo ha confermato. Senza teoria rivoluzionaria niente vittoria della rivoluzione proletaria: né nella rivoluzione socialista né nella rivoluzione di nuova democrazia.

Nel passato abbiamo ironizzato su quelli che pretendevano e pretendono cambiare le idee delle masse proletarie senza cambiare la loro condizione pratica, pur conoscendo e riconoscendo il ruolo nefasto che l’ignoranza, l’oscurantismo  clericale, le superstizioni, i pregiudizi hanno nella vita delle masse. Abbiamo ironizzato su quelli che pretendono che le masse nelle condizioni della società borghese elaborino idee rivoluzionarie in altro modo che attraverso quell’intellettuale collettivo che è il partito comunista della classe operaia. Abbiamo ironizzato su quelli che sperano di cambiare le idee delle masse con i loro miseri strumenti di propaganda e formazioni (giornali, riviste, corsi, gruppi di studio, opuscoli). Ma proprio per questo abbiamo detto che è necessaria un’avanguardia di questa trasformazione (un’avanguardia che quindi non si identifica con le masse, ma è legata da mille fili alle masse perché altrimenti non riesce a svolgere il suo ruolo) e che le idee di questa avanguardia sono la cosa più preziosa che essa ha e che la distingue dalle masse. “Se abbiamo una linea giusta, possiamo avere tutto” (Mao). Una ricchezza che le è indispensabile per svolgere il suo ruolo perché se questa avanguardia non ha una teoria rivoluzionaria il movimento rivoluzionario delle masse non può procedere fino alla vittoria. Per il successo della lotta delle masse contro la borghesia imperialista, contro il capitalismo per instaurare il socialismo è indispensabile che la loro avanguardia abbia idee giuste e avanzate. Esse sono indispensabili perché sia capace di orientarsi di fronte alle situazioni varie e mutevoli in cui deve guidare la lotta delle masse popolari.

È contro lo sforzo per realizzare questo che i nostri scissionisti si sono ribellati. Sono ritornati ai campi in cui hanno pascolato per anni. Auguriamo che il sia pur breve periodo che hanno trascorso assieme a noi sia valso almeno ad alcuni di loro a percepire che per costituire il partito comunista abbiamo bisogno d’altro che di qualche “azione militante”. Non a caso la seconda delle condizioni che dal 1995 i CARC hanno posto chiaramente come necessarie per la ricostruzione del partito dice: tracciare il programma del partito, il suo metodo di lavoro, l’analisi della fase e la linea generale del partito. La SN ha pubblicato nel 1998 il Progetto di Manifesto Programma del nuovo partito comunista italiano. I nostri attuali scissionisti avevano sottoscritto il nostro proposito (F. Engels/ 10, 100, 1000 CARC per la ricostruzione del partito), ma si sono spaventati quando hanno visto cosa voleva dire fare sul serio e mantenere fede ai propositi dichiarati.

Paola B.

 

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