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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXV - luglio 2023

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Per la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato

Buon lavoro al Centro Studi Nazionale “Domenico Losurdo”!

Per vincere la guerra che le oppone alla borghesia imperialista, le masse popolari hanno bisogno di un partito comunista all’altezza del suo compito storico: instaurare il socialismo!


Il (n)PCI plaude all’iniziativa e augura ai compagni che il 28 maggio 2023 hanno costituito il Centro Studi Nazionale “Domenico Losurdo” di perseguire fino in fondo gli obiettivi che si sono dati per arrivare a unirsi in partito comunista: 1) la lotta contro le deviazioni (dogmatismo, neo positivismo, determinismo, meccanicismo) che hanno inquinato e inquinano in campo teorico il movimento comunista dei paesi imperialisti per rilanciare un pensiero marxista rivoluzionario, 2) l’analisi del caratteristiche economiche e politiche dell’epoca imperialista, fattore indispensabile per tracciare la linea da seguire per guidare le masse popolari fino a instaurare il socialismo.

Siamo certi che quanti di loro andranno fino in fondo, arriveranno anche a superare quei limiti del movimento comunista dei paesi imperialisti (il “marxismo occidentale”) che Domenico Losurdo ha messo bene in luce, a partire dalla “assuefazione al ruolo di opposizione e di critica” e dalla “insufficiente attenzione verso la questione del potere” (elettoralismo ed economicismo), senza però indicare e tanto meno verificare una linea per farvi fronte. In questo troveranno una valida guida nell’indicazione data da Gramsci nel 1923 ai comunisti: “fare una spietata autocritica della nostra debolezza, incominciare dal domandarsi perché abbiamo perso, chi eravamo, cosa volevamo, dove volevamo arrivare” (A. Gramsci, Che fare? - 1923), conoscere il terreno in cui si opera e assumere la concezione comunista del mondo come base dell’unità del partito. È l’indicazione che la Carovana del (n)PCI ha fatto propria e ha seguito nella sua opera per ricostruire il partito comunista iniziata negli anni ‘80 del secolo scorso.

I promotori del Centro Studi sostengono che “tutti i partiti comunisti italiani post PCI, dal PRC in poi, sono nati, per così dire, per ‘gemmazione’, l’uno dalla scissione dall’altro, l’uno portandosi dietro i limiti e i difetti del ‘padre’; nessun partito comunista è nato, in Italia, dalla fine del PCI in poi, attraverso un autonomo processo di costruzione, politica, teorica, organizzativa, di sé”. Se svilupperanno questa tesi, scopriranno che in realtà anche il PCI, nato nel 1921 dalla scissione del PSI, si è portato dietro i difetti del “padre”. La formazione del PCI infatti non fu principalmente il risultato di una lotta tra due linee condotta apertamente coinvolgendo tutto il corpo del partito socialista, analoga a quella condotta da Lenin e dai suoi seguaci nel movimento socialdemocratico russo e sfociata nella formazione del partito bolscevico nel 1912. Per di più la fondazione del PCI avvenne in condizioni tali per cui il nuovo partito fu assorbito dalla necessità di difendersi dall’offensiva fascista, ricostruire gli organismi dirigenti e tenere assieme quanto più possibile delle masse popolari. Quindi il nuovo partito trascurò i problemi di concezione, analisi e linea necessari alla trasformazione “di un partito europeo di tipo vecchio, parlamentare, riformista di fatto e con appena una spruzzatina di colore rivoluzionario, in un partito di tipo nuovo, realmente rivoluzionario e realmente comunista” (Lenin, Note di un pubblicista - febbraio 1922). I promotori del Centro Studi scopriranno quindi che i comunisti del nostro paese devono far fronte ai limiti particolari della trasformazione (bolscevizzazione) che il PCI ha abbandonato a metà strada e con i risultati della Resistenza (1943-1945) sfociata alla fine degli anni ’40 del secolo scorso nella costituzione della Repubblica Pontificia e nel controllo dell’imperialismo USA: scopriranno cioè che devono fare i conti con i limiti della sinistra del vecchio PCI, della sua parte più avanzata.

Victor A.