La Voce 74 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXV - luglio 2023

Scaricate il testo in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

Il ruolo della RPC nella seconda crisi generale del capitalismo

L’epoca imperialista è l’epoca della rivoluzione proletaria e della decadenza della società borghese. Esaurita la prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria senza l’instaurazione del socialismo nei paesi imperialisti, una volta completata in Europa e in Giappone la riparazione dei danni prodotti dalla Seconda guerra mondiale è iniziata la seconda crisi generale del capitalismo. Nel movimento comunista del nostro paese e internazionale è in corso un gran dibattito sulla natura e sul ruolo della Repubblica Popolare Cinese (RPC) e del Partito Comunista Cinese (PCC) nella seconda crisi generale del capitalismo. Stante il ruolo assunto a livello internazionale dalla RPC come centro di aggregazione dei paesi dove è forte l’aspirazione a liberarsi dal dominio dei gruppi imperialisti USA, per i comunisti italiani e degli altri paesi imperialisti è importante capire cosa aspettarsi dalla RPC, quindi sviluppare in modo franco e aperto il dibattito, fare inchieste, rompere con le opposte tifoserie di chi sostiene che la RPC è un paese imperialista (o socialimperialista) e chi sostiene che la RPC è il faro del socialismo nel mondo.

La RPC dobbiamo capirla per quello che è. Non è una sorta di replica dell’URSS, un’URSS bis. La Cina non era anello debole della catena imperialista. Era un paese con una grande civiltà sua propria, oppresso dalla catena imperialista euro-atlantica e dal Giappone. I comunisti cinesi dovevano portare e hanno portato i lavoratori del proprio paese a ribellarsi 1. contro la dominazione straniera (cosa che nel passato e in molti paesi anche la borghesia e le classi dominanti precedenti la borghesia avevano fatto), 2. contro i feudatari e i nobili (cosa che la borghesia dei paesi imperialisti aveva fatto e aveva mostrato come si faceva: alla peggio i comunisti cinesi dovevano imitarne il percorso se non fosse sopravvenuta la rivoluzione socialista come invece avvenne nel 1917 e se i paesi socialisti non li avessero aiutati), 3. contro gli agenti locali della borghesia straniera (il capitalismo burocratico, lo chiamava Mao Tse-tung parlando delle tre montagne che opprimevano il popolo cinese).

La borghesia nazionale generatasi nei paesi oppressi dai gruppi e dalle potenze imperialiste era una potenziale alleata del movimento comunista, se questo sapeva valorizzarla. La grande Rivoluzione culturale proletaria promossa da Mao nel 1966 (per approfondimenti rimandiamo ai volumi 23 - 25 delle Opere di Mao Tse-tung, Edizioni Rapporti Sociali) non era diretta a reprimere la borghesia nazionale. Era diretta a impedire che essa prendesse la direzione del PCC, non a impedire che sviluppasse l’industria capitalista nella RPC.

A differenza della borghesia nazionale russa (che dopo la Rivoluzione d’Ottobre non accettò l’offerta di Lenin di collaborare a ricostruire il paese, ma promosse la guerra civile), dopo la vittoria del 1945 sugli imperialisti giapponesi la borghesia nazionale cinese collaborò con i comunisti e non con Chiang Kai-shek e gli imperialisti USA.

Venuto meno il sostegno dell’URSS a causa dell’avvento nel 1956 dei revisionisti moderni (capeggiati prima da Kruscev e poi da Breznev) al potere, per sviluppare le forze produttive nella RPC Mao stesso affidò il governo a Deng Xiaoping benché fosse ben consapevole che non capiva il ruolo della lotta di classe e si appoggiò a suo modo ai gruppi imperialisti USA (contatti con Nixon e Kissinger). Ma nel 1989, con gli eventi culminati negli scontri di piazza Tienanmen perfino Deng Xiaoping si rese conto dove portava la sua linea se si lasciava ancora mano libera agli USA e cambiò rotta.

Il ruolo diverso che la borghesia nazionale ha in un paese coloniale e in un paese imperialista (sia pure “anello debole della catena imperialista”) comporta una valutazione diversa anche da parte nostra verso i paesi che restaurano il capitalismo e verso i paesi che per sviluppare le forze produttive si giovano degli imperialisti in preda alla crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale. A partire dagli anni ’70 per la Comunità Internazionale (CI) dei gruppi imperialisti USA, sionisti e UE, in particolare per i gruppi imperialisti USA, il problema era 1. in primo luogo trovare campi di investimento del loro capitale e 2. in secondo luogo eliminare l’URSS. Questa anche dopo il 1956 in qualche modo e in qualche misura (e a proposito del modo e della misura rimandiamo alla denuncia che pubblicamente ne fece Ernesto Che Guevara) continuava ad appoggiare la lotta anticoloniale e antimperialista (che per forza di cose era rivolta contro Stati e gruppi della CI): vedi Cuba, SudAfrica di Mandela, ecc.

Per chi vuole capire e imparare a usare il materialismo dialettico per capire e fare, è istruttivo il discorso fatto da Mao Tse-tung alla riunione di settemila quadri del PCC che nel gennaio del 1962 tennero a Pechino un seminario di bilancio dell’esperienza di trasformazione dei rapporti di produzione e di sviluppo delle forze produttive compiuta nei dodici anni trascorsi dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese. In questo discorso Mao Tse-tung sviluppa l’autocritica e la critica del lavoro eseguito, getta nuova luce sulla via della transizione dal capitalismo al comunismo e dà inizio al percorso che porterà dapprima al Movimento di educazione socialista e poi alla Rivoluzione culturale proletaria.

Per quanto riguarda la costruzione socialista noi manchiamo ancora di esperienza. Ho discusso questo problema con delegazioni di partiti fratelli di parecchi paesi e ho detto loro che noi non abbiamo nessuna esperienza della costruzione di un’economia socialista. Ho discusso questo problema con molti giornalisti dei paesi capitalisti tra i quali un americano che si chiama Snow. Da tanti anni voleva venire in Cina e nel 1960 l’abbiamo lasciato venire. Ho avuto una discussione con lui. Gli ho detto: “Come lei sa, noi abbiamo una serie di esperienze, di indirizzi e di metodi in politica, negli affari militari e nella lotta di classe; ma per quanto riguarda la costruzione socialista, noi non abbiamo ancora nessuna esperienza e non l’abbiamo mai fatta in passato. Lei potrebbe dire: ‘Non l’avete forse fatta per undici anni?’. Sì, l’abbiamo fatta per undici anni e ancora manchiamo di conoscenze e di esperienze. Anche se stiamo cominciando a averne un po’, è ancora poco”. Snow voleva che gli dicessi qualcosa sul piano di costruzione a lungo termine della Cina. Io gli ho detto: “Non lo so”. Lui ha detto: “Lei mi sembra troppo prudente”. Io gli ho detto: “Non è questione di prudenza. È che proprio non lo so, noi proprio non abbiamo nessuna esperienza, è proprio così”. Compagni, è vero che noi non lo sappiamo; noi davvero manchiamo di esperienza ed è un fatto che non abbiamo nessun piano a lungo termine. Il 1960 è stato l’anno in cui ci siamo trovati in un mucchio di difficoltà. Nel 1961 ho avuto un colloquio con Montgomery durante il quale abbiamo parlato ancora di queste cose. Lui ha detto: “Ancora cinquant’anni e voi sarete temibili”. Voleva dire che tra cinquant’anni potremmo diventare potenti e “aggredire” altri paesi, ma non prima di cinquant’anni. Mi aveva già esposto la sua opinione quando era venuto in Cina nel 1960. Io gli ho detto: “Noi siamo marxisti-leninisti, il nostro Stato è uno Stato socialista e non uno Stato capitalista, per questo noi non aggrediremo altri paesi né tra cento anni e nemmeno tra diecimila anni. Per quanto riguarda la costruzione di una forte economia socialista, in Cina cinquant’anni non saranno sufficienti; ci vorranno un centinaio di anni o forse più. Nel vostro paese lo sviluppo del capitalismo ha richiesto parecchie centinaia d’anni: non contando il XVI secolo che era ancora Medioevo, dal XVII secolo a oggi sono già trecentosessanta anni. Io ritengo che nel nostro paese la costruzione di una grande e potente economia socialista richiederà più di cento anni”. Che periodo era il XVII secolo? In Cina si era alla fine della dinastia Ming e all’inizio della dinastia Ching. Un secolo dopo, nella prima metà del XVIII secolo, si era nel periodo Chien-lung della dinastia Ching. (…). In Cina, nel periodo Chien-lung, i germi dei rapporti capitalisti di produzione esistevano già, ma eravamo ancora in una società feudale. (…). Ancor prima, nel XVII secolo, in alcuni paesi europei era già iniziato il processo di sviluppo del capitalismo. Ci sono voluti trecento anni perché le forze produttive capitaliste si sviluppassero fino a raggiungere la forma attuale. Il socialismo è superiore al capitalismo sotto molti aspetti e lo sviluppo economico del nostro paese può essere molto più veloce di quello dei paesi capitalisti. La Cina però ha una grande popolazione, le risorse sono scarse e la nostra economia è arretrata di modo che, secondo me, sarà impossibile sviluppare la nostra capacità produttiva tanto rapidamente da poter raggiungere e superare i paesi capitalisti più avanzati in meno di cento anni. Se ci volessero soltanto pochi decenni, per esempio soltanto cinquant’anni come alcuni hanno congetturato, allora sarebbe una cosa splendida e dovremmo ringraziare il cielo e la terra! Io esorto però i compagni a tenere più presenti le difficoltà e a considerare che ci vorrà un periodo più lungo. Ci sono voluti da tre a quattrocento anni per costruire una grande e potente economia capitalista; che ci sarebbe di male se nel nostro paese si costruisse una grande e potente economia socialista in cinquanta o cento anni? I prossimi cinquanta, cento anni a partire da oggi saranno un periodo epico di cambiamenti fondamentali nel sistema sociale mondiale, saranno un’epoca di terremoti e sconvolgimenti, un’epoca non paragonabile a nessun’epoca passata. Per vivere in questa epoca dobbiamo essere preparati ad affrontare grandi lotte, sotto molti punti di vista diverse dalle grandi lotte dei periodi precedenti. Per svolgere questo compito dobbiamo fare del nostro meglio per combinare la verità universale del marxismo-leninismo con la realtà concreta della costruzione socialista cinese e con la realtà concreta della futura rivoluzione mondiale e, attraverso la pratica, dobbiamo giungere gradualmente a comprendere le leggi oggettive della lotta. Dobbiamo essere pronti a subire molte sconfitte e molti rovesci dovuti alla nostra cecità, accumulando così quell’esperienza che ci consentirà di raggiungere la vittoria finale. Se consideriamo le cose da questo punto di vista, ci sono molti vantaggi nel presupporre che ci vorrà un lungo periodo; sarebbe invece dannoso presupporre che ci voglia un periodo breve” (Mao Tse-tung, Alla riunione allargata del centro - 30 gennaio 1962, in Opere di Mao Tse-tung, vol. 19, Edizioni Rapporti Sociali).

Tonia N.