Agnelli ancora più a sinistra

Rapporti Sociali n. 20 - novembre 1998 (versione Open Office / versione MSWord )

 

Il governo Prodi è inciampato nei disoccupati. La terza scissione del PRC non è bastata a salvarlo. Ora la borghesia gioca la carta più di sinistra del governo D’Alema, mentre crescono i sintomi di una brusca accelerazione della crisi generale del capitalismo

 

Ricapitoliamo brevemente gli avvenimenti che hanno portato alla situazione attuale,(1) per capire le tendenze e gli sviluppi di cui questa ha in sé il presupposto.

La crisi politica italiana è l’aspetto particolare, locale della crisi politica che percorre tutto il mondo, figlia della crisi generale del capitalismo iniziata alla metà degli anni ’70.(2) Chi cerca di spiegare la crisi italiana considerando solo i fattori nazionali costruisce spiegazioni di fantasia. Così pure chi cerca di spiegare la crisi politica senza considerarne l’origine economica.

 

1. Per un’esposizione più dettagliata degli avvenimenti qui riassunti, rimandiamo a Il fiasco del 17 marzo 1994 in Rapporti Sociali n. 16 (1995) e a La putrefazione del regime DC in Rapporti Sociali n. 17/18 (1996).

 

2. L’attuale crisi generale del capitalismo è una crisi economica per sovrapproduzione assoluta di capitale che genera una crisi politica e culturale, attraverso la quale va verso una soluzione, che risulterà dalla mobilitazione rivoluzionaria e dalla mobilitazione reazionaria delle masse. Vedasi La situazione e i nostri compiti, in Rapporti Sociali n. 16 (1995) e Per il dibattito sulla causa e sulla natura della crisi attuale in Rapporti Sociali n. 17/18 (1996).

 

3. Alla metà degli anni ’70 si colloca il passaggio dal “capitalismo dal volto umano” alla seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale. Da allora la vita politica italiana ha attraversato le seguenti fasi:

- 1975-1982: la fase dei “governi di solidarietà nazionale” che avevano il compito di liquidare la lotta armata e di imporre alle masse i primi sacrifici (svolta dell’EUR, ecc.);

- 1982-1992: la fase dei “governi del CAF” che sono stati la prova generale della capacità del vecchio regime DC (combinazione attorno al Vaticano dei gruppi imperialisti USA e dei gruppi imperialisti italiani) di “governare la crisi”;

- dal 1992: la fase della putrefazione del regime DC, dei tentativi di trovare una soluzione di ricambio al vecchio regime DC.

 

In Italia la crisi politica è entrata in una fase nuova quando verso la fine degli ’80 una parte importante della classe dominante ha preso atto che la particolare combinazione politica (il regime DC) che alla fine della Seconda guerra mondiale aveva “salvato l’Italia dal comunismo” e l’aveva governata per tutto il periodo del “capitalismo dal volto umano” (1945- 1975), non era adatta a far fronte sul piano interno e sul piano internazionale al progredire della crisi generale.(3)

Il procedere della crisi imponeva di accelerare l’eliminazione delle conquiste strappate dalle masse popolari nel periodo 1945-1975. I contratti di interessi nazionali e internazionali tra i gruppi imperialisti imponevano che lo Stato italiano operasse con decisione e con forza pro o contro determinati interessi. Gli appetiti dei gruppi imperialisti italiani ed esteri sulle aziende pubbliche da privatizzare, sui fondi pensione da creare, sul mercato finanziario e speculativo che si stava già profilando e gli schieramenti internazionali che si stavano creando avevano generato nuovi aspiranti che le vecchie alleanze lasciavano alla porta e nuove attività incompatibili col vecchio modo di governare. Il CAF (l’alleanza Craxi, Andreotti, Forlani al governo del paese dal 1982) risultò non all’altezza dei compiti: impose sì alcuni sacrifici alle masse (ne ricordiamo uno per tutti: l’attacco alla scala mobile nel 1984), ma gonfiò il disavanzo corrente e il debito della pubblica amministrazione, lanciò nel mondo finanziario avventurieri alla Berlusconi e destò allarme dando uno spazio prima mai visto all’economia criminale-mafiosa. I procedimenti giudiziari degli anni ’90 hanno rivelato solo una minima parte dei “misfatti” del CAF in questi campi.

Da qui è partita l’“operazione Agnelli”, così denominata dal volto italiano di una combinazione che ha potenti promotori esteri. Essa iniziò alla fine degli anni ’80 e mirava a trovare un ricambio al regime DC. Quando, nonostante la campa gna condotta contro di esso, il CAF vinse ancora le elezioni del febbraio ’92, i suoi avversari adottarono altri metodi. Le procure di Milano e Palermo aprirono procedimenti giudiziari contro gli esponenti del CAF tirando fuori fatti per i quali Craxi in Parlamento nel 1993 (e nessuno lo smentì) proclamerà che “lo facevano tutti” e D’Alema alcuni anni dopo gli farà eco confessando che “lo sapevano tutti”.

Il governo Amato (vice di Craxi che non venne toccato perché si prestò a colpire il suo padrino) creato nel ’92 fu un governo di transizione. L’operazione sembrò andare in porto col governo Ciampi, l’uomo della massoneria, della borghesia del Nord e dei grandi gruppi internazionali. Ma la “gioiosa macchina da guerra” con cui Occhetto contava di far approvare dagli elettori i risultati raggiunti, inciampò nel fiasco elettorale del 27 marzo ’94. In pochi mesi però il nuovo governo Berlusconi bruciò le sue carte. La coalizione che aveva raccolto non aveva forza tra la borghesia e operava in modo da rafforzare la resistenza delle masse al procedere della crisi: la grande dimostrazione di Roma del 12 novembre ’94 non lasciò dubbi. Il suo destino era segnato. Bossi e Dini dall’interno della coalizione di Berlusconi si prestarono a fare da sicari. Il governo Dini nacque il 17 gennaio ’95 e permise di preparare meglio il secondo tentativo di “governo nuovo”. Il risultato elettorale del 21 aprile ’96 mandò finalmente in porto l’“operazione Agnelli” con la costituzione del governo Prodi. Non importa che metà dei suoi esponenti politici fossero ex gerarchi DC: ciò dimostra solo che gli individui hanno un’importanza relativa. Sono gli interessi delle classi che determinano il corso della politica. Gli individui si adeguano o vengono cambiati.

Il governo Prodi nacque il 18 maggio ’96 all’insegna dell’instabilità. Prodi si autoproclamò governo di legislatura, come Berlusconi si era autoproclamato fondatore di una seconda repubblica. Ma le parole da sole non cambiano la realtà. Cosa impediva al governo Prodi di essere stabile?

I contrasti che impediscono la stabilità politica dei governi borghesi in questo periodo sono di due ordini. Da una parte i contrasti tra la borghesia imperialista e le masse popolari, dall’altra i contrasti tra i gruppi imperialisti. In periodo di crisi generale ambedue i contrasti sono antagonisti: nel senso che in ambedue i casi le parti che si fronteggiano non lottano ognuna per appropriarsi della parte più grossa possibile della nuova ricchezza, ma ognuna lotta per togliere all’altra quello che questa ha già. Una parte può avanzare solo se l’altra regredisce.

Nel nostro paese dei due ordini di contrasti, determinante in campo politico attualmente è quello tra gruppi imperialisti. Finché la classe operaia è priva di un suo partito comunista, essa non può dirigere il resto delle masse popolari a lottare per il socialismo. Quindi non esiste ancora una politica autonoma di parte popolare. La classe operaia non esiste ancora come protagonista autonoma dello scontro politico. Le masse popolari politicamente sono a rimorchio della direzione dei gruppi imperialisti: ognuno di questi oltre che sfruttarle per ricavarne profitti e rendite, cerca di usarle come massa di manovra nella sua lotta contro gli altri gruppi imperialisti. Ma la resistenza delle masse popolari al procedere della crisi è un fatto spontaneo, oggettivo, che si sviluppa anche in mancanza di una politica autonoma da parte popolare. Quindi è già ora un fattore della lotta politica: chi detiene il potere politico o aspira a conquistarlo deve fare i conti sia con le sue manifestazioni difensive sia con le sue manifestazioni offensive. Ogni gruppo imperialista quindi si divide e si contrappone agli altri sia perché cerca di far prevalere il suo interesse economico a spese degli altri gruppi,(4) sia per le misure che ritiene più adatte per affrontare la resistenza delle masse popolari.

 

4. La prevalenza del capitale finanziario sul capitate produttivo rende più diffuso il contrasto tra gruppi imperialisti. Nel vecchio capitalismo preimperialista un gruppo capitalista cresceva a spese dei suoi operai, derubando i propri clienti, frodando i propri fornitori, sottraendo mercato ai propri concorrenti, che erano capitalisti che producevano merci dello stesso tipo, quindi dello stesso settore merceologico. Il capitale finanziario invece contrappone ogni parte di capitale a tutte le altre, perché col capitale finanziario ogni frazione di capitale si è liberata dal suo legame con un particolare settore merceologico.

 

Questi erano i fattori che minavano il governo Prodi e che mineranno ogni governo finché quei contrasti di fondo non avranno trovato una soluzione di lungo periodo. Fino all’autunno del ’96 il Polo di Berlusconi e Fini attaccò con vigore  il governo Prodi. Lo attaccò sullo stesso terreno su cui era stato attaccato Berlusconi: nel settembre ’96 la Procura di La Spezia aprì Tangentopoli 2 contro Prodi, Scalfaro, D’Alema. Ma il procedimento finì insabbiato come i precedenti tentativi di incriminare gli Agnelli. Il Polo fece anche qualche mossa nel senso della mobilitazione delle masse (vi furono alcune dimostrazioni di piazza della destra), ma era un terreno su cui lo scontro sarebbe presto andato oltre il voluto. La paura della mobilitazione delle masse nella borghesia prevale ancora sul bisogno che ne ha. Ulivo e Polo stabilirono ben presto un armistizio. Dall’autunno del ’96 iniziò di fatto il governo Prodi-D’Alema-Berlusconi.(5) Il Polo non partecipava direttamente al governo, ma cessò ogni mobilitazione di massa e lo soccorse apertamente o di soppiatto ogni volta che in Parlamento la maggioranza governativa veniva meno: spedizione in Albania nel marzo ’97, allargamento della NATO, ecc. Quali i motivi del lungo armistizio?(6)

 

5. Vedasi su Resistenza, n. 4 (1997) I misfatti del governo Prodi; n. 9 (1997) Governo Prodi-D’Alema-Berlusconi contro i lavoratori; n. 10 (1997), Il governo Prodi-D'Alema-Berlusconi aumenta il malessere delle masse; n. 7-8 (1998) Governo Prodi-D'Alema-Berlusconi.

 

6. Va subito premesso che, data la debolezza attuale della forze comuniste, noi ignoriamo buona parte delle tresche e delle trame che costituiscono i rapporti tra i gruppi imperialisti e i relativi esponenti politici. Quel poco che è emerso, ad anni di distanza, di quelle del passato, permette a chi può dedicare studio assiduo e osservazione attenta agli indizi che traspaiono dalle cronache, di ricostruire una parte delle tresche e delle trame attuali, con l’approssimazione con cui gli zoologi ricostruiscono, da poche ossa ritrovate, la forma intera di animali preistorici che non hanno mai visto di persona.

 

7. Finché lo Stato italiano non nazionalizzerà il patrimonio artistico, i soldi spesi dalla pubblica amministrazione per la salvaguardia e il restauro del patrimonio artistico sono per il 90% regali alla Chiesa cattolica che li usa a propria discrezione e contribuiscono al rafforzamento della sua posizione economica e politica.

I contributi alle aziende per creare nuovi posti di lavoro, finché predominano le aziende capitaliste, sono in realtà contributi ai capitalisti che assumono lavoratori delle categorie protette o sussidiate al posto del resto dei lavoratori. Perfino l’economista borghese Keynes aveva capito e dimostrato (già più di 60 anni fa, nel pieno della precedente crisi generale) che in un’economia capitalista si crea un numero maggiore di nuovi posti di lavoro distribuendo reddito alle famiglie nullatenenti (che non risparmiano, ma che per far fronte ai propri bisogni spendono rapidamente quello che ricevono), che non dando sussidi ai capitalisti per “creare nuovi posti di lavoro”, sussidi che i capitalisti intascano con la scusa che assumono dalle categorie protette (mentre licenziano lavoratori delle altre) e usano in larga parte per aumentare le loro operazioni finanziarie. Certamente però i contributi ai capitalisti comprano il sostegno di gruppi imperialisti al governo, permettono fruttuose combinazioni economiche tra uomini di governo, funzionari e capitalisti, alimentano i contrasti tra lavoratori delle categorie protette e gli altri danneggiati. Quindi se non creano posti di lavoro aggiuntivi, hanno vari aspetti positivi in campo politico. Di conseguenza no all’aumento di reddito delle famiglie povere, dei disoccupati, ecc. (assistenzialismo!), sì a sussidi ai capitalisti (politica del lavoro!).

 

1. Il governo Prodi nei due anni e mezzo di attività è riuscito a distruggere una parte considerevole delle conquiste strappate dalle masse popolari. Diminuzione dei posti di lavoro a contratto collettivo nazionale, lavoro in affitto, apprendistato allungato, patti territoriali, contratti d’area, salari d’ingresso, smantellamento degli uffici collocamento, limitazione del diritto di sciopero, uso della forza pubblica nei conflitti di lavoro, barriera contro gli immigrati, esecuzione di immigrati clandestini, uso delle forze armate contro l'occupazione di case vuote, contributi a fondo perduto ai gruppi capitalisti, regali alla Chiesa cattolica,(7) privatizzazione del sistema sanitario, trasformazione dei diritti universalmente acquisiti in elemosina elargita a discrezione della pubblica amministrazione “ai più poveri”, finanziamento alla scuola clericale, interventi militari nei paesi semicoloniali e negli ex paesi socialisti: non c’è campo in cui il governo Prodi non ha appoggiato con successo la rapina della borghesia imperialista. Il governo Prodi ha pienamente confermato la tesi del vecchio Agnelli: “Per attuare un programma di destra, in Italia ci vuole un governo di sinistra”. Il governo Prodi ha mostrato di essere un governo capace di guidare la rapina della borghesia imperialista ai danni delle masse popolari. Questo è il suo titolo di merito presso tutti i gruppi imperialisti.

2. A sostegno del governo Prodi sono confluiti sia i gruppi imperialisti decisi a sottomettersi all’egemonia dei gruppi  imperialisti tedeschi che vogliono l’euro, sia i gruppi legati agli imperialisti USA i quali ultimi vedevano nell’ingresso dell’Italia (e dell’Inghilterra) nell’Unione Europea lo strumento per sabotare dall’interno la “macchina da guerra” che gli imperialisti tedeschi stanno mettendo a punto contro il sistema finanziario del dollaro, strumento principe dell’imperialismo USA. Questo è un titolo di merito del governo Prodi presso quasi tutti i gruppi imperialisti.

3. Il governo Prodi e la sua maggioranza hanno colmato di favori Berlusconi e gli altri indagati per Tangentopoli e per mafia: intoppi e museruola ai magistrati di Manipulite, collaborazione nella Commissione Bicamerale per le riforme costituzionali, rinnovo della concessione delle reti TV a Mediaset (solo la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza contraria universalmente ignorata), ammissione di Mediaset alla quotazione in Borsa dove ha rastrellato alcune migliaia di miliardi di lire.(8)

 

8. È utile ricordare, per il futuro,

- che il rinnovo delle concessioni televisive a Berlusconi sono state pilotate dall’“austero” ministro Antonio Maccanico (quello che aveva tentato le larghe intese, già presidente di Mediobanca, socio di Ciampi, massone, ecc.);

- che l’ammissione di Mediaset in Borsa, a spese dei risparmiatori che ne hanno sottoscritto i titoli, ha liberato Berlusconi da una montagna di debiti e ha fornito danaro contante e legami finanziari nuovi alla combinazione mafiosa di cui Mediaset fa parte; essa è stata pilotata dall’“austero” ministro Ciampi. È stata un’ammissione assolutamente di favore perché il gruppo Mediaset è addirittura sotto processo per falsi in bilancio e altre irregolarità che rendono una società non quotabile in Borsa.

È utile ricordare infine che l’autorevole organo della borghesia del Nord, il Corriere della Sera, ha incominciato a patrocinare la candidatura Ciampi per la Presidenza della Repubblica (maggio ’99) e recentemente (19 ottobre) indicava che attorno a Ciampi si è formata una schiera di eletti. Corsera nomina: Paolo Barile, Andrea Manzella, Sabino Cassese, Franco Gallo, Augusto Barbera, Gino Giugni, Tommaso Padoa Schioppa, Luigi Spaventa (presidente della Consob!), Antonio Maccanico, Umberto Colombo, Giorgio Macciotta, Laura Pennacchi, Filippo Cavazzuti. Sarebbe utile, ma non possiamo farlo qui, ricostruire i meriti conquistati da ognuno di questi signori nel servire la loro classe sotto il governo Prodi.

 

Come mai è crollato un governo con tanti meriti?

Il motivo principale del crollo del governo Prodi-D’Alema-Berlusconi sta nel fatto che la sua gestione della contraddizione tra la borghesia imperialista e le masse era arrivata a un punto morto. In sintesi i disoccupati di Napoli, e in special modo gli LSU, con le lotte di quest’estate, rafforzate dagli interventi della polizia di Napolitano, hanno sintetizzato il malessere dei disoccupati e anche di molti membri ed elettori del Partito della Rifondazione Comunista (PRC) e hanno creato una situazione per cui il PRC doveva assolutamente ottenere dal governo Prodi, oltre alle solite promesse, alcune migliaia di effettivi posti di lavoro. Senza questi, non poteva continuare ad appoggiare il governo a meno di suicidarsi, cosa che non conveniva neanche alla borghesia imperialista. Prodi anziché concedere, ha ritenuto di potercela fare acquistando Cossutta e alcuni altri deputati del PRC. Questo avrebbe salvato la faccia sia a Prodi che a Bertinotti. Ma qui è partita la concatenazione di manovre parlamentari e politiche che ha portato alla fine di Prodi.

Gli è succeduto il governo “più di sinistra” di D’Alema. Il governo D’Alema è quindi l’approdo estremo dell’operazione Agnelli che aveva generato il governo Prodi. Il punto di forza del nuovo governo è che la borghesia imperialista non può farne uno più a sinistra. Il governo D'Alema dovrà portare avanti l'eliminazione delle residue conquiste delle masse popolari italiane, promuovere lo sfruttamento dei lavoratori immigrati e per questo mantenerli in uno stato d'inferiorità, rafforzare la politica neocoloniale all'estero. Questi sono i suoi compiti. Poco importano le parole scritte nel programma del nuovo governo. Poco importa se i compiti che il governo svolgerà si presenteranno come volontà di D’Alema o come pressione e ricatti di Cossiga.

Il governo D’Alema ha però gli stessi punti deboli del governo Prodi: sarà lacerato dalla lotta non risolta tra i gruppi imperialisti e dovrà far fronte alla resistenza delle masse popolari al procedere della crisi. Ne ha anche qualcuno in più. Rischia di non controllare il PRC di Bertinotti, cosa che gli renderebbe più difficile far fronte alla resistenza delle masse popolari. Inoltre incomincia a profilarsi il problema del Vaticano. Per cinquant’anni il Vaticano è stato il vero governo del paese ancorché non responsabile verso gli elettori italiani: può ora accettare un ruolo di governo meno diretto, in un  periodo in cui la lotta tra gruppi imperialisti è senza esclusione di colpi (il caso Giordano è un piccolo segnale)?

Quanto incideranno sulla vita e sulla durata del governo D’Alema questi punti deboli dipenderà da altre circostanze. Vi sono sintomi che le varie crisi finanziarie possano sommarsi e trasformarsi bruscamente in recessione economica mondiale. La lotta tra gruppi imperialisti tedeschi e gruppi imperialisti USA pro e contro la creazione del sistema finanziario dell’euro può precipitare. La resistenza delle masse popolari al procedere della crisi, che in forme diverse ribolle in tutti i paesi, può dare luogo a improvvise esplosioni: il fattore rinascita del movimento comunista diventa gradualmente più forte.

Nel prossimo futuro il PRC assume un ruolo politico più importante anche se non partecipa al governo D’Alema. Il governo Prodi è stato abbattuto dai disoccupati tramite il Partito della Rifondazione Comunista (PRC), che senza saperlo per una volta è diventato il loro agente parlamentare. Questo fatto concreto pone all’ordine del giorno la particolarità del PRC nell’arco dei partiti della repubblica borghese italiana.

Il PRC si proclama comunista e raccoglie più di tre milioni di voti. Ciò dimostra che nel nostro paese una parte importante delle masse è ostile alla borghesia e favorevole al comunismo, nonostante le sconfitte subite dal comunismo, nonostante le campagne anticomuniste condotte senza riserva perfino da gran parte dell’ex partito comunista e anche se, dopo così lungo predominio del revisionismo moderno, le idee su cosa sia il comunismo sono molto diverse e confuse.

L’altro dato di fatto è che la borghesia italiana ha bisogno di un partito come il PRC, come la borghesia francese ha bisogno del PCF, per tenere sotto controllo proprio quella parte delle masse che le è più ostile, una parte che ha un’influenza che va molto oltre il suo numero, una parte che la borghesia non può eliminare con un colpo di spugna.(9)

 

 

9. A differenza della borghesia francese e italiana, la borghesia tedesca può tenere nel ghetto la PDS, che riceve il 25% dei voti espressi dalla popolazione della ex Repubblica Democratica Tedesca, perché è influente tra le masse ma per ora solo in una zona ancora marginale del paese.

 

 

Da qui la duplice natura del PRC. Non è un partito comunista, né vuole né è costruito per raccogliere e formare le forze della rivoluzione socialista; ma nelle istituzioni borghesi deve fare da cassa di risonanza dell’ostilità delle masse alla borghesia. Veicola tra le masse l’influenza della borghesia, ma per allontanare lo spettro della rivoluzione socialista deve agitare la velleità di condizionare il capitalismo e di convincere la borghesia a fare riforme popolari (in un periodo in cui essa sta eliminando persino le riforme che le furono strappate nel passato).

Questa duplice natura del PRC si è vista bene nelle tre scissioni che ha subito da quando partecipa alla maggioranza di governo.

Le scissioni del ’95 e del ’98 furono a favore dell’appoggio al governo in carica: esse ebbero un seguito relativamente alto nel gruppo parlamentare e via via decrescente man mano che si scende ai consiglieri regionali, provinciali, comunali e ai dirigenti periferici del partito, praticamente nullo alla base e tra gli elettori (le elezioni del ’96 lo hanno dimostrato al di là di ogni dubbio). Ciò conferma il carattere non rivoluzionario del partito: esso seleziona i suoi dirigenti ed esponenti non in funzione della loro adesione alla causa del comunismo, ma in funzione delle loro aderenze e relazioni nella classe dominante, della loro affinità con la borghesia.

La scissione del ’97 (quella che dette origine alla Confederazione dei Comunisti Autorganizzati) al contrario fu contro l’appoggio al governo in carica: ebbe un certo seguito negli strati intermedi del partito che si trovano tra l’incudine delle masse e il martello del vertice, ma praticamente nessun seguito negli strati dirigenti del partito e poco nella base. A conferma della natura del vertice del PRC e che la base del partito e gli elettori sono col PRC perché è loro cassa di risonanza nelle istituzioni. Una CCA che non è né partito rivoluzionario né cassa di risonanza nelle istituzioni non risponde ad alcun loro bisogno.

 Nel prossimo futuro il PRC si troverà in una situazione analoga a quella del recente passato. La dimostrazione del 17 ottobre a Roma ha confermato che il PRC è un centro importante della mobilitazione delle masse: una minaccia puntata contro il governo, i sindacati di regime e i DS. D’altra parte il governo e la borghesia ricatteranno il PRC sulla costituzione del gruppo parlamentare e sulla legge elettorale maggioritaria: ricatti di gran peso per un partito che concepisce il lavoro parlamentare e istituzionale come il suo principale campo d’azione. In più la borghesia fa leva sui favori sottobanco che il regime può concedere e che sono vitali per l’esistenza del PRC come è oggi e sul ricatto di “consegnare il paese alle destre” (con cui già Cossutta ha giustificato la sua scissione).

Nel suo gruppo dirigente il PRC resta esposto come prima a ogni campagna acquisti che il governo vorrà fare. Ma ogni campagna acquisti brucia chi si vende e lo rende inadatto a svolgere il ruolo che il PRC ha nell’attuale regime. Alla borghesia sarebbe possibile distruggere il PRC comperando la sua testa, ma resterebbero i suoi tre milioni di elettori e gran parte dei suoi oltre 100 mila tesserati.

La campagna acquisti riguarda i capi e i dirigenti, molti dei quali appartengono anche socialmente alla classe dominante. Il grosso del PRC, delle sue organizzazioni e dei suoi membri nel prossimo futuro saranno invece agitati dalle contraddizioni indicate. Essere il partito delle riforme in un periodo in cui la borghesia elimina perfino le riforme del passato? Essere cassa di risonanza nelle istituzioni continuamente ricattata e sottoposta a manovre scissioniste e a campagne acquisti? Trasformarsi in costruttori del nuovo partito comunista, centro di raccolta e di formazione della mobilitazione rivoluzionaria delle masse che il progredire della crisi generale del capitalismo pone con crescente forza come unica alternativa alla mobilitazione reazionaria delle masse?

È quest’ultima la tendenza positiva che dobbiamo con ogni mezzo coltivare e rafforzare, in primo luogo continuando con autonomia il lavoro per la ricostruzione del partito comunista italiano.

 

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