Benessere individuale e benessere collettivo

Rapporti Sociali n. 20 - novembre 1998 (versione Open Office / versione MSWord )

 

Spesso viene posta ai comunisti questa domanda: “Come fate ad essere sicuri che in una società in cui sarà eliminata la spinta che nella società attuale l’arricchimento individuale dà all’attivismo economico, all’iniziativa, al sacrificio, non cadrà nell’inerzia, nel menefreghismo, nel parassitismo, nella stagnazione delle attività, e tra l’altro delle innovazioni tecnologiche, della ricerca scientifica, delle applicazioni al miglioramento della vita materiale e spirituale, alla riduzione della fatica nel lavoro?”.

Già nel secondo capitolo del Manifesto del partito comunista del 1848 Marx e Engels parlano di questo: “È stato obbiettato che con l’abolizione della proprietà privata cesserebbe ogni attività, si affonderebbe in una pigrizia generale. Se così fosse, la società borghese sarebbe da molto tempo andata in rovina per pigrizia, giacché in essa chi lavora non guadagna e chi guadagna non lavora. Tutta l’obiezione sbocca in questa tautologia: che non c’è più lavoro salariato quando non c’è più capitate”. Vale a dire: dove non c’è costrizione, non ci può essere lavoro coatto. Qualche pagina dopo gli autori del Manifesto aggiungono: “Le idee dominanti di un’epoca furono sempre soltanto le idee della classe dominante”.

Che l’arricchimento individuale sia 1a molla dell’attività individuale si presenta nella società borghese come qualità della “natura umana”, perché è la qualità del borghese. Il borghese prende iniziative in campo economico solo per soldi: compito di ogni azienda è fare profitti. Per il borghese è una legge indiscutibile. Siccome il borghese dirige tutta l’attività sociale, di conseguenza tutta l’attività sociale si muove solo per l’arricchimento del borghese, che si spaccia come prototipo di tutti gli individui. La concezione corrispondente è nata con la società borghese e morirà con essa. Il borghese eleva a natura universale la sua natura particolare. Essendo la borghesia la classe dominante, la sua verità particolare diventa verità universale presso chiunque non ha autonomia ideologica dalla borghesia.

È vero nella realtà che l’arricchimento individuate è la molla che spinge, che ha spinto e che spingerà la massa degli individui a lavorare?

Consideriamo i paesi socialisti, in primo luogo l’Unione Sovietica. Coloro che propagandano la “fine del comunismo” sostengono che nei paesi socialisti le masse popolari non lavoravano perché lavorare non serviva ad arricchirsi individualmente, ma al benessere generale. Ciò avrebbe generato un progressivo immiserimento e quindi la fine dei paesi socialisti.

Ma la caduta dell’URSS è avvenuta a settant’anni dalla sua fondazione. Un organismo sociale non si mantiene tanto a lungo se coloro che ne fanno parte non si impegnano nella produzione dei beni necessari a mantenerlo. Avremmo qui generazioni successive che avrebbero vissuto lavorando poco o nulla, sfruttando la ricchezza precedentemente prodotta. Quale ricchezza? Le masse popolari dell’URSS dovettero dopo la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 superare una condizione di povertà estrema, generata dalle distruzioni della Prima guerra mondiale e dalla guerra civile che i reazionari russi e gli imperialisti di ogni parte del mondo scatenarono contro di loro. Quelle masse popolari nel periodo tra le due guerre mondiali svilupparono una grande attività produttiva e costruirono praticamente dal nuovo un sistema industriale e un’agricoltura moderna. Quelle stesse masse popolari riuscirono a vincere il nazismo: come avrebbero potuto vincere se non avessero preparato, con il lavoro, le condizioni per la vittoria? Perché avrebbero combattuto per mantenere un sistema sociale ed economico in cui si sarebbero però comportate da parassiti? Avrebbero combattuto per patriottismo? Ma allora avrebbero combattuto anche nella Prima guerra mondiale quando erano governate dallo zar. Invece rivolsero le armi contro gli ufficiali zaristi e rifiutarono di combattere. Quelle stesse masse popolari, che avevano subito il nume ro di perdite umane più alto di ogni altra popolazione implicata nella Seconda guerra mondiale, che avevano avuto l’apparato produttivo distrutto in altissima percentuale, in pochi anni dopo la fine della guerra, riavviarono la produzione, in modo tale che l’URSS si pose subito all’avanguardia in un settore come quello della navigazione spaziale, il più avanzato dell’epoca.

Certamente i paesi socialisti sono caduti, certamente il processo di immiserimento è avvenuto e le masse popolari hanno lavorato con impegno sempre minore. Ma questo è un processo iniziato a partire dagli anni cinquanta, quando in grande parte dei partiti comunisti si è imposta una linea che comunista non era, che aveva anzi lo scopo di riportare quei paesi al regime capitalista, che ogni sforzo fece per ostacolare la disponibilità e la partecipazione delle masse popolari al lavoro di edificazione di una società socialista. Questa parte politica, impersonata da Kruscev in URSS e da Togliatti in Italia, iniziò un percorso di allontanamento dai principi pratici e teorici del movimento comunista che fu concluso da personaggi come Eltsin e Occhetto. La caduta dei paesi socialisti non fu causata dalla predisposizione delle masse popolari sovietiche all’ozio, ma dalla direzione prevalsa che era incompatibile col progresso del socialismo e quindi ha portato i paesi socialisti alla rovina. Se ne deve dedurre che non si può dirigere un paese socialista con metodi borghesi.

Se la storia dei paesi socialisti non è facile da conoscere, per capire che l’obiezione fatta al comunismo non sta in piedi, basta solo guardarsi attorno. Infiniti casi smentiscono la tesi che gli individui si danno da fare solo per arricchirsi.

Attorno a noi, nei paesi imperialisti, decine di milioni di semplici lavoratori salariati svolgono con passione, impegno e iniziativa il loro lavoro, nonostante la miseria del salario e le condizioni di asservimento, di mortificazione della creatività e di precarietà in cui i padroni li obbligano a lavorare.

Milioni di persone dedicano molta parte del loro tempo ad attività che non hanno alcun fine di lucro. Prestano servizio in associazioni di volontariato, si impegnano in associazioni in cui lo scopo è l’arricchimento delle relazioni sociali, danno le loro energie migliori per un lavoro che è generato dall’amore della conoscenza o dell’arte.

Il principio per cui ogni individuo agisce solo per il proprio arricchimento non spiega perché le donne, che tra le masse popolari sono maggioranza, dedicano grandissima parte della loro vita al lavoro domestico, lavoro che non ha alcuna remunerazione e spesso non è neanche considerato un lavoro. In particolare il rapporto tra genitori e figli dimostra la falsità del principio per cui ogni individuo lavorerebbe per arricchirsi. In generale i genitori sono disposti a rischiare la propria vita per salvaguardare quella dei figli.

Ma c’è di più. Consideriamo quanti uomini e donne della classe operaia, del proletariato e delle masse popolari hanno dato e danno le loro energie, il loro tempo, le loro risorse e anche la loro vita nella lotta per il socialismo, nella lotta per migliorare le condizioni della propria classe. Come spiegano questo quelli che sostengono che l’arricchimento individuale è la molla dell’attività?

Consideriamo inoltre quanti sforzi deve fare la classe dominante per costringere milioni di giovani ad adattarsi e rassegnarsi a lavorare solo per denaro, rinnegando le migliori aspirazioni della loro vita. Quante delusioni e frustrazioni deve generare, quanto spreco di energie fisiche, intellettuali e morali!

Guardiamo infine alla storia del passato, quanto gli uomini hanno fatto prima che l’arricchimento individuale comparisse sulla faccia della terra.

Da dove nasce allora la tesi che l’arricchimento individuale è per natura la molla che spinge l’individuo a essere attivo e ad avere iniziativa? Cosa è che rende credibile oggi questa tesi? È il sistema sociale capitalista. Esso pone l’arricchimento individuale dei capitalisti come condizione e inizio di tutta l’attività sociale, anche dell’attività di quelli che dal sistema capitalista sono impoveriti. In essa il lavoro esiste solo se arricchisce il capitalista.

Ma anche nella società capitalista tra coloro che lavorano si sviluppano relazioni ricche di valore e differenti da quelle  date da legami familiari o dal fatto che si è nati e cresciuti nello stesso territorio. Lavorare offre l’opportunità di conoscere la realtà naturale e di trasformarla. Questo spiega perché milioni di uomini e di donne si dedicano con passione ed attenzione anche al più faticoso tra i lavori. Ciò che moltiplica la fatica ed elimina passione ed attenzione è il fatto che il frutto del nostro lavoro ci viene sottratto, che va ad alimentare il sistema di sfruttamento che siamo costretti a subire.

Non solo non è vero che l’arricchimento individuale è l’origine dell’attività degli individui, ma l’attuale società, dove l’arricchimento individuale è considerato come principio fondamentale, va in rovina in mille modi. Il territorio viene considerato terra di rapina, luogo da sfruttare e su cui speculare e deteriorandosi non regge di fronte alla prima occasione. Piove e fiumi di fango si riversano sui paesi travolgendo il frutto di anni di lavoro e uccidendo in ogni regione d’Italia. L’arricchimento individuale dei capitalisti sta diventando sempre più la causa dell’impoverimento generale, della rovina dell’ambiente e della disgregazione della società.

L’arricchimento individuale non è un fatto negativo in sé. È negativo in una società in cui l’arricchimento di uno significa proporzionale immiserimento di un altro, ciò che avviene sempre nella società borghese e in particolar modo nella fase di decadenza del dominio borghese. Diversamente, nella società socialista si danno le condizioni sia per l’arricchimento collettivo che per quello individuale, perché “il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti”. La società socialista libera le forze produttive dai rapporti di produzione capitalisti e apre la possibilità di produrre ricchezza maggiore per tutti. Nella società capitalista accade il contrario: le cose sono messe in modo tale che, nonostante le enormi capacità produttive, non c’è abbastanza perché tutti possano vivere decentemente. La filosofia che si accompagna a questi processi e considera le risorse come qualcosa di limitato, qualcosa che va ripartito, per cui se uno ha di più l’altro avrà meno. È la filosofia borghese. In questa filosofia ci si divide tra sinistra e destra, dove la sinistra è quella che pretende una ripartizione più o meno uguale tra tutti i membri della formazione sociale (“sacrifici sì, ma per tutti”), mentre la destra è quella che pretende una ripartizione disuguale. Questo non ha niente a che fare con la pratica e la teoria dei comunisti. La riduzione delle risorse a disposizione della massa della popolazione non è per nulla un fatto inevitabile, ma è diretta conseguenza dei rapporti di produzione capitalisti, quelli che intendiamo togliere di mezzo. Così facendo sarà possibile una produzione di ricchezza progressivamente maggiore, con minore fatica e quindi sarà reso possibile anche quell’arricchimento individuale che i borghesi pongono come unico scopo del lavoro umano.

Noi non diciamo che l’uomo è “naturalmente” altruista, a fronte di coloro che descrivono l’uomo come “naturalmente” egoista. Diciamo che ogni sistema sociale sviluppa negli individui determinate tendenze positive e determinate tendenze negative. Diciamo che il potere della borghesia imperialista favorisce le tendenze a porre l’arricchimento individuale come principio di vita e che il potere della classe operaia sviluppa la tendenza opposta. Diciamo inoltre che nella società moderna il benessere individuale per la gran massa della popolazione può realizzarsi solo nel benessere collettivo ed è invece impedito dalla borghesia, dal suo sistema sociale e dalle idee che accompagnano questo sistema.

L’attività lavorativa umana non segue le leggi eterne, come vuole l’ideologia borghese, ma si modifica nel processo storico. È principalmente lavoro volto all’arricchimento individuale nell’epoca capitalista, è lavoro volto al benessere collettivo nell’epoca socialista. La forma che assume nell’epoca socialista è quella più avanzata. Finché l’economia resta quella capitalista lavorare diventa sempre più difficile e per molti del tutto impossibile. Nella società capitalista gli individui che traggono profitto dal lavoro sono sempre meno e aumentano i disoccupati, quelli che non lavorano perché non possono. Il meccanismo che genera questi effetti non si può modificare, ma solo eliminare.

Questa eliminazione apre la via al lavoro nuovo, che è opera di tutti per il benessere di tutti, che è riconquista di sé, attività che produce conoscenza, chiave dello sviluppo materiale e spirituale per ogni singolo e per tutto il genere umano.

 

***** Manchette  

Mondo libero

Da quando gli operai (l’equivalente moderno degli antichi schiavi) si sono liberati dai loro padroni e hanno imposto il divieto di avere schiavi (di arricchirsi o di vivere sfruttando il lavoro altrui) e hanno imposto anche agli schiavisti l’obbligo di lavorare (“chi non lavora non mangia” diceva la prima Costituzione Sovietica, “da ognuno secondo le sue possibilità” aveva proclamato Marx, “abolizione di redditi non da lavoro” era la legge in Unione Sovietica fino al 1956), da allora la libertà è diventata la bandiera degli schiavisti: “mondo libero”, “libertà di iniziativa economica”, “libera impresa”, “libertà di coscienza”, ecc.

Lenin lo aveva previsto.

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***** Manchette

Libertà di stampa

Nei paesi socialisti milioni di operai, contadini, impiegati, soldati, altri semplici lavoratori scrivevano normalmente su giornali locali, regionali, nazionali. Esprimevano i loro desideri, le loro proteste, le loro aspirazioni e i loro sogni. Esisteva una gran quantità di giornali di ogni tipo, stampati e venduti in grande tiratura, a prezzi modestissimi. Era interesse pubblico che le masse potessero parlare, comunicare e conoscersi. Questa era libertà di stampa per i lavoratori.

Ma anche se una persona aveva soldi a non finire, non poteva farsi un suo giornale. Non c’era libertà di stampa per i ricchi. E la borghesia di tutto il mondo urlava alla mancanza di libertà di stampa.

(Consultare opuscolo La verità sulla “cortina di ferro”, Ass. Italia-URSS, Roma 1953, pag. 32, La risposta della Pravda al ministro inglese Morrison).

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