Indice degli scritti di Lenin

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Lenin - Opere - Vol. 22 pp. 145-146

WILHELM KOLB E GHEORGHI PLEKHANOV

(Sotsial-Demokrat, n. 51, 29 febbraio 1916.)

 

L’opuscolo del sincero opportunista tedesco Wilhelm Kolb, La socialdemocrazia al bivio (Karlsruhe, 1915), è uscito proprio al momento opportuno, dopo la raccolta di Plekhanov, La guerra. Il kautskiano Rudolf Hilferding sulla Neue Zeit risponde a Kolb in modo molto debole, tacendo ciò che è essenziale e piagnucolando per la giusta affermazione di Kolb, secondo cui l’unità dei socialdemocratici tedeschi esiste ora soltanto in modo “puramente formale”.

A coloro che vogliono riflettere seriamente sul significato del fallimento della II Internazionale si può raccomandare di mettere a confronto le posizioni ideologiche di Kolb e quelle di Plekhanov. Tutti e due (come Kautsky) sono d’accordo nell’essenziale, cioè nel negare e nel deridere l’idea di azioni rivoluzionarie in legame con l’attuale guerra; tutti e due accusano i socialdemocratici rivoluzionari di “disfattismo”, impiegando il termine prediletto dei plekhanoviani. Plekhanov, considerando “ridicola chimera” l’idea della rivoluzione in legame con la guerra attuale, tuona contro la “fraseologia rivoluzionaria”. Kolb maledice di sfuggita la “frase rivoluzionaria”, la “fantasticheria rivoluzionaria”, i “radicalucci (Radikalinski) isterici”, il “settarismo ”, ecc. Kolb e Plekhanov sono d’accordo nell’essenziale, sono tutti e due contro la rivoluzione. Il fatto che Kolb sia in generale contro la rivoluzione, e Plekhanov e Kautsky “in generale per” la rivoluzione, non costituisce che una differenza di sfumature, di parole: in realtà Plekhanov e Kautsky sono dei tirapiedi di Kolb.

Kolb è più onesto, non nel senso personale, ma nel senso politico, cioè la coerenza della sua posizione non genera in lui ipocrisia. Perciò egli non ha paura di ammettere la verità, cioè che tutta l’Internazionale, secondo lui, peccava di “fantasticheria rivoluzionari”, lanciava “minacce” (minacce di rivoluzione, signori Plekhanov e Kautsky) a proposito della guerra. Kolb ha ragione: è assurdo “negare in linea di principio” la società capitalistica dopo che i partiti socialdemocratici europei si sono schierati in sua difesa nel momento in cui lo Stato capitalista faceva acqua da tutte le parti, quando “la sua stessa esistenza diventava problematica”. Questo riconoscimento della situazione rivoluzionaria oggettiva è una verità.

“Questa tattica [dei sostenitori di Liebknecht] - scrive Kolb avrebbe portato al punto di ebollizione la lotta intestina nella nazione tedesca e, con ciò stesso, al suo indebolimento politico”... a vantaggio e per le vittorie “dell’imperialismo della Triplice intesa”!! Eccovi il punto cruciale dei fulmini opportunistici lanciati contro il “disfattismo”!!

Qui sta veramente il perno dell’intera questione. La “lotta intestina portata al punto di ebollizione” è per l’appunto la guerra civile. Kolb ha ragione di dire che la tattica della sinistra porta a ciò; ha ragione di dire che essa significa l’" indebolimento militare” della Germania, cioè il desiderio di contribuire alla sua disfatta, che essa significa disfattismo. Kolb ha torto soltanto - soltanto! - quando non vuol vedere il carattere internazionale di questa tattica della sinistra. In tutti i paesi belligeranti è possibile “portare la lotta intestina al punto di ebollizione”, “indebolire la potenza militare” della borghesia imperialistica e trasformare (per questo, in connessione con questo, attraverso questo) la guerra imperialistica in guerra civile. In ciò sta il perno della questione. Ringraziamo Kolb per i suoi utili auguri, le sue ammissioni e illustrazioni: quando è il nemico più coerente, onesto e aperto della rivoluzione che ce li fornisce, ciò è particolarmente utile per smascherare di fronte agli operai l’abbietta ipocrisia e la vergognosa mancanza di carattere dei Plekhanov e dei Kautsky.