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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIV - novembre 2022

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I paesi socialisti nella seconda e terza fase

In L’imperialismo del 1916 Lenin scrive che il mondo si divide in paesi imperialisti e paesi oppressi. Anche da qui emerge la necessità di una comprensione più avanzata dell’epoca imperialista. È evidente che dopo la creazione dell’URSS e la prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria, entra in campo almeno un terzo tipo di paesi: i primi paesi socialisti. Con l’esaurimento della prima ondata, il disfacimento dell’URSS e la ripresa in mano del dominio del mondo da parte della borghesia imperialista, le cose sono diventate più articolate. Oltre ai paesi imperialisti e ai paesi arretrati oppressi dall’imperialismo, esiste anche un nutrito insieme di paesi derivanti dai primi paesi socialisti. Ci sono la Repubblica Popolare Cinese, Cuba, la Repubblica Popolare Democratica di Corea, la Repubblica Socialista del Vietnam, la Repubblica Democratica Popolare del Laos; ci sono la Federazione Russa e paesi ex sovietici come la Bielorussia che si oppongono alla dominazione USA; ci sono le ex repubbliche sovietiche baltiche e le ex repubbliche popolari dell’Europa orientale integrate nella NATO (1999: Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca; 2004: Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia; 2009: Albania, Croazia; 2017: Montenegro; 2020: Macedonia del Nord); ci sono i paesi ex sovietici del Caucaso e dell’Asia (Georgia, Armenia, Azerbaijan, Kazakistan, Turkmenistan, Tagikistan, Kirghizistan, Uzbekistan) in cui i gruppi imperialisti USA, sionisti ed europei cercano di allargarsi. I risultati ottenuti nella gestione della pandemia hanno messo in luce praticamente che non solo Cuba, ma anche la Repubblica Popolare Cinese, la Repubblica Socialista del Vietnam, la Repubblica Democratica Popolare del Laos, la Repubblica Popolare Democratica di Corea conservano in misura più o meno ampia istituzioni e altri aspetti del sistema sociale creato nel corso della prima ondata. Questo mostra la superiorità del socialismo e conferma anche l’analisi sulle tre fasi dei primi paesi socialisti esposta nel Manifesto Programma del (n)PCI cap. 1.7.3.


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La prima fase è iniziata con la conquista del potere da parte della classe operaia e del suo partito comunista. È la fase della “costruzione del socialismo”, caratterizzata dalle trasformazioni che allontanano i paesi socialisti dal capitalismo e dai modi di produzione precapitalisti e li portano verso il comunismo. Per l’Unione Sovietica è durata quasi 40 anni (1917-1956), per le democrazie popolari dell’Europa orientale e centrale circa 10 anni (1945-1956), per la Repubblica popolare cinese meno di trent’anni (1950-1976).

La seconda fase è iniziata quando i revisionisti moderni hanno conquistato la direzione del partito comunista e invertito il senso della trasformazione. È la fase del “tentativo di restaurazione pacifica e graduale del capitalismo”: non vengono più compiuti passi verso il comunismo, i germi di comunismo vengono soffocati, si dà spazio ai rapporti capitalisti ancora esistenti e si cerca di richiamare in vita quelli scomparsi. Si è aperta per l’URSS e le democrazie popolari dell’Europa orientale e centrale grosso modo nel 1956 ed è durata fino alla fine degli anni ’80, per la Repubblica popolare cinese si è aperta nel 1976 ed è ancora in corso.

La terza fase è la fase del “tentativo di restaurazione del capitalismo a qualsiasi costo”: restaurazione su grande scala della proprietà privata dei mezzi di produzione e integrazione a qualsiasi costo nel sistema imperialista mondiale. È la fase di un nuovo scontro violento tra le due classi e le due vie: restaurazione del capitalismo o ripresa della transizione verso il comunismo? Si è aperta per l’URSS e le democrazie popolari dell’Europa orientale e centrale grosso modo nel 1989 ed è ancora in corso.

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Ovviamente, e in particolare per quanto riguarda la Repubblica Popolare Cinese, non basta che il partito al potere si chiami comunista. Bisogna vedere come seleziona i suoi membri, come li forma, le classi a cui appartengono, che ruolo hanno nella vita sociale (nelle aziende, nelle istituzioni, nelle scuole, nei villaggi, ecc.). Bisogna vedere quali sono le misure attuate per promuovere e accrescere la partecipazione della popolazione alle attività propriamente umane. Bisogna vedere come sono gestite le aziende: se la gestione delle aziende è fatta per il profitto dei capitalisti, quindi secondo il criterio “rende o non rende” (1) oppure per soddisfare i bisogni individuali e collettivi della popolazione, quindi secondo il criterio “cosa serve”. Bisogna vedere in quali condizioni si lavora nelle aziende in termini di sicurezza, di rapporto tra quadri tecnici e amministrativi e operai semplici, di direzione del Partito (attraverso un suo Comitato all’interno dell’azienda o altri organismi) sul personale, ecc. Bisogna considerare che ci sono errori e c’è la linea.(2) Considerazioni analoghe valgono anche per gli altri paesi dove non c’è stato un rovesciamento delle istituzioni statali e dei gruppi dirigenti e alla direzione ci sono partiti che si dichiarano comunisti e si ispirano al patrimonio e all’esperienza del movimento comunista.


1. Questo era il quesito dominante tra i dirigenti sovietici dell’epoca Breznev: erano oppressi dal fatto che i soldi che loro investivano nelle aziende sovietiche rendevano meno di quanto rendevano i soldi che i capitalisti occidentali investivano nelle proprie aziende.


2. Per esempio, concentrare la produzione del cotone nell’area del lago Bajkal (URSS) negli anni ‘30 fu un errore della direzione bolscevica: non lo fece per realizzare maggiori profitti, ma convinta che fosse il modo migliore per soddisfare il fabbisogno di cotone (vestiti, ecc.). La concentrazione della produzione in alcune zone ha effetti deleteri sull’ambiente e di riflesso sulla gente che ci abita, ma gli effetti negativi di alcune lavorazioni (come ad esempio la combustione del carbone) non sono noti da sempre.


Per quanto riguarda la Federazione Russa il sistema economico è principalmente in mano a individui (3) che lo gestiscono in termini capitalisti. Però devono fare i conti con una serie di relazioni e istituzioni sociali che sono tuttora ancorate al passato socialista, come i diritti dei lavoratori, il fatto che i lavoratori trattano le aziende come se fossero ancora loro e che alcune aziende pubbliche sono state chiuse ma altre no. Bisogna capire 1. in che misura la proprietà dei principali mezzi di produzione è in mano ai privati o alle istituzioni pubbliche finalizzate alla gestione pianificata e centralizzata delle attività economiche, 2. come avviene la gestione di terre e immobili, 3. in che misura le aziende sono gestite alla luce della possibilità di andare a produrre altrove con maggiori profitti, 4. la gestione dei servizi pubblici: le autorità della Federazione Russa cessano di erogare luce, gas, acqua per mancato pagamento oppure no? Se le staccano, allora significa che la gestione di questi servizi e la proprietà delle relative aziende appartengono alle autorità espressione del regime oligarchico oggi vigente nella FR; se non le staccano anche se uno non paga, allora significa che le aziende in definitiva non sono loro proprietà.


3. Si tratta di 1. grandi dirigenti dell’apparato economico e politico ufficiale che nei decenni precedenti con maggiore protervia avevano impersonato la via capitalista che un passo dopo l’altro si imponeva nell’URSS, 2. esponenti dell’economia criminale e occulta (il “mercato nero”) sviluppatasi nella stessa epoca ai margini e negli interstizi dell’economia ufficiale (la corruzione è stato un problema ossessivamente e inutilmente posto da molti esponenti sovietici nell’epoca Breznev) e 3. eredi delle famiglie nobili e borghesi rifugiatesi all’estero alla caduta dell’impero zarista. Sono quelli che il sistema di manipolazione e intossicazione dell’opinione pubblica dei paesi imperialisti chiama “oligarchi” e che compongono la classe di cui il gruppo Putin è l’espressione politica.


Nella RPC il PCC regola l’autonomia dei gruppi imperialisti stranieri in Cina e l’autonomia dei gruppi industriali cinesi nel mondo. Le esportazioni di capitali cinesi all’estero ha superato negli ultimi anni l’importazione di capitali stranieri in Cina, ma in misura modesta: molto probabilmente la RPC esporta molto più merci che capitali. Quanto alla Federazione Russa, essa è soprattutto un paese che esporta materie prime e derrate agricole.

Qui è necessaria una premessa. La storia della specie umana si è sviluppata sulla base della produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza individuale e sociale, di quello di cui gli individui e la loro società avevano bisogno. È la tesi base del materialismo storico. Le condizioni materiali dell’esistenza, sia quelle individuali che quelle sociali, sono state in ogni epoca e località storicamente date, ben definite.

Con il loro modo di produzione, i capitalisti hanno dato alla produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza individuale e sociale la forma dell’accumulazione di capitale. La società borghese ha prevalso sulle forme precedenti perché comportava che gli individui della classe dominante e la loro società dedicassero la loro energia e intelligenza alla produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza individuale e sociale. Gli uomini avevano sempre sofferto dei limiti della produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza individuale e sociale. Il nuovo modo di produzione mostrava che essi erano in grado di superare ogni ostacolo al suo allargamento. Quindi esso prevalse e non poteva non prevalere sui modi di produzione precedenti. Inutilmente preti e saggi delle civiltà fino allora create predicarono l’astinenza e il digiuno, il culto di dio e degli eroi. Porre fine alle carestie e alle malattie e proteggersi dalle intemperie era un obiettivo ben più allettante dell’ascesi mistica, della letteratura e dell’arte.

Ma la nuova forma (l’accumulazione, ossia la valorizzazione del capitale) è per sua natura illimitata, mentre la produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza individuale e sociale per sua natura è limitata (contraddizione tra forma e contenuto).

Nell’articolo PIL mondiale e capitale finanziario (VO 69) l’autore spiega che stando alle stime del FMI già nel 2013 il capitale accumulato era più di un milione (1.068.000) di miliardi di dollari a fronte di un insieme di merci (beni e servizi) prodotte che nel 2013 era (al prezzo corrente) inferiore a centomila (75.000) miliardi di dollari. E ogni capitalista si dà da fare per aumentare la massa del suo capitale, quindi dell’insieme del capitale accumulato.

Limitato è per sua natura anche il lusso del ricco e del potente. Ogni faraone al massimo sognava e faceva costruire qualche piramide, fabbricare un po’ di gioielli, preparare un po’ di leccornie e si attorniava di un po’ di ministri, di preti, di schiavi e di amanti. Nessun faraone andava con la sua immaginazione oltre una quantità storicamente definita. Inoltre aveva difficoltà a procurarsi schiavi, mentre il capitalista ha sempre a sua disposizione un esercito industriale di riserva, di postulanti a entrare al suo servizio, alla sola condizione, per lui ovvia, che le condizioni materiali dell’esistenza siano beni e servizi prodotti e ceduti come merci. Oggi neanche il grande capitalista USA, l’oligarca (o magnate) russo o il concessionario cinese in RPC vanno oltre qualche villa di lusso, qualche panfilo, qualche prostituta e qualche servo addetto a prestazioni intellettuali o manuali.

Ma il concessionario cinese è soggetto ai limiti imposti dal PCC e dallo Stato della RPC. Le loro alterne vicissitudini sono fatti di cronaca. Il magnate russo ha certamente maggiore libertà dei concessionari cinesi, ma gli Stati nati nel 1991 dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica furono sagomati, negli anni di Gorbaciov e ancora più insindacabilmente negli anni di Eltsin, dagli agenti dei gruppi imperialisti USA. Sostanzialmente essi li ridussero a paesi fornitori di materie prime e di prodotti agricoli, in una certa misura addirittura tramite aziende proprietà di capitalisti europei o americani. Industria militare, istituti di ricerca e attrezzatura spaziale a parte, tale è ancora anche la Federazione Russa. Putin e la sua Russia Unita all’inizio del secolo hanno salvato la Federazione Russa dalla immediata colonizzazione USA, ma non di più.(4)


4. Putin è l’esponente politico di quegli oligarchi che si sono resi conto che, con la dissoluzione dell’URSS e la mano libera lasciata da Eltsin ai gruppi imperialisti USA, la Russia andava in malora ed essi non sarebbero stati cooptati tra l’oligarchia imperialista occidentale ma sarebbero diventati manutengoli dei gruppi imperialisti USA e si sarebbero trovati in difficoltà con le masse popolari russe. Quindi hanno imboccato una strada loro propria (mutatis mutandis, come fece l’oligarchia giapponese nel secolo XIX).


L’insediamento di istituzioni USA e NATO in Ucraina fa parte di questo processo di colonizzazione. È scontato che altri raggruppamenti nazionali o statali di potenti e i relativi Stati (stile Iran) non sono concorrenti della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti ed europei per il dominio del mondo. Oggi “guerra imperialista” (checché ne dicano i ripetitori dogmatici di Lenin) non è guerra tra Stati o coalizioni di Stati imperialisti per ripartirsi diversamente il mondo, ma guerra dei gruppi imperialisti USA, che presiedono la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti, per arrestare la decadenza del loro dominio sul mondo. La NATO è lo strumento istituzionale (militare e politico) che ereditano dal passato: con esso cercano di agire, ma non hanno nulla da concedere ai gruppi imperialisti (europei, giapponesi, australiani, sudcoreani, ecc.) di altri paesi ad essi asserviti. Repubblica Popolare Cinese, Federazione Russa e altri paesi resistono all’asservimento, quindi sono bersaglio della guerra USA-NATO.

Mario L.