La Voce 73 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXV - marzo 2023

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Per la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato

Valorizzare i risultati raggiunti, sviluppare le nuove possibilità d’azione che aprono ed essere all’altezza delle superiori responsabilità che comportano

VI Congresso del Partito dei CARC

Per mobilitare la classe operaia e le altre classi delle masse popolari a eliminare il potere della borghesia imperialista e instaurare il loro potere, occorre un partito comunista che elabora e attua una linea e un piano d’azione adeguati a raggiungere questo obiettivo, che seleziona e forma i suoi membri, i suoi dirigenti, le sue organizzazioni e le sue relazioni con le masse in funzione di questo obiettivo, che garantisce la continuità della sua azione quali che siano le decisioni, le manovre e le azioni criminali della classe dominante (quindi non opera nei limiti consentiti dalle leggi borghesi), che si lega strettamente alla massa degli operai e delle altre classi popolari alleate della classe operaia. In sintesi, per essere lo Stato Maggiore (promuovere e dirigere) della guerra popolare rivoluzionaria, il partito comunista deve fondarsi sulla concezione comunista del mondo e praticare la lotta tra due linee per applicarla, essere composto da quadri, organizzarsi clandestinamente. Questa scoperta, illustrata da Lenin nel Che fare? (1902) in polemica con gli economicisti russi e con i revisionisti della II Internazionale, costituisce uno dei principali apporti del leninismo alla scienza comunista (che infatti prese il nome di marxismo-leninismo).


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Gli apporti del leninismo alla scienza comunista

 

Il leninismo ha sviluppato la scienza comunista oltre il marxismo principalmente in tre campi:

1. la natura e il ruolo del partito comunista nel preparare e condurre la rivoluzione proletaria;

2. le caratteristiche economiche e politiche dell’imperialismo e la rivoluzione proletaria;

3. la direzione della classe operaia sul resto delle masse popolari e l’alleanza del proletariato dei paesi imperialisti con i popoli oppressi dall’imperialismo.

Il marxismo-leninismo è stato la concezione del mondo e il metodo di lavoro che ha guidato i comunisti durante la prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria.

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La prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria ha confermato praticamente e su larga scala la scoperta di Lenin. Ha mostrato che un partito comunista di quadri e di massa non può essere lo Stato Maggiore della rivoluzione socialista. Allo stesso tempo, però, ha mostrato che un partito di quadri e di massa è necessario, in particolare nei paesi imperialisti dove il riformismo rivendicativo, il riformismo elettorale, le illusioni democratiche sono forti anche tra gli operai e i lavoratori avanzati e persino tra quelli che si dicono comunisti. Non serve dannarsi per questo, sognare operai e lavoratori diversi o cercare di cambiare il loro modo di pensare solo con la propaganda, la formazione, ecc. Bisogna raccogliere gli operai e gli altri lavoratori avanzati, valorizzarli, mobilitarli e trasformarli attraverso un movimento pratico che prende atto dei loro pregiudizi riformisti ma fa leva sulla loro necessità di resistere al procedere della crisi generale del capitalismo e li porta a convincersi, per loro esperienza diretta e attraverso un processo di cui sono protagonisti, che la rivoluzione socialista è l’unica strada realistica, efficace e possibile (fare scuola di comunismo). La creazione delle condizioni per costituire il Governo di Blocco Popolare è la linea tattica per allargare e rafforzare la partecipazione delle masse popolari alla rivoluzione socialista facendo compiere a esse un’esperienza pratica di lotta rivoluzionaria a partire dai pregiudizi riformisti che il lungo periodo di predominio dei revisionisti moderni e della sinistra borghese ha sedimentato tra di esse.

 Da qui l’importanza di un partito di quadri e di massa come il P.CARC e dell’azione che esso svolge per moltiplicare e rafforzare gli organismi operai e popolari, coordinarli, portarli ad agire come nuove autorità pubbliche, orientarli a costituire un loro governo d’emergenza, unire in un fronte unico le forze anti Larghe Intese e promuovere la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato. Perseguendo coscientemente l’obiettivo del Governo di Blocco Popolare (GBP) e organizzandosi come partito di quadri e di massa, il P.CARC mette in moto nuovi quadri comunisti e costituisce una scuola di mobilitazione e organizzazione, di formazione ideologica e politica, intellettuale e morale accessibile a ogni elemento avanzato delle masse popolari.

Il (n)PCI sostiene al meglio delle sue forze l’allargamento della rete del P.CARC e l’elevazione del suo livello: sono una componente fondamentale per far avanzare la rivoluzione socialista in corso nel nostro paese. È con questa consapevolezza che pubblichiamo gli articoli di Piero G. e di Olga B.: quest’ultimo è stato scritto per la rubrica Consolidamento e rafforzamento del (n)PCI, ma i temi che tratta sono utili anche ai quadri del P.CARC.

Il (n)PCI augura al P.CARC che il suo VI Congresso acceleri la creazione delle condizioni per far ingoiare ai vertici della Repubblica Pontifica il Governo di Blocco Popolare e contribuisca alla rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato! Avanti compagni, dipende da voi, dipende da noi!

Viva la Carovana del (n)PCI, viva il P.CARC! Il (n)PCI e il P.CARC si rafforzano l’un l’altro nella comune lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista!


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Avanzare nel diventare un partito comunista di quadri e di massa

Elevare i quadri e valorizzare i militanti di base

È evidente a noi, ma è la stessa conclusione che ricaviamo dalla corrispondenza che abbiamo con compagni di altre organizzazioni politiche e del P.CARC stesso, che negli ultimi anni e in particolare dallo scoppio della pandemia da Covid-19 in poi, il P.CARC ha allargato le sue file, la sua rete e il suo lavoro esterno (intervento nel movimento delle organizzazioni operaie e popolari, relazioni con partiti ed esponenti del movimento comunista cosciente e organizzato, coordinamenti politici e sindacali, ecc.): anche il VI Congresso è espressione dei risultati che ha raggiunto. Questi risultativi pongono il P.CARC e ogni suo dirigente di fronte a nuove possibilità e a superiori responsabilità: richiedono un salto avanti nella selezione e formazione dei quadri e nella valorizzazione dei militanti di base.

Selezione e formazione dei quadri. “Il freno principale all’avanzata della rivoluzione socialista è che molti di quelli pur sono convinti che instaurare il socialismo è necessario, non attuano la riforma intellettuale e morale (RIM) che farebbe di ognuno di loro un efficace promotore dell’avanzata della rivoluzione socialista”. Questa conclusione, che il Comitato Centrale del (n)PCI ha illustrato nel Comunicato 4 del 10 febbraio 2023, riguarda anche i quadri del P.CARC: per assolvere al compito che si è assunto nella rivoluzione socialista in corso e sviluppare i risultati che ha raggiunto, l’aspetto decisivo è elevare i quadri. Parafrasando le parole di Stalin, nei prossimi mesi per l’avanzamento del P.CARC “la RIM dei quadri decide di tutto”.

Nella letteratura del (n)PCI, in particolare nella rubrica “Consolidamento e rafforzamento del (n)PCI” in La Voce, essi possono trovare molti criteri e metodi, orientamenti ed esperienze utili alla loro RIM. Qui mi concentro su quattro aspetti.

 1. Nell’articolo Come comportarsi di fronte a situazioni nuove? (VO 72) scrivevo che “in un periodo rivoluzionario la situazione cambia rapidamente: se non modifichiamo rapidamente la nostra analisi e la nostra linea per renderla conforme alla nuova situazione, non riusciamo a condurre la rivoluzione alla vittoria. Accade spesso che la nostra analisi e la nostra linea non vanno al passo con la realtà. Capita che alcuni sviluppi ci colgono di sorpresa e ci troviamo ad affrontare situazioni che non avevamo previsto”. Indicavo i “tre mostri” esistenti nel Partito di fronte a situazioni nuove (1. delegare ad altri l’analisi della situazione e la definizione della linea da adottare, 2. attenersi ad analisi, linee, criteri messi a punto in passato, 3. ripartire ogni volta da zero) e come superarli. Nella selezione dei quadri questi “mostri” si traducono in due tendenze opposte ma entrambe dannose: la tendenza a scartare il vecchio per buttarsi sul nuovo e la tendenza a privilegiare il vecchio rispetto al nuovo. Entrambe queste tendenze sono frutto di un metodo di lavoro non materialista dialettico, di un modo di lavorare e pensare superficiale, di un approccio “fatalista” che considera insuperabili i limiti di un compagno, di un modo di pensare unilaterale (considerare le contraddizioni di un singolo compagno come “solo sue”) che porta a ridurre la soluzione del problema alla sostituzione di un compagno con un altro.

A questo proposito è utile l’insegnamento di Stalin: “(...) Un’importanza particolare assume qui il problema di far avanzare in modo ardito e tempestivo quadri nuovi, giovani. Penso che i nostri militanti non hanno ancora le idee abbastanza chiare su questo problema. Alcuni pensano che nella scelta degli uomini bisogna orientarsi soprattutto verso i quadri adulti. Altri, al contrario, pensano di orientarsi soprattutto verso i quadri giovani. A me pare che sbaglino sia gli uni che gli altri. I vecchi quadri rappresentano naturalmente una grande ricchezza per il Partito e per lo Stato. Essi posseggono ciò che i giovani quadri non hanno: un’immensa esperienza di direzione, una solida formazione marxista-leninista, la conoscenza dei problemi, la forza dell'orientamento. Ma, innanzitutto, i vecchi quadri sono sempre pochi, meno del necessario e in parte incominciano già ad abbandonare il campo per le leggi naturali della vita. In secondo luogo, una parte dei vecchi quadri è talvolta incline a guardare ostinatamente al passato, a impuntarsi sul passato, a impuntarsi sulle cose vecchie e a non notare ciò che vi è di nuovo nella vita. Questo si chiama aver perduto il senso di ciò che è nuovo. È un difetto molto grave e pericoloso. Per quanto riguarda i quadri giovani, essi non hanno, naturalmente, l’esperienza, la formazione, la conoscenza dei problemi e la forza di orientamento che posseggono i quadri vecchi. Ma innanzitutto, i quadri giovani costituiscono l’enorme maggioranza; in secondo luogo, essi sono giovani e non sono minacciati per il momento di dover abbandonare il campo; in terzo luogo, essi hanno a profusione il senso di ciò che è nuovo, qualità preziosa di ogni militante bolscevico; in quarto luogo, essi si sviluppano e si istruiscono in modo talmente rapido, salgono così impetuosamente, che non è lontano il tempo in cui raggiungeranno i vecchi, si metteranno al loro fianco e daranno loro degnamente il cambio. Di conseguenza, il nostro compito non è quello di orientarci o verso i vecchi o verso i nuovi quadri, ma di applicarci a combinare, a unire i vecchi e i giovani quadri in una sola orchestra che diriga il lavoro del Partito e dello Stato”.(1)


1. Stalin, L’uomo è il capitale più prezioso, Supplemento a La Voce 68.


 Aggiungo un’altra cosa. I tre criteri indicati da Dimitrov (capacità di orientarsi da soli nella lotta di classe, capacità di orientare gli altri, dedizione alla causa del comunismo) non servono solo per valutare i quadri che già ci sono, ma anche per individuare (selezionare) nuovi compagni da formare a diventare quadri. I nuovi quadri bisogna selezionarli principalmente sulla base delle potenzialità che esprimono nella capacità di orientarsi da soli nella lotta di classe in corso, nella capacità di orientare gli altri, nella spinta, volontà e fame di vincere, di far trionfare la rivoluzione socialista. La capacità che un compagno già ha di svolgere un compito specifico è in linea di massima un criterio secondario. In definitiva, nel giro di qualche tempo, ogni compagno può apprendere a svolgere un dato compito, ma senza la spinta a orientarsi da solo nella lotta di classe (e quindi anche ad avere uno spirito critico nella comprensione, assimilazione e uso della linea del partito), a orientare gli altri e vincere non si va lontano.

Un criterio, in questo caso più pratico, per riconoscere i compagni capaci di assumere compiti superiori è stare attenti a come si esprimono, soprattutto a come scrivono. Ci sono compagni che nei loro scritti esprimono concetti giusti ma aggregandoli in modo disordinato, senza una successione logica ed esauriente, senza una visione d’insieme. Dopo che la borghesia è stata costretta (durante la prima ondata della rivoluzione proletaria e sull’esempio dell’URSS) ad aprire la scuola ai figli dei proletari e delle masse popolari, la scuola insegna sempre meno a scrivere. Oggi chi si esprime correttamente, chi sa scrivere bene e rilegge con cura quello che ha scritto prima di diffonderlo, già solo per questo è prezioso: come minimo bisogna osservare se non ha anche le altre qualità nella misura necessaria per essere promosso a funzioni superiori, incaricato di compiti superiori.

2. La verifica dell’operato dei quadri è uno strumento della loro elevazione e sempre Stalin insegna che a questo fine bisogna mettere quello che dicono in relazione con quello che fanno (con i risultati della loro azione) e “andare alla base” quando occorre, cioè avvalersi del riscontro dei loro diretti e degli avanzamenti o arretramenti dei loro diretti. Nel P.CARC i diretti verificano i loro dirigenti anche durante le riunioni, gli attivi, le conferenze, i congressi, ecc.

Verificare l’operato dei quadri significa chiedere, spingere e insegnare loro a fare il bilancio dell’esperienza: della loro e di quella dei collettivi che dirigono. E nel farlo bisogna aiutare i quadri a trattare apertamente non solo i dubbi o le divergenze sulla linea del partito, ma anche gli errori e i limiti, a riconoscere i propri punti di forza e i propri punti deboli. Sugli errori, Lenin è esplicito: “L’atteggiamento di un partito politico di fronte ai propri errori è uno dei criteri più importanti e sicuri per giudicare se questo partito è serio e se sta realmente adempiendo ai suoi doveri nei confronti della sua classe e delle masse lavoratrici. Ammettere con franchezza il proprio errore, scoprirne le cause, analizzare le circostanze che lo ha originato, esaminare attentamente i mezzi per correggere questo errore, questo è il segno di un partito serio, questo è ciò che viene chiamato, per esso, adempimento dei suoi doveri, educare e istruire la sua classe e, quindi, le masse”.(2) E per quanto riguarda i punti deboli, solo riconoscendoli un quadro è in grado di avvalersi del collettivo per superarli o per ovviarvi.


2. Lenin, L’estremismo, malattia infantile del comunismo, Ed. Rapporti Sociali.

 

3. La Carovana del (n)PCI è nata e cresciuta facendo per forza di cose molto affidamento sull’attività e la capacità di singoli compagni. L’allargamento delle file del P.CARC, della sua rete e del suo lavoro tra la base rossa e gli elementi avanzati delle masse popolari, mettono ora i suoi quadri (specie quelli di lungo corso) di fronte alla necessità di concepire il loro lavoro sempre meno come individuale e sempre più come collettivo, di passare “dall’artigiano all’industria” nel modo di lavorare. “Passare dall’artigianato all’industria” richiede

 - un nuovo modo di concepire la selezione, la cura e formazione dei quadri: lo sviluppo del partito non può fondarsi solamente sulla qualità e capacità del singolo ma sulla combinazione del lavoro del singolo con il buon funzionamento dell’istanza che dirige o di cui è membro. Per un quadro significa 1. creare le condizioni affinché le istanze che dirige o di cui fa parte funzionino in maniera da raggiungere i loro obiettivi, 2. curare la propria formazione intellettuale usandola in modo che serva a formare anche i compagni che dirige, 3. assumersi la responsabilità di dare direttive, quindi di decidere quello che i compagni che dirige possono e devono fare;

- una maggiore fiducia nel collettivo: se il quadro ha fiducia nei diretti, allora farà emergere nuove potenzialità e, a cascata, nuovi compagni si mobiliteranno e si formeranno. I dirigenti devono concepirsi per molti versi come “allenatori” di una squadra, non come “giocatori in solitaria” (per quanto brillanti, determinati, ecc.);

4. L’origine di classe va tenuta presente anche nella cura e formazione dei quadri, non solo nella selezione e nelle candidature. Spesso infatti i quadri di origine proletaria sono frenati dalla paura di dirigere perché lo vivono come “distacco dalle masse”. Quelli che invece provengono dalle classi popolari non proletarie esprimono spesso un maggior piglio dirigente, ma considerano il diventare quadri di partito come “sacrificio”, come “perdita della loro libertà”.(3)

 

3. A questo proposito vedasi L’avversione istintiva nei confronti del partito, La Voce 18.


Per ognuno di questi due casi ci sono punti di forza su cui fare leva per contrastare e superare i punti deboli. Per i quadri di origine proletaria, bisogna fare leva sull’attaccamento alla classe operaia, sulla loro capacità di entrare in relazione con gli operai avanzati, sull’istinto di classe, sull’odio e la repulsione verso la borghesia e, se provengono da famiglie legate al movimento comunista, anche sull’attaccamento alla falce martello. Per i quadri che provengono da classi popolari non proletarie, possiamo far leva sull’aspirazione ad affermarsi individualmente per trasformarla in aspirazione all’affermazione del partito, cioè del suo radicamento e della sua influenza nella classe operaia, quindi in affermazione della causa del comunismo.

 

Valorizzazione dei militanti di base. Il (n)PCI è un partito di quadri, quindi non svolge un’attività finalizzata a valorizzare i militanti di base: in questo è il P.CARC il principale “laboratorio” dove imparare, sperimentare e sviluppare l’esperienza. A questo fine potete e dovete avvalervi del bilancio dell’esperienza del vecchio PCI e di ciò che insegna, sia in positivo (in particolare la Resistenza del periodo 1943-45) sia in negativo: dopo l’abbandono dell’obiettivo di instaurare il socialismo, infatti, si è sempre più ridotto a mobilitare i suoi militanti per cucinare alle feste dell’Unità e per raccogliere voti alle elezioni. Essa conferma che è possibile oltre che indispensabile mobilitare un ampio numero persone che sono disposte a fare anche solo piccole cose per la causa del comunismo, per una lotta giusta e conforme ai loro interessi. Insegna anche che per tessere il legame tra comunisti e masse popolari è indispensabile che i quadri non perdano occasione per spiegare, mostrare, far toccare con mano ai militanti di base, nel modo più chiaro e adatto a ognuno di essi, l’insieme in cui si inquadra l’attività piccola e semplice che il militante di base fa ed è disposto a fare in quel momento, la grande impresa alla cui realizzazione contribuisce anche quella cosa piccola e semplice: il 100 di cui è parte il 2, 3 o 5 che il militante di base fa. In questo modo ogni militante di base

 - comprende l’importanza della cosa piccola e semplice che fa ed è spinto a fare e a trovare altre persone che già ora sono disposte a dare un contributo alla lotta per il Governo di Blocco Popolare e per il socialismo, ad agire, come ben indicato nei documenti del vostro V Congresso (2019) come “agente di inchiesta (sulla loro azienda, sul territorio dove vivono, su organizzazioni operaie e popolari con cui hanno rapporti, ecc.), di relazioni sociali (mettere il partito in contatto con nuove persone), di propaganda nel loro ambiente (veicolare l’orientamento e parole d’ordine del partito negli ambiti in cui sono inseriti), di supporto economico e logistico (sostenere il partito e il suo sviluppo, raccogliere fondi e mezzi tra i propri conoscenti, colleghi, amici, ecc.)”;

- contemporaneamente comprende che il partito fa e deve necessariamente fare 100 perché solo così è possibile creare le condizioni necessarie al GBP, quindi che c’è bisogno di quadri, di rivoluzionari di professione e sa che anche lui può dare un contributo maggiore: anche lui può arrivare a dare 20, 50 o 100, se ne ha l’aspirazione o quando la matura, se è disposto a mettersi alla scuola del partito e a organizzare la sua vita in funzione della lotta che esso conduce.

In questo modo ognuno è messo nella condizione di dare il contributo di cui è capace alla lotta per il GBP e allo stesso tempo di crescere.

Avete più volte scritto che il lavoro ordinario delle sezioni, con al centro l’intervento nelle aziende capitaliste e pubbliche, nelle scuole, la promozione di iniziative culturali, ecc., è la base per allargare la rete del partito e raccogliere forze, per raccogliere e valorizzare i militanti di base, quei compagni cioè che vogliono dare il loro contributo alla lotta per il GBP e per il socialismo partecipando alle attività di sezione nei limiti dei loro impegni lavorativi, personali, ecc. Su questo tema il dibattito congressuale vi servirà sicuramente a fissare gli insegnamenti, le scoperte e i cambiamenti da apportare per rendere l’attività delle vostre sezioni e presidi all’altezza del partito di quadri e di massa che state diventando.

Piero G.


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Diventare dirigenti è una lotta!

Nei percorsi di Riforma Intellettuale e Morale (RIM) dei quadri e dei quadri in formazione bisogna tenere presente due tendenze opposte che esistono nelle nostre file:

 - considerare in modo unilaterale il ruolo e il peso del collettivo, mettendo ogni suo membro sullo stesso piano come se tutti i membri svolgessero un ruolo di pari importanza per il successo della nostra causa, come se il singolo individuo non avesse importanza;

- sopravvalutare il ruolo e l’azione del singolo dirigente. Anche questo è un errore perché l’azione del quadro (anche del massimo livello e di grandi capacità) non è mai un’azione individuale: essa ha una sua valenza perché collegata ad un collettivo, poggia su un collettivo, è alimentata da un collettivo e alimenta il collettivo stesso.


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Riforma Intellettuale e Morale

 

 Che ogni dirigente

comunista pratichi la

Riforma Intellettuale

e Morale è uno dei

sei grandi apporti del

maoismo alla scienza

comunista

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Il rapporto individuo/collettivo è unità di opposti entro la quale l’individuo (il dirigente) svolge un ruolo storico e sociale tanto più importante quanto meglio è l’interprete dell’esperienza (quindi tira il bilancio dell’azione del collettivo) e delle necessità del collettivo (quindi definisce le linee di sviluppo per il collettivo) e quanto più l’azione dell’individuo diventa patrimonio del collettivo (insegna ad altri a fare, è esempio, stimolo ma anche incalzo). La consapevolezza da parte del quadro dirigente di questo rapporto dialettico è cruciale per l’assunzione piena dei suoi compiti immediati (tradure la linea generale nel particolare e attuarla nel concreto) e di prospettiva (verificare e sviluppare la linea, formare quadri migliori di lui).

Questa consapevolezza è tanto più importante quando si tratta di un collettivo che ne dirige altri (istanza dirigente), come quello di cui sono responsabile. Mi sono resa conto infatti che nella mia attività di direzione non sempre praticavo questo orientamento. Ero invece portata ad agire come se dirigere un collettivo-istanza dirigente significasse:

- aiutare i suoi membri a tirare fuori il meglio di sé (concezione montessoriana della cura e formazione dei diretti con cui abbiamo iniziato a fare i conti in seguito al bilancio della diserzione di Angelo D’Arcangeli nel 2019);

- costruire unità di indirizzo tra i suoi membri nel senso di convincere tutti (allo stesso modo e livello) della giustezza di una linea e vivere con sconforto la mancata unità su aspetti della stessa, non considerando che in ogni collettivo, anche in un’istanza dirigente, c’è sempre chi è più avanti e chi è più indietro.

Questo modo sbagliato di dirigere le istanze era il frutto di deviazioni ideologiche piuttosto importanti, nelle quali credo possano riconoscersi anche altri compagni che, come me, si sono affacciati alla lotta di classe da ribelli e quindi con una concezione di ripudio della direzione e in particolare dell’esercizio di essa.

Liberarsi di questa concezione è una lotta da condurre a fondo, individuando e combattendo anche le ricadute che ha in termini morali: ad esempio, come nel mio caso, vivere con senso di colpa e quasi di vergogna l’essere considerati più avanti degli altri (e in virtù di questo essere scelti come dirigenti) e reagire mettendosi allo stesso livello dei membri dell’istanza che invece si è chiamati a dirigere. La conseguenza di questo atteggiamento è venire meno ai propri compiti. Non vuol dire non dirigere a fare: il collettivo che dirigevo di cose ne faceva molte e con buoni risultati. Il problema emergeva (e in una certa misura emerge ancora) quando si trattava di dare seriamente battaglia nel collettivo e con i suoi membri, dare battaglia nel senso di mettere all’angolo posizioni sbagliate, criticare con fermezza i limiti e gli errori dei propri compagni. I limiti morali di cui ho detto sopra mi hanno portato spesso a temporeggiare nel dare battaglia: vedere alcune cose sbagliate, ma non intervenire tempestivamente perché farlo significava indirettamente affermare nella pratica il mio ruolo di direzione e quindi riconoscere una differenza tra me e gli altri compagni.

 Mi sono chiesta se questi aspetti fossero una manifestazione del timore della lotta di classe e ho capito che in definitiva sì, nel senso che erano una manifestazione del timore della lotta di classe per come si manifesta nel partito, cioè della non sufficiente assimilazione che nel Partito esiste la lotta tra due linee (uno dei principali apporti del maoismo alla scienza comunista) e anche la contraddizione tra vero e falso, avanzato e arretrato, nuovo e vecchio. La lotta tra due linee si sviluppa in alcune fasi: “la linea è la risposta articolata e ben definita alle domande del che fare, è applicazione della concezione del mondo a una situazione particolare ben definita, appartiene al campo della coscienza. È elaborando la pratica, l’esperienza, la conoscenza sensibile alla luce della concezione comunista del mondo che noi arriviamo a formulare la nostra linea d’azione. Allora si possono avere due linee, perché due e solo due sono le classi fondamentali della società attuale (classe operaia e borghesia) e di fronte a ogni scelta due in definitiva sono le vie: una che porta verso l’instaurazione del socialismo e l’altra che impedisce l’avanzamento della rivoluzione socialista, la fa regredire e favorisce la borghesia” (VO 68, Per promuovere la lotta tra due linee, bisogna formulare chiaramente ognuna delle due linee). La lotta tra vero e falso, avanzato e arretrato, nuovo e vecchio invece è costante.

Come sto facendo fronte a questi limiti e in generale cosa consiglio di fare a quei compagni che sono alle prese con l’imparare a diventare dirigenti? Torno a quanto scritto in precedenza a proposito del ruolo del quadro e della sua relazione con il collettivo. Un diretto va portato a fare il bilancio della propria esperienza (la profondità di questo percorso dipende dalla fase e dal livello del collettivo e del diretto) e gli vanno mostrati i compiti a cui adempiere, ossia i passi da fare. Spesso questo passa da una lotta, ma il dirigente comunista è tale non perché fa l’amicone o dispensa buoni consigli e dà il buon esempio. Il compito del dirigente comunista è farsi portatore dell’esperienza del proprio collettivo e delle sue necessità, dei compiti del collettivo stesso in funzione della nostra lotta. Questa certezza il dirigente la ricava non dal fatto che tutti i membri del collettivo che dirige sono d’accordo con lui, ma da quanto il bilancio che fa e le linee di sviluppo che indica sono coerenti con gli interessi delle masse, con la nostra strategia, con la nostra tattica, con i nostri obiettivi.

Olga B.