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(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

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Avviso ai naviganti n. 21

Per i compagni decisi a diventare Stato Maggiore della rivoluzione socialista
Cosa significano le espulsioni di compagni dalla CGIL e dalla FIOM e come usarle per rafforzare la nostra lotta

13.07.2013

Avviso ai naviganti n. 20

Riflessioni sull’Assemblea
del 4 luglio a Napoli

“Ricostruiamo Napoli e la Campania! Bonifica e Lavoro ora! Invertiamo la rotta!”

11.07.2013

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Avviso ai naviganti 22

4 agosto 2013

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Per i compagni decisi a diventare Stato Maggiore della rivoluzione socialista

Pensare non è come cagare

Riflessioni a proposito del Comunicato finale dell’Assemblea di Napoli “Uniti si vince” del 29 luglio.

Settanta anni fa in Italia e nel mondo vi era un vasto, ramificato e possente movimento comunista che avanzava, unito per milioni e centinaia di milioni di oppressi e sfruttati, all’attacco: lottava per porre fine alla dominazione coloniale e al sistema imperialista mondiale e instaurare il socialismo. Ovunque faceva vedere sorci verdi alla borghesia, al clero e alle altre classi reazionarie in ogni angolo del mondo. Perché quella grande unità si è spezzata? Perché oggi i lavoratori sono disorganizzati e frammentati e i padroni imperversano in ogni angolo del mondo e su ogni terreno? Come riprendersi dalla confitta subita?

 

Le difficoltà nel movimento comunista sono sorte principalmente dal fatto che quelli che pensavano (gli intellettuali e dirigenti del movimento comunista) pensavano male, si lasciavano influenzare dalla borghesia e dal clero. Non sono sorte principalmente dal fatto che tra le masse popolari pensare era un’attività praticata ancora da pochi e ancora a livelli relativamente bassi di apprendimento (la rivoluzione non può che iniziare con masse popolari che la borghesia e il clero hanno mantenuto con ogni mezzo nell’ignoranza e nell’abbrutimento). Non sono le masse popolari che hanno trascinato a destra dirigenti che indicavano con chiarezza, convinzione, nel dettaglio (passo dopo passo) e nella prospettiva la via verso l’instaurazione del socialismo. Al contrario è stato il grosso dei dirigenti che hanno imposto una linea di destra ai vertici dei partiti comunisti che a loro volta l’hanno imposta alla base. Questa, mossa dalla sua esperienza che anche se non ancora elaborata in pensiero concorre pur sempre a formare il comportamento pratico e le aspirazioni degli individui, era così poco convinta dalla loro linea di destra che poco a poco ha ridotto il suo slancio e la sua militanza e infine ha lasciato cadere il partito comunista e le sue organizzazioni di massa (sindacati, cooperative, associazioni culturali). Il movimento comunista da quello che era si è ridotto allo stato attuale.

Le masse popolari e in particolare gli operai per far fronte alla borghesia e fondare una società su loro misura hanno bisogno indispensabile di comunisti armati di una comprensione avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta tra le classi. Ma hanno bisogno non di teorie qualsiasi, ma di una teoria giusta, della concezione comunista del mondo. Da quando i suoi dirigenti e intellettuali hanno abbandonato il marxismo e si sono dati a sciorinare e vendere sciocche fantasticherie e divagazioni che facevano comodo alla borghesia e al clero (dalla “questione morale”, al “piccolo è bello”, al “dividere tra tutti il lavoro che c’è” (cioè quello che serve ai capitalisti per fare profitti) e altre baggianate del “pensiero debole” compresa perfino la tesi che “non esiste più classe operaia”), in effetti la classe operaia ha cessato di esistere come soggetto politico, si è frammentata azienda per azienda, zona per zona, individuo per individuo, sulla difensiva o rassegnato e disperato. Tanto la concezione comunista del mondo le è indispensabile! Ma non potevano gli operai pensare da se stessi? Non potevano fare a meno di intellettuali e di dirigenti? Che è come dire:  “Ma perché la gente non compone musica senza bisogno di compositori?”. Gli operai hanno bisogno di propri intellettuali, di intellettuali marxisti, organici alla loro causa di instaurazione del socialismo (potere politico del proletariato) e di transizione dell’umanità intera al comunismo. Ne hanno bisogno indispensabile. Ma pensare non è come cagare, che a ogni animale viene spontaneo con l’esistenza. Pensare, pensare in modo scientifico, costruire una scienza è un mestiere, un’arte, un’attività che bisogna imparare per non partire sempre dai primi vagiti, in un eterno partire senza seguito. È un’attività che gli uomini hanno imparato a fare nel corso dei secoli, accumulando da una generazione all’altra strumenti e procedure. È un’attività che le classi dominanti limitano a pochi e fidati. Berlusconi e Moratti proclamano a gran voce e con arroganza che nelle scuole e nelle università bisogna insegnare una professione, ma non insegnare a pensare: ma era anche la linea del ministro Luigi Berlinguer & C. Non ci si improvvisa pensatori, si impara a pensare, si diventa pensatori, come si diventa compositori, scultori, ecc. ecc. Imparare a pensare è possibile. Tutti sono in grado di imparare a elaborare in concetti le proprie esperienze e la realtà percepita con i sensi, connettere i concetti in affermazioni usando la logica formale e formulare teorie generali usando la logica dialettica. È possibile come è stato possibile imparare a leggere, a scrivere e a far di conto, benché i preti sostenessero che era contro l’ordine delle cose stabilito da dio. Ma bisogna imparare, fare uno sforzo, da cui la borghesia e il clero distolgono per mille vie le masse popolari, che confinano in relazioni sociali in cui “non sono pagati per pensare, altri sono pagati per farlo!”.

Alla classe operaia, per una combinazione di eventi della lotta di classe, è capitato che i suoi intellettuali si sono in un tempo relativamente breve dileguati. È stato un fenomeno storico le cui cause sono state studiate e sono indicate nel Manifesto Programma del nPCI, che indica anche come prevenire che l’evento si ripeta. Con il XX congresso del PCUS (1956) è venuto meno il collante che nei paesi imperialisti, ivi compresa l’Italia, tratteneva sul terreno del marxismo intellettuali e dirigenti che in realtà per la loro formazione e la natura loro propria ne erano rimasti lontani - vedi l’indicazione di Lenin al IV Congresso dell’Internazionale Comunista (1922), la battaglia di Gramsci documentata nei Quaderni del carcere (1929-1935), l’invettiva di Zdanov contro il PCI e il PCF alla II riunione del Cominform (1948), il lamento di Secchia di cui in La Voce n. 26.

 

A questo e ad altre cose analoghe viene da pensare se si prende sul serio il Comunicato di chiusura dell’Assemblea “Uniti si vince” tenuta a Napoli il 29 luglio, comunicato che pubblichiamo di seguito a queste riflessioni. Ci scusiamo per l’inizio irriverente che vuole provocare a leggere e a riflettere anche compagni che di solito non lo fanno, ma proviamo a riflettere su quello che dicono gli autori del Comunicato e che vorrebbe essere un ragionamento e una linea!

“Attacco generalizzato alle condizioni di esistenza dei proletari” - è un’evidenza che solo i portavoce dei padroni e delle loro autorità negano e che solo persone abbrutite non vedono: alcuni (gli autori non dicono chi sono) attaccano su tutti i terreni e da ogni lato i proletari (e anche il resto delle masse popolari: l’Assemblea si è tenuta in una sala del Politecnico di Napoli!) che sono bersaglio dell’attacco.

A fronte di questo attacco, gli autori affermano che “margini di riformismo e di concertazione” è “sempre più evidente” che non ne esistono più. Prima che alcuni scatenassero l’attacco generalizzato, esistevano o era solo meno evidente che non esistevano? Quando e perché è incominciato l’attacco generalizzato della borghesia, del clero e delle loro autorità contro i proletari?

A fronte di questo attacco generalizzato, gli autori affermano che si va “progressivamente esaurendo anche ogni ipotesi di battaglia difensiva o di mero ripiegamento aziendalista”, perché le battaglie difensive e le battaglie limitate alla singola azienda, condotte isolatamente azienda per azienda, sono destinate “inesorabilmente” alla sconfitta. Ma subito aggiungono che “le lotte per il salario nelle cooperative della logistica e la serie di vittorie parziali ottenute dagli operai in questo settore, ci indicano una strada alternativa”.

E qui entriamo nel caos: non sono lotte difensive quelle condotte dagli operai delle cooperative della logistica? Non  sono lotte limitate a un settore? Eppure hanno ottenuto delle vittorie, sia pure parziali. Ma lo stesso non vale per varie altre lotte di singole aziende (tipo INNSE, Niguarda, Richard Ginori, Sodexo) e settori? Quindi vittorie si possono ancora ottenere, ma sono vittorie parziali. Resta da capire quali condizioni o metodi di lotta particolari hanno fatto vincere, sia pure parzialmente, in un contesto in cui la maggior parte delle lotte difensive e azienda per azienda finiscono nella sconfitta. Di questo gli autori del Comunicato non fanno cenno.

Ma la mancanza di ragionamento brilla nel successivo passaggio del Comunicato: gli autori sostengono che la strada alternativa alle battaglie difensive e azienda per azienda consiste in “una campagna generale su salario garantito e riduzione dell'orario di lavoro”.

Una serie di assemblee, manifestazioni e, nel miglior dei casi, scioperi, picchetti e occupazioni, in cui i lavoratori rivendicano (chiedono, esigono, ... il risultato non cambia) che la borghesia, il clero e le loro autorità eroghino un salario garantito ovviamente a tutti (campagna generale) e riducano l’orario di lavoro ovviamente a tutti.

Ma passare all’offensiva

- non vuole dire avanzare alla borghesia, al clero e alle loro autorità rivendicazioni più grandi (salario garantito, riduzione dell’orario di lavoro) di quelle che abbiamo avanzato finora;

- non vuole dire avanzare alla borghesia, al clero e alle loro autorità le nostre rivendicazioni in tanti (tutti insieme), anziché azienda per azienda, settore per settore.

Passare dalla difensiva all’offensiva, all’attacco vuol dire portare la lotta principalmente sul terreno politico, mirare a instaurare un proprio governo e un proprio sistema di relazioni sociali, riconoscendo l’evidenza: nessun beneficio ma solo ulteriori sciagure possono venire alle masse popolari dalla borghesia, dal clero e dalle loro autorità.

Qui non si tratta di stabilire o affermare che in Italia o nel mondo esistono forze produttive tali che, se l’economia non fosse nelle mani della borghesia, del clero e delle loro autorità, sarebbe possibile produrre, con un orario di lavoro minore di quello che i padroni e le loro autorità impongono a quei lavoratori a cui “concedono” di lavorare, beni e servizi della qualità e nella misura necessarie per assicurare a tutti una vita dignitosa. Qui si tratta di indicare come arrivare ad avere una società in cui tutti abbiano i beni e i servizi necessari per una vita dignitosa e in cui il tempo che i lavoratori devono dedicare al lavoro sia minore di quello che i padroni oggi impongono a quelli a cui “concedono” di lavorare.

Con quale serietà, con quale ragionamento (se ragionamento hanno fatto) gli autori del Comunicato sostengono o comunque fanno credere che un simile risultato sia possibile raggiungerlo con una campagna di mobilitazioni, di rivendicazioni e di proteste? Con un governo del paese come l’attuale o comunque ancora emanazione della borghesia e del clero? Con l’economia ancora in mano alla borghesia, al clero e alle loro autorità: cioè la produzione di beni e servizi fatta in aziende che i capitalisti creano per produrre profitti?

Certo, gli autori del Comunicato non predicano la concertazione. Non predicano neanche il riformismo. Ma quello che propongono - salario per tutti (anche per chi non lavora!) e orario ridotto per tutti (anche per chi lavora!), ma sempre con l’economia in mano ai capitalisti e con un governo sempre emanazione della borghesia e del clero - cosa è se non una riforma della società capitalista (cioè riformismo) concertata con la borghesia, il clero e le loro autorità (cioè concertazione)? Certo è una proposta rivestita di “parole forti”, ben diverse certo da quelle usate da Camusso, Bonanni e Angeletti nei giorni normali (perché quando conviene alla loro demagogia, anche questi loschi figuri usano “parole forti”!), ma sempre di parole si tratta e sempre di riforme e di concertazione. Forse che gli autori del Comunicato propongono una strada per togliere il potere al clero e alla borghesia? Forse che propongono una via per instaurare altre autorità, una direzione della società che non faccia capo alla borghesia e al clero? Finché si è piccoli, ci sta anche limitarsi a lamentarsi, protestare e pestare i piedi. Ma quando si diventa grandi, se non si hanno idee chiare e giuste su quello che si vuol fare, si finisce per predicare riformismo e concertazione, anche se sono campati in aria, imbrogli per  deviare le masse popolari dalla strada della conquista del potere e dell’instaurazione del socialismo. Perché la realtà è la lotta di classe che i capitalisti, i ricchi, il clero e le loro autorità conducono implacabilmente contro i proletari e il resto delle masse popolari. La lotta di classe continua anche se i proletari e le masse popolari la conducono, da parte loro, in modo inefficace, inadeguato alla difesa e ancora meno adeguato all’attacco sul piano politico, sul piano del potere, che è l’unica via per la vittoria: per imporre un governo del paese e un ordine sociale in cui ogni adulto svolge un lavoro utile e dignitoso, a ogni individuo sono assicurati i beni e i servizi necessari per una vita dignitosa, ogni individuo partecipa a pieno titolo alle attività della società.

Esiste una via per andare in questa direzione, una via che parte dallo stato presente di organizzazione e di coscienza delle masse popolari e lo trasforma moltiplicando e rafforzando le Organizzazioni Operaie (OO) e Popolari (OP) fino a farle capaci di costituire un governo d’emergenza loro proprio, il Governo di Blocco Popolare. È anche la via che assicura le condizioni più favorevoli a vittorie immediate e parziali contro gli effetti della crisi generale del capitalismo.

Negandosi a questa via, ignorandola e nascondendola, gli autori del Comunicato contribuiscono di fatto a mantenere tra le masse popolari la confusione e l’influenza della borghesia e del clero, a disperdere in parole d’ordine e aspirazioni inconcludenti l’indignazione e la protesta delle masse popolari.

Quando le masse popolari devono combattere, chi diffonde concezioni, idee e parole d’ordine che incanalano le masse popolari su strade inconcludenti si assume gravi responsabilità sociali e socialmente svolge un ruolo negativo.

Pensare giusto non solo è possibile, ma è anche necessario! L’onestà e il disinteresse personali non bastano. Proprio in questi giorni assistiamo all’immondo spettacolo di intellettuali della sinistra borghese che attribuiscono ancora la carriera di Berlusconi al “berlusconismo” delle masse popolari, quando basta il semplice esame dei risultati elettorali degli ultimi decenni, che ogni intellettuale ha facilmente i mezzi per fare, per constatare che Berlusconi, Lega Nord e gli altri suoi alleati elettorali hanno sempre raccolto meno voti di quanti ne raccogliessero la DC e i suoi alleati: cioè i voti indotti dall’investitura della Corte Pontificia, dal dominio della Chiesa e dall’influenza delle correnti relazioni sociali di subordinazione alla borghesia. E su questa base anziché alimentare la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari indignate per la putrefazione della Repubblica Pontificia e insofferenti degli effetti della crisi del capitalismo, si occupano di come trovare una qualche composizione tra i gruppi dei vertici della RP in lotta tra loro e alcuni addirittura si schierano per la “riforma della giustizia”, cioè per l’isolamento e la repressione di quei gruppi dei vertici della RP che sono insofferenti della banda Berlusconi e dopo anni e anni di crimini di ogni specie hanno finalmente trovato il coraggio di pronunciare una mite condanna. Gli sbandamenti dei vertici della RP dal 2011 a oggi (Berlusconi, Monti, Letta) hanno mostrato che la Corte Pontificia è divisa in cricche contrapposte, le elezioni di febbraio hanno mostrato che l’egemonia della sua Chiesa e l’egemonia della borghesia sono in caduta libera. La Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti arranca. Si sono create condizioni favorevoli per costituire nel nostro paese in tempi brevi un governo d’emergenza delle OO e OP e, subito, un Governo di Salvezza Nazionale e Comitati di Salvezza Nazionale che svolgano i compiti indicati nel Comunicato 22 (26 maggio 2013) del nostro Comitato Centrale.

È alla luce di queste riflessioni e della loro propria esperienza che invitiamo i nostri lettori a studiare il Comunicato finale dell’Assemblea di Napoli “Uniti si vince” e a prendere posizione. La crisi del capitalismo si aggrava di giorno in giorno. La crisi del capitalismo crea condizioni favorevoli alla rinascita del movimento comunista. Ognuno deve occupare il suo posto nella lotta. Il materialismo dialettico insegna che anche da un errore è possibile e si deve imparare. Instaurare il socialismo nel nostro paese e così contribuire alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo è possibile, ma occorre che consolidare e rafforzare il Partito comunista che usa la concezione comunista del mondo, il materialismo dialettico, per promuovere e dirigere la grande guerra popolare rivoluzionaria contro la Repubblica Pontificia che farà dell’Italia un nuovo paese socialista.

  

COMUNICATO DI CHIUSURA DELL'ASSEMBLEA DI NAPOLI

 

Comunicato finale dell'assemblea di Napoli “Uniti si vince”

L'assemblea operaia e proletaria del 29 luglio svoltasi alla facoltà di Ingegneria di Napoli, cui hanno preso parte oltre 150 tra lavoratori, proletari e attivisti, nel rilanciare l'unità d'azione tra le realtà promotrici (SI-Cobas nazionale, facchini della logistica in lotta, Comitato di lotta cassintegrati e licenziati FIAT, Laboratorio politico Iskra e coordinamento promotore di un movimento di lotta per il salario garantito), invita tutte le realtà di lotta reali, presenti e non all'assemblea, a costruire una giornata di mobilitazione per il giorno 27 settembre, con presidi alla Fiat di Pomigliano e un corteo unitario a Napoli.

 

Di fronte all'attacco generalizzato alle condizioni di esistenza dei proletari diventa sempre più evidente che non solo non esistono più margini per il riformismo e la concertazione, ma che si va progressivamente esaurendo anche ogni ipotesi di battaglia difensiva o di mero ripiegamento aziendalista, in quanto tali destinate inesorabilmente alla sconfitta. Le lotte per il salario nelle cooperative della logistica, e la serie di vittorie parziali ottenute dagli operai in questo settore, ci indicano una strada alternativa.

 

Per questo, le realtà promotrici dell'assemblea fanno proprio l'appello del comitato promotore di un movimento per il salario garantito, impegnandosi nella costruzione di un appuntamento di lotta nazionale entro la fine di ottobre come base di partenza per lanciare una campagna generale su salario garantito e riduzione dell'orario di lavoro.

 

Al tempo stesso, diviene di primaria importanza la costruzione di un'unica cassa di resistenza nazionale capace di supportare materialmente le lotte e le mobilitazioni in corso.

 

In chiusura, l'assemblea ha deciso all'unanimità di manifestare concretamente e tempestivamente la propria solidarietà e complicità militante ai compagni No-Tav vittime in queste ore di fermi e perquisizioni, recandosi in corteo fin dentro la sede RAI di Napoli.

 

SOLO LA LOTTA PAGA

Napoli, 29/07/2013

 

COMITATO DI LOTTA CASSINTEGRATI E LICENZIATI FIAT

SI- COBAS NAZIONALE

LABORATORIO POLITICO ISKRA

COORDINAMENTO PROMOTORE DI UN MOVIMENTO DI LOTTA PER IL SALARIO GARANTITO

Rubrica - Dibattito Franco e Aperto 

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