Indice degli scritti di Lenin

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Lenin, Opere vol. 33 pagg. 316-319

 

Per il decimo anniversario della Pravda

Pravda, n. 98, 5 maggio 1922

Dieci anni sono trascorsi dalla fondazione della Pravda legale, il quotidiano bolscevico legale secondo le leggi zariste. E questo decennio era stato preceduto, da circa un altro decennio: nove anni (1903-1912) facendo il conto dalla nascita del bolscevismo, e tredici anni (1900-1912) se si conta dalla fondazione della vecchia Iskra (1900), giornale pienamente “bolscevico” per il suo orientamento.

Il X anniversario del quotidiano bolscevico pubblicato in Russia... Da allora sono trascorsi soltanto dieci anni! Ma, per l’intensità della lotta e del movimento, sono cento gli anni che abbiamo vissuto. La rapidità dello sviluppo sociale durante gli ultimi cinque anni ha qualche cosa di sovrannaturale, se si misura con il vecchio metro, il metro dei filistei europei del genere degli eroi della II Internazionale e dell’Internazionale due e mezzo, questi filistei civilizzati, abituati a ritenere “naturale” che centinaia di milioni di esseri umani (più di un miliardo per essere esatti) nelle colonie, nei paesi semicoloniali e del tutto poveri, debbano accettare di essere trattati come lo sono gli indiani e i cinesi, debbano accettare uno sfruttamento inaudito, una rapina dichiarata, la fame, la violenza, l’umiliazione, e tutto ciò perché della gente “civile” possa decidere “liberamente”, “democraticamente”, “per via parlamentare” se il bottino deve esser spartito pacificamente, o se si debbono massacrare una decina o due decine di milioni di uomini per spartire il bottino imperialista: ieri tra la Germania e l’Inghilterra, domani tra il Giappone e l’America (con la partecipazione della Francia e dell’Inghilterra in questo o quel campo).

La causa principale di questa enorme accelerazione dell’evoluzione mondiale è il fatto che ormai vi partecipano nuove centinaia di milioni di uomini. La vecchia Europa borghese e imperialista, abituata a considerarsi l’ombelico del mondo, è marcita e scoppiata durante il primo massacro imperialista come un ascesso purulento. Per quanto gli Spengler (1) e i piccoli borghesi istruiti, capaci di ammirarlo (o almeno di occuparsene) si lamentino a questo proposito, il declino della vecchia Europa non costituisce che un episodio nella storia della caduta della borghesia mondiale, che si è impinguata troppo attraverso la rapina imperialista e l’oppressione della maggioranza della popolazione terrestre.

Questa maggioranza adesso si è risvegliata e si è messa in movimento; anche gli Stati più forti e più “potenti” non sono in grado di arrestare tale movimento. Come potrebbero farlo? I “vincitori” attuali del primo massacro imperialista non sono neppure in grado di vincere la piccola, piccolissima Irlanda. Non possono neppure superare il caos che regna nei loro problemi finanziari e monetari. Nel frattempo, l’India e la Cina ribolliscono. Vi sono lì più di 700 milioni di uomini. Aggiungendovi i paesi asiatici vicini, che sono del tutto simili, si ottiene più della metà della popolazione del globo. Là si sta avvicinando invincibilmente e sempre più rapidamente l’anno 1905, con la differenza importante ed enorme che nel 1905 la rivoluzione poteva ancora svolgersi in Russia (almeno all’inizio) in modo isolato, vale a dire senza trascinare immediatamente altri paesi nella rivoluzione. Invece le rivoluzioni che stanno maturando in India e in Cina si inseriscono già adesso nella lotta rivoluzionaria, nel movimento rivoluzionario, nella rivoluzione internazionale.

Il X anniversario del quotidiano bolscevico legale Pravda ci fa vedere con evidenza una delle tappe della grande accelerazione della grandiosa rivoluzione mondiale. Nel 1906-1907 lo zarismo sconfisse la rivoluzione, come sembrava, in modo decisivo. Pochi anni dopo, il partito bolscevico seppe penetrare - sotto un’altra forma, in modo diverso - nella cittadella del nemico e intraprendere quotidianamente, “legalmente” un lavoro inteso a far saltare dall’interno la maledetta autocrazia dello zar e dei grandi proprietari fondiari. Trascorsero ancora pochi anni, e la rivoluzione proletaria organizzata dal bolscevismo trionfò.

Quando, nel 1900, fu fondata la vecchia Iskra, vi partecipò una decina di rivoluzionari. Quando il bolscevismo nacque,  una quarantina di rivoluzionari partecipò alla sua nascita, ai congressi illegali di Bruxelles e di Londra, nel 1903.

Quando nacque, nel 1912-1913, la Pravda bolscevica legale aveva dietro di sé decine e centinaia di migliaia di operai, che con le loro sottoscrizioni di pochi soldi avevano vinto sia il giogo zarista, sia la concorrenza dei traditori piccolo-borghesi del socialismo, i menscevichi.

Nel novembre 1917, alle elezioni dell’Assemblea costituente, i bolscevichi ottennero nove milioni di voti su trentasei. Ma di fatto, nella lotta, se non nei voti, alla fine di ottobre e nel novembre del 1917 i bolscevichi avevano con sé la maggioranza del proletariato e dei contadini coscienti, rappresentata dalla maggioranza dei delegati al II congresso dei soviet di tutta la Russia, dalla maggioranza della parte più attiva e più cosciente del popolo lavoratore, e cioè dei 12 milioni di uomini dell’esercito di allora.

Questo è un piccolo quadro, in cifre, della “accelerazione” del movimento rivoluzionario mondiale nel corso degli ultimi, venti anni. È un quadro molto piccolo, molto incompleto, che esprime molto grossolanamente la storia di un popolo di appena 150 milioni di uomini, quando si pensi che nel corso di questi venti anni la rivoluzione è cominciata e si è accresciuta fino a divenire una forza invincibile in paesi la cui popolazione supera il miliardo (tutta l’Asia, e non dimentichiamo l’Africa del sud, i cui abitanti recentemente hanno ricordato la loro volontà di essere uomini e non schiavi, e lo hanno fatto in modo tutt’altro che “parlamentare”).

E se taluni — scusatemi l’espressione — “spenglerofili” ne traggono la conclusione (ci si può attendere qualsiasi sciocchezza dai capi tanto “intelligenti” della II Internazionale e dell’Internazionale due e mezzo) che questo calcolo escluda dalle forze rivoluzionarie il proletariato d’Europa e d’America, noi rispondiamo: i capi tanto “intelligenti” che ho appena citato ragionano sempre come se il fatto che bisogna attendersi la nascita di un bambino nove mesi dopo la concezione permettesse di determinare l’ora e il minuto del parto, come anche la posizione del bambino al momento del parto, lo stato della puerpera e il grado esatto delle doglie e dei pericoli che il bambino e la mamma dovranno subire. O uomini “intelligenti”! Essi non riescono a capire che dal punto di vista della marcia della rivoluzione internazionale il passaggio dal cartismo agli Henderson, che si inchinano come lacchè dinanzi alla borghesia, da Varlin a Renaudel, o da Wilhelm Liebknecht e Bebel a Südekum, Scheidemann e Noske, non è altro che il “passaggio” di un’automobile da una strada liscia e regolare, lunga varie centinaia di chilometri, ad una pozzanghera sporca e maleodorante, situata sulla stessa strada, e lunga pochi metri.

Gli uomini fanno da sé la propria storia. Ma i cartisti, i Varlin e i Liebknecht la fanno con la propria testa e il proprio cuore. Invece i capi della II Internazionale e dell’Internazionale due e mezzo la “fanno” con ben altre parti del loro corpo, concimando il terreno per nuovi cartisti, per nuovi Varlin, per nuovi Liebknecht.

Ingannare se stessi sarebbe la cosa più nociva per i rivoluzionari nel difficilissimo momento attuale. Sebbene il bolscevismo sia divenuto una forza internazionale, sebbene in tutti i paesi civili e progrediti siano già nati i nuovi cartisti, i nuovi Varlin e i nuovi Liebknecht, i quali crescono sotto l’aspetto di partiti comunisti legali (come era legale la nostra Pravda sotto lo zarismo, dieci anni fa), la borghesia internazionale resta ancora tuttavia infinitamente più forte del suo avversario di classe. Questa borghesia, che ha fatto tutto ciò che dipendeva da lei per rendere il parto più difficile, per decuplicare i pericoli e le sofferenze del parto del potere proletario in Russia, è ancora capace di condannare alle sofferenze e alla morte milioni e decine di milioni di uomini per mezzo di guerre condotte dalle guardie bianche, di guerre imperialiste, ecc. Questo, noi non dobbiamo dimenticarlo. Dobbiamo saper adattare la nostra tattica a questa particolarità della situazione attuale. La borghesia può ancora far soffrire, torturare e uccidere in tutta libertà. Ciò che non può fare è di arrestare la vittoria completa, inevitabile e, dal punto di vista della storia mondiale, molto vicina, del proletariato rivoluzionario.

N. Lenin

1. Oswald Spengler (Blankenburg am Harz 1880 - Monaco di Baviera 1936), intellettuale tedesco fiancheggiatore del nazismo da posizioni autonome. Autore di Il tramonto dell’Occidente, libro in 2 volumi di cui pubblicò il primo nel 1918, che ebbe grande diffusione tra gli intellettuali dei paesi imperialisti d’Europa e degli USA. In esso Splenger eludeva la questione della lotta di classe, del modo di produzione capitalista e dell’imperialismo e spiegava il declino della potenza mondiale degli Stati e dei gruppi imperialisti europei come prodotto del naturale tramonto della civiltà sviluppatasi in Europa dopo il Medioevo. Ogni civiltà secondo Spenger era per natura destinata a percorrere un suo ciclo di nascita, sviluppo, declino e morte.