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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXV - luglio 2023

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Cura ed educazione dei bambini nell’Italia socialista

Uno spaccato su un’alternativa, immaginaria ma realistica, al marasma creato dalla permanenza del capitalismo: 1. quello che succede oggi, le due vie - denuncia, 2. quello che faremo - i sogni dello sviluppo che daremo alla seconda via, 3. gli esempi che ci ha dato l’Unione Sovietica.


In una futura e del tutto possibile Italia socialista la maternità, e con questa la cura e la formazione dei bambini, saranno trattate come una delle priorità dello Stato socialista e non lasciate ai singoli perché si arrangino come meglio riescono.

Proviamo a descriverla confrontandola con la condizione attuale delle donne proletarie.

Le madri non sono costrette a fare i conti con il proprio lavoro, con la presenza o meno dei nonni e di una rete che possa supportare la gestione e l’educazione del figlio alla bell’e meglio.

Le donne partecipano alla gestione della società; hanno la possibilità di accedere a quelle che definiamo attività specificamente umane (quelle che distinguono la specie umana dalle altre specie animali) al massimo grado. Svolgono quindi una funzione centrale e portante - assieme a uomini, giovani e anziani del proletariato - per la costruzione della nuova società e di condizioni di vita sempre migliori per se stesse, per i propri figli e per il resto della società.

In questo rientra la cura dei bambini e la loro formazione a partecipare al massimo grado di cui sono capaci alla direzione della propria vita, di tutti i contesti in cui sono inseriti e della società. Le neo mamme hanno accesso alla maternità retribuita e con la garanzia del mantenimento del lavoro; hanno diritto all’allattamento retribuito durante le ore di lavoro e ad asili nido all’interno delle aziende per tutto il tempo in cui è necessario. Hanno poi a disposizione asili nido in ogni quartiere e caseggiato per i periodi successivi. Possono affidare i bambini in ogni orario agli asili, anche di notte per le poche che fanno i turni notturni e per chi vuole dedicarsi alla propria formazione ed educazione (con cinema, teatri, iniziative, dibattiti e quanto altro che saranno gratuiti e accessibili in massima parte) o al resto delle relazioni sociali. Queste scelte non sono in contraddizione alla cura dei bambini, ma vanno anche a vantaggio loro e del loro futuro perché sono seguiti e formati al massimo grado di cui l’umanità oggi è capace.

Gli asili, i giardini d’infanzia e le altre strutture esistenti non sono dei parcheggi per i bambini o addirittura, come oggi succede in casi estremi, luoghi in cui vengono maltrattati e umiliati. L’obiettivo della loro educazione è la loro partecipazione attiva, da dirigenti, alla società: non sono destinati ad essere esuberi o avulsi da questa. Le mamme non devono preoccuparsi dei metodi che adottano nelle scuole, non sono in guerra con insegnanti ed educatori, perché asili e scuole sono integrate nella società. L’educazione ne rispecchia le necessità e gli sviluppi; insegnanti ed educatori svolgono costanti inchieste e consultazioni nei quartieri per la massima partecipazione della popolazione all’educazione dei bambini. Le strutture educative sono dirette da comitati formati da lavoratori, delegazioni di genitori o di bambini (già per le scuole elementari) e dalle principali organizzazioni di lavoratori della zona (che sono in grado di dare una direzione e una guida rispetto alle necessità dei territori). Vivono finalmente le istituzioni che le masse popolari del nostro paese hanno strappato alla borghesia durante le lotte degli anni ’70, quando hanno creato consigli d’istituto e di classe nelle scuole. I bambini hanno a pieno titolo voce in capitolo nella gestione delle scuole e dentro le classi. Educatori e insegnanti stimolano al massimo grado la loro capacità di inchiesta e di verifica rispetto a quanto viene loro insegnato e l’attitudine a criticare e fare autocritica proponendo soluzioni alle difficoltà e ai problemi che incontrano. Nella loro cura ed educazione non sono trattati come incapaci e tanto meno mantenuti in questa condizione: la loro educazione mira all’acquisizione della maggiore e più rapida autonomia e poggia sull’educazione collettiva.

I programmi didattici e pedagogici prevedono anche la formazione a svolgere lavoretti, non per occupare il loro tempo, ma per essere e sentirsi necessari al contesto della scuola in cui sono inseriti (ad esempio apparecchiando e lavando i piatti per tutti a turno) e al contesto più complessivo del quartiere. Ad esempio i comitati di gestione delle scuole si occupano di fare frequenti inchieste nei quartieri e nei caseggiati anche per legare alcuni dei lavori di pubblica utilità alle attività dei bambini, che ogni classe si assume di fare (dalla pulizia delle strade, alla cura del verde, ai servizi di lettura e scrittura per persone che non riescono più a farlo). I bambini vengono educati in primo luogo alla solidarietà fra compagni, al reciproco aiuto e alla dedizione alla collettività. Sono inoltre sviluppati la loro autonomia e indipendenza, il loro senso critico, la loro creatività, le loro abilità fisiche e artistiche e la loro responsabilità civile, insomma la loro partecipazione attiva alla società. Le strutture educative sono aperte alla società e fanno di questa materia di studio e di intervento, in modo da far poggiare la formazione dei bambini sulla propria esperienza pratica, educando a imparare dalla propria esperienza e a verificare la teoria nella pratica. L’applicazione dello studio avviene tramite i lavoretti e anche nella costruzione di giochi e di strumenti. Il proletariato non teme infatti la realtà, questa è e deve rappresentare la verifica della teoria per ogni individuo che parteciperà alla società socialista.

Tutto questo è possibile anche perché i lavoratori delle strutture dell’infanzia e delle scuole non sono sfruttati e umiliati, ma lavorano nella condizione in cui sono capaci di tirare fuori e valorizzare le migliori aspirazioni e capacità nello svolgimento del proprio lavoro. La ricerca relativa alla pedagogia si avvale del lavoro collettivo e a questa, come alla creazione di strutture del lavoro necessario, lo Stato dedica risorse economiche e strutturali.

Le mamme nell’Italia socialista non hanno l’educazione dei figli come loro principale scopo e occupazione, ma la costruzione della nuova società e quindi dell’educazione di tutti i bambini. Per emancipare loro stesse, le donne sanno che devono partecipare all’emancipazione dei loro figli e alla loro educazione alla partecipazione alla vita sociale. L’educazione dei bambini non è una corsa a riempire il loro tempo con attività e a farli primeggiare, non sono alla ricerca forsennata - individuale - della soluzione migliore per la loro crescita. I figli non sono trattati come giocattoli a disposizione dei genitori e per creare loro legami sociali, perché i genitori non ne hanno bisogno. Nemmeno sono trattati come fossero già belli e fatti, finiti e perfetti, esseri a cui “sottomettersi” e alle cui necessità “naturali” sopperire subito. I bambini non sono “usati” come strumenti per l’oppressione della donna e cresciuti inetti. È lontano quel legame tra madre e figlio che si autoalimenta e che crea figli dipendenti, “mutilati” e non autonomi e madri che hanno i propri figli come unico scopo.

Mamme e bambini saranno parte integrante di quella fitta e capillare rete partecipativa e decisionale che irrora la società socialista.


La descrizione che abbiamo fatto della cura ed educazione dei bambini nell’Italia socialista è sì immaginaria, ma del tutto realistica perché poggia sulle condizioni esistenti nel nostro paese e sull’esperienza dei primi paesi socialisti, in particolare quella dell’URSS di Lenin e soprattutto di Stalin e della Cina Popolare di Mao. Tenendo ben presente che le esperienze di questi paesi non potranno essere tradotte pari pari e tanto meno di colpo nel nostro paese dal momento che non si trattava di paesi imperialisti. La Russia del 1917 era infatti un paese semifeudale, anello debole degli allora paesi imperialisti, mentre la Cina prima della rivoluzione era un paese coloniale.

Eppure, se guardiamo a quelle esperienze, in particolare a quella dell’URSS, già vediamo la realtà che prima abbiamo immaginato. Infatti in Russia immediatamente dopo la presa del potere il nuovo Stato socialista si occupò della maternità e della cura dei bambini. Il processo che innescò fu orientato a creare nuovi rapporti tra genitori e figli e nel complesso tra adulti e bambini, de-infantilizzando i bambini e creando loro contesti e attività in cui sviluppare diverse relazioni con gli adulti. I bambini dovevano svolgere un ruolo attivo e necessario alla società e le madri dovevano essere liberate dal lavoro di cura che le teneva ai margini della società. Il potere sovietico agì: da una parte immettendo le donne nel lavoro produttivo e liberandole quindi dall’isolamento sociale del lavoro domestico e di cura e dall’altra promuovendo al massimo grado l’emancipazione dei bambini dalla famiglia; creando istituti e strutture che rendevano possibile la loro emancipazione (asili, scuole, mense, ecc.) e in ultimo abolendo leggi e millenarie consuetudini di sottomissione delle donne. Il modo in cui i bolscevichi promossero la trasformazione della società in questo senso, passò attraverso la combinazione tra leggi e decreti emanati dal nuovo Stato socialista con il lavoro capillare del PC(b) per promuovere la partecipazione attiva delle donne e dei bambini alla politica e alla creazione delle soluzioni necessarie tramite la fitta rete di organismi di massa a questo legati. La crescente partecipazione degli operai, dei lavoratori, delle donne, dei giovani all’attività politica era e doveva essere il mezzo principale della trasformazione delle condizioni materiali e intellettuali della loro vita, che loro stessi operavano!

Così già dal 1918 con i decreti e le leggi fissati con il Codice di famiglia e con la Disposizione sulla scuola unica del lavoro, lo Stato sovietico, primo nella storia dell’umanità, decreta: maternità retribuita, diritto all’allattamento retribuito per mezz’ora ogni 3 ore e istituzione di asili nido gratuiti in ogni azienda. Negli anni ’50 in URSS vennero create anche delle banche del latte, garantendo a tutti i bambini il cibo più completo ma svincolandolo dalle possibilità della singola madre. La propaganda sovietica educava e informava inoltre le neo mamme sulle procedure igieniche da seguire per la cura dei bambini. Furono costruiti asili nido e scuole materne (gratuiti o in minima parte a carico della famiglia) in ogni quartiere e caseggiato, che funzionavano ogni giorno per 24 ore al giorno, così da dare la possibilità ai genitori che facevano i turni o che volevano dedicarsi alle attività specificamente umane (teatro, cinema, cultura, ecc.) di farlo. Successivamente i bambini venivano inseriti in scuole-convitto e fuori da queste avevano a disposizione gratuitamente dei Palazzi della creatività: grandi edifici in cui confluivano i bambini di diverse scuole per svolgere attività del tempo libero come musica, canto, sport, giochi e anche partecipazione a incontri e dibattiti. Anche la maggiore socializzazione dei lavori domestici era condizione per la maggiore indipendenza del bambino dalla famiglia d’origine, da cui non dipendeva strettamente per le necessità quotidiane.

Già negli asili l’educazione era improntata all’autonomia, all’educazione al collettivo e alla partecipazione al lavoro comune. In questo modo l’energia del bambino veniva indirizzata verso il bene comune e lui diventava necessario e importante per l’ambito della scuola e per la società. Ad esempio negli asili si insegnava ai bambini a lavare i piatti turnando insieme alle educatrici o a pulire la stanza, responsabilizzandoli così alla costruzione delle condizioni necessarie alla classe. Allo stesso modo, tramite inchieste e assemblee con il quartiere, si fissava un piano di lavori necessari che ogni classe si assumeva di compiere per il quartiere. Nel testo La metà del cielo,(1) si leggono alcune esperienze di asili nella Cina Popolare di Mao nel periodo della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria: nelle campagne gli asili prevedevano attività legate alla cura degli orti da cui i bambini prendevano gran parte del cibo per la mensa, così da legarli strettamente alla produzione e agli adulti del territorio. Nelle città svolgevano simili lavori per il quartiere, ad esempio piegavano delle scatole di imballaggio delle medicine per la vicina farmacia. Questo non rappresentava l’unica e principale occupazione dei bambini ma era funzionale, oltre che alla loro educazione, alla creazione di legami vari e differenziati con gli adulti, al di là della figura della maestra e dei genitori. Come dicevamo non erano le sole attività, infatti i bambini dai 3 ai 7 anni dedicavano la maggior parte del loro tempo alla musica, alla danza, alla ginnastica, a corsi di storia e di lotta di classe. Anche i racconti usati erano funzionali a sviluppare la loro autonomia e il loro senso pratico e logico: venivano raccontate storie legate alla realtà e alla lotta di classe (ad esempio la storia di un ragazzino che voleva unirsi all’Armata Rossa durante la guerra) e veniva chiesto loro di escogitare soluzioni per i protagonisti delle storie (quello che si dice insegnare a pescare e non dare il pesce!). Anche nei Palazzi della creatività i bambini svolgevano le attività ricreative con la serietà con cui si acquisiscono capacità davvero utili alla propria esistenza, spesso riportandole poi alla loro classe. In questo modo si creava un ulteriore contesto di socializzazione e di lavoro collettivo, dove venivano affinate capacità e abilità dei bambini (realizzando ciò che serviva alla società in quella determinata fase). Anche i loro giochi in conseguenza si trasformavano, in connessione con la trasformazione della società e dell’educazione.

Ognuno aveva poi voce in capitolo: si tenevano riunioni, i bambini discutevano con gli insegnanti, facevano da tutor ai nuovi arrivati. La critica era parte integrante della loro educazione e potevano chiedere assemblee con gli insegnanti per trattare dei problemi. Nelle scuole elementari i rappresentanti dei bambini facevano parte del comitato che dirigeva la scuola e prendevano decisioni relative a questa e alla sua gestione. L’educazione doveva essere in definitiva tesa ad accrescere esperienze e a costruire la visione globale della società, per educarli alla gestione di questa.

In URSS furono poi create anche delle organizzazioni in cui i bambini potevano fare ulteriori esperienze, come gli Oktjabrjata, in cui entravano dall’età di 7 anni, e l’organizzazione dei Pionieri, in cui entravano all’età di 10 anni. Erano strutture organizzate sul modello dello scoutismo, ma tradotte per gli obiettivi e i modelli della società socialista. I bambini in estate potevano quindi andare ai campi e nelle colonie organizzati da queste due organizzazioni (sempre gratuitamente).


1. Claudie Broyelle, La metà del cielo. Il movimento di liberazione della donna nella Cina di Mao, Bompiani 1974.


Con il passaggio dell’URSS dalla prima alla terza delle tre fasi attraversate dai paesi socialisti,(2) quella della restaurazione del capitalismo ad ogni costo (fase in cui oggi la Federazione Russa ancora si trova), si sono progressivamente dissolti i principi e i pilastri della cura e dell’educazione dei bambini. Indicativa la descrizione della seconda e della terza fase riportata da una donna russa, che non si definisce comunista, in un contributo che ci è arrivato. “[Ancora nella seconda fase di restaurazione graduale del capitalismo, con l’avvento al potere dei revisionisti moderni ndr] l’educazione in URSS era abbastanza buona. Veniva data una buona preparazione generale, era curato il collegamento e la sinergia tra le diverse scienze insegnate. L’educazione era massiccia e accessibile a tutti, era gratuita ad ogni grado fino all’università. Lo status degli insegnanti era molto alto, erano rispettati come eroi della società sovietica. Ognuno di loro aveva una laurea per svolgere il lavoro e doveva soddisfare standard elevati. Nell’Unione Sovietica c’era un culto della cultura, della letteratura e della lettura, della scienza, del teatro, del cinema, ecc. Oltre all’insegnamento di queste pratiche veniva svolto un lavoro educativo morale e patriottico, si educava alla superiorità dello spirituale sul materiale, del collettivo sull’individuo. (*) Tra le carenze di quel periodo dobbiamo nominare l’aumento dell’ideologia comunista, la mancanza di conoscenza applicata alla realtà, la troppa enfasi sulla teoria. I programmi di studio non erano flessibili e non tenevano conto delle specificità di ognuno.


(*) La donna vuole dire che l’ideologia comunista aumentava, nel senso che la concezione comunista del mondo - che per sua natura è scienza del corso delle cose e linea d’azione che si verifica nella pratica - era invece ridotta sempre più a una dottrina, giustificazione teorica di un sistema di rapporti sociali, cioè a una ideologia imposta dalle autorità.


Oggi la maggioranza degli esperti valuta comunque quella educazione come la migliore al mondo per quel periodo. Il sistema era “premuroso”, efficiente e completo; garantiva occupazione per tutti. Nel 1991 tutto è cambiato. L’Unione Sovietica è crollata in conseguenza di problemi economici e politici interni e della pressione politica esterna. Fu per tutti noi una tragedia enorme, esecranda. Tutti i sistemi del paese furono distrutti: la politica, l’economia, l’educazione, la medicina, l’industria, la logistica, l’esercizio militare, il sistema monetario…tutto. La popolazione si impoverì e iniziarono le guerre. Apparvero nuovi eroi: politici, investitori e uomini d’affari stranieri, banditi locali e tutte quelle persone che in quella fase avevano fatto i soldi. Gli ideali sovietici furono gettati via e dimenticati. Nel ’90 tra i creatori del nuovo sistema educativo c’era la fondazione Soros. I suoi obiettivi e metodi erano molto diversi da prima: iniziò a costruire una nuova società di consumatori arrivisti e individualisti. Si costruirono nuovi principi, nuovi obiettivi, una nuova psicologia. Una società senza patria e guidata dall’esterno. Oggi abbiamo un sistema educativo che non fornisce conoscenze approfondite, un’ampia visione del mondo, una risoluzione creativa dei problemi e un pensiero critico. I bambini sono sovraccarichi di ore di studio dentro la scuola e dopo la scuola. Gli indicatori della salute dei bambini sono notevolmente peggiorati.


2. Sulle fasi attraversate dai primi paesi socialisti vedi Manifesto Programma, Edizioni Rapporti Sociali, capitolo 1.7.3 Le fasi attraversate dai primi paesi socialisti.


Non c’è connessione tra conoscenza e pratica. Nella scuola sovietica i bambini acquisivano l’80% delle informazioni, ora ne acquisiscono il 20%. La maggior parte dei genitori è costretta ad assumere un tutor esterno per migliorare la loro conoscenza. L’educazione dei bambini è diventato un settore dei servizi senza anima e creatività”.

L’unico sistema in cui è possibile la creazione di un’educazione di massa, gratuita e funzionale al pieno e libero sviluppo della società e quindi al libero sviluppo di ognuno è il socialismo. Nel momento in cui viene meno la dittatura del proletariato, anche questo aspetto degrada. Chi oggi può realizzare in Italia questa società e rendere realtà la descrizione fattane sopra, è la classe operaia guidata dalla sua avanguardia organizzata nel partito comunista. Sta ai comunisti del nostro paese far crescere la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari e guidarle ad instaurare il socialismo in Italia, impresa difficile ma del tutto possibile!

Nadia Geri