L’epoca imperialista

Rapporti Sociali n. 2, novembre 1988  (versione Open Office / versione MSWord )

Ogni cosa si trasforma. Ogni cosa si trasforma secondo le sue proprie leggi. Anche noi siamo oggetti e soggetti della trasformazione, ne siamo parte passiva e parte attiva, consapevole, con nostri obiettivi e piani.

Ogni cosa si trasforma in un'altra e questa in un'altra ancora e poi ancora, costituendo gli anelli di una catena. Se prendiamo un anello della catena, esso è attaccato al primo, ma solo attraverso gli anelli intermedi. Se vogliamo comprendere il legame che unisce una cosa ad un'altra da cui proviene, se vogliamo comprendere come sta trasformandosi una cosa, dobbiamo ricostruire nella nostra mente le fasi intermedie attraverso le quali la prima si è trasformata in quella che stiamo esaminando.

Ogni cosa diviene secondo le sue leggi e tramite le circostanze esterne e accidentali che incontra. Se vogliamo comprendere come mai una cosa si è trasformata proprio in quest'altra e non in qualcosa di diverso, dobbiamo non solo conoscere le leggi proprie di quella trasformazione, ma anche ricostruire nella nostra mente le circostanze esterne e accidentali che hanno determinato passo dopo passo quel percorso.

Si dice che una cosa è divenuta un'altra attraverso la mediazione degli anelli intermedi e delle circostanze esterne. La mediazione è un aspetto universale della trasformazione.

Chi non riconosce la mediazione, in campo politico cade nell'opportunismo di sinistra o di destra. La lotta contro gli opportunisti di sinistra (gli estremisti di sinistra) è una lotta interna alle nostre fila. Anche la lotta contro gli opportunisti di destra è una lotta interna alle nostre fila, ma solo fino ad un certo punto. Dove sta la differenza tra i due fronti?

Gli opportunisti di sinistra negano le mediazioni (le fasi, i passaggi, i processi) attraverso cui si svolge ogni trasformazione reale. Essi politicamente sono ostili all'imperialismo e alla borghesia, ma in campo culturale, dell'orientamento e della concezione del mondo si limitano a negare le posizioni della borghesia, non le superano, le conservano rovesciate, vedono il mondo come la borghesia solo dal lato opposto.

Essi quindi subiscono ancora fortemente l'influenza della borghesia e non è strano che ogni tanto alcuni di essi di colpo in bianco, sotto l’influsso di qualche evento traumatico, passino dall'altra parte. Gli opportunisti di sinistra possono essere dei discreti combattenti, mentre la loro direzione è rovinosa, sotto la loro direzione la sconfitta è certa. La permanenza di un opportunista di sinistra nelle nostre fila è positiva solo finché riusciamo a contenerne l'influenza e a determinare un processo in cui egli si trasforma e corregge a fronte dei compiti assegnatigli.

Gli opportunisti di destra negano anch'essi le mediazioni dei processi reali, quindi non vedono i passaggi attraverso cui il presente di supremazia della borghesia si trasforma nel domani di supremazia del proletariato, in definitiva vedono un baratro invalicabile tra il presente e gli obiettivi della nostra rivoluzione e restano ancorati alla sponda del presente. Hanno poca fiducia nella nostra vittoria perché non vedono i passaggi del cammino che la rende possibile. La loro opposizione alla borghesia è debole, sono inclini alla conciliazione, a staccarsi così poco dal presente da aderirvi quasi. A differenza degli opportunisti di sinistra essi hanno però l'appoggio della classe dominante, esprimono l'influenza della classe dominante nelle nostre fila, sono veicolo della sua influenza. Gli opportunisti di sinistra esprimono un'influenza indiretta della borghesia, un'influenza culturale e di concezione del mondo, attraverso la negazione. Gli opportunisti di destra invece esprimono la cultura e la concezione del mondo dominante, quella più diffusa ed esprimono l'influenza politica della borghesia. I veri e propri portavoce della classe dominante tra le masse si confondono con loro. Quindi essi usufruiscono della forza che deriva loro dall'appoggio della classe dominante, dal conservatorismo, dalla forza dell'abitudine, dalla rassegnazione, dalla stanchezza, dal servilismo, dal cedimento al ricatto e alla paura. Essi sono più dannosi (degli opportunisti di sinistra) anche come semplici militanti e la loro permanenza nelle nostre fila deve essere strettamente limitata a quelli che stanno trasformandosi. Gli altri possono essere, devono essere accettati nelle organizzazioni di massa. Qui il nostro obiettivo è determinare l'orientamento generale e controllare saldamente l’apparato, ma non possiamo escludere in linea di principio la partecipazione degli opportunisti di destra alle organizzazioni di massa, perché anch'essi, come gli opportunisti di sinistra, incarnano in modo unilaterale e organico, un limite reale delle masse ed escluderli dalle organizzazioni di massa vuol dire rifiutare di trattare e trasformare, di fare i conti con questo limite delle masse, cioè rinunciare al nostro compito e ai nostri obiettivi rivoluzionari.

Introduzione alla storia del movimento economico nella fase imperialista

Nell'ultimo quarto del secolo scorso (secolo XIX) arrivano a compimento

- la formazione del mercato mondiale, cioè la costituzione di una rete di relazioni di compravendita che avvolge tutta la popolazione mondiale,

- la formazione del sistema capitalistico mondiale, cioè la costituzione di un sistema gerarchico di relazioni tra i capitali operanti nei singoli paesi.

Il processo della loro formazione è anche il processo della formazione di un rapporto di denaro esteso a livello mondiale (sistema monetario internazionale) e di un sistema mondiale di relazioni tra Stati (sistema politico internazionale).

L'avvenimento comprende trasformazioni nel contenuto del processo di produzione e di riproduzione delle condizioni mate dell'esistenza e trasformazioni nei rapporti di produzione.

1. Le trasformazioni nel contenuto del processo produttivo

La sfera di circolazione dei prodotti è cresciuta progressivamente da una dimensione locale ad una dimensione mondiale. È cresciuto il numero delle aziende che producono per utilizzatori sparsi ai quattro angoli del mondo e proprio queste aziende hanno assunto nei paesi in cui sono insediate un ruolo dirigente tra le aziende produttrici.

La circolazione mondiale è diventata per gran parte della popolazione mondiale una componente essenziale del processo di produzione e di riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza.

Sono diventati oggetto di circolazione mondiale non più solo, come nelle epoche precedenti, alcuni articoli di consumo d'elite (spezie, sete, armi scelte, ecc.), ma gran parte del beni d’uso quotidiano e di massa (alimenti base, articoli di vestiario e altri ) e numerosi mezzi di produzione. Si è instaurato un sistema divisione del lavoro tra popolazioni: ognuna produce oggetti destinati ad essere usati da altre come beni di consumo o mezzi produzione e oggetti che entrano come prodotti intermedi nel processo produttivo di altre.

Questo sviluppo è stato reso possibile da una serie di trasformazioni nei mezzi di produzione, nei mezzi di trasporto, nei sistemi di conservazione dei prodotti deperibili, nei mezzi comunicazione, nei modi di consumo e di vita di massa e a sua volta questo sviluppo è il motore principale di queste trasformazioni. Di contro la circolazione mondiale continua ad essere limitata ai prodotti e alle attività che in base allo sviluppo tecnico sono diventate effettivamente trasferibili: prima dello sviluppo della radio e delle telecomunicazioni un concerto dato a New York non era trasferibile in Europa, ecc. Di conseguenza si crea a livello locale anche una differenziazione formate tra i prodotti e le attività che hanno una circolazione mondiale e quelli che non l'hanno.

Il rapporto di produzione, la forma che assume il processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza, si sviluppa diversamente nella produzione di merci a circolazione locale e nella produzione di merci a circolazione mondiale. Diversi sono ad es. il processo di formazione del prezzo, il ruolo della concorrenza, ecc. La cosa riguarda in modo particolare la differenziazione tra i prodotti che hanno esistenza e circolazione indipendenti dalla persona del loro produttore diretto e i prodotti che invece esistono indissolubilmente connessi alla persona del produttore diretto e consistono nella sua prestazione lavorativa stessa (i servizi).

2. Le trasformazioni della forma del processo produttivo

2.1. Il mercato mondiale

La dilatazione della sfera di circolazione dei prodotti (beni di consumo e mezzi di produzione) fino ad assumere dimensioni mondiali avviene fondamentalmente (salvo casi circoscritti di requisizioni, tributi, riparazioni di guerra, donazioni, ecc.) come estensione a livello mondiale delle relazioni commerciali (degli scambi tra merci e tra merci e denaro) già sviluppate a livello locale in alcuni paesi (Gran Bretagna, Francia, Olanda, Belgio, Germania, Stati Uniti d'America). Quindi la dilatazione mondiale della sfera di circolazione dei prodotti arrivata a compimento alla fine del secolo scorso, si attua come creazione del mercato mondiale.

Di conseguenza si diffondono nel mondo anche la produzione di merci e la produzione capitalistica, cambiano cioè in ogni paese anche i rapporti nell'ambito dei quali lavorano i produttori diretti. Ma ciò avviene in misura minore e più lentamente. Le popolazioni di interi paesi e continenti vengono coinvolte in questo processo senza che all'inizio mutino in quei paesi (divenuti colonie o semicolonie) i rapporti nell'ambito dei quali lavorano i produttori diretti. La borghesia di alcuni paesi europei prima e poi di ex colonie europee di popolamento (primi tra tutti gli USA) è in tutto il mondo il presupposto e il promotore della formazione del mercato mondiale (1).

Ma essa ha con la popolazione di molti paesi un rapporto estrinseco, di sola compravendita: si presenta unicamente come borghesia commerciale. L'inglobamento di questi paesi nel mercato mondiale peggiora la situazione dei produttori diretti (in prevalenza contadini) e distrugge però anche le condizioni necessarie per la riproduzione (e quindi per la stabilità) dei tradizionali rapporti di produzione in cui essi sono inseriti. Il passaggio in massa dei produttori diretti di questi paesi alla produzione capitalistica implicherebbe trasformazioni statali, amministrative, giuridiche e culturali tali da comportare il sovvertimento dell'intero assetto sociale esistente. Ma proprio la borghesia commerciale pone la sua forza e la forza degli Stati che essa dirige a tutela di quest'ordine e a difesa delle classi dominanti che la dominazione coloniale trova e in genere conserva facendone elementi di sostegno della dominazione coloniale stessa. Quindi essa ostacola la distruzione dei vecchi modi di produzione, ma piuttosto assimila e adatta a sé i modi di produzione e gli ordinamenti sociali esistenti.

2.2. Il sistema capitalistico mondiale

Quindi da una parte nasce un mercato mondiale che coinvolge pressoché tutta la popolazione di tutti i paesi, da un capo all'altro del mondo, e riguarda parti determinanti delle condizioni materiali della loro esistenza; dall'altra esso non nasce attraverso una universale trasformazione dei vecchi modi di produzione in produzione capitalistica, ma attraverso l'assoggettamento economico di tutto il mondo alla borghesia portatrice del modo di produzione capitalista che ha sussunto formalmente e realmente la popolazione di alcuni grandi passi e attraverso l'assoggettamento politico di tutto il mondo agli Stati di questi stessi passi, i paesi borghesi (colonialismo) (2).

Sulla base dello sviluppo di una rete di relazioni di compravendita a livello mondiale fra i capitali operanti nei vari paesi, le borghesie portatrici del modo di produzione capitalista iniziano ad entrare in rapporto (fra loro e con le popolazioni dei paesi assoggettati) non solo nella forma estrinseca di portatrici del capitale commerciale, ma anche e sempre più nella forma di portatrici del capitale produttivo e di capitale da prestito.

Si forma per questa via una connessione tra i capitali operanti nei vari paesi, il sistema capitalistico mondiale. Il capitale mondiale, il capitale in generale, cessa di esistere solo come astrazione dell'intelletto ed inizia ad esistere come entità concreta, che si manifesta come denaro che cerca di accrescersi (valorizzarsi) andando a cercare l'occasione migliore nel mondo anziché limitarsi al paese d'origine, vale a dire nella concorrenza dei vari capitali ad investirsi negli stessi affari e a soffiarsi i mercati di vendita e nella tendenza ad un livellamento mondiale del saggio del profitto (saggio medio mondiale del profitto) (3).

Si forma corrispondentemente una rete mondiale di rapporti di pagamento e di obblighi denominati in moneta (profitti, interessi, quote di prestiti, rendite, diritti per brevetti e affini, affitti e redditi) che comporta flussi abituali di denaro (ossia di potere di comando su lavoro altrui) da un paese ad un altro.

Così si crea l'unità economica mondiale. Da questo periodo in poi le crisi economiche assumono un carattere mondiale, inevitabile a causa dall'interconnessione economica esistente fra le varie parti del mondo in termini di mercato e di capitali. La profondità e il carattere devastante delle crisi nei singoli paesi diventano proporzionali all'avvenuta capitalizzazione della vita economica - ossia al grado in cui la produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza avviene in forma mercantile ed è sussunta dal rapporto di capitale, al grado in cui avviene in forma capitalistica.

2.3. Le trasformazioni nel modo di produzione capitalistico

Il mercato mondiale e il capitale mondiale nascono dunque dapprima come connessione tra mercati e capitali nazionali e come estensione a paesi arretrati di capitali e mercati nazionali. A partire da un certo momento, in ogni società borghese, in ogni paese, nell'ambito dei confini di ogni singolo Stato il rapporto fra capitale e mercato nazionali e capitale e mercato mondiale, da fattore secondario e subordinato diviene uno dei fattori dirigenti di tutto il suo movimento economico e politico (4). Nella misura in cui i capitalisti che producono per il mercato mondiale diventano via via predominanti anche nel mercato nazionale, concentrano nelle loro mani porzioni crescente del capitale ivi operante, conquistano quote crescente dei rispettivi mercati, nel loro agire (nel movimento della loro accumulazione) la vita economica e politica delle popolazioni dei singoli paesi viene sempre più ad essere dapprima coinvolta nel movimento mondiale del capitalismo e poi da esso determinata.

La formazione del mercato mondiale e del sistema capitalistico mondiale ha pertanto comportato la trasformazione delle relazioni economiche all'interno di ogni paese borghese, il capitale è entrato nella fase imperialista.

2.3.1. Le concentrazioni monopolistiche di capitale

Le aziende che producono merci per il mercato mondiale sono diventate anche le aziende predominanti all'interno di questi paesi, hanno conquistato il monopolio nei loro settori di produzione e sono diventate i soggetti trainanti e dirigenti dell'intera vita economica. La conquista di fonti di materie prime e il monopolio su di esse, la conquista e il mantenimento di zone da sfruttare in condizioni di monopolio, la conquista e il mantenimento di zone di smercio sono diventate per esse (e quindi per tutto il sistema economico dipendente da esse) strumento di affermazione nella concorrenza e quindi condizione necessaria di sopravvivenza (5).

2.3.2. Il capitale finanziario

Assumono un ruolo dirigente le imprese capitalistiche che cessano di essere imprese personali di singoli individui. Si costituiscono società di capitalisti atte a concentrare in un capitale unico il denaro di più individui, i quali lo conferiscono in cambio di titoli che danno diritto a quote del profitto. Questi titoli sono commerciabili, si crea uno specifico mercato per essi (la Borsa valori). Queste imprese diventano quindi luogo dove si investe denaro al fine di percepire un utile e per la durata che più conviene, senza alcun bisogno di partecipare alla gestione della produzione. Rinasce, ora all'interno della borghesia, una nuova categoria di uomini (i rentiers) che percepiscono rendite, una nuova aristocrazia avulsa dalla gestione degli affari, ora però intestataria di titoli finanziari alienabili e protesa alla conservazione della sua condizione. La gestione dell'attività produttiva si stacca dalla proprietà del capitale e diventa una professione a sé, una capacità lavorativa accanto alle altre, che può essere comperata come ogni altra. Il capitale può quindi essere investito in iniziative produttive senza alcun limite posto dalle sue dimensioni e dall'attitudine del suo proprietario a farsi promotore e dirigente della singola produzione, dal suo personale know how, dal suo legame con un determinato settore produttivo, dalla sua conoscenza tecnica e abilità nel dirigere e organizzare. L'investimento in attività produttive (industria, agricoltura, commercio, ecc.) sussunte dal capitale entra quindi in concorrenza con il deposito bancario e con il prestito a interesse. Il capitale produttivo si fonde con il capitale bancario in una nuova figura: il capitale finanziario. Questo ha caratteristiche e movimenti specifici, diversi sia da quelli del capitale produttivo sia da quelli del capitale bancario. La figura dominante nella società diventa il finanziere, il capitalista che raccoglie il denaro disponibile e lo colloca in società di capitali che gestiscono attività produttive.

2.3.3. L' esportazione di capitale

La borghesia di ognuno di questi paesi trova nell'esportazione in grande stile di capitali in altri paesi un'alternativa alla sussunzione formale e reale nel capitale dei lavoratori del paese.

L'esportazione di capitale avviene

- nella forma di prestiti (a Stati, organismi pubblici, imprese e privati di paesi stranieri),

- nella forma di acquisto di titoli finanziari emessi da Stati, organismi e imprese di paesi stranieri,

- nella forma di insediamento di filiali e società dipendenti in paesi stranieri.

Inizialmente la creazione di filiali a di società dipendenti avviene per sfruttare risorse (agricole o minerarie) che si trovano in questi paesi. Il capitale agisce cioè, per così dire, costretto dai capricci della natura. Più tardi nascono imprese capitaliste meno legate alle caratteristiche personali e nazionali dei proprietari del loro capitale: le società multinazionali. Esse pongono il mondo (libero!) come campo della loro azione, vanno sistematicamente a cercare occasioni di profitto dovunque si trovino, non hanno pregiudizi nazionali e razziali nella scelta degli insediamenti e nell'assunzione del loro personale. In esse le differenze di nazionalità e di razza tendono a scomparire, mentre risalta in tutta la sua forza la divisione di classe.

L'esportazione di capitale da una parte offre campi di impiego ai capitali accumulati in eccesso, che cioè non potrebbe essere impiegato con profitto, nelle condizioni date, negli esistenti settori di produzione capitalistica nel paese; dall'altra frena la trasformazione capitalistica dei rapporti di produzione nel paese (tipica è la lunga sopravvivenza di settori non capitalistici nel commercio al minuto, in alcuni settori agricoli e nei settori i cui prodotti non si materializzano in oggetti conservabili e trasferibili - l'insieme di attività che gli statistici raggruppano nel settore terziario o servizi) e dei connessi rapporti politici e culturali. Sopravvivono cosi a luogo nella metropoli forme di produzione arcaiche e ciò favorisce la collaborazione tra la borghesia e le classi che sono beneficiarie di queste forme arcaiche - nel caso dell'Italia il clero e gli agrari semifeudali del Meridione.

2.3.4 La trasformazione dei regimi politici dei paesi borghesi

La borghesia di ognuno di questi paesi utilizza ora lo Stato anche per realizzare e conservare le sue conquiste all'estero e quindi trasforma lo stato adeguandolo a questo compito.

A mano a mano che gruppi borghesi di un paese acquisiscono interessi all'estero, essi operano attivamente perché lo Stato assuma in prima persona la tutela dei loro interessi “oltremare”. Promuovono e sostengono la formazione e l'insediamento ai posti chiave del potere statale di un ceto politico imperialista. Promuovono la modificazione degli assetti politici, amministrativi e giuridici, al fine di agevolare la tutela statale delle proprie “conquiste”. Siccome gli Stati hanno ordinamenti “democratici” e per il loro funzionamento si basano (e devono basarsi) su una certa partecipazione delle masse, i gruppi borghesi promuovono, finanziano, appoggiano la costituzione di circoli, istituzioni, associazioni, lobbies, ecc. che determinano una “pubblica opinione” favorevole all'impegno dello Stato (“della nazione”) nel far valere sul terreno delle relazioni politiche internazionali (affari esteri, diplomazia, guerra) i “diritti” da essi acquisiti nel mondo.

Gli Stati diventano Stati imperialisti. Con il duplice effetto,

- all'interno, di avviare un processo di trasformazione del regime politico borghese, abbandonando progressivamente o svuotando di contenuto le forme “liberali” e “democratiche” perseguite nella fase ascendente della borghesia e sostituendole con forme adeguate al nuovo assetto materiale della società (regolamentazione statale e irreggimentazione della vita sociale, svuotamento degli istituti rappresentativi, prevalenza del potere esecutivo su quello legislativo, controrivoluzione preventiva, ecc.);

- all'esterno, di accentuare la tendenza a risolvere con l'uso di mezzi politici (diplomazia e forze armate) i contrasti di interessi economici tra gruppi di capitalisti.

2.3.5. II capitalismo monopolistico di Stato

Alle trasformazione del ruolo politico degli Stati borghesi corrispondono profonde trasformazioni del loro ruolo economico. Lo Stato diventa il soggetto dominante della vita economica dei paesi borghesi. Oltre a confermarsi come il maggior debitore (il debito dello Stato è una figura proverbiale sin dall'antichità), esso si presenta ora sul mercato capitalistico nazionale come il maggior acquirente di merci, il maggior acquirente di forza-lavoro, il maggior erogatore di fondi e il maggior destinatario di pagamenti. È questa la solida base per la sempre più estesa e profonda azione degli Stati borghesi sul terreno economico, che inizia a svilupparsi in modo significativo a partire da questo periodo.

Un salto di qualità decisivo in questa direzione avverrà poi con la prima Guerra Mondiale (6).

La preparazione al conflitto, la sua conduzione, il governo della riproduzione sociale nel suo corso e l'attività svolta nel periodo della ricostruzione impongono ai maggiori Stati borghesi l'introduzione di gran parte di quegli istituti (come il corso forzoso, il controllo delle produzioni “strategiche”, la moneta manovrata, il controllo sui cambi e sui movimenti di oro, di valute e di titoli di credito oltre frontiera, il reclutamento di forza-lavoro, ecc.) che il successivo decorso della prima crisi generale del capitalismo avrebbe reso nel corso degli anni '30 del XX secolo caratteri permanenti dell'azione statale in campo economico.

A partire da questa fase, il carattere sempre più immediatamente sociale che le forze produttive acquisiscono sulla base dell'unità economica mondiale del capitalismo impone una crescente azione degli Stati sul terreno economico, tesa a limitare, frenare, contenere gli effetti della contraddizione fra questo carattere oggettivamente sociale della produzione e il carattere sempre “privato” dell'appropriazione (nel senso del potere di disporre delle condizioni della produzione che un numero ristretto di individui esercita, ognuno con l'obiettivo della valorizzazione del suo capitale). Nasce la politica economica, come insieme delle forme di intervento (costante e non più episodico) che lo Stato sviluppa nel tentativo di far sì che i capitali si riproducano senza intoppi. L'economia diventa il contenuto principale della politica internazionale, dei rapporti tra Stati. Il complesso delle istituzioni create a quel fine (il finanziamento pubblico, le sovvenzioni e i crediti agevolati, il corso forzoso dei biglietti di Stato, la manovra della quantità di denaro, il controllo diretto dello Stato su parte dell'apparato produttivo, le politiche del lavoro, gli accordi interstatali in materia di cambi, dogane, investimenti, prestiti, ecc.) costituisce il capitalismo monopolistico di Stato.

NOTE

(1). Il Giappone è l'unico paese extraeuropeo e non colonizzato da europei che in questo periodo fa il suo ingresso sul mercato mondiale come paese indipendente. Pur sopravvivendo alcuni rapporti di produzione feudali, la borghesia giapponese a partire dal 1867 liquida il frazionamento feudale delle terre, ne promuove il mercato, sopprime i privilegi di casta e fa uso dell'apparato statale per sviluppare una moderna industria capitalistica.

(2). Per sussunzione formale degli uomini nel capitale si intende la situazione nella quale il capitalista acquista la forza lavoro dei lavoratori diretti che quindi producono merci per lui pur continuando sostanzialmente a lavorare con gli strumenti e nei modi tradizionali: il plusvalore aumenta prevalentemente come plusvalore assoluto.

Per sussunzione reale degli uomini nel capitale si intende la situazione nella quale strumenti di lavoro e modalità lavorative sono sorte sulla base del capitale, su impulso del capitalista e come modo per accrescere la valorizzazione del capitale - il plusvalore aumenta prevalentemente come plusvalore relativo.

Si veda in proposito K. Marx, Il capitale. Libro I, capitolo VI inedito, La Nuova Italia.

(3). Questa tendenza si manifesta sia nello spostamento di capitali produttivi in risposta a differenti condizioni di valorizzazione, sia in massicci spostamenti di capitale monetario a seguito dell'azione delle Pubbliche Autorità che determinano disparità nel tasso d'interesse.

(4). Il mercato estero e l'investimento da e verso l'estero e i flussi di denaro da e verso l'estero cessano di essere complementari alla vita economica del paese, quasi eccedenza e ridondanza di essa e diventano elementi determinanti del suo andamento.

(5). I due aspetti (lotta per la supremazia nel mercato nazionale e lotta per la supremazia nel mercato mondiale) costituiscono un tutt'uno: la conquista di posizioni vantaggiose in uno dei due terreni diventa punto di appoggio per muoversi con successo nell'altro; le alleanze che si realizzano in campo internazionale servono per dominare in campo nazionale e vice-versa; il sostegno dello Stato è determinante su entrambi i fronti, a cosa via.

(6). Lo Stato acquista materie prime e semilavorati da destinare alle produzioni belliche, generi alimentari per costituire scorte ed alimentare gli eserciti, materiali per la ricostruzione economica e la riconversione dell'apparato industriale, impiega manodopera nell'esercito, nell'amministrazione, nella produzione per la guerra e in quella civile, nei lavori di ricostruzione, ecc., introita il ricavato di imposte e tasse straordinarie (per la guerra prima, per la ricostruzione poi) e il ricavato dalla sottoscrizione di enormi quantità di titoli pubblici che emette indebitandosi e così via.

3. L’unificazione politica del mondo

La costituzione di un mercato mondiale e di un sistema capitalistico mondiale comporta la creazione nel mondo di rapporti tra tutti gli Stati, un'unificazione politica del mondo. Ciò si manifesta:

- nella costituzione di Stati dove ancora non ne esistono (ogni angolo della terra e ogni individuo devono essere sottoposti ad uno Stato, tutta la terra deve essere suddivisa in Stati),

- nella creazione tra gli Stati esistenti di rapporti atti a costringere Stati, organismi pubblici, imprese private di paesi stranieri ad accettare prestiti ed insediamenti di imprese straniere, al pagamento degli interessi, alla restituzione dei prestiti, al rispetto delle esigenze di valorizzazione dei capitali investiti in imprese locali (sistema di diritto internazionale e strumenti per farlo valere) (7).

4. L’imperialismo

Quando le trasformazioni descritte sopra (punto 2) diventano l'elemento determinante della vita e dello sviluppo dei principali paesi borghesi, e quando l’unificazione politica del mondo (descritta al punto 3) è un fatto compiuto, inizia la fase imperialista del modo di produzione capitalista (8).

4.1. Lo sfruttamento delle colonie e delle neocolonie

In questa fase il mondo si divide in

- un pugno di paesi imperialisti dove gran parte delle attività produttive è sussunta nel capitale, dove il possesso delle condizioni della produzione è concentrato in poche mani, i cui Stati acquistano sul mercato tutto quanto (uomini, armi, oggetti e strumenti vari) è necessario alla loro attività, la cui popolazione è sussunta nel capitale come lavoratori salariati o impiegata come quadri politici, militari, amministrativi, culturali, tecnici per la gestione del resto del mondo,

- il resto dei paesi dove abita la maggior parte della popolazione mondiale, dominati politicamente e sfruttati economicamente dalla borghesia dei paesi imperialisti.

Finché l'instabilità introdotta dall'irruzione della borghesia commerciale nei modi di produzione primitivi dei paesi dominati non aveva ancora reso impossibile la produzione e riproduzione sul posto delle condizioni materiali dell'esistenza delle popolazioni locali, le popolazioni di questi paesi furono indotte all'osservanza dei loro obblighi economici, all'assunzione e allo scrupoloso adempimento dei compiti richiesti dalla valorizzazione del capitale estero con la conquista diretta (colonie) o con la minaccia militare degli Stati dei paesi borghesi da cui provenivano i capitali esteri sulle classi dirigenti locali (protettorati e zone di influenza) (9).

Né poteva essere diversamente: erano infatti la produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza delle popolazione dei paesi borghesi che dipendevano invece già - sia per il contenuto che tali condizioni avevano assunto sia per i rapporti nell'ambito dei quali venivano prodotte e riprodotte - dalla regolare osservanza degli obblighi e del ruolo economici da parte degli organismi e degli individui degli altri paesi. Di conseguenza, da questa dipendeva anche la stabilità politica dei paesi borghesi. Gli stessi Stati di questi paesi oramai dipendevano completamente dall'andamento degli affari della propria borghesia per la loro sopravvivenza; infatti ogni loro attività deve essere “finanziata”, ossia avviene solo come contropartita di un'adeguata quantità di denaro, una parte del quale è presa a prestito e quindi direttamente controllata dai circuiti finanziari e l'altra è detratta, come imposta, dal plusvalore realizzato dai capitalisti.

In seguito l'instabilità introdotta dall'irruzione della borghesia nei modi di produzione primitivi dei paesi soggetti rese progressivamente impossibile la produzione e riproduzione sul posto delle condizioni materiali dell'esistenza delle popolazioni locali; di conseguenza queste vennero a dipendere anch'esse per la loro sopravvivenza dal regolare funzionamento del mercato mondiale e delle relazioni finanziarie e politiche ad esso sottese e dal mantenimento del loro ruolo in questo mercato (10).

A questo punto anche la stabilità e sopravvivenza dei regimi politici dei paesi dipendenti venne ad essere nelle mani delle imprese e delle istituzioni in grado di controllare il mercato mondiale o almeno, per ogni paese dipendente, in grado di decidere del suo ruolo e della sua posizione nel mercato mondiale. Da ciò dipendono infatti l'andamento degli affari nel paese e le condizioni di vita delle masse del paese. Non solo, ma gli Stati stessi dei paesi dipendenti oramai devono “finanziare” le loro attività e per questo dipendono totalmente dalla borghesia. Proprio grazie a questo l'indipendenza statale dei paesi coloniali, man mano che, dopo la 2° Guerra Mondiale, sarà conquistata, ribadirà e manterrà la dipendenza economica su cui essa stessa del resto è fondata (neocolonialismo) (11).

4.2. Le contraddizioni tra gruppi e Stati imperialisti

Alla fase imperialista corrisponde un'accentuazione delle contraddizioni che il modo di produzione capitalista continuamente genera.

In questa fase, il movimento incessante della concorrenza fra le singole frazioni del capitale mondiale è la somma dei movimenti

- attraverso cui il singolo capitale cerca di accrescersi a spese altrui nel mercato nazionale,

- attraverso cui il singolo capitale effettua investimenti, acquista merci e manodopera, stipula contratti, stringe rapporti, legami e alleanze allo scopo di far sua una parte più ampia del mercato mondiale.

È questo un processo in cui il singolo capitalista, partito da una base nazionale, va oltre questa, acquisisce una dimensione sempre meno legata alle particolarità del mercato d'origine, sempre più “sovranazionale”; le attuali corporations transnazionali (le “multinazionali”) sono l'esempio concreto di questo tendenziale sganciamento dei grandi gruppi monopolistici dalle loro basi nazionali.

Il mercato mondiale e il sistema capitalistico mondiale si costituiscono come contraddittoria unità risultante da questo movimento complessivo, come somma di movimenti parziali.

La fase imperialista del modo di produzione capitalista è caratterizzata dal moltiplicarsi ed approfondirsi delle contraddizioni in seno al sistema capitalistico mondiale:

- contraddizioni fra le singole frazioni del capitale mondiale, che si scontrano con accanimento almeno pari a quello che contraddistingue la lotta fra i diversi capitali nell'ambito nazionale: le alleanze concluse un giorno vengono usate come strumento di guerra e denunciate il giorno successivo;

- contraddizioni fra gli Stati: quando siano date le condizioni necessarie (di natura economica, politica e militare), le contraddizioni fra gruppi borghesi - ognuno dei quali cerca di modificare e volgere a proprio favore la connessione gerarchica tra i capitali sul mercato mondiale - finiscono col tradursi in contraddizioni tra Stati e quindi in guerre interimperialiste;

- contraddizioni, all'interno dei vari paesi, tra i gruppi borghesi che sempre più orientano oltre i confini i loro interessi (occasione di investimento, acquisizione di materie prime, mercati di sbocco) e quelli che nel mercato locale trovano i presupposti e le condizioni della valorizzazione del proprio capitale. Nella lotta per il predominio anche i primi si appoggiano ad una componente del ceto politico statale, stringono alleanze con altri ceti e classi sociali, cercano di influenzare a loro vantaggio l'azione dello Stato, non soltanto sul piano della politica interna ma anche su quello degli affari esteri in questo venendo inevitabilmente, prima o poi, in conflitto con gli interessi della “borghesia imperialista ”.

All'impossibilità di pianificare il movimento dell'economia capitalistica (e in generale dell'economia mercantile nella quale è sostanziale il fatto che le singole unità economiche agiscono indipendentemente le une dalle altre) (12), corrisponde l'impossibilità di risolvere in un indirizzo unitario (e in un corrispondente organismo) le contraddizioni politiche fra le frazioni del capitale mondiale, vale a dire le contraddizioni che si esprimono attraverso i contrasti tra Stati. Sia la mediazione nella forma di alleanza tra Stati imperialisti (come nel “ superimperialismo” ipotizzato da Kautsky e Bukharin), sia la mediazione nella forma di dominio di un polo imperialista che ingloba nella sua strategia altri poli imperialisti subordinati (come nella teoria dello Stato Imperialista delle Multinazionali) si sono rivelate e si rivelano estrapolazioni unilaterali di aspetti transitori della realtà (13).

NOTE

(7). L’unificazione economica mondiale che si realizza nell'ultimo quarto del secolo scorso ha come risultato e condizione per la sua conservazione l'esistenza di un unico ordine politico mondiale.

Implica cioè la possibilità di costringere individui di ogni angolo del mondo all'osservanza degli obblighi assunti o decretati verso individui di qualsivoglia parte del mondo. In particolare, non è comprensibile la nascita e il funzionamento del “Gold Standard” se non si considera l'apporto della Royal Navy britannica. Non è comprensibile la nascita e il funzionamento del “Dollar Standard” se non si considera l'apporto delle varie flotte USA e del sistema di basi USA sparse in tutto il mondo (libero!) nell'ambito della NATO, della CENTO, dell'ANZUS e di altre organizzazioni analoghe. È questo l'aspetto su cui concentrano unilateralmente l'attenzione e l'offensiva le correnti rivoluzionarie soggettiviste, che concepiscono la dominazione politica (statale) come l'inizio, la base a l'aspetto fondamentale dell' imperialismo.

Ma, a differenza che per i grandi imperi del passato, ora l'unità politica si fonda sulla solida base dell'interdipendenza creata tra le popolazioni di tutto il mondo nella produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza, nella forma di mercato mondiale (scambio di merci a livello mondiale) e di connessione gerarchica tra i capitali operanti nei vari paesi con i relativi rapporti monetari.

Di conseguenza la dipendenza politica può essere distrutta solo rompendo il proprio legame con il mercato mondiale, rompendo il proprio legame economico con il resto del mondo. D'altra parte la rottura di questo legame implica come condizione necessaria la trasformazione dei rapporti di produzione all'interno del paese. La trasformazione dei rapporti di produzione vigenti all'interno del paese diventa aspetto necessario della lotta per l'indipendenza politica del paese (le lotte di liberazione nazionale diventano parte della rivoluzione proletaria mondiale, cioè lotte di liberazione antimperialiste ).

(8).  L'opuscolo di Lenin L'imperialismo, fase suprema del capitalismo resta ancora oggi (a distanza di oltre settant'anni dalla sua pubblicazione!) quanto di meglio la letteratura marxista rivoluzionaria abbia prodotto sull'argomento. Affermare questo significa implicitamente riconoscere l'enorme ritardo accumulato dalla conoscenza scientifica della realtà dell'imperialismo. Generazioni di comunisti hanno “vissuto di rendita” sulla base dell'analisi leninista, o riproponendola in toto, quasi l'imperialismo fosse un oggetto immobile e non una fase del movimento storico del modo di produzione capitalista, oppure ritoccandola qua e là al modo in cui si restaura un affresco antico o cercando di attualizzarla aggiungendovi ecletticamente elementi desunti dall'osservazione empirica dei fenomeni contemporanei.

I partiti comunisti che si formarono nei paesi imperialisti dopo la vittoria della Rivoluzione d'Ottobre non arrivarono mai ad una comprensione del movimento economico delle società imperialiste adeguata ai loro compiti politici. La conseguenza fu il loro insuccesso politico, nonostante l'eroismo, la dedizione alla causa, la fedeltà agli ideali del comunismo di milioni di comunisti, nonostante la cospirazione e la lotta armata contro il nazifascismo. In ciò sta anche l'origine dell'impotenza degli esponenti “fedeli ai principi del comunismo” di quei partiti (Secchia, ecc.) di fronte al revisionismo moderno. In particolare il PCI non comprese il movimento economico della società italiana né durante il periodo fascista (interpretò il fascismo come espressione della borghesia arretrata o dell'arretratezza della borghesia italiana) né sotto il regime democristiano (fino al 1956 negò che dopo la guerra e la sconfitta del proletariato era iniziato un nuovo periodo di sviluppo del capitalismo e dopo il 1956 sostenne che il movimento economico era diventato governabile dallo Stato).

Sia lo sviluppo continuo delle cose, sia il carattere stesso dell'opuscolo di Lenin impongono di considerare l'opera di Lenin come punto di partenza per successive analisi. Da un lato, Lenin ha limitato la sua indagine ai soli aspetti economici della nuova fase. Dall'altro lato, pur basandosi sul vaglio di una letteratura enorme in materia (come testimoniano i Quaderni sull'imperialismo), l'opuscolo è stato scritto a scopo dichiaratamente divulgativo - come indica lo stesso sottotitolo Saggio popolare - e di agitazione. Infine, occorre sottolineare il fatto che l'opuscolo non può non risentire della prospettiva concreta dalla quale l'imperialismo è stato esaminato: i comunisti russi si trovavano nella condizione di movimento proletario rivoluzionario di un paese capitalistico arretrato alle prese con il sistema imperialista mondiale. Niente di più insensato quindi del volervi trovare le risposte bell'e pronte alle questioni che deve affrontare e risolvere oggi un movimento rivoluzionario nella metropoli imperialista.

(9). Questa è la condizione prevalente (più diffusa, ordinaria) fino al 1914. È l'epoca della politica delle cannoniere. Lo si può confermare dall'esame dei consumi (“paniere” dei consumi delle famiglie, che subisce poco o nessun mutamento, continuando ad essere composto da prodotti locali) dei paesi soggetti, del tipo di importazioni (quasi mai alimenti di massa), dei mezzi di produzione usati per la produzione dei beni base per il mantenimento (che restano quelli tradizionali).

(10). Questa è la condizione prevalente nel periodo successivo alla 2° Guerra Mondiale. La politica delle cannoniere condotta dai singoli Stati imperialisti si trasforma in un sistema di costrizioni militari e ricatti economici sotto la tutela internazionale della Società delle Nazioni prima e delle Nazioni Unite dopo. Lo si può confermare per le stesse vie indicate nella nota precedente: i consumi di una parte delle popolazioni dei paesi soggetti - in particolare di quella parte impiegata nei settori dove è avvenuta la penetrazione del capitale straniero - si spostano verso modelli tipici dei paesi imperialisti; nuovi bisogni sorgono e si diffondono, una larga parte dei beni di base (anche alimentari) deve essere importata; nuove tecniche produttive vengono introdotte e muta quindi il modo in cui vengono prodotti localmente i generi di prima necessità.

(11). La separazione dal mercato mondiale che l'indipendenza politica comporta, compromette e sconvolge inevitabilmente il processo di produzione e di riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza, che dipende oramai dalla circolazione mondiale dei beni di cui il mercato mondiale è la forma attuale e dalla valorizzazione del capitale operante nel paese che è unito da connessione gerarchica col capitale operante negli altri paesi.

Si pensi a tutti i beni non producibili neanche in grandi paesi come l'URSS o l'Europa, ma entrati nelle condizioni correnti di vita delle relative popolazioni; a tutte le materie prime non esistenti sul posto ma oramai entrate nell'uso corrente; ai paesi le cui dimensioni limitate ostacolano e impediscono la realizzazione al loro interno di un sistema industriale ed agricolo completo corrispondente a moderni livelli di vita e civiltà capace di riprodurre al suo interno tutte le sue parti componenti (ingredienti). La separazione dal mercato mondiale che avviene nel 1917 sconvolgerà inevitabilmente per una fase transitoria (al di la dell'invasione militare e della guerra civile) anche il processo produttivo di un grande paese come l'URSS, stante tutte quelle parti componenti del processo produttivo e del consumo che fino a quel momento erano state importate dall'estero, in base alla divisione internazionale del lavoro.

La separazione dal mercato mondiale si produce solo come fase transitoria alla costituzione di un nuovo sistema di unità economica mondiale e di divisione mondiale del lavoro, aventi come forma non più il mercato mondiale ma l'unita consapevole e organizzata dei popoli: l'unione internazionale comunista.

(12). Con “pianificare” intendiamo indirizzare il complesso dell'attività economica alla realizzazione di obiettivi prefissati, distribuendo tra le sue parti costitutive l'attuazione di compiti e predisponendo le relazioni tra queste sue parti.

Ciò ha poco a che vedere con la “pianificazione” esistente in ogni paese capitalista moderno nell'ambito dell' attività statale, che consiste in correttivi e pezze apportate al movimento economico della società e costituisce quindi una delle forme antitetiche dell'unità sociale.

(13). Altrettanto scarsa coscienza del nesso che lega produzione mercantile, produzione capitalista (generalizzazione della precedente) e fase imperialista di quest'ultima dimostrano quelle correnti soggettiviste che parlano di “sistema imperialista, di “sistema mondiale dell'imperialismo”. Costoro vedono l'albero e non la foresta, vedono la punta dell'iceberg ignorandone la massa sommersa dall'acqua. E riducono i1 compito storico del proletariato (il superamento dei rapporti di produzione capitalistici) alla lotta contro una singola espressione - anche se la più alta - di quei rapporti (sia essa il “domino imperialista”, ossia l'aspetto politico, statale del sistema capitalista mondiale, sia essa la “borghesia imperialista mondiale”, ossia la frazione dirigente di esso). In proposito conservano tuttora la loro validità le critiche che Lenin rivolse a Bukharin al VIII Congresso del Partito Bolscevico: “L'imperialismo puro, senza il fondamento del capitalismo, non è mai esistito, non esiste in nessun luogo, non potrà mai esistere. ... In nessun luogo del mondo il capitalismo monopolistico esiste né esisterà mai senza che, in parecchi settori, sussista la libera concorrenza. ... L'imperialismo è una sovrastruttura del capitalismo. Quando crolla, ci si trova di fronte alla cima distrutta e alla base massa a nudo” (Lenin, Opere complete vol. 29, Ed. Riuniti).

5. Il denaro mondiale

La circolazione mondiale dei prodotti, realizzandosi come creazione di un mercato mondiale, portò con se la nascita e lo sviluppo a livello mondiale del rapporto di denaro e di veicoli materiali di questo rapporto.

Il denaro trova nel mercato mondiale la sua più piena espressione. Qui esso, superati i confini della circolazione locale, abbandona le molteplici e variopinte forme che in essa via via assume mediandosi con le tradizioni, le abitudini e la cultura locali e si presenta come denaro mondiale, cioè come “forma immediatamente sociale” (cioè valida e accettata universalmente) in cui si incarna il lavoro umano astratto, sostanza del valore e diviene impersonale potere di comando su lavoro altrui a livello mondiale, senza legami di sangue, di razza, di storia comune.

Le relazioni monetarie locali (relative a singole zone, a singoli Stati e ad unioni monetarie) si sviluppano in relazioni monetarie internazionali. Si sviluppano mezzi di scambio mondiale, mezzi di misura dei valori a livello mondiale, mezzi di conservazione del valore a livello mondiale, mezzi di pagamento e mezzi di tesaurizzazione a livello mondiale.

Nasce un sistema monetario mondiale, un sistema mondiale di relazioni tra individui e popoli, che si presenta come rapporto tra le relative materie del denaro.

La formazione del sistema capitalistico mondiale porta a compimento la formazione del denaro mondiale. Il capitale (denaro che cerca di accrescersi) cerca la sua fortuna in ogni angolo del mondo e quindi le varie materie del denaro si relazionano tra loro in molteplici rapporti. Il movimento del sistema monetario internazionale diventa l'espressione dell'intero movimento economico mondiale e una catena vincolante per ogni sua parte.

Il denaro, in quanto denaro mondiale, diventa sempre più l'elemento centrale del sistema capitalistico mondiale. È nel denaro che si rappresentano più compiutamente le caratteristiche del sistema capitalistico mondiale, così come è nel denaro che si esprimono e si riflettono più evidentemente le contraddizioni che lo attraversano.

5.1. Il sistema monetario internazionale

L'unita economica mondiale si manifesta ed esiste, prima e più che nell'unità politica e nella dominazione politica, nel rapporto di denaro, nella universale dipendenza da un unico sistema monetario internazionale, dipendenza che alla prova dei fatti si è rivelata e si rivela più resistente e più difficile da scalzare della dipendenza politica.

Il denaro mondiale è più potente di ogni esercito. Con la stessa forza ineluttabile, capillare, impersonale con cui nella società borghese ogni individuo è subordinato e disciplinato dal denaro una volta che il processo di produzione e riproduzione delle condizioni dell'esistenza è diventato un processo sociale, con la stessa forza ineluttabile, capillare, impersonale ogni sistema economico locale è subordinato e disciplinato dal denaro mondiale, ora che il processo di produzione e riproduzione delle condizioni dell'esistenza è diventato un processo sociale a livello mondiale. L'asservimento delle popolazione di tutti i paesi al denaro mondiale diventa palese negli anni '20 e '30, ben prima che il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale dessero veste personale e istituzionale a questo asservimento universale e ben prima che il governo di Washington imponesse nel mondo la sua dominazione politica.

Il denaro è (un particolare) potere di comando sul lavoro altrui, parallelo, alternativo e complementare al potere che si esercita mediante la coercizione, al potere statale. Con la formazione del mercato mondiale e del sistema capitalistico mondiale, il denaro fa il suo ingresso tra gli strumenti delle relazioni internazionali, andando a collocarsi accanto agli eserciti e alla diplomazia. A partire da questo momento il dominio, l'assoggettamento, la dipendenza si esprimono reciprocamente in rapporti di debito e di credito.

5.2. Le relazioni monetarie

Nella misura in cui il mercato mondiale e il sistema capitalistico mondiale vengono a rivestire un ruolo dirigente sui movimenti economici dei singoli paesi, il rapporto fra unità mondiale e particolarità locali si esprime sempre più in relazioni monetarie (tra denaro mondiale e denari locali) (14).

Il rapporto di scambio fra denaro nazionale e denaro mondiale - il tasso di cambio - assume un'importanza sempre maggiore, via via che il denaro mondiale “filtra” all'interno della circolazione nazionale - e viceversa, via via che la moneta nazionale entra in circolazione a livello mondiale. Il modo in cui si realizza la comunicazione tra le due circolazioni (nazionale e mondiale), la posizione dirigente, determinante, oppure passiva, subordinata, che la circolazione nazionale esprime rispetto alla circolazione mondiale sono al tempo stesso conseguenza, indice e fattore della collocazione di ogni frazione del capitale mondiale nella gerarchia capitalista (15).

5.3. Le istituzioni monetarie mondiali

Il carattere sociale raggiunto dal processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza, l'insopprimibile connessione reciproca tra le aree, zone e settori economici che costituiscono il sistema capitalistico mondiale, si riflettono nella creazione di istituzioni incaricate di governare le relazioni monetarie internazionali: organismi finanziari per l'emissione amministrata del denaro mondiale, istituti che pongono limiti e regole all'azione dei singoli Stati nel governo della quantità di denaro, accordi sui movimenti monetari internazionali, sui tassi di cambio e così via. E di converso il predominio mondiale di uno Stato si esprime nella sua direzione su queste istituzioni.

5.4. Le crisi monetarie

Le crisi capitalistiche tendono sempre più a manifestarsi nella forma di crisi monetarie. Le difficoltà, gli ostacoli, gli inceppamenti, le battute di arresto della produzione e riproduzione del capitale, del ciclo dell'accumulazione capitalistica si riflettono e si manifestano anzitutto al livello delle relazioni monetarie. Inflazione, speculazioni finanziarie, crolli delle quotazioni di titoli di credito e di titoli azionari, sussulti nel livello dei tassi di interesse, ingovernabilità dei movimenti di capitale monetario, imprevedibilità dei movimenti dei cambi anticipano nel tempo a rendono manifeste le contraddizioni che sorgono nel cuore dell'accumulazione capitalistica (16).

5.5. Le forme fenomeniche (le materie) del denaro mondiale

I rapporti di forza tra i gruppi borghesi sul mercato mondiale si riflettono nell'avvicendarsi delle forme fenomeniche del denaro mondiale.

Nelle sue funzioni di mezzo generale di pagamento, di mezzo generale di acquisto e di materializzazione della ricchezza universale, il denaro mondiale si è presentato in forme storicamente mutevoli: nella duplice forma dell'oro e dell'argento, nella sola forma dell'oro, nella forma di biglietto convertibile a vista in oro, nella forma di lettera di credito, nella forma di cartamoneta, nella forma di scrittura contabile (deposito bancario).

Queste diverse forme fenomeniche del denaro mondiale, insieme con i sistemi di relazioni monetarie e finanziarie che attorno ad esse si venivano costituendo, sono l'espressione dei rapporti di forza che si sono via via stabiliti nel mercato mondiale e nel sistema capitalistico mondiale fra le diverse frazioni del capitale. Nel movimento economico delle società borghesi degli ultimi cento anni, al temporaneo fissarsi di tali rapporti di forza in equilibri relativamente stabili, fondati sul predominio di una determinata frazione del capitale mondiale sulle altre, ha corrisposto il cristallizzarsi delle relazioni monetarie e finanziarie internazionali in successivi sistemi, ciascuno dei quali ha fatto perno su di una forma di esistenza storicamente determinata del denaro mondiale. Cosi, l'oro (fino ad una certa epoca insieme con l'argento), la moneta sterlina, la sterlina banconota, la cambiale denominata in sterline, la scrittura contabile in sterline presso una banca di Londra sono state le forme storicamente determinate del denaro mondiale dalla fine del secolo scorso (XIX) fino alla 2° Guerra Mondiale, mentre l'oro, il dollaro banconota, la cambiale denominata in dollari, il conto in dollari presso una banca di New York e poi presso le banche dell'eurodollaro lo sono stati dalla fine di questa sino agli inizi degli anni '70, quando crolla il sistema finanziario internazionale creato a Bretton Woods net 1944.

6. Conclusioni

Gli aspetti monetari e finanziari del sistema capitalistico mondiale, dal suo costituirsi alla fine del secolo scorso (XIX) fino ai primi anni '70 del nostro secolo, saranno la guida alla ricostruzione del movimento economico dell'epoca imperialista che è l'oggetto della nostra ricerca. È il periodo storico in cui il rapporto di capitale, compiuta la sua missione di sviluppo delle forze produttive e di unificazione del mercato, ha raggiunto il suo limite storico ed è trapassato nella sua fase di capitalismo morente, agonizzante, in putrefazione, di capitalismo monopolistico o imperialismo e si pone all'ordine del giorno il superamento del rapporto di capitale, del rapporto di denaro, della produzione mercantile.

Nella separazione e contrapposizione delle relazioni monetarie al processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell'esistenza, denunciata proprio in questi giorni da più parti in occasione della riunione a Berlino dell'assemblea generale del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, noi mostreremo la manifestazione della separazione e della contrapposizione dello stesso processo al rapporto di capitale e al rapporto di denaro. Tracceremo quindi la storia dell'imperialismo sotto il profilo delle relazioni monetarie e finanziarie.

NOTE

(14). Tra le relazioni monetarie mondiali e le relazioni monetarie locali non vi è un rapporto di esteriorità, di alterità. Storicamente la circolazione monetaria mondiale si è dapprima presentata come un tutt'uno con la circolazione nazionale del paese del gruppo borghese dominante: prima la Gran Bretagna, poi gli Stati Uniti. Ma anche al di là dei periodi in cui (a causa dell'egemonia schiacciante, senza rivali, di questi gruppi borghesi) circolazione mondiale e circolazione nazionale tendevano a coincidere, il rapporto tra relazioni monetarie mondiali e relazioni monetarie nazionali ha sempre costituito una sorta di sistema di vasi comunicanti con filtri, valvole, polmoni.

(15). Si va dal caso estremo in cui la circolazione monetaria nazionale coincide praticamente con la circolazione del denaro mondiale - è avvenuto per la Gran Bretagna grosso modo fra il 1870 e il 1914, per gli USA negli anni immediatamente successivi alla conclusione della 2° Guerra Mondiale - all'altro caso estremo in cui il livello di subordinazione è tale che risulta persino difficile parlare di circolazione e denaro nazionale in senso proprio: si pensi alla condizione di certe colonie o anche a quella attuale di Stati come la Liberia o Panama. Nell'uno come nell'altro caso, una relazione determinata fra denaro nazionale e denaro mondiale è indice e conseguenza di una condizione di egemonia o di subordinazione, nel mentre contribuisce (come fattore tra gli altri) a perpetuare questa stessa condizione. Beninteso, il rapporto dialettico resta quello che vede il predominio sul terreno economico (rapporti di produzione) esprimersi in rapporti politici determinati (la politica come “concentrato dell'economia”, secondo la felice espressione di Lenin) e questi a loro volta tradursi in determinate relazioni monetarie; e non viceversa. È il dollaro che è (era?) forte perché l'imperialismo USA è forte e non il contrario.

(16). Il primo grande esempio di questa nuova forma di manifestazione delle crisi come crisi monetarie è il crack della Borsa valori di Wall Street nel 1929 (ancor oggi spauracchio e sinonimo di catastrofe per le borghesie di tutto il mondo). La storia del secondo dopoguerra - e in particolare gli ultimi venticinque-trent'anni - forniscono esempi in abbondanza: la crisi del dollaro e la rottura del sistema del “Gold Exchange Standard”, l'inflazione del '73-‘74, il debito dei paesi dipendenti, l'instabilità dei tassi di cambio, ecc. Per un'interpretazione di tutte queste vicende, si veda Crack di Borsa e capitale finanziario, in Rapporti Sociali n. 1, 1988.