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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIV - novembre 2022

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Elevare il ruolo del movimento comunista cosciente e organizzato

Portare a fondo il bilancio delle elezioni del 25 settembre

Elevare il ruolo del movimento comunista cosciente e organizzato

Portare a fondo il bilancio delle elezioni del 25 settembre

L’operazione lanciata il 21 luglio dalla banda Mattarella-Draghi per conto dei vertici della Repubblica Pontificia (USA-NATO, UE-BCE, Vaticano, Organizzazioni Criminali, Associazioni Padronali) mirava a creare con le elezioni un Parlamento più rassegnato a funzionare come semplice ufficio di registrazione e legittimazione delle decisioni dettate da USA-NATO e UE-BCE ai governi delle Larghe Intese (LI) e delle altre decisioni prese autonomamente da questi per far fronte alle particolarità italiane della crisi generale in corso.

A questa operazione si sono elettoralmente contrapposte 5 liste anti LI: Unione Popolare, Italia Sovrana e Popolare, Italexit per l’Italia, PCI, Vita. La Carovana del (n)PCI ha cercato di indurre promotori e capi delle 5 liste a riempire il nuovo Parlamento di oppositori dell’agenda Draghi e delle LI. Abbiamo chiesto loro

- di condurre una campagna elettorale non solo di comizi su programmi radicali, ma prima di tutto di azioni radicali contro il carovita, lo smantellamento delle aziende, la partecipazione alla guerra USA-NATO, la devastazione dell’ambiente e il riscaldamento climatico, lo sfascio e la privatizzazione della sanità e della scuola, le grandi opere inutili e dannose, gli sfratti, il maltrattamento degli immigrati, la repressione;

- di convogliare i voti dei loro seguaci su una sola delle 5 liste, previ 1. l’accordo di aprire dopo le elezioni tra le masse popolari una campagna di informazione e consultazione sui punti programmatici controversi e 2. l’autocritica dei candidati che non si erano opposti con decisione alla criminale gestione della pandemia Covid-19 fatta dai governi Conte 2 e Draghi,

- di condurre su queste premesse una campagna verso gli astenuti delle elezioni 2018 (circa 16.8 milioni di elettori) e i nuovi prevedibili (sono risultati circa 4.8 milioni) per indurli a votare la lista anti LI prescelta.

Il nostro tentativo è fallito. Promotori e capi delle 5 liste anti LI non hanno aderito alla nostra sollecitazione a far confluire i voti su una sola lista e su questa base fare campagna verso gli astenuti. Non abbiamo quindi ottenuto il risultato principale pre-elezioni che ci siamo proposti (portare capi politici, promotori e candidati delle cinque e più liste anti Larghe Intese ad accordarsi per far convergere su una sola lista attivisti e potenziali elettori di tutte le liste) né, di conseguenza, l’obiettivo principale per il dopo le elezioni: arrivare a che la Comunità Internazionale (CI) dei gruppi imperialisti USA, sionisti ed europei si trovasse a non avere più in Italia, uno dei paesi più importanti tra quelli da essa dominati, la possibilità di usare il Parlamento come ufficio di registrazione e legittimazione delle misure che il governo della CI decretava.

Non abbiamo vinto, ma abbiamo ottenuto alcuni risultati che dobbiamo valorizzare.

1. La battaglia che il (n)PCI e la sua Carovana hanno condotto ha ulteriormente sgretolato il cordone sanitario che organismi e gruppi del movimento comunista cosciente e organizzato (MCCO) e della sinistra borghese mantengono attorno alla Carovana del (n)PCI e in più ha messo in luce che anche tra i pochi membri attuali delle nostre file ce ne sono ancora molti che non hanno assimilato abbastanza e tanto meno sanno applicare con iniziativa e creativamente la concezione che la lotta del proletariato contro la borghesia è anche nei paesi imperialisti una guerra popolare. Quindi adesso, e questo riguarda il nostro lavoro interno, si tratta di far comprendere più a fondo il senso dell’operazione lanciata dal Comitato Centrale. La nostra era un’operazione da prima fase della Guerra Popolare Rivoluzionaria (traduzione nelle condizioni attuali della lezione tratta dall’esperienza della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria). Le elezioni indette il 21 luglio dalla banda Mattarella-Draghi costituivano un’ottima occasione per lanciare questa battaglia che, se l’avessimo vinta, avrebbe avuto un effetto importante nell’ulteriore sviluppo, nazionale e internazionale, della GPR. Dobbiamo spiegare la questione nelle nostre file (che si sono ampliate) fino a farla assimilare. Il corso delle cose è tale che altre occasioni analoghe si presenteranno. Dobbiamo metterci in grado di approfittarne.

2. La campagna elettorale che abbiamo condotto ha messo in luce, in un caso pratico, la differenza tra

- da una parte quelli che, pur dichiarandosi comunisti e favorevoli all’instaurazione del socialismo, ancora oggi concepiscono e conducono la lotta del proletariato contro la borghesia solo come combinazione di rivendicazioni politiche e/o sindacali e operazioni rientranti nella partecipazione alla lotta politica (cioè relativa alle attività dello Stato) propria della società borghese (anche quando questa è nell’epoca imperialista),

- dall’altra parte quelli come noi che (con Lenin e i bolscevichi, con Mao e il Partito Comunista Cinese e pochi altri partiti comunisti) la concepiscono come una guerra a condurre la quale nel nostro paese contro la borghesia dobbiamo mobilitare e organizzare le masse popolari fino alla sua eliminazione con l’instaurazione del socialismo.

Questa differenza dobbiamo farla risaltare nel dibattito franco e aperto con esponenti, gruppi e organismi del MCCO e con i promotori e gli attivisti delle liste anti Larghe Intese. Si tratta quindi, e questo riguarda il nostro lavoro esterno (la parte del nostro lavoro esterno consistente nell’elevare il ruolo del MCCO per come è oggi nel nostro paese), di partecipare e promuovere il bilancio dei risultati delle elezioni e il confronto su di esso. È importante che sia un bilancio serio, non un regolamento di conti per sostituire un segretario all’altro né un rito autoconsolatorio: un bilancio da comunisti, che inquadra i risultati nel corso delle cose e che serve a tracciare una linea d’azione fondata sugli insegnamenti della prima ondata della rivoluzione proletaria (il motivo per cui nessuno dei partiti comunisti dei paesi imperialisti, salvo quello di Lenin e di Stalin nel paese “anello debole della catena imperialista”, ha instaurato il socialismo nel proprio paese), sulle condizioni generali della lotta di classe nell’epoca imperialista e sulle condizioni particolare in cui si sviluppa nel nostro paese.

Questo bilancio riguarda in primo luogo i partiti che si dicono comunisti, i quali hanno partecipato alle elezioni in coalizione con altre forze (come il PRC e il PC) o da soli (come il PCI). In realtà riguarda tutti gli individui, organismi e gruppi che si considerano comunisti, anche se militano in organizzazioni che non si definiscono tali, come Potere al Popolo, e anche quelli che si sono ritirati come l’Associazione politico-culturale Cumpanis e i vari organismi e gruppi fautori dell’astensione.


Promotori e capi di PRC, PaP, PC e PCI hanno già diffuso documenti di bilancio dei risultati delle elezioni e della loro condotta, sia in campo elettorale (hanno ottenuto complessivamente più di 1.5 milioni di voti su 46 milioni di elettori residenti in Italia che hanno espresso 28 milioni di voti validi, ma non hanno nessun parlamentare), sia in campo organizzativo (non hanno fatto mobilitazione degli astenuti, ma hanno verificato nella campagna i propri attivisti e il proprio seguito tra le masse popolari). Si tratta di un primo bilancio: il Comitato Centrale del PC ha infatti in programma un congresso straordinario a breve, la Direzione Nazionale del PRC una Conferenza Nazionale di Organizzazione il 14 e 15 gennaio.

Tutti indicano come cause del risultato elettorale insoddisfacente il poco tempo a disposizione, la campagna elettorale nel mese di agosto (cosa mai successa nella storia del nostro paese), l’ostracismo dei media e la legge elettorale truffa. A questi i PRC aggiunge il richiamo del “voto utile” che avrebbe spinto un certo numero di persone a votare per Sinistra Italiana e per il M5S perché avevano qualche possibilità in più di entrare in Parlamento.

Il poco tempo a disposizione e l’estate di mezzo erano una condizione nota fin dall’inizio della campagna elettorale. Portavoce e promotori delle liste anti agenda Draghi hanno denunciato chiaramente che era una trappola finalizzata a escluderle dalla competizione elettorale. Di fronte a questa trappola, qual era l’obiettivo da porsi: eleggere parlamentari che attuano sistematicamente le misure elencate nel programma della propria singola lista anti agenda Draghi oppure far saltare la trappola eleggendo un gran numero di parlamentari che non si adattano a fare del Parlamento l’ufficio di registrazione e legittimazione delle decisioni prese dai padrini di Draghi e dei suoi eventuali successori (Meloni, Letta, Salvini o “tecnici” alla Monti, Amato e simili)?

Che i media di regime avrebbero ostracizzato le liste anti Larghe Intese era scontato. Oscurano persino gli scioperi generali indetti dai sindacati alternativi e di base e le manifestazioni quando non sono convocate da organizzazioni capeggiate da uomini di fiducia della borghesia (salvo che ci siano scontri, perché allora si danno alla canea contro “i violenti”). Censura, attacchi, liste di “filoputiniani”… l’intervento militare in Ucraina lanciato della Federazione Russa il 24 febbraio ha messo in luce su ampia scala (su scala globale) il sistema di manipolazione e intossicazione che va sotto il nome di “sistema di informazione”. Chi lo ha denunciato pensa che vale solo per la guerra in Ucraina oppure deve tenerne conto nella sua azione anche in campo elettorale? Deve organizzarsi per ovviarvi o far finta che esista la “par condicio”, che siamo o dovremmo essere in un paese democratico? Di più: che relazione c’è tra l’operazione congegnata dalla banda Mattarella-Draghi a luglio di quest’anno e l’operazione che ha presieduto alla creazione del governo Monti a fine 2011, il golpe bianco di Napolitano dopo le elezioni del 2013, la rielezione di Napolitano prima e di Mattarella poi? L’ostracismo dei media e le leggi truffa in che relazione stanno con gli sbarramenti elettorali, le liste bloccate e le altre misure cosiddette “pro governabilità”, con l’esautorazione del Parlamento? Sono delle eccezioni o sono la regola? E se sono una regola, cosa dicono, cosa insegnano a proposito del regime politico del nostro paese e del ruolo che hanno le elezioni e le assemblee elettive? E a proposito di come dobbiamo comportarci?


Queste domande sono strettamente collegate al ruolo assegnato alla partecipazione alle elezioni e all’azione dei parlamentari nella lotta per instaurare il socialismo (cioè al legame tra tattica e strategia). Il fattore fondamentale di cambiamento è l’azione dei parlamentari o la crescita del potere delle masse popolari organizzate? Le leggi di domani e le misure concrete atte a contrastare la miseria, lo smantellamento delle aziende, la guerra, l’inquinamento e devastazione della terra verranno dall’azione dei parlamentari o verranno dalle strade, dalle aziende private e pubbliche, dalle scuole e dalle università, dagli ospedali, dai circoli? Le faranno i parlamentari o gli operai, gli altri lavoratori, gli studenti, i disoccupati, le donne e i giovani?

Non c’erano mai state elezioni estive, non c’è mai stata una situazione come quella attuale, in cui pandemie, guerre, crisi climatica, speculazione sui prodotti energetici si combinano a sconvolgere la vita di miliardi di persone nel mondo e a mettere a rischio il pianeta in cui viviamo. Per mettere fine a uno sconvolgimento generale come questo bastano metodi e strumenti da “ordinaria amministrazione” oppure occorrono metodi di azione e di lotta straordinari, all’altezza della gravità della situazione, anche per quanto riguarda le elezioni indette e gestite dai vertici della Repubblica Pontificia? Di più: farla finita con il disastro del capitalismo è una guerra (popolare e rivoluzionaria) oppure basta moltiplicare le lotte rivendicative e partecipare alla lotta politica borghese?


Tutti sottolineano la grande dedizione di militanti e attivisti vecchi e nuovi. Con una mobilitazione straordinaria dei militanti e di nuovi attivisti che ha permesso di raccogliere le firme necessarie a presentarsi alle elezioni, le liste anti LI hanno fatto saltare una parte (un lucchetto lo abbiamo chiamato) della trappola predisposta dalla banda Mattarella-Draghi con le elezioni del 25 settembre. Raggiunto questo risultato, qual era il passo successivo, qual era il modo per spuntare le altre armi della banda Mattarella-Draghi e dei suoi padrini: da una parte il monopolio dell’informazione, la residua influenza verso alcuni strati delle masse popolari, il sistema di propaganda alla Goebbels che impongono nel nostro paese e dall’altra la concorrenza tra le liste anti Larghe Intese?


Un tema che “agita le acque” è quello delle alleanze, soprattutto nel PC di Rizzo. Non solo singoli compagni, ma interi circoli e federazioni sono usciti dal PC prima e dopo le elezioni in segno di protesta contro la decisione di confluire in Italia Sovrana e Popolare e all’interno c’è uno scontro tra chi è per fare fronte comune con tutte le forze anti-sistema, quindi per sviluppare ISP e chi è invece per fare fronte comune solo con altre forze comuniste, quindi per mollare ISP. La decisione se e con chi allearsi ha a che fare con il ruolo dei comunisti: aderenti ai principi del comunismo o promotori e dirigenti della rivoluzione socialista, cioè della guerra della massa degli operai e delle altre classi popolari alleate della classe operaia contro la borghesia imperialista fino a instaurare il socialismo e porre fine al capitalismo? Le alleanze servono perché si è troppo deboli per partecipare da soli alle competizioni elettorali oppure, come insegnava Lenin, per coalizzare la massa di “tutti gli oppressi e di tutti i malcontenti… che oggettivamente attaccheranno il capitale (…) unificarla e dirigerla, conquistare il potere, prendere le banche, espropriare i trust odiati da tutti (benché per ragioni diverse!) e attuare altre misure dittatoriali che condurranno, in fin dei conti, all’abbattimento della borghesia e alla vittoria del socialismo, il quale si epurerà dalle scorie piccolo-borghesi tutt’altro che di colpo” (V.I. Lenin, Risultato della discussione sull’autodecisione (1916), in Opere complete vol. 22)?


Quanto al che fare, alla linea d’azione dopo le elezioni, seppur con parole diverse tutti i bilanci indicano di lavorare per suscitare un’opposizione sociale al governo Meloni. Il Coordinamento Nazionale di PaP aggiunge che l’obiettivo è “mostrare concretamente come per uscire da questa situazione ci sia bisogno di un’alternativa di sistema”. Posto che l’alternativa di sistema è l’instaurazione del socialismo (PaP non lo dice apertamente, ma lo dà a intendere dicendo che avvierà “una riflessione che ci consenta di andare oltre l’immediato e di approfondire, da un punto di vista teorico e politico, la nostra identità, il nostro compito storico e cosa vuol dire oggi battersi per il socialismo”), come passare dalle lotte e dalle proteste a un governo socialista? Rivendicazioni, denunce e proteste sono indispensabili, servono ad elevare la resistenza e le lotte delle masse popolari, ma il compito principale dei comunisti è moltiplicarle o indirizzarle verso un obiettivo di potere? E nel nostro paese questo obiettivo di potere è già da subito la dittatura del proletariato?


Chi cercherà le risposte a queste domande arriverà non solo a comprendere il motivo per cui le masse popolari, benché le cose per loro vadano sempre peggio, alle elezioni invece di votare i partiti comunisti si astengono o votano a destra. Ma si metterà anche nelle condizioni di sottrarsi all’altalena tra due storiche deviazioni del movimento comunista dei paesi imperialisti. Da un lato la tendenza dell’astensionismo di principio,(1) che in Italia affonda le sue radici nelle fase anarchica e pre-leninista di sviluppo del movimento comunista (ha avuto come portabandiera anche il fondatore del primo PCdI, Amadeo Bordiga) e poi in una parte del movimento comunista che ha alzato la bandiera della lotta contro la deriva revisionista del PCI. Dall’altro lato la tendenza dell’elettoralismo (o del cretinismo parlamentare, come la definì Lenin in L’estremismo malattia infantile del comunismo), che in Italia ha consolidate radici nella tradizione del vecchio PCI revisionista di Togliatti e delle formazioni della sinistra borghese sorte nel corso del suo scioglimento con Berlinguer e Occhetto. Detto in positivo, si metterà nelle condizioni di usare anche il teatrino della politica borghese ai fini della rivoluzione socialista:(2) per portare avanti la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato, costruire il nuovo potere, accumulare le forze che faranno dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuiranno così alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo.

Anna M.


1. Astensionismo di principio, permanente, a tempo indeterminato (entrare nel teatrino della politica borghese corrompe i comunisti), astensionismo etico (la nostra morale non ci permette di mischiarci con l’indecente casta del teatrino ancora una volta, come abbiamo fatto fino a ieri), astensionismo provvisorio, a tempo determinato (non partecipare al teatrino in attesa di avere le forze per farlo alla grande): sono tutte strategie politiche di organismi e personaggi che rifiutano la strategia propria del movimento comunista messa in luce dal bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria (la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata), non hanno né concepiscono una strategia distinta da quella della borghesia di sinistra (partecipare al teatrino della politica borghese con un programma “più avanzato” di quello della sinistra borghese, promettere e chiedere 100 dove la sinistra borghese promette e chiede 10) che i più “rivoluzionari” giustificano come attesa e preparazione alla “insurrezione che prima o poi scoppierà”.

L’esperienza del movimento comunista ha più volte dimostrato che non c’è nessuna forma di lotta che garantisca i comunisti dalla corruzione. Finché esisterà la borghesia, esisteranno la sua influenza sulle masse popolari e la sua influenza nelle nostre fila. Solo la vigilanza rivoluzionaria, la lotta ideologica e l’epurazione possono impedire che la sua influenza prevalga nelle nostre fila e le corrompa. Pensare che una forma di lotta preservi dall’influenza borghese, vuol dire smontare le difese efficaci e aprire le fila all’influenza della borghesia. A riprova di questo, basta pensare ai pentiti e dissociati della lotta armata degli anni ‘70.

2. Nonostante le posizioni che riassumiamo con l’espressione “cretinismo extraparlamentare e militarismo”, in un regime di controrivoluzione preventiva le elezioni restano un passaggio politico essenziale: le forze borghesi che vogliono governare devono vincerle. Già nel 1947 De Gasperi aveva spiegato ai capi del PCI e del PSI che “i voti non sono tutto perché le leve di comando decisive (...) non sono in mano né degli elettori né del governo. (...) Non sono i nostri [della DC, del PCI, del PSI] milioni di elettori che possono fornire allo Stato i miliardi e la potenza economica necessaria a dominare la situazione. Oltre ai nostri tre partiti, vi è in Italia un quarto partito, che può non avere molti elettori, ma che è capace di paralizzare e rendere vano ogni nostro sforzo, organizzando il sabotaggio del prestito e la fuga del capitale, l’aumento dei prezzi o le campagne scandalistiche. L’esperienza mi ha convinto che non si governa oggi in Italia senza attrarre nella nuova formazione di governo i rappresentanti di questo quarto partito, del partito di coloro che dispongono del denaro e della forza economica”. Ma d’altra parte restava e resta vero che in una moderna società borghese governare senza voti comporta rischi d’altro genere: quindi le forze borghesi che vogliono governare devono in un modo o nell’altro vincere le elezioni. Queste sono un ingrediente essenziale del regime borghese: un suo punto di forza finché il movimento comunista cosciente e organizzato è debole e nello stesso tempo un suo punto debole di fronte a un movimento comunista con una linea politica giusta.

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Lettera alla redazione

Il Vaticano ha tenuto a battesimo il governo Meloni

Un grande assente nei bilancio delle elezioni fin qui tirati da partiti e organizzazioni che si dicono comuniste è il ruolo giocato dal Vaticano nella campagna elettorale.

Eppure mentre la stampa nazionale e internazionale era impegnata a denunciare le ingerenze russe nelle elezioni italiane, il Vaticano tesseva la sua tela e cercava di manovrare con una serie di operazioni l’opinione pubblica e l’indirizzo da dare al teatrino della politica borghese.

Le prime indicazioni di discesa in campo le ha inviate direttamente Bergoglio subito dopo l’indizione delle elezioni, chiamando i cattolici a “non stare a guardare dal balcone” e ad attivarsi in vista del 25 settembre. Tale indicazione è stata poi rilanciata dal cardinale Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede: “i cattolici devono tornare a esprimere la loro posizione all’interno del dibattito politico”. Parole rafforzate ulteriormente dal cardinale Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana: “i cristiani devono avere ancora di più un senso di attenzione per la cosa comune e anche le risposte necessarie, sempre con laicità”.

Dopo queste dichiarazioni generali che “preparavano il terreno” è stato apparecchiato un grosso avvenimento. Dal 20 al 25 agosto, a un mese dalle elezioni, si è tenuto a Rimini il meeting di Comunione e Liberazione (CL). A questo evento, che si ripete dal lontano 1980, hanno preso parte praticamente tutti i principali esponenti dei partiti delle Larghe Intese in lizza per le elezioni: il segretario del PD Enrico Letta con Andrea Orlando e Roberto Speranza, la presidente di FdI Giorgia Meloni, il segretario della Lega Matteo Salvini con Giancarlo Giorgetti, il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani, Maurizio Lupi, Carlo Calenda con Mariastella Gelmini, Giuliano Amato e Paolo Gentiloni. Più che una convention convocata da un’associazione legata al Vaticano si è trattato di una riunione delle Larghe Intese.

Tutti i capi delle forze politiche delle Larghe Intese insieme appassionatamente a decidere del futuro del paese senza l’impiccio di prassi, norme e leggi del teatrino politico e coperti dalla benedizione del papa. Nel meeting - finanziato tra l’altro da Intesa San Paolo ed Eni - ovazioni per Mario Draghi, che ha dettato l’agenda per il nuovo governo. Indicazioni chiare: cambiamo alcuni suonatori (il governo) ma non la musica.

Un ulteriore passo è stato fatto in occasione dell’assemblea annuale di Confindustria tenutasi il 12 settembre (a due settimane dal voto) proprio a Città del Vaticano. Ai 5.000 presenti ha parlato direttamente papa Bergoglio, che ha incensato i capitalisti presenti invitandoli a essere più buoni verso i lavoratori e le masse popolari. A seguito della riunione, il capo di Confindustria Bonomi ha rassicurato il Papa precisando che le “infime retribuzioni” non riguardano in alcun modo il mondo dell’industria perché il settore in Italia è assolutamente estraneo a qualsiasi forma di “sfruttamento” e ringrazia “di cuore” il Pontefice per avere ricevuto le imprese “luoghi vivi della comunità”. Finita la messa tutti possono andare in pace con la benedizione e la rassicurazione che il prossimo governo avrebbe dato più campo libero agli imprenditori e ai loro traffici, all’agenda Draghi e agli interessi dei capitalisti perché “da grandi ricchezze derivano grandi responsabilità”.

Se anche dopo l’assemblea di Confindustria la linea non fosse stata chiara, ci ha pensato il portavoce gesuita del papa, Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, a specificarla ulteriormente: “l’auspicio è che, dopo l’unità nazionale [il governo Draghi - ndr], si riesca a vivere uno stile di moderazione tra le forze politiche, in modo che si possano evitare le radicalizzazioni e trovare vie di mediazione alla ricerca del bene comune”.

Il governo Meloni si è insediato su spinta di Draghi e Mattarella ma sotto la direzione e con la benedizione del Vaticano.

Samuel W.