Le fasi in cui si divide l’epoca imperialista

Rapporti Sociali n. 12/13 - novembre 1992    ( versione Open Office / versione MSWord )

Il movimento di resistenza delle masse popolari al procedere della crisi della società borghese è un movimento nuovo, una nuova fase della lotta di classe, una fase iniziata solo da alcuni anni e oggi ancora al suo stadio iniziale, come allo stadio iniziale è la crisi che lo genera.

Si tratta di un movimento nuovo, perché è generato da un fatto nuovo, la seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale. Per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale, ampie masse popolari hanno iniziato a constatare per esperienza diretta (su grande scala, in concomitanza con avvenimenti analoghi in tutto il mondo e per un periodo che si prolunga senza che “nessuno intraveda la fine del tunnel”) il fallimento del revisionismo, l’inconsistenza del riformismo e la crisi economica e politica del particolare regime economico, politico e culturale (“Stato del benessere”, “capitalismo dal volto umano” o “Stato sociale” che dir si voglia) instaurato dopo la seconda guerra mondiale e in cui sono vissute per alcuni decenni.

Alcuni compagni rifiutano di comprendere la svolta iniziata negli anni ‘70 e in generale che l’epoca imperialista è divisa in fasi distinte.

L’epoca imperialista ha un carattere comune a tutta l’epoca: è l’epoca del declino del capitalismo, del capitalismo morente; è l’epoca della rivoluzione proletaria (rivoluzioni socialiste e rivoluzioni di nuova democrazia); è l’epoca dei primi passi del socialismo, cioè dei primi passi della transizione delle masse popolari dal capitalismo al comunismo sotto la direzione della classe operaia. Questo è il carattere comune a tutta l’epoca, un carattere oggettivo, che si afferma e si manifesta sia dove la rivoluzione socialista ha vinto sia dove non ha ancora vinto, nelle trasformazioni strutturali e sovrastrutturali delle società ancora dominate dalla borghesia imperialista (forme antitetiche dell’unità sociale) e delle società dirette dalla classe operaia (socialismo).

Ma l’epoca imperialista del capitalismo si divide in tre fasi principali.

1. Dalla fine del secolo scorso fino alla fine della seconda guerra mondiale si ha la fase della prima crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale, una conseguente crisi generale dei regimi politici nei singoli paesi e delle relazioni tra gli Stati a livello mondiale, una lunga situazione rivoluzionaria nel corso della quale in una serie di paesi trionfa la rivoluzione proletaria (rivoluzioni socialiste e rivoluzioni di nuova democrazia) e il marxismo (la coscienza delle forze soggettive della rivoluzione socialista) raggiunge una nuova superiore tappa, il leninismo.

2. Dalla fine della seconda guerra mondiale fino all’inizio della seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale (all’incirca alla metà degli anni ‘70) si ha la seconda fase e nel corso di essa si ha

- la temporanea ripresa dell’accumulazione del capitale a livello internazionale,

- il “capitalismo dal volto umano” nei paesi imperialisti e la trasformazione delle colonie in neocolonie (con il loro risvolto politico e culturale, il revisionismo moderno),

- nei paesi ancora dominati dalla borghesia, il grande sviluppo delle forme antitetiche dell’unità sociale che è la manifestazione, nella situazione specifica, dell’inarrestabile marcia della società umana verso il comunismo, (1)

- nei paesi socialisti, le lotte per la transizione dal capitalismo al comunismo con al centro la grande rivoluzione culturale proletaria cinese e il tentativo di restaurazione graduale e pacifica del capitalismo condotto dai revisionisti moderni.

1. Le forme antitetiche dell’unità sociale sono la manifestazione sul terreno del capitalismo del carattere collettivo raggiunto dalle forze produttive e dal processo produttivo. A proposito delle forme antitetiche dell’unità sociale, vedasi Rapporti Sociali n. 4, pag. 20 e segg.

3. Dall’inizio della seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale (all’incirca alla metà degli anni ‘70) si ha la terza fase, fase che è iniziata da poco, nell’ambito della quale hanno iniziato a svilupparsi una nuova crisi generale dei regimi politici nei singoli paesi e delle relazioni tra gli Stati e una nuova situazione rivoluzionaria; tutto ciò a un livello più alto di quello relativo alla prima fase, perché la società umana ha fatto ovunque enormi passi verso il comunismo, perché il contrasto tra il carattere sociale delle forze produttive e la proprietà individuale di esse si è fatto ben più acuto e più universale, perché le forze soggettive della rivoluzione socialista hanno accumulato grandi esperienze, perché il marxismo ha raggiunto una terza e superiore tappa, il maoismo.

I compagni che non vogliono comprendere che l’epoca imperialista si divide in queste tre fasi principali

- non riescono a capire perché in un certo periodo (la prima metà del nostro secolo) in tutto il mondo vi è stato un generale avanzamento delle forze soggettive della rivoluzione socialista,

- non possono capire le vere ragioni per cui in quel periodo le forze soggettive della rivoluzione socialista hanno raggiunto 1a vittoria in alcuni paesi e non l’hanno raggiunta in altri,

- non possono capire perché nei paesi dove la borghesia imperialista ha mantenuto il potere i regimi economici, politici e culturali sono profondamente cambiati, la natura e il ruolo di questi cambiamenti,

- non riescono a capire perché nel periodo successivo le forze soggettive della rivoluzione socialista a livello mondiale hanno incontrato più difficoltà che successi,

- non riescono a capire che siamo ora nuovamente all’inizio di un periodo in cui le nuove formazioni economico-sociali della borghesia imperialista, arrivate alla fine della loro vita, devono mutare e le forze soggettive della rivoluzione socialista possono raggiungere vittorie ancora più grandi: una nuova situazione rivoluzionaria in sviluppo.

Per questi compagni l’epoca imperialista è come una regione piatta e nebulosa, nella quale vittorie e sconfitte si alternano senza una ragione ed essi accampano a spiegazione sia delle vittorie sia delle sconfitte le ragioni più varie e disparate. Di conseguenza essi non possono trarre dal grande patrimonio di esperienze rivoluzionarie dell’epoca imperialista, dai successi come dai rovesci, insegnamenti validi per l’opera che ci sta davanti. In definitiva non hanno una concezione materialista dialettica della storia e ciò impedisce loro anche di imparare dal passato. Il passato ad essi si presenta appunto “come una landa nebbiosa in cui nulla si può vedere chiaramente”. Le loro analisi e le loro denunce sono “senza storia”, tutto è sempre proseguito nella stessa direzione (senza inversioni di tendenza); neanche si domandano perché una tendenza che (secondo loro) costantemente si sviluppa senza pause e senza inversioni possa non aver ancora raggiunto la meta che l’appaga e l’estingue.

Chi non comprende il carattere nuovo dell’attuale movimento di resistenza delle masse popolari al procedere della crisi della società borghese, non riuscirà a imparare a esercitare una direzione giusta e salda in esso. È impossibile comprendere il carattere nuovo dell’attuale movimento di resistenza delle masse popolari al procedere della crisi della società borghese, se non si comprende la divisione dell’epoca imperialista in fasi distinte.