Solidarietà agli operai di Hitachi Rail!
Organizzarsi clandestinamente per la salvaguardia dei posti di lavoro!

   

Comitato Ho Chi Minh

del (nuovo)Partito comunista italiano

Comunicato n. 3

29 novembre 2019

 

Agli operai di Hitachi Rail di Pistoia: non sono i padroni a essere forti, siete voi che dovete far valere la vostra forza dentro e fuori i cancelli della fabbrica!

 

Ci associamo alla solidarietà espressa dalla sezione di Pistoia del Partito dei CARC (vedi qui: https://www.carc.it/2019/11/22/pistoia-solidarieta-al-sindacalista-di-ugl-antonio-vittoria-colpito-dalla-repressione-aziendale-di-hitachi-rail/) nei confronti del sindacalista UGL Antonio Vittoria che è stato demansionato dai vertici di Hitachi Rail Pistoia. Non entriamo ulteriormente sulla vicenda in quanto è nota, ne approfittiamo, però, per ribadire che quanto accaduto a Vittoria conferma la giustezza di quello che abbiamo scritto nel nostro precedente comunicato (in https://www.linealibera.info/nellombra-dal-comitato-ho-chi-minh-solidarieta-agli-operai-di-hitachi-rail/) e la linea che indichiamo agli operai avanzati: è necessario che costituiscano in ogni azienda capitalista un Organismo Operaio pubblico (OO) e un Comitato di Partito clandestino (CdP).

Le ragioni sono evidenti in Hitachi, così come in altre aziende private del paese: i padroni si comportano come fascisti; cercano di reprimere; isolare e corrompere gli operai che si fanno avanti nella lotta contro il peggioramento delle condizioni di vita sul proprio posto di lavoro. Come ha scritto il Comitato Aurora in una suo recente comunicato: “è sempre più evidente agli operai che nella fabbrica la libertà di pensiero e di organizzazione non esiste, e che sono ammessi solo i sindacati che stanno dalla parte dei padroni o al massimo quelli che fingono di essere dalla parte dei lavoratori, che magari protestano per le infamie del padrone ma alla protesta non fanno seguire nulla”.

Infatti, le iniziative padronali sono spesso accompagnate e sostenute dall’azione della destra dei sindacati di regime (CGIL,CISL,UIL) che promuovono dissociazione e delazione nel tentativo di isolare chi si fa avanti, chi si organizza al di fuori degli steccati sindacali, oppure in organizzazioni sindacali alternative a quelle confederali.

I dirigenti sindacali che ad oggi non hanno ancora espresso solidarietà ad Antonio Vittoria e che promuovono, direttamente o indirettamente, delazione e dissociazione nei confronti di quei lavoratori che non sono disposti a piegarsi ai ritmi imposti dall’azienda, continuano la triste tradizione che ha caratterizzato i revisionisti moderni che presero la direzione del vecchio PCI e che caratterizza ancora oggi gli attuali dirigenti dei partiti della sinistra borghese e del sindacato e cioè: anziché imparare dagli operai, elevare la loro azione spontanea (come quella degli operai che hanno scritto nell’anonimato la lettera di denuncia delle pessime condizioni di lavoro esistenti nello stabilimento pistoiese), sostenerla e dirigerla, si affannano nel voler capire chi è la talpa; chi sta facendo uscire dalla fabbrica “certe informazioni”! Scoprirlo per fare che cosa? Per redarguirlo? Per denunciarlo al padrone? È questa linea di collaborazione, concertazione e aperta compatibilità della destra sindacale la fonte della desolazione e della sfiducia di tanti operai!

 La verità è che, se ben organizzata, la classe operaia è imbattibile; il padrone è messo con le spalle al muro dal fatto che, finché la tiene aperta, ha bisogno che la fabbrica funzioni e per questo deve venire a patti con gli operai. Ma per far valere questi rapporti di forza gli operai devono organizzarsi adeguatamente, continuare ad alzare il tiro dandosi i mezzi per farlo, costruendo, a fianco di organizzazioni pubbliche, organizzazioni clandestine che operano all’interno dell’azienda. L’atteggiamento più sbagliato, quando la posta in gioco si alza, è quello di pensare che venga un momento in cui bisogna lasciare che le acque si calmino: è proprio questo il momento in cui il padrone affonda il coltello riprendendosi tutto e inasprendo la propria condotta repressiva; è proprio questo il momento in cui subentra, tra gli operai, sfiducia e rassegnazione di fronte dell’ennesimo passo indietro dei propri punti di riferimento!

Ma siamo chiari: per salvare la propria azienda, il proprio posto di lavoro, la sola azione sindacale non basta perché bisogna sviluppare l’iniziativa sul terreno politico, sul terreno del governo del paese.

Noi comunisti del (n) PCI, insieme al Partito dei CARC che ci è fratello nella lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista, promuoviamo tra gli operai avanzati la linea di “occupare le fabbriche” e “uscire dalle fabbriche”. Questa è l’unica linea che nella situazione attuale è efficace anche sul terreno sindacale.

Cosa significa questo? Oggi sono centinaia le aziende capitaliste minacciate da chiusura, ridimensionamenti e delocalizzazioni e tante altre subiranno la stessa sorte se non cambiano le cose. Anche quelle aziende che, come Hitachi Rail, sembra che “tirino” sono destinate a diventare aziende in crisi, in ridimensionamento, chiusura o delocalizzazione. Gli operai devono prevenire le mosse dell’azienda perché è un dato di fatto che i padroni guadagnano di più speculando che facendo produrre. In Italia, e nel resto dei paesi imperialisti, il corso delle cose da dieci anni a questa parte dice questo. Non bisogna illudersi che un padrone sia migliore di un altro, basti pensare al caso dell’ex Ilva di Taranto. Prima di cercare di chiuderla e prenderne il mercato, il gruppo Mittal ha già chiuso le grandi acciaierie Arcelor a Florange e a Gandrange in Francia. La globalizzazione induce i grandi gruppi imperialisti a prendere in mano le singole aziende e alimenta la guerra che i padroni si fanno tra di loro per accaparrarsi fette di mercato. Per essere competitivi spostano le grandi aziende produttrici di merci dai paesi imperialisti, dove gli operai e le masse popolari mantengono ancora una parte delle conquiste, salari e diritti che hanno strappato quando il movimento comunista era forte, verso i paesi oppressi e i paesi ex socialisti dove i salari sono più bassi e dove per i lavoratori non esistono diritti. Delocalizzano dopo aver saccheggiato le nazioni e le aziende del loro patrimonio di conoscenze, tecniche e scienza.

Quindi, non basta occuparsi della propria azienda, bisogna anche uscire dall’azienda e legarsi alla resistenza che il resto delle masse popolari spontaneamente mettono in campo per far fronte alla crisi. In questa resistenza la classe operaia può e deve avere ruolo di direzione perché l’andamento della società, il suo progresso o la sua rovina, dipende dalla produzione di beni e servizi e sono gli operai che li producono, ma oggi sono i capitalisti che decidono la nascita e la morte delle aziende. Le cose vanno male perché oggi la direzione del paese è in mano a un pugno di ricchi speculatori e affaristi che decidono cosa e come produrre; decidono che se conviene loro investire in borsa il proprio capitale, anziché in attività produttive, lo fanno e chiudono la fabbrica anche se lasciano a casa decine, centinaia o migliaia di lavoratori. Non è questione di bontà o cattiveria: è il funzionamento del modo di produzione capitalista che crea il marasma attuale in tutti i campi della vita. Quindi bisogna nazionalizzare non solo le aziende ma l’intero sistema economico, bisogna gestirlo secondo un piano d’insieme in cui operai e masse popolari decidono cosa produce la singola azienda, a chi serve, per chi produce, a chi lo vende, chi lo usa, chi la rifornisce. Ci vuole uno Stato che voglia far funzionare l’intero settore produttivo del paese e lo faccia.

Il secondo motivo per cui gli operai devono uscire dall’azienda attiene al fatto che la loro vita non riguarda solo salario e diritti sul posto di lavoro: l’inquinamento, la devastazione del territorio, il dissesto idrogeologico, la decadenza dei  servizi, la riduzione dei diritti, le condizioni di vita e di lavoro del resto delle popolazione incidono sulla vita degli operai tanto quanto il salario e le condizioni sul posto di lavoro.

Per costruire la società che serve, la classe operaia e le masse popolari devono aggregarsi attorno al partito comunista, al (nuovo)Partito comunista italiano, che si è dato i mezzi per condurre la guerra necessaria a instaurare il socialismo, primo su tutti la clandestinità. Condurre la rivoluzione socialista come una guerra significa avere una strategia fuori e dentro la fabbrica.

Per tanto, rilanciamo l’appello agli operai di Hitachi Rail di Pistoia a portare avanti la propria lotta pubblicamente e a costituire, parallelamente, Comitati di Partito clandestini dentro la fabbrica.

Le misure pratiche che potete mettere in campo, sin da subito, sono le seguenti:

- mettersi in contatto con il centro del (n)PCI consultando il sito: www.nuovopci.it/contatti/infocont.html e scaricando le istruzioni per usare il programma e PGP, che consente di criptare i documenti in modo che li possa leggere solo il il destinatario e le istruzioni per l’uso del programma TOR, che consente di navigare in Internet in forma anonima;

- stampare e diffondere, all’interno dell’azienda, questo comunicato;

- riunirsi in piccoli gruppi di studio per leggere e discutere l’articolo pubblicato su VO 62: “Tre questioni sui Comitati di Partito”, in particolare il primo capitolo: “Dialettica tra Comitati di Partito di azienda e OO e OP” (reperibile e scaricabile dal sito www.nuovopci.it ).

 

 

Viva il (nuovo)PCI

Operai e lavoratori, arruolatevi nel (nuovo)Partito comunista italiano! Il primo movimento comunista italiano con il

suo partito ha trasformato il paese e ci ha lasciato un patrimonio che nessuno potrà cancellare. Usiamolo come

fondamento per costruire la rivoluzione socialista, per sognare, per pensare, per vedere oltre l’orizzonte della società

borghese, con la libertà che la condizione clandestina consente al partito della classe operaia e che spiana il

cammino verso la vittoria!

 

Comitato Ho Chi Minh del (nuovo) Partito comunista italiano

Per informazioni, vedi il sito del (nuovo)Partito comunista italiano in www.nuovopci.it , dove trovi anche le istruzioni

per utilizzare metodi di comunicazione protetti (TOR e PGP).

Comunicazioni con il CdP Ho Chi Minh al recapito e-mail: cln76@mailo.com