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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIV - novembre 2022

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76° anniversario della costituzione dell’Esercito Democratico di Grecia

Fare il bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria, imparare dall’esperienza

Il 28 ottobre 1946 il Partito Comunista di Grecia (KKE) fondò l’Esercito Democratico di Grecia (EDG). Noi comunisti italiani del (nuovo)PCI annoveriamo e celebriamo la data del 28 ottobre tra i punti più alti raggiunti in Europa dalla classe operaia e dalle masse popolari nella loro lotta per la conquista del potere.

Con la costituzione dell’EDG i comunisti greci si posero all’avanguardia della resistenza delle masse popolari greche contro l’imperialismo britannico e la monarchia. Essi erano già stati alla testa della resistenza delle masse popolari greche contro l’occupazione lanciata da Mussolini nel 1940 e spalleggiata poi da Hitler. Con anticipo rispetto al resto d’Europa i comunisti greci, alla testa del FLN (Fronte di Liberazione Nazionale) e dell’APLG (Armata Partigiana di Liberazione della Grecia), avevano costretto alla fuga le armate nazi-fasciste. Sempre con anticipo rispetto al resto d’Europa i comunisti greci si misurarono nello scontro con le forze reazionarie locali che dopo la cacciata dei nazi-fascisti si coalizzarono attorno alla monarchia e agli imperialisti britannici (che fin dall’800 dominavano la penisola greca).

La monarchia greca nel 1940 era fuggita con le proprie truppe davanti all’invasione nazifascista, ma approfittando di cedimenti del KKE, nonostante uno sfavorevole rapporto di forze, sostenuta dagli imperialisti britannici aveva potuto rientrare in Grecia dopo la sconfitta dei nazi-fascisti, trasferirvi uomini ed equipaggiamento militare, porsi alla testa delle forze reazionarie locali (che in parte avevano contribuito alla resistenza contro i nazi-fascisti), scatenare la guerra civile per sottrarre Atene, capitale del paese, al controllo dell’APLG ed estromettere i comunisti dal governo del paese. La battaglia di Atene avvenuta tra il 2 dicembre 1944 e gennaio 1945 e la successiva capitolazione dei comunisti sancita dagli accordi di Varkiza del 2 febbraio del 1945, furono gli atti di forza con cui gli imperialisti britannici avevano ristabilito il loro protettorato sulla Grecia e monarchici e reazionari si erano installati pienamente al governo del paese.

Con il rientro in patria di Nichos Zachariadis nel maggio del 1945 (1) e il suo ritorno alla direzione del Partito, il KKE iniziò a correggere almeno in parte gli errori alla base della linea di capitolazione sancita dagli accordi di Varkiza. Sotto la direzione di Zachariadis il KKE iniziò a rispondere alle persecuzioni anticomuniste concentrando, nella clandestinità, forze partigiane, in vista del passaggio allo scontro militare. La costituzione, il 28 ottobre 1946, del quartiere generale delle forze partigiane segnò la loro unificazione sotto un unico comando e l’atto di nascita dell’Esercito Democratico di Grecia. Esso per tre anni combatté per fare della Grecia un paese socialista, fino alla sua sconfitta nell’ottobre del 1949, maturata solo dopo che, a partire dal 1947, alle forze controrivoluzionarie greche e britanniche si aggiunse l’apporto militare USA e ai contrasti con le forze partigiane albanesi dirette dal Partito del Lavoro d’Albania si aggiunse il tradimento delle forze jugoslave dirette dalla Lega capeggiata da Tito.


1. Nichos Zachariadis è stato segretario generale del KKE dal 1931 al 1936 e dal 1945 al 1956. Incarcerato nel 1936 dai reazionari greci, nel 1940 viene deportato in Germania dai nazisti. Rientrato in Grecia dal campo di concentramento di Dachau, riassume la direzione del KKE nell’estate del 1945. Dopo la sconfitta dell’EDG ripara in URSS e si mette alla testa della riorganizzazione dell’attività del KKE. Fino a che Stalin è al potere in URSS, Zachariadis dirige la costruzione di un’organizzazione di massa per l’intervento nelle lotte politiche elettorali (con cui valorizzare il grande seguito che il KKE manteneva tra le masse anche dopo la sconfitta dell’EDG e la messa fuori legge del Partito). Parallelamente capeggia la ricostruzione in Grecia di una rete clandestina di cellule del KKE. Dopo la morte di Stalin nel 1953, i revisionisti prendono il sopravvento in URSS. Questi in combutta con i loro seguaci nel KKE lo estromettono dalla direzione del Partito e lo deportano in Siberia, dove muore nel 1973. I revisionisti greci nei decenni successivi hanno denigrato l’opera di Zachariadis. Solo nel 2011 il KKE ha riabilitato la sua figura di grande dirigente del movimento comunista greco.



L’azione svolta dal KKE alla testa dell’EDG è uno dei punti più alti raggiunti in Europa nella lotta per l’instaurazione del socialismo, obiettivo e missione costitutiva e dichiarata dei partiti europei dell’Internazionale Comunista. La lotta armata condotta dall’EDG fu resa possibile dall’azione della sinistra del Partito che in Grecia, diversamente che in Italia, riuscì in una certa misura a neutralizzare le tendenze opportuniste e rispose alla guerra civile scatenata dagli imperialisti britannici e dalla parte più reazionaria della borghesia greca, con l’organizzazione di un’offensiva armata per instaurare il socialismo. Della sconfitta degli eroici combattenti dell’EDG approfittarono gli opportunisti di ogni risma in seno al movimento comunista internazionale, successivamente aiutati anche dalle decisioni del XX Congresso del PCUS e dalla deriva revisionista prevalsa nel movimento comunista internazionale. L’eco di certi avvoltoi si fa sentire ancora ai giorni nostri, al punto che in Italia è ricorrente ascoltare esponenti disfattisti e attendisti del movimento comunista usare l’esempio greco per dire che nei paesi europei non sono ancora mature le condizioni per l’instaurazione del socialismo.

Nonostante la sconfitta i comunisti del KKE e i combattenti dell’EDG restano nella storia un esempio luminoso di determinazione rivoluzionaria, abnegazione e rottura con l’arrendevolezza con cui i principali partiti comunisti europei abbandonarono le posizioni conquistate con la vittoriosa resistenza antifascista. Una linea di cui Andrej Zdanov (2) nel 1947 ebbe a dire “in Italia, come in Francia, i comunisti, avendo sopravvalutato le forze della reazione, sono caduti vittime della intimidazione e del ricatto imperialista. Essi hanno sottovalutato le proprie forze, le forze della democrazia, la volontà delle masse popolari di difendere i diritti e gli interessi nazionali e fondamentali del loro paese. Questo è tanto più increscioso per il fatto che il partito comunista francese, come il partito comunista italiano, avevano saputo dimostrare nelle condizioni difficili nel loro lavoro la loro capacità di riunire sotto la bandiera comunista le larghe masse dei contadini, dei lavoratori e degli intellettuali”. Dunque con la costituzione dell’EDG e la lotta armata del 1946-49 i comunisti greci, soli tra i partiti comunisti europei, osarono provare a valorizzare le posizioni conquistate con la lotta antifascista per avanzare nella rivoluzione socialista.


2. Andrej Zdanov (1896-1948), nel 1947, anno in cui tenne la relazione di cui pubblichiamo un estratto, occupava il ruolo di Secondo Segretario del PCUS e Presidente del Presidium del Soviet dell’Unione. Era il braccio destro di Stalin. Morì il 31 agosto 1948, per un’infezione contratta a seguito di un’operazione chirurgica e curata in un modo tale che suscitò la ancora non chiarita denuncia di una congiura di medici al soldo dei servizi segreti sionisti e USA. La sua scomparsa rese il terreno più facile alla destra del Partito che, dopo la morte di Stalin nel 1953, si coalizzò attorno a Kruscev e poi nel 1956 prese il sopravvento.


Tuttavia, pur distinguendosene, anche nella storia del KKE si rintracciano, oltre al rifiuto della clandestinità che permise l’arresto di Zachariadis nel 1936, limiti analoghi a quelli che hanno ostacolato altri partiti comunisti, come quello italiano, nel valorizzare le posizioni conquistate con la Resistenza antifascista. Come il PCI non approfittò dei ruoli di governo occupati dal 1944 (Svolta di Salerno) in avanti e finì con il farsene estromettere nel 1947, così in Grecia il KKE si fece estromettere dal governo con gli accordi di Varkiza del febbraio 1945, entrambi contesti in cui la forza dei comunisti e il loro prestigio tra le masse erano tali che avrebbero permesso loro di respingere atti ostili.

In Italia come in Grecia, nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria non mancarono ai comunisti né la forza derivata dal largo sostegno delle masse popolari alla loro opera né l’eroismo dei loro combattenti. Al contrario il vecchio movimento comunista poteva contare sulle considerevoli riserve di forze accumulate 1. nella lotta contro il nazifascismo e 2. grazie al prestigio dell’URSS di Lenin e Stalin tra i lavoratori e le masse popolari di tutta Europa. In Grecia questa riserva di forze fu tale che permise al KKE di rispondere al terrore anticomunista dispiegato dagli imperialisti britannici e dalla reazione greca con lo sviluppo di una lotta armata su larga scala che arrivò a liberare ampie parti del paese. Solo con l’ingresso degli imperialisti USA nello scontro militare la reazione greca riuscì a venire a capo dell’EDG e, ancora nei decenni a seguire, gli imperialisti USA, che nel frattempo avevano trasformato la Grecia in un loro protettorato, dovettero ricorrere al fascismo (la “dittatura dei colonnelli” 1967-1974) per contenere l’influenza dei comunisti che, pur messi fuori legge, avevano riorganizzato le loro forze.

Furono i limiti e gli errori della parte più determinata e devota alla causa (la sinistra), 1. nella comprensione del corso delle cose e 2. nella strategia secondo cui condusse la propria azione, che impedirono ai partiti comunisti della prima ondata, europei e del resto del mondo, di andare oltre i risultati raggiunti. In Italia i limiti della sinistra, capeggiata da Pietro Secchia, permisero alla destra del Partito capeggiata da Togliatti di trasformare il primo PCI dall’organizzazione rivoluzionaria di quadri che aveva diretto la Resistenza in un partito popolare di massa integrato nel nuovo regime di Repubblica Pontificia, nel ruolo di portavoce delle rivendicazioni popolari. In Grecia, dove la sinistra del Partito era arrivata a esprimere la direzione dello stesso, i suoi limiti nella comprensione del corso delle cose e nella strategia seguita impedirono ai comunisti di conseguire il successo dell’offensiva avviata con la costituzione dell’EDG nel 1946.(3) Ma in entrambi i casi la sinistra fu manchevole nel darsi una strategia per avanzare oltre le posizioni conquistate: in Italia attestandosi a fare la fronda rispetto alla destra che controllava il Partito, in Grecia nella linea con cui condusse la guerra.


3. Per una trattazione più di dettaglio della condotta del KKE nella guerra del 1946-1949 rimandiamo all’articolo Contro l’uso menzognero della storia del Partito Comunista di Grecia (KKE) in La Voce 69 (novembre 2021) e ai riferimenti bibliografici lì contenuti.


Dall’Italia alla Grecia, l’esperienza del movimento comunista internazionale conferma uno degli insegnamenti principali del maoismo: la rivoluzione socialista è una guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata. Non è un evento che scoppia, un’insurrezione improvvisa in cui il partito comunista si mette alla testa delle masse popolari stanche di subire le angherie della borghesia, ma una guerra da combattere campagna dopo campagna, battaglia dopo battaglia per costruire il nuovo potere delle masse popolari organizzate, consolidarlo ed elevarlo sotto la guida del partito comunista fino ad eliminare il potere della borghesia e instaurare il socialismo. Nel corso della prima ondata le rivoluzioni proletarie vittoriose confermano questo insegnamento: la rivoluzione ha vinto laddove hanno operato partiti comunisti che l’hanno diretta come una guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata.

Noi comunisti dobbiamo fare il bilancio dell’esperienza della prima ondata delle rivoluzioni proletarie e apprendere anzitutto le lezioni derivate dall’esperienza della sinistra, dei migliori e più avanzati combattenti della rivoluzione socialista, che la nostra storia ha espresso. È con questo spirito che sosteniamo quanto affermato dal Comitato Centrale del KKE nella sua dichiarazione del 2016 per il 70° anniversario della fondazione dell’Esercito Democratico di Grecia: “Il KKE non nasconde le debolezze del fattore soggettivo che hanno influito negativamente sull’esito della lotta dell’Esercito Democratico di Grecia. Riteniamo fuori luogo, disorientante e soprattutto non scientifico attribuire a cause oggettive tutti i problemi sorti, un abbellimento della politica del Partito e del movimento comunista internazionale”. È nostro compito non celare i limiti del vecchio movimento comunista ma individuarli e da essi imparare, per la rinascita di un nuovo movimento comunista che superi i limiti del passato.

Molti sono in Italia gli estimatori dei partiti comunisti che, come quello greco e portoghese, hanno mantenuto intatti forza e radicamento tra le masse, sopravvivendo alle devastazioni del revisionismo moderno e dell’eurocomunismo. Chi vuol imparare da queste esperienze per avanzare nella rinascita del movimento comunista, deve anzitutto confrontarsi con il bilancio dell’esperienza del movimento comunista in questi paesi e soprattutto con l’esame delle cause per cui nessun partito comunista europeo, nel corso della prima ondata, ha raggiunto l’obiettivo di instaurare il socialismo.

Che gli anniversari della nostra grande storia, tra cui il centenario della fondazione dell’URSS del prossimo 30 dicembre, siano d’incoraggiamento ad approfondire il confronto sul bilancio dell’esperienza della prima ondata. Il Comitato Centrale del (n)PCI fa appello ai comunisti e agli esponenti del MCCO d’Italia a discutere le conclusioni cui il nostro Partito è giunto in tema di bilancio dell’esperienza, esposte nel nostro Manifesto Programma e correntemente articolate nella nostra letteratura. Nel crescente dibattito che interessa il MCCO in Italia, sono molti gli esponenti che in misura crescente fanno i conti con questa questione. Una lotta tra due linee è in corso: tra coloro che evitano, rimandano, invocano ma non fanno il bilancio, lo eludono da una parte e dall’altra parte coloro che lo affrontano. Noi siamo promotori e sostenitori di questa seconda corrente e chiamiamo questi compagni a confrontare le loro risposte con le nostre, a rafforzare questa corrente.

L’epoca di nera reazione iniziata dopo l’esaurimento della prima ondata delle rivoluzioni proletarie (1917-1976) è una parentesi dell’epoca imperialista del capitalismo in cui ci troviamo, epoca della rivoluzione socialista e della crisi mortale del dominio della borghesia. I paesi imperialisti, in cui il dominio della borghesia e del clero è più forte, sono anche quelli in cui nella prima ondata la rivoluzione socialista non si è conclusa con la conquista del potere.

Pandemia, guerra, crisi climatica, crisi economica che oggi sconvolgono i paesi imperialisti sono la manifestazione, in termini di distruzione delle condizioni di civiltà e benessere, dell’urgenza di instaurare le nuove superiori relazioni sociali del socialismo. La rinascita del movimento comunista è il fattore decisivo. Lo sviluppo di dibattito e lotta ideologica sul bilancio dell’esperienza della prima ondata è la base imprescindibile per fondare la concezione e la strategia rivoluzionaria su cui i comunisti devono oggi unirsi.

Armando R.