La Voce 72 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIV - novembre 2022

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Il nuovo governo dei vertici della Repubblica Pontificia e i nostri compiti

La borghesia imperialista deve far fronte in Italia come nel resto del mondo alla crisi generale del sistema capitalista: la guerra di sterminio non dichiarata e la guerra aperta che conduce contro le masse popolari si aggravano e le sue pretese aumentano. I padrini della Repubblica Pontificia hanno dovuto affidare il governo del paese al partito degli scimmiottatori del fascismo del secolo scorso (i più sfegatati di quelli che in aperta violazione della Costituzione del 1948 si erano costituiti in partito già negli anni ’40, che Tambroni cercò di sdoganare nel 1960 e che Berlusconi sdoganò nel 1994) e questi hanno accettato di fare un governo sottomesso a USA-NATO e UE-BCE: l’agenda Draghi è il reale programma che il governo Meloni cercherà di attuare anche se continuerà a proclamare che ora la situazione è diversa da quella con Draghi a Palazzo Chigi.

Questa è la situazione reale da cui parte per decidere che fare chi non è succube della propaganda di regime (Goebbels, il capo della propaganda nazista, diceva: “Una menzogna ripetuta da tutti sembra una verità”) e dell’intossicazione delle menti e dei cuori alle quali borghesia e clero sempre più sfacciatamente devono ricorrere.

Questa è la situazione reale e quindi in campo nemico si aggraverà il contrasto tra, da una parte, le linee che USA-NATO, UE-BCE e gli altri vertici della Repubblica Pontificia impongono e, dall’altra parte, non solo

1. quel certo livello di consenso o almeno rassegnazione delle masse popolari di cui la borghesia imperialista ha bisogno per governare (questo valeva per tutti i governi delle Larghe Intese), ma anche

2. l’ideologia della sovranità e grandezza nazionali ereditata dal fascismo del secolo scorso e l’ideologia della fedeltà alla tradizione cattolica (fino alla versione di Lefebvre) delle quali il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia (FdI), ha fatto la propria bandiera.

Finché formalmente e ufficialmente era all’opposizione del governo Draghi, FdI si è giovato del primo contrasto e ha strappato voti in particolare a Forza Italia di Silvio Berlusconi e alla Lega di Matteo Salvini. Ma ora che attuerà l’agenda Draghi (sottomissione alle direttive USA-NATO e UE-BCE ed eliminazione di quello che resta delle conquiste reali che le masse popolari hanno strappato alla borghesia nel periodo del “capitalismo dal volto umano”, quando in Italia e nel mondo il movimento comunista era forte e grande il prestigio del primo paese socialista, l’Unione Sovietica), non solo FdI non può più giovarsi del primo contrasto, ma subisce anche gli effetti del secondo. Su questo secondo contrasto fanno leva non solo i professionisti dell’antifascismo padronale (in particolare il PD), ma anche gli scimmiottatori del fascismo del secolo scorso (Gianni Alemanno & C. in testa) che non hanno seguito Giorgia Meloni nella creazione di FdI. Il fascismo di Giorgia Meloni e degli altri scimmiottatori del fascismo del secolo scorso vale infatti quanto vale il comunismo di Massimo D’Alema, Achille Occhetto e simili. È imitazione e ripetizione di formule, di gesti e di riti. Il fascismo di cui fu alla testa Benito Mussolini (che era stato uno dei massimi dirigenti del PSI) fu reale mobilitazione reazionaria delle masse popolari promossa dalla borghesia e dal clero per soffocare la rivoluzione socialista che i dirigenti del PSI non osavano portare alla vittoria.


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Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, quella che lei e i suoi portavoce e mandanti proclamano che il 25 settembre “è uscita vincitrice dalla elezioni”, “ha avuto il mandato degli elettori”, ecc., ha raccolto i voti solo del 14.4% degli elettori e tutta la maggioranza che in Parlamento sostiene il suo governo ne ha raccolto solo il 24.8%. Su quasi 51 milioni di elettori, gli astenuti e i voti in bianco e non validi sono cresciuti a più di 21.6 milioni dai 16.8 milioni che erano nel 2018. Tuttavia con i risultati elettorali del 25 settembre i vertici della Repubblica Pontificia dispongono di un Parlamento composto, come volevano, solo dagli stessi partiti delle Larghe Intese che componevano il Parlamento che la banda Mattarella-Draghi ha sciolto il 21 luglio. Avranno però in Parlamento un peso maggiore i partiti che per raccogliere consensi tra le masse popolari facevano la fronda all’agenda Draghi (Fratelli d’Italia di Meloni e Lega di Salvini sulla destra, M5S di Conte sulla sinistra) rispetto ai suoi sostenitori senza riserve (PD di Letta, Italia Viva e Azione di Renzi-Calenda, Forza Italia di Berlusconi). Ma il governo Meloni nella realtà cercherà di attuare l’agenda Draghi e quindi si scontrerà con le masse popolari.

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Mussolini combinò la violenza contro proletari e contadini ribelli e in particolare contro i comunisti (uccise, privandolo di assistenza sanitaria, Gramsci che a causa di errori del partito comunista era riuscito a imprigionare), con promesse demagogiche, parate, riti, cerimonie e parole d’ordine, ma anche con riforme economiche e sociali che scimmiottavano persino l’Unione Sovietica (industria pubblica, statalizzazione del sistema monetario, assistenza e previdenza pubbliche, prosciugamento delle paludi e lavori pubblici) e con guerre (in Libia, in Etiopia, in Spagna, in Albania, in Jugoslavia, in Grecia e infine in Unione Sovietica). Il fascismo dei suoi scimmiottatori da più di 70 anni a questa parte non è che combinazione di operazioni criminali al servizio delle agenzie USA (Strategia della tensione, Gladio, P2 e affini) con la ripetizione di formule, gesti e riti “nazionalisti” del fascismo del secolo scorso. Per capire il valore delle dichiarazioni e delle prese di posizione di Giorgia Meloni e del suo governo oggi, basta considerare che alle autorità dello Stato d’Israele che perseguita e soffoca il popolo palestinese la scimmiottatrice del fascismo che i vertici della Repubblica Pontificia hanno messo a capo del loro governo assicura piena collaborazione nella lotta... contro l’antisemitismo. Al governo dei neonazisti di Kiev la stessa promette che il suo governo continuerà a finanziarlo e a inviare armi e soldati e deve farlo. Alla terza commissione dell’Assemblea generale dell’ONU il 4 novembre scorso il suo governo ha seguito gli altri governi UE che, anziché astenersi (come abitualmente fanno a proposito del blocco USA contro Cuba), per la prima volta hanno votato contro la mozione che vieta “la glorificazione del nazismo, del neonazismo e di altre pratiche a essa associate che contribuiscono ad alimentare forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza” presentata ogni anno dal governo della Federazione Russa. E l’elenco delle incongruenze potrebbe continuare.


A questo si aggiunge che i gruppi imperialisti USA, oltre a essere lacerati da profondi contrasti tra loro (la vicenda Trump è solo la manifestazione più clamorosa di questi), sono in lotta con i gruppi imperialisti europei e per contrastare il declino mondiale della loro egemonia economica, monetaria e finanziaria sono costretti a estendere la NATO in Europa e in Asia, linea che però non riescono più ad attuare senza guerre aperte come era avvenuto fino al 2014 (colpo di Stato Maidan in Ucraina). La crisi energetica in Europa è dovuta principalmente al contrasto di interessi tra gruppi imperialisti USA e gruppi imperialisti europei. Quindi la sottomissione a USA-NATO e la sottomissione a UE-BCE entrano in collisione. Il governo Meloni avrà vita difficile anche solo per i contrasti che lacerano il campo dei gruppi e delle potenze imperialiste.

La sintonia tra il governo Meloni e gran parte degli elettori di FdI del 25 settembre durerà poco.

I contrasti in campo nemico facilitano e faciliteranno un aspetto del nostro lavoro: quello che consiste nell’estendere e rafforzare la mobilitazione delle masse popolari contro la borghesia, nell’allargare la loro organizzazione e nell’orientare organismi operai e popolari (OO e OP) verso la formazione di un loro governo d’emergenza. Su questo terreno possiamo e dobbiamo giovarci dei seguenti fattori.

1. Il PD per cercare di risalire la china deve muovere contro il governo Meloni la sua “filiera”, cioè gli organismi di massa che, anche se sempre più a fatica, dirige o comunque influenza. Il principale tra questi, la CGIL, ha già iniziato a promuovere su scala più ampia la mobilitazione di lavoratori e pensionati: dalla manifestazione dell’8 ottobre a quelle del 22 ottobre e del 5 novembre.(1) Per di più sono in corso le assemblee di base del XIX Congresso CGIL. Sono per noi tutte occasioni per propagandare su ampia scala che (e perché) il fattore determinante per mettere fine al disastroso corso delle cose è la formazione nelle aziende capitaliste e pubbliche, nelle scuole e nelle università, nelle località d’abitazione e sui singoli temi di organizzazioni operaie e popolari che si coordinano a livello locale e nazionale e creano così le condizioni per imporre un proprio governo d’emergenza. Sono occasioni per far conoscere gli insegnamenti della lotta del Collettivo di Fabbrica della GKN, per formare organismi di lavoratori.


1. A determinare il maggior attivismo della CGIL, la spinta che viene dal PD si combina con la contraddizione della destra che dirige la CGIL (stretta tra i lavoratori, che sono contrapposti al padronato dai loro stessi interessi e dalla loro esperienza quotidiana, e i padroni, che hanno bisogno della destra sindacale ma anche che essa mantenga influenza e seguito tra i lavoratori), con la necessità di riguadagnare la posizione di “parte sociale con cui concertare”, di “corpi intermedi” anziché di destinatari delle comunicazioni del governo in cui li avevano messi Draghi & C., con l’azione di incalzo esercitata all’interno della CGIL stessa dal Collettivo di Fabbrica e dagli operai della GKN di Firenze e al suo esterno dai sindacati alternativi e di base.


2. La politica “draghiana” del governo Meloni spinge i sindacati alternativi e di base ad avanzare nell’unità d’azione (vedasi lo sciopero generale unitario del 2 dicembre) iniziata durante il governo Draghi. Allo stesso tempo il maggior attivismo della CGIL li mette di fronte all’alternativa se concentrarsi a “gareggiare” con la CGIL a chi fa più manifestazioni e scioperi, ma su questo terreno i numeri sono ancora a vantaggio della CGIL, oppure lanciarsi con maggiore iniziativa sul terreno politico: nella lotta per dare al paese un governo deciso e in grado di attuare le misure d’emergenza che lo stesso sindacalismo di base indica e rivendica come necessarie.(2) I sindacati alternativi e di base hanno dimensioni, relazioni e radicamento per diventare un centro autorevole di promozione e aggregazione del movimento delle masse popolari per costituire il Governo di Blocco Popolare. Non si tratta di convincerli a inneggiare al GBP, ma di sviluppare le tendenze positive che già esistono al loro interno, anche se ancora minoritarie e confuse in mezzo alle tendenze arretrate: ad ampliare il raggio d’azione a campi non strettamente sindacali come la lotta contro il carovita (vedasi la campagna dell’USB contro il caro-bollette), a investire in questi campi la forza dei lavoratori che organizzano (come vari di essi hanno fatto allo scoppio della pandemia), ad adottare forme di lotta all’altezza della situazione (vedasi il SI Cobas), al coordinamento e all’unità d’azione, ecc.


2. I risultati raggiunti nella lotta contro la linea prima della compatibilità e della concertazione e poi della complicità aperta con i padroni e le loro autorità seguita dai sindacati di regime, pongono anche ai sindacati alternativi e di base la contraddizione di fondo che riguarda tutto il movimento sindacale: mantenere la lotta sul terreno puramente rivendicativo (sindacale), che significa non riuscire più neanche ad adempiere ai propri compiti sindacali, oppure occuparsi dell’ordinamento sociale da cui dipendono le condizioni dei lavoratori e da cui trae origine la crisi generale del capitalismo che sconvolge l’assetto produttivo da cui i lavoratori dipendono.


3. Crescerà la mobilitazione antifascista animata da organizzazioni che vanno dall’ANPI, ai centri sociali, alle organizzazioni giovanili comuniste: gli scontri alla Sapienza di Roma sono il primo segnale in tal senso. Questo crea un terreno favorevole per sviluppare i risultati ottenuti con le celebrazioni del 25 aprile di quest’anno,(3) per portare più a fondo la lotta per l’antifascismo popolare contro l’antifascismo padronale.


3. Li abbiamo illustrati nel Comunicato CC 11/22 - 29 aprile 2022 Dal 25 Aprile al Primo Maggio e oltre a cui rimando.


4. Prenderà vigore la mobilitazione contro la persecuzione degli immigrati, contro l’eliminazione dei diritti delle donne delle masse popolari e contro la discriminazione verso gay, bisessuali, transessuali, ecc.: cosa che dobbiamo valorizzare per rendere queste mobilitazioni non solo di fatto ma anche consapevolmente altrettante componenti della lotta per costruire un nuovo sistema di relazioni sociali in cui “il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti” (capitolo 2 del Manifesto del partito comunista del 1848).


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Antifascismo popolare, non antifascismo padronale

L’antifascismo popolare è sostanzialmente lotta contro l’oppressione dei capitalisti, del clero e delle loro autorità che si esprime in sentimenti, idee, manifestazioni e cerimonie contro l’oppressione padronale e clericale che il regime fascista e Mussolini hanno incarnato per più di vent’anni e contro la Repubblica Sociale Italiana (1943-1945) nazifascista. L’antifascismo padronale è invece sfruttamento di questo a fini elettorali, clientelari e affaristici. Chiamiamo antifascismo popolare l’insieme dei sentimenti e delle idee, dei simboli, delle manifestazioni, degli organismi e delle istituzioni derivati dalla lotta che le masse popolari hanno condotto contro il fascismo per liberarsi dall’oppressione dei capitalisti e del clero. Mussolini, il suo movimento fascista e il suo regime fascista hanno imposto e incarnato l’oppressione dei capitalisti e del clero in un periodo, nel Biennio Rosso (1919-1920) e negli anni successivi, in cui essa era gravemente minacciata dalla mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari in Italia e dall’esempio e dall’impulso dell’Unione Sovietica e dell’Internazionale Comunista nel mondo. Lotta contro il fascismo era lotta contro il regime dell’oppressione padronale e clericale.

I proletari con i comunisti alla loro testa prevalsero sul fascismo, ma non riuscirono a instaurare il socialismo, stante i limiti del movimento comunista italiano. Alla testa di questo si installarono Palmiro Togliatti e i suoi complici (Giorgio Napolitano era uno dei suoi “giovani leoni”), predicatori della “via pacifica e democratica al socialismo”, in pratica fautori della soggezione dei lavoratori alla borghesia e al clero. Per imbrogliare le masse popolari questi lasciarono le divise fasciste e si travestirono anche loro da antifascisti celebrando gli anniversari in compagnia di Togliatti e dei suoi complici. Mascherati con l’antifascismo padronale gli sfruttatori delle masse popolari continuarono nel loro ruolo, per un po’ di anni cedendo il meno possibile e poi, a partire dalla fine degli anni ’70 circa, riprendendosi quanto più possibile man mano che in tutto il mondo il movimento comunista si indeboliva. Ma questo corso delle cose è finito anche in Italia. Il regime delle Larghe Intese tra i partiti padronali (PD e Berlusconi) fa acqua da tutte le parti. Anche le celebrazioni dell’antifascismo padronale, quelle alla cui testa sfilavano i demolitori dei diritti dei lavoratori, delle pensioni e del sistema sanitario nazionale, i fautori delle privatizzazioni dei servizi pubblici e dell’economia, gli eredi delle riforme Dini e Treu, delle privatizzazioni Prodi, delle riforme Sacconi e Fornero, del Jobs Act, sono a pezzi: o vanno deserte o diventano occasioni di protesta e di lotta contro il catastrofico corso delle cose che la borghesia e il clero vogliono imporre.

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5. Il via libera alle nuove trivellazioni per estrarre gas in Adriatico (e nello stesso senso vanno la riesumazione del progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, le aperture al nucleare e le altre iniziative in cui si incarna la “transizione ecologica” dei gruppi imperialisti e delle loro autorità) sta dando ulteriore slancio al movimento contro la crisi ambientale e allarga anche le contraddizioni tra governo centrale e amministrazioni locali, comprese quelle guidate da esponenti dei partiti di governo, da Piombino al Polesine. In questo ambito il nostro compito consiste da una parte nel promuovere e favorire la saldatura del movimento ambientalista con gli altri fronti di lotta, dall’altra nello sviluppare al suo interno la lotta contro posizioni che guardano al passato, come la decrescita e l’indigenismo (esaltazione degli usi e costumi di popoli primitivi, nascondendo la miseria, le carestie, le malattie, le guerre e le calamità che decimavano e a volte eliminavano i popoli primitivi),(4) e contro la tendenza a ridurre a un problema della natura quello che è un problema della società borghese. In sintesi: nello sviluppare la lotta tra due visioni e due vie, quella per l’instaurazione del socialismo e quella dell’asservimento agli inquinatori.


4. Il futuro dell’umanità non sta né nel ritorno al passato e neanche nell’estensione alle masse popolari degli usi, costumi e consumi della borghesia e dei parassiti, ma nella partecipazione delle masse popolari alle attività propriamente umane della gestione della vita associata, della conoscenza, della cultura.


6. La manifestazione del 5 novembre a Napoli promossa dal CdF della GKN, dal Movimento di Lotta Disoccupati 7 Novembre e dai Disoccupati Cantiere 167 di Scampia mette il governo Meloni di fronte al fatto che smantellare il Reddito di Cittadinanza mentre sono arrivate a 5 milioni le persone che vivono in povertà, continua la chiusura e la delocalizzazione delle aziende in mano ai capitalisti e carovita e caro-bollette imperversano, significa versare benzina sul fuoco.

7. L’azione del Collettivo di Fabbrica e degli operai GKN si sviluppa, fa scuola tra i lavoratori e sta rafforzando su scala nazionale il coordinamento tra organizzazioni e movimenti popolari, a cui il CdF GKN ha già lanciato la parola d’ordine “diventare nuova classe dirigente”, che concretamente significa prendere in mano la direzione del paese attraverso un proprio governo d’emergenza.


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III Congresso dell'USB

Vanno in questa direzione gli indirizzi generali dell’azione di USB fissati dal suo terzo Congresso nazionale, che si è svolto dal 18 al 20 novembre a Montesilvano (PE) e ha riunito 520 delegati provenienti da tutta Italia, espressione di ognuna delle federazioni in cui si articola USB: Lavoro Privato, Pubblico Impiego, Federazione del Sociale e ASIA USB (il sindacato inquilini collegato ad USB ma dotato di uno statuto autonomo).

Mettere in discussione il sistema capitalista e la cultura reazionaria che vuole convincerci che al capitalismo non esiste alternativa. Esiste invece un’altra prospettiva, basata su un’altra idea di società, una società fondata sulla complementarietà solidale tra paesi e sistemi produttivi e che mette al centro obiettivi come la piena occupazione, la tutela dei diritti fondamentali a cominciare da quello alla salute, la salvaguardia del territorio e dell’ambiente e il mantenimento di relazioni pacifiche tra i popoli e gli Stati.

Superare la dimensione del sindacalismo di base e puntare alla costruzione e strutturazione di un sindacato di classe, capace di rappresentare il punto di vista di un intero blocco sociale. Un sindacato che

- sappia concentrare gli sforzi nei settori strategici che possono favorire la spinta al cambiamento,

- sia capace di dialogare con i settori sociali in movimento come gli studenti e tutte quelle realtà, anche del sindacalismo di base, che mostrino dinamismo e disponibilità alla lotta,

- si doti di quelle strutture necessarie ad affrontare le sfide che abbiamo davanti,

- adegui la sua macchina organizzativa, correggendo limiti e difetti che si sono accumulati in questi anni.

Puntare sull’intervento operaio nelle fabbriche e nella logistica per spezzare le catene del valore affermatesi con lo sfruttamento bestiale del lavoro e i bassi salari, sull’intervento negli uffici e nei servizi per stoppare l’aziendalizzazione e privatizzazione del servizio pubblico, sulla strutturazione e diffusione nei territori della Federazione del Sociale che si occupa di questioni come quella abitativa, i lavoratori e le lavoratrici del tutto “decontrattualizzati”, i pensionati.

Adeguare l’organizzazione sindacale alla resistenza contro la distruzione del welfare e dei diritti, contro l’economia di guerra e la repressione che colpisce lavoratori e studenti.

Sviluppare l’organizzazione dei lavoratori atipici e precari, di quei lavoratori che stanno in quella ampia zona grigia che abbraccia tutto quello che c’è tra il lavoro dipendente e quello autonomo.

Formare una nuova leva di sindacalisti, combattere i rischi di burocratismo e lottare contro i personalismi.

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Ma proprio tutto questo accresce la necessità e l’importanza del secondo aspetto del nostro lavoro: elevare il ruolo del movimento comunista cosciente e organizzato e fare nuovamente dell’instaurazione del socialismo l’obiettivo della mobilitazione e delle aspirazioni delle masse popolari. Senza uno sviluppo adeguato di questo secondo aspetto del nostro lavoro il successo nel primo è aleatorio (e la vicenda del M5S lo ha confermato a quelli che sono capaci di capire le ragioni del successo e del declino del M5S). Il movimento è indispensabile, ma esso fa la storia solo se di fatto persegue il fine di far avanzare la rivoluzione socialista verso la vittoria e lo raggiunge, contrariamente alla celebre tesi del teorico dei riformisti e dei movimentisti (anche di quelli che si fanno credere o addirittura si dichiarano comunisti), Eduard Bernstein: “il movimento è tutto, il fine è nulla”.

Le migliaia di organismi e di gruppi (con un certo livello di continuità nell’azione e di unità) territoriali, tematici (ambientalisti, femministi, pro emigranti, ecc.), delle scuole medie superiori, delle università, delle istituzioni pubbliche e private (ospedali, ecc.), delle aziende pubbliche e capitaliste costituiscono l’insieme di organizzazioni operaie e popolari (OO e OP) che la Carovana del (n)PCI deve orientare a muoversi di fatto verso la formazione del Governo di Blocco Popolare (GBP). Noi abbiamo insistito molto sul far sorgere OO e OP. Dobbiamo insistere ora sempre di più anche sull’orientare quelli che ci sono, e sono migliaia.

In sintesi dobbiamo valorizzare le migliaia di organismi già esistenti e quelli in formazione orientandoli a creare le condizioni della costituzione del GBP prima ancora di orientarli a volerlo fare: si troveranno ad averlo fatto senza esserselo proposto e noi comunisti allora li orienteremo a difenderlo dagli attacchi dei suoi nemici italiani ed esteri.

In definitiva due e incompatibili sono le vie aperte all’umanità: instaurare il socialismo, e noi comunisti mobilitiamo e organizziamo le masse popolari a farlo e reclutiamo gli individui più avanzati, o trascinarsi al seguito della borghesia che abbrutisce e intossica gli individui e inquina e devasta il pianeta.


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XIX Congresso della CGIL

Alla CGIL sono ancora iscritti più di 5 milioni tra lavoratori e pensionati, molti dei quali con una tradizione e un’esperienza di organizzazione e di lotta: gli operai della GKN di Firenze, della Wartsila di Trieste e dell’Ansaldo di Genova lo confermano. Anche se molti di essi disertano il congresso per rassegnazione, per sfiducia e in segno di protesta, comunque centinaia di migliaia di lavoratori e pensionati si riuniranno nelle assemblee di base e territoriali. Il dibattito congressuale li spinge a ragionare sul governo Meloni e più in generale su come vanno le cose, sui risultati della linea seguita dalla CGIL. I loro stessi interessi e la loro quotidiana esperienza li spinge a far fronte a smantellamento delle aziende, precarietà, morti sul lavoro e mancanza di lavoro, e l’azione del Collettivo di Fabbrica e degli operai della GKN indica a ognuno di essi la strada da prendere.

Portare ai lavoratori e pensionati che la destra CGIL riunisce a congresso analisi giuste sulla situazione e sulle prospettive, proposte di organizzazione e indicazioni di lotta e di riscossa: il volantino del P.CARC che riportiamo qui a fianco è uno strumento per farlo.

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Il fermento nel nostro paese è tanto e cresce. Giorgia Meloni porterà rapidamente e su grande scala alla rovina i padrini della Repubblica Pontificia e la loro RP stessa. Papa Francesco predica contro la guerra, ma non osa chiamare i suoi seguaci europei e USA a ribellarsi ai governi europei e USA che fanno finanziare e fanno fare la guerra, tanto meno osa scomunicare i loro esponenti come i suoi predecessori in Vaticano anni fa scomunicarono i comunisti. Sta a noi approfittare dell’opera di Giorgia Meloni. Dobbiamo non ripetere gli errori dei nostri predecessori che non osarono combattere, temevano la guerra civile.

Gli uomini sono formati anche intellettualmente e moralmente dalle condizioni in cui nascono e crescono. Da più di quarant’anni la borghesia e il clero prevalgono su di noi comunisti, stante l’esaurimento della prima ondata mondiale della rivoluzione socialista (1917-1976) e la dissoluzione a cui è approdato il primo paese socialista della storia, l’Unione Sovietica. Abbrutiscono e intossicano anche intellettualmente e moralmente milioni di individui delle masse popolari. Ma le condizioni pratiche in cui costringono le masse popolari a vivere peggiorano senza tregua e il movimento comunista cosciente e organizzato rinasce nel mondo, anche nel nostro paese. L’influenza dei comunisti sulle masse popolari si rafforza.

A noi comunisti italiani spetta far crescere la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari del nostro paese e orientarle e guidarle a instaurare il socialismo. La nostra impresa è difficile ma la vittoria è possibile. Gli effetti della sconfitta dei nostri predecessori siamo in grado di superarli. Dobbiamo farlo.

Osare combattere! Osare vincere!

Ernesto V.