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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIV - novembre 2022

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Il 20° Congresso del Partito Comunista Cinese e le lezioni che i comunisti italiani ne devono trarre

Il 20° Congresso del Partito Comunista Cinese e le lezioni che i comunisti italiani ne devono trarre

Nel movimento comunista internazionale è in corso un dibattito non solo sulla natura della Federazione Russa e dell’operazione militare da essa lanciata in Ucraina nel febbraio di quest’anno, ma anche sulla natura e il ruolo della Repubblica Popolare Cinese (RPC) e del Partito Comunista Cinese (PCC) e più in generale su cos’è l’imperialismo. Questo dibattito fa parte del percorso attraverso il quale i partiti comunisti arriveranno a una comprensione più avanzata delle condizioni della lotta di classe nella fase imperialista della società borghese e della sua forma, comprensione necessaria per far rinascere il movimento comunista e portare alla vittoria la seconda ondata della rivoluzione in corso nel mondo.

Per quanto riguarda la RPC e il PCC, abbiamo usato le celebrazioni del luglio 2021 per il centesimo anniversario della fondazione del Partito Comunista Cinese per fare una messa a punto sul ruolo del PCC nel movimento comunista cosciente e organizzato (MCCO) nel mondo e della RPC nel corso mondiale delle cose e per capire cosa imparare per svolgere meglio il nostro compito e che conto dobbiamo tenere della loro opera nel nostro lavoro. A questo è dedicato gran parte del numero 68 di La Voce (luglio 2021), dove abbiamo pubblicato il Discorso del presidente Xi Jinping e gli articoli Il ruolo storico del PCC nei primi cento anni della rivoluzione socialista, Il ruolo del PCC nel movimento comunista cosciente e organizzato dei paesi imperialisti, La lotta di classe in Cina e la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti. Di contro alla tendenza a ridurre la questione a “la Cina è o meno un paese imperialista”, in quegli articoli abbiamo indicato

- i principali apporti del maoismo allo sviluppo della scienza comunista;

- i motivi per cui, nonostante lo sforzo del PCC di far assumere alla RPC il ruolo di base rossa mondiale del movimento comunista cosciente e organizzato (ruolo che era stato dell’URSS fino alla svolta compiuta dal PCUS con il XX Congresso del 1956), nei paesi imperialisti il marxismo-leninismo-maoismo non ha assunto nella lotta del proletariato il ruolo che aveva invece assunto il marxismo-leninismo grazie alla vittoria della Rivoluzione d’Ottobre e alla costruzione del socialismo in URSS;

- lo sviluppo della lotta tra destra e sinistra nella direzione del PCC dal 1976 in poi e come si è combinato con le contraddizioni specifiche della fase imperialista (contraddizioni tra potenze e gruppi imperialisti per la spartizione del mondo, contraddizioni tra potenze e gruppi imperialisti da una parte e dall’altra le forze della rivoluzione socialista e della rivoluzione di nuova democrazia);

- i motivi per cui la RPC è arrivata ai vertici del sistema economico mondiale benché il cambio di indirizzo intrapreso nel 1976 nella RPC, simile a quello imboccato dall’URSS nel 1956, ha portato nel giro di 35 anni l’URSS alla decadenza economica, politica e culturale sfociata nella dissoluzione del 1991;

- il bivio a cui è ora di fronte il PCC.

Il 20° Congresso del PCC, tenuto dal 16 al 22 ottobre 2022, ha offerto a noi comunisti italiani l’occasione per verificare e arricchire questa messa a punto.


L’andamento del Congresso conferma che la RPC è un paese socialista nella seconda delle tre fasi indicate nel capitolo 1.7.3 del Manifesto Programma del (n)PCI e che la sinistra è alla testa del PCC benché la destra sia ancora forte sia nel Partito che nel sistema economico e sociale della RPC. Il Rapporto del segretario generale Xi Jinping è principalmente un appello ai membri del Partito ma anche l’esposizione dei propositi che il governo della RPC, diretto dal PCC, intende perseguire. Il Rapporto è importante per quello che afferma, per alcune tesi che sottintende e anche per quello su cui tace.

Il Rapporto è un appello ai membri del Partito a trasformarsi e a lottare con determinazione per far avanzare la RPC nel socialismo con caratteristiche cinesi e per farle svolgere nel mondo un ruolo positivo a favore

1. del multipolarismo contro l’egemonismo, ma non dice espressamente né che i gruppi imperialisti USA si servono senza scrupoli degli interventi militari propri e dei loro alleati NATO e altri per preservare l’egemonia che dalla fine della seconda guerra mondiale esercitano nel sistema imperialista mondiale, né indica come porre fine alla loro opera criminale: noi sosteniamo che possiamo e dobbiamo porvi fine facendo avanzare la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti a partire dal nostro;

2. del progresso economico sia dei paesi arretrati (vedi l’intervento massiccio di aziende pubbliche e private cinesi in Africa e America Latina per la costruzione di infrastrutture civili come strade, ponti, aeroporti, porti, centrali elettriche, ecc.) sia di quelli a medio sviluppo (come nel caso di Brasile, India, Sudafrica, Messico) e dice esplicitamente che la RPC è ancora solo uno di quelli a medio sviluppo e che oltre a proseguire il proprio favorirà con una serie di operazioni internazionali (vedi il progetto della Nuova Via della Seta) il progresso economico degli altri paesi che vorranno approfittarne;

3. della preservazione e miglioramento dell’ambiente e dice che la RPC si impegnerà seriamente in questo campo, ma non dice alcunché a proposito delle grandi opere pubbliche inutili se non nocive che abbondano nella RPC, né dice che responsabili maggiori dell’inquinamento dell’ambiente e della devastazione del pianeta rapportati al numero di abitanti sono i paesi imperialisti e gli USA in primo luogo né che il ricorso di questi alla guerra, alla sovversione e alla sopraffazione e il ricorso dei capitalisti in generale alla concorrenza pongono limiti anche a quello che un paese socialista può fare. Ad esempio è ovvio che, a fronte delle enormi e crescenti spese militari degli USA, un paese socialista non può evitare di prepararsi alla guerra e quindi deve sviluppare ricerca e produzione di armi ed esercitazioni nel settore militare, grande fonte di inquinamento e devastazione.


Quanto al sistema sociale della RPC, il Rapporto indica chiaramente

1. che la proprietà privata e l’iniziativa capitalista hanno ancora un ruolo importante nell’economia e nelle vigenti relazioni sociali, ma afferma che nella RPC lo sviluppo economico è ancora oggi l’obiettivo prioritario (rispetto alla lotta di classe) benché lo Stato si proponga sia di limitare alcuni eccessi dei capitalisti e far valere le leggi con maggiore rigore che nel passato (il Rapporto taccia di liberalismo e di debolezza i governi cinesi degli ultimi decenni), sia di fare in modo che l’economia reale (che produce beni e servizi quali condizioni materiali dell’esistenza umana) resti predominante rispetto allo sviluppo delle operazioni finanziarie e speculative;

2. che lo Stato opererà con maggiore vigore a ridurre le disuguaglianze ancora grandi nella RPC tra regioni e province, tra etnie, tra zone urbane e zone rurali e tra famiglie nel reddito pro capite, nello sviluppo economico, culturale e in generale nel livello dell’istruzione, della sicurezza, dell’assistenza sanitaria, del trattamento pensionistico, dell’assistenza all’infanzia e altre.

Quanto al regime politico della RPC, il Rapporto afferma chiaramente che lo Stato della RPC (ufficialmente una “dittatura democratica popolare sotto la guida della classe operaia, basata sull'alleanza tra operai e contadini”) è retto dal PCC, dalle sue organizzazioni di massa (dei giovani, delle donne e altre), dalle associazioni popolari territoriali e di categoria e dai partiti che collaborano con il PCC nell’ambito del Fronte Unito (in totale 8 organizzazioni rappresentate nell’Assemblea Popolare Nazionale e nella Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese orientate dal PCC). È quello che nel linguaggio nostro e degli altri comunisti si chiama “dittatura del proletariato”, a condizione che il Partito sia effettivamente l’avanguardia del proletariato per la concezione che lo guida, per la linea che segue e per la sua composizione.

Quanto al Partito e alle sue organizzazioni di massa, il Rapporto dettaglia la trasformazione intellettuale e morale che essi devono perseguire senza sosta per essere capaci di dirigere lo Stato, promuovere, con il successo che finora hanno avuto, la rinascita della Cina e farne un paese all’avanguardia in ogni campo. Alla base della linea indicata nel Rapporto vi è la concezione marxista che gli uomini sono in grado di cambiare le condizioni della propria esistenza, ma che essi sono il frutto delle condizioni in cui nascono e crescono. Quindi gli uomini devono trasformare il mondo creando una umanità capace di avvalersi positivamente della conoscenza del mondo e del dominio di esso che l’umanità ha raggiunto grazie al modo di produzione capitalista. Ma la decadenza della società borghese comporta anche che la borghesia promuova l’abbrutimento e l’intossicazione delle coscienze e dei cuori delle masse popolari. Il Rapporto indica deviazioni ed errori che membri e organismi del Partito devono combattere nel Partito stesso, limiti che devono superare. Le relazioni nel Partito, tra i suoi organismi e nelle sue istanze di ogni livello devono essere basate sul centralismo democratico (direzione unificata e spirito d’iniziativa in campo intellettuale e nella pratica). Il Rapporto insiste sulla lotta contro il dogmatismo, il conservatorismo e la corruzione nel Partito e afferma con forza che il suo obiettivo è avanzare nel socialismo. Esso è quindi in netto contrasto con la tesi “il movimento è tutto, il fine nulla”, proclamata in Europa dalla Seconda Internazionale (1889-1914) all’inizio dell’epoca imperialista dal teorico del riformismo e dello spontaneismo Eduard Bernstein. Il Rapporto di Xi Jinping al 20° Congresso del PCC chiama ogni membro e ogni organismo del Partito a lottare con accanimento, scienza, iniziativa e libertà per raggiungere il fine che indica chiaramente: fare della Cina un paese socialista moderno sviluppato in ogni campo entro il 2049, centenario della fondazione della RPC.

Il Rapporto di Xi Jinping pone lo sviluppo economico ancora oggi come priorità tra gli obiettivi da conseguire nella RPC nonostante i grandi progressi compiuti, ma tra i compiti della nuova era, iniziata nel 2012 con il 18° Congresso, dedica un ruolo importante al lavoro di massa e al miglioramento del Partito e dei suoi membri. Stridente è il contrasto con il Rapporto presentato da G.M. Malenkov a nome del CC al 19° Congresso del PC(b)US il 5 ottobre 1952, quando l’URSS aveva sostanzialmente completato la ricostruzione postbellica. Gli eventi successivi hanno mostrato che il 19° Congresso del PC(b)US fu di fatto la premessa del colpo di mano fatto dalla cricca di Kruscev con il 20° Congresso (1956). Esso era dedicato quasi per intero ai problemi economici interni e internazionali e la parte dedicata alle relazioni nel Partito riguardava principalmente la disciplina dei suoi membri e il controllo della loro condotta. La promozione della partecipazione delle masse popolari all’attività politica e alle altre attività specificamente umane e le contraddizioni di classe che si erano accentuate nel corso della Grande Guerra Patriottica (1941-1945) con la quale l’URSS aveva fatto vittoriosamente fronte all’aggressione nazifascista preparata da tutte le potenze e i gruppi imperialisti, erano sostanzialmente trascurate dal Rapporto di Malenkov. Stalin, morto pochi mesi dopo, aveva espresso al 19° Congresso poco più che un saluto benché meditasse un largo ricambio nel gruppo dirigente del Partito.

In sintesi il Rapporto di Xi Jinping afferma che con il 18° Congresso del PCC (2012) la Cina è entrata, per quanto riguarda la gestione del paese in ogni campo, in una nuova era di cui illustra le caratteristiche e i compiti che in essa i comunisti cinesi devono svolgere. La nuova era della Cina è dettata dalle trasformazioni che la RPC ha fatto nel passato e si combina con le trasformazioni generali che negli ultimi decenni hanno avuto inizio nel mondo. Il Rapporto però non illustra le caratteristiche di queste (che i lettori di La Voce possono conoscere dalla letteratura del (n)PCI), come non illustra il ruolo che il PCC ha nel movimento comunista cosciente e organizzato nel mondo e i rapporti che si propone di tessere: è ai compagni che hanno rapporti più intensi di noi con il PCC che chiediamo di analizzarli e illustrarli a beneficio dei comunisti italiani.

I nostri lettori possono avere una comprensione tanto migliore del Rapporto di Xi Jinping e trarre vantaggio da esso e dall’opera della RPC e del PCC quanto più giusta è l’immagine che essi hanno della RPC e della storia da cui è nata.

La RPC è di gran lunga per popolazione (attualmente circa 1.400 milioni di abitanti) il più grande dei paesi socialisti formatisi nel corso della prima ondata mondiale delle rivoluzione proletaria (1917-1976) e il PCC (attualmente circa 96 milioni di membri, cioè circa il 10% della popolazione che può essere politicamente attiva) il più grande dei partiti comunisti.

L’ingresso dell’umanità nel socialismo (società di transizione dal modo di produzione capitalista al comunismo) è un processo mondiale che si realizza tramite rivoluzioni nazionali. Per imparare dalla rivoluzione cinese e dall’opera del PCC quello che serve per l’opera nostra, fare dell’Italia un nuovo paese socialista, noi comunisti italiani dobbiamo tenere presente che la Cina attuale è l’erede di una grande civiltà sviluppatasi nel corso di più di cinque millenni del tutto indipendentemente dalla civiltà mediterranea ed europea nel contesto della quale si è formato il nostro paese, è nato il modo di produzione capitalista, si è sviluppata la società borghese che poco più di un secolo fa è sfociata nel sistema imperialista mondiale che ha coinvolto tutto il mondo, compresa la Cina. È nella prima metà dell’Ottocento che le potenze europee (in primo luogo la Gran Bretagna) seguite dagli USA e alla fine anche dal Giappone coinvolgono la Cina nel processo capitalista mondiale facendo di essa una semicolonia, avviando quel periodo che la storiografia cinese definisce il “secolo delle umiliazioni” concluso nel 1949. La RPC è frutto della ribellione del popolo cinese a quel corso delle cose e il PCC è il partito che ha guidato la sua ribellione fino alla vittoria. Mao Zedong, il presidente del PCC proclamò la RPC il 1° ottobre 1949 ed essa ora copre l’intera superficie dell’antico impero cinese salvo l’isola di Taiwan che l’esercito di Chiang Kai-shek sconfitto occupò alla fine della guerra civile (1945-1949), scortato e protetto dalla flotta dei gruppi imperialisti USA.

Il PCC a sua volta è frutto dell’attività svolta dall’Internazionale Comunista (IC) tra i promotori della ribellione del popolo cinese all’oppressione delle potenze e dei gruppi imperialisti. Costituitosi nel 1921 come partito del proletariato cinese che partecipava alla lotta nazionale contro l’imperialismo europeo e USA, esso si pose alla testa della lotta sociale dei contadini contro i proprietari terrieri feudali, poi (dal 1931) anche della lotta nazionale contro l’occupazione giapponese e infine della lotta contro il tentativo dei gruppi imperialisti USA di prendere il posto degli imperialisti giapponesi.

Le cannonate dell’Aurora hanno risvegliato la Cina” ha scritto Mao, alludendo al ruolo dell’incrociatore Aurora nella conquista del Palazzo d’Inverno a Pietroburgo nel corso della Rivoluzione d’Ottobre (1917). L’affermazione di Mao sintetizza la relazione tra la costituzione della RPC e la rivoluzione socialista sviluppatasi in Europa e segnatamente in Russia nel corso della prima guerra mondiale (1914-1918) e sfociata nella costituzione dell’URSS di cui ricorre quest’anno il centenario, rimasta fino al 1945 l’unico paese socialista.

Più complessa è la relazione tra il PCC e il MCCO perché ogni partito comunista deve applicare il marxismo, scienza della storia dell’umanità fondata da Marx ed Engels, traducendolo nelle condizioni particolari del proprio paese.

Lenin e Stalin, oltre a condurre la rivoluzione socialista nella Russia che era l’anello debole della catena dei paesi imperialisti, hanno anche portato a un più alto livello il marxismo, per cui i comunisti dell’epoca imperialista si sono dichiarati marxisti-leninisti.

Mao, oltre a guidare la rivoluzione di nuova democrazia in Cina, ha anche sviluppato il marxismo-leninismo per cui noi comunisti oggi siamo marxisti-leninisti-maoisti. In La Voce 41 (luglio 2012) abbiamo riassunto i sei principali apporti di Mao alla scienza che i comunisti di tutto il mondo devono applicare nella loro opera per portarla alla vittoria.

Con la vittoria del 1949 inizia la fase socialista della storia della RPC. Oltre a mantenere e rafforzare nelle nuove condizioni lo Stato della dittatura del proletariato, il PCC doveva sviluppare forze produttive moderne dato che la Cina era un paese economicamente molto arretrato, promuovere l’accesso delle masse popolari cinesi alle attività specificamente umane e far fronte al sistema imperialista mondiale nel quale i gruppi imperialisti USA avevano oramai preso nettamente il predominio, avevano lanciato una nuova aggressione contro l’URSS e i nuovi paesi socialisti (la “guerra fredda”) sui quali facevano gravare l’incubo delle armi nucleari delle quali avevano mostrato al mondo la potenza nel 1945 a Hiroshima e Nagasaki. Il PCC oltre a sviluppare la collaborazione con gli altri partiti comunisti e progressisti, guidò la RPC a stabilire stretti rapporti di collaborazione con l’URSS e gli altri paesi socialisti in campo economico e in tutti gli altri campi, a sostenere vittoriosamente la Corea nella resistenza (1950-1953) contro l’aggressione USA inviando anche un’armata e il Vietnam nella lotta contro l’imperialismo prima francese e poi USA.

Questo corso delle cose cambiò a partire dal 1956 quando con il 20° Congresso i revisionisti moderni presero la direzione del PCUS, condannarono la via che sotto la direzione di Stalin aveva seguito nella costruzione del socialismo e nella lotta vittoriosa contro le ripetute aggressioni delle potenze e dei gruppi imperialisti e avviarono l’URSS sulla strada che l’avrebbe portata alla dissoluzione del 1991. Il PCC fu sorpreso dalla svolta del PCUS e ben presto insorse contro la pretesa dei revisionisti moderni sovietici, capeggiati prima da Kruscev e poi da Breznev, di dettare la linea ai partiti comunisti di tutto il mondo. Tuttavia, a parte il caso particolare del Partito del Lavoro d’Albania, la grande maggioranza dei partiti comunisti che avevano fatto parte della IC non seguì il PCC su questa strada: né i partiti dei paesi socialisti, né i partiti dei paesi imperialisti che già si erano dimostrati incapaci di instaurare il socialismo nel proprio paese, né i partiti dei paesi oppressi sorti nel corso della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria (1917-1976).


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Elenco dei presidenti e segretari generali del CC del Partito Comunista Cinese


Presidenti

1. Mao Zedong (1945-1976)

2. Hua Guofeng (1976-1981), eletto presidente durante l’11° Congresso (1977) con Deng Xiaoping vicepresidente.


Segretari generali

1. Hu Yaobang (1982-1987)

2. Zhao Ziyang (1987-1989)

3. Jiang Zemin (1989-2002), ricoprì anche la carica di Presidente della RPC

4. Hu Jintao (2002-2012), ricoprì anche la carica di Presidente della RPC

5. Xi Jinping (2012-attuale), ricopre anche la carica di Presidente della RPC, della Commissione Militare Centrale del PCC e della RPC

NOTA

Deng non figura nella lista poiché non è mai stato eletto ufficialmente segretario generale del PCC ma, di fatto, era il capo del Partito ricoprendo la carica di Presidente della Commissione Militare Centrale del PCC (1981-1990) e della RPC (1983-1990).

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Sotto la guida del PCUS capeggiato prima da Kruscev e poi da Breznev l’URSS prima boicottò la creazione di forze produttive moderne, ritirando di colpo dalla RPC circa 10 mila tecnici e interrompendo circa 200 progetti congiunti in corso di realizzazione (1960), poi arrivò persino allo scontro militare alle frontiere, nella regione del fiume Ussuri (1969).

Per preservare sé stesso dal revisionismo moderno e costruire il socialismo nella RPC, il PCC prima lanciò il Grande Balzo in Avanti (2° Piano Quinquennale, 1958-1962) e poi la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (GRCP, 1966-1976) del popolo cinese e nello stesso tempo incominciò ad aprirsi alla collaborazione soprattutto in campo economico che i gruppi imperialisti USA offrivano alla RPC, mossi dalla concorrenza con l’URSS e soprattutto dalla fine nei paesi imperialisti del periodo di ripresa dell’accumulazione del capitale (il “capitalismo dal volto umano”), che era seguito alla fine della seconda guerra mondiale e dai primi sintomi della nuova crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale.(1) Alla morte di Mao (1976), la GRCP venne soffocata dalla parte del PCC, capeggiata da Deng Xiaoping, che era il bersaglio di essa.


1. Le Opere di Mao Tse-tung, pubblicate in Italia in 25 volumi dalle Edizioni Rapporti Sociali negli anni 1991-1994, documentano l’opera di Mao e del PCC dalla sua fondazione fino al 1976. Esse sono in vendita presso le ERS (edizionirapportisociali@gmail.com, www.carc.it) e reperibili sul sito www.nuovopci.it.


Dopo il soffocamento della GRCP il PCC, di fatto guidato da Deng Xiaoping fino al suo ritiro nel 1990 dall’attività politica (morirà nel 1997), diede inizio al periodo detto di “riforma e apertura”, del “socialismo di mercato” e della “modernizzazione socialista”. Non solo accrebbe lo spazio aperto alle aziende capitaliste straniere in particolare USA, ma abolì le Comuni Popolari (1983) e la politica di industrializzazione delle campagne e, pur mantenendo e sviluppando il settore delle aziende pubbliche, incoraggiò la borghesia nazionale cinese e i cinesi delle comunità installate all’estero a sviluppare l’iniziativa privata nell’economia e in altri campi. L’indirizzo seguito dal PCC per quasi vent’anni è riassunto dal motto di Deng “non importa se un gatto è nero o è rosso, l’importante è che mangi i topi”, motto che trascurava il fatto che i promotori dello sviluppo economico diventavano anche dirigenti nel complesso delle relazioni nella società. In sostanza è più il programma della borghesia nazionale cinese che il programma del proletariato cinese che con il proletariato di tutto il mondo lotta per la costruzione del socialismo e la transizione al comunismo. A ragione Mao nella sua critica contro il revisionismo moderno aveva sottolineato che Deng non capiva la lotta di classe e il ruolo che essa aveva nella storia. Negli ultimi anni ‘80, quando l’URSS andava verso la dissoluzione erosa dall’opera dei revisionisti moderni all’interno e dall’aggressione imperialista dall’esterno, la borghesia cinese e i gruppi imperialisti stranieri acquisirono un potere tale che cercarono di dare un colpo alla dittatura del proletariato nella RPC (rivolta di piazza Tienanmen, 1989). Il tentativo venne stroncato dall’Esercito Popolare di Liberazione diretto dallo stesso Deng (dal 1981 presidente della Commissione Militare Centrale del PCC) e il segretario generale del CC del PCC Zhao Ziyang, appena eletto (1987), fu destituito. Con il nuovo segretario generale Jiang Zemin (1989-2002) e poi con Hu Jintao (2002-2012) la sinistra si rafforzò fino a prendere stabilmente e su larga scala la direzione de PCC nel 2012 con l’elezione (al 18° Congresso) di Xi Jinping a segretario generale del CC, presidente della Commissione Militare Centrale del PCC e presidente della RPC.


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Elenco dei Congressi PCC

1° Congresso - 1921

2° Congresso - 1922

3° Congresso - 1923

4° Congresso - 1925

5° Congresso - 1927

6° Congresso - 1928

7° Congresso - 1945

8° Congresso - 1956

9° Congresso - 1969

10° Congresso - 1973

11° Congresso - 1977

12° Congresso - 1982

13° Congresso - 1987

14° Congresso - 1992

15° Congresso - 1997

16° Congresso - 2002

17° Congresso - 2007

18° Congresso - 2012

19° Congresso - 2017

20° Congresso - 2022

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È chiaro a Xi Jinping e a gran parte dei dirigenti e dei 96 milioni di membri del PCC che non vi è futuro di indipendenza per la RPC e di rinascita per la Cina se non avanzando nella costruzione del socialismo. Il Rapporto presentato il 16 ottobre al 20° Congresso da Xi Jinping più che per prevedere quello che il governo della RPC farà, è utile per comprendere quanto lo farà perché essi hanno assimilato il marxismo-leninismo-maoismo o perché i gruppi imperialisti USA e la Comunità Internazionale (CI) dei gruppi imperialisti USA, sionisti ed europei non lasciano altra strada, al punto che perfino gli oligarchi russi, che negli anni 1991-1999 di Boris Eltsin avevano defraudato la proprietà dei popoli sovietici, si sono ribellati con alla testa Vladimir Putin al destino a cui la CI li condannava.

Grande è il disordine sotto il cielo, la situazione è eccellente per i promotori e i protagonisti della rivoluzione socialista, direbbe Mao.

Umberto C.