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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIV - marzo 2022

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L’unità dei comunisti: lottare per una giusta linea

Le iniziative sviluppate dall’appello Ora l’unità. Per il Partito Comunista in Italia

La particolarità della situazione in cui siamo entrati nelle ultime settimane (le manovre di guerra dei gruppi imperialisti USA, europei e sionisti che infine hanno portato all’intervento armato del 24 febbraio della Federazione Russa in Ucraina) alimenta e accelera la crisi generale del sistema capitalista che già la pandemia da Covid-19 ha fatto deflagrare.

Condurre le masse popolari a instaurare la propria dittatura, cioè a fare dell’Italia un nuovo paese socialista, è il compito che solo i comunisti possono assolvere. La dittatura della borghesia ha portato il nostro paese allo stato attuale. La costituzione del GBP con poi l’instaurazione della dittatura del proletariato risolleverà il nostro paese e aiuterà il resto del mondo.


Il precipitare della crisi ha messo in moto le masse popolari e in particolare le decine di migliaia di compagni con la falce e martello nel cuore presenti nel nostro paese. Il 22 gennaio si è tenuta a Roma l’assemblea nazionale di presentazione dell’Appello Ora l’unità. Per il Partito Comunista in Italia lanciato il 13 novembre scorso da esponenti di organismi, raggruppamenti e pubblicazioni che negli ultimi anni si sono fatti promotori di “costituenti del partito comunista” (Associazione Nazionale Politico-Culturale Cumpanis di Fosco Giannini, Marx 21, La Città Futura, PC (Rizzo), PCI (Alboresi), PRC (Acerbo), Movimento per la Rinascita del PCI e altri ancora). Ad essa sono seguite e seguiranno iniziative locali analoghe.

L’aspetto principale di questa serie di iniziative, che fanno capo in particolare a Fosco Giannini e Marco Rizzo, è che mettono in moto una parte della “base rossa” del nostro paese. È secondario il fatto che l’obiettivo principale dei promotori è costruire un partito comunista che raccolga consenso elettorale.

I partiti, organismi e gruppi comunisti esistenti in Italia sono forme storicamente determinate dal percorso del primo movimento comunista nel nostro paese e a livello internazionale. Forme storicamente determinate nel senso che si sono formati, sviluppati e forgiati 1. in assenza di un adeguato bilancio dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria, 2. nell’ambito delle due principali tare del movimento comunista dei paesi imperialisti: l’elettoralismo e l’economicismo, 3. nello specifico contesto dell’Italia: un paese imperialista a sovranità nazionale limitata e con il Vaticano come autorità di ultima istanza, in cui vige un regime di controrivoluzione preventiva, dove era presente il più grande partito comunista dei paesi imperialisti e dove a partire dalla metà degli anni ’60 del secolo scorso è nata e lungo più di un decennio si è affermata un’ampia galassia di organizzazioni comuniste combattenti: la forma più vistosa di lotta al revisionismo moderno.

Non entro qui nel merito dei motivi dell’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, né dei motivi della svolta revisionista del primo PCI. A questo proposito rimando alla nostra ricca pubblicistica, dal Manifesto Programma a I quattro temi principali da discutere nel Movimento Comunista Internazionale.

Mi occupo invece innanzitutto dei compiti dei comunisti italiani in questa fase e, sulla base di essi, del tipo di unità che occorre promuovere tra individui, gruppi e organismi che si professano comunisti e vogliono operare come tali, cioè in quell’insieme che in certe circostanze chiamiamo movimento comunista cosciente e organizzato (MCCO) e in altre forze soggettive della rivoluzione socialista (FSRS). L’obiettivo di queste note è fissare cosa fare per valorizzare le aspirazioni di quelli che oggi onestamente si pongono il problema della dispersione dei comunisti nel nostro paese.

Il fattore fondamentale per cambiare il corso delle cose è la formazione nelle aziende capitaliste di organizzazioni operaie (e nelle aziende e istituzioni pubbliche di organizzazioni popolari), composte da lavoratori che si occupano delle loro aziende, escono dalle loro aziende per occuparsi della zona, si coordinano tra loro, agiscono da Nuove Autorità Pubbliche cioè come centri di orientamento e direzione del resto delle masse popolari, sono orientate a formare un loro governo per agire come nuova classe dirigente. L’esperienza del Comitato di Fabbrica della GKN di Campi Bisenzio (FI) lo conferma e fornisce elementi su cui lavorare.

Le organizzazioni operaie e popolari sono nel nostro paese quello che furono in Russia i soviet. Il loro ruolo, da organizzazioni prettamente rivendicative, cambiò man mano che il partito comunista assumeva il ruolo di centro di orientamento e direzione della mobilitazione popolare. Dunque, la funzione rivoluzionaria dei soviet si incarnò grazie alla politica rivoluzionaria del partito comunista che li concepiva come la nuova struttura del potere politico attraverso cui si esercitava la dittatura del proletariato.

Costruire questa rete, questa rete di nuovo potere che comincia a dirigere parti crescenti della società, far esercitare sia pure solo in una certa misura il potere a una classe dirigente nuova che sta emergendo dalla lotta di classe fino a imporre la propria soluzione politica tramite la costituzione di un proprio governo, un governo di emergenza delle organizzazioni operaie e popolari, è in questa fase il passo necessario ad alimentare la lotta di classe nel nostro paese e la scuola pratica entro cui nel nostro paese si rafforzerà il MCCO.

Questo è il piano d’azione che la Carovana del (n)PCI ha elaborato nella sua trentennale esperienza e che ha ricavato facendo tesoro degli insegnamenti dell’esperienza della lotta di classe durante la prima ondata della rivoluzione proletaria che scosse tutto il mondo nel secolo scorso e degli insegnamenti dell’unico grande dirigente comunista italiano: Antonio Gramsci.

Nel suo articolo Che fare?, pubblicato nel novembre del 1923 sul giornale della Federazione giovanile comunista italiana, Gramsci indicava la strada per superare la “nuvolaglia di pessimismo, passività politica, torpore intellettuale, scetticismo verso l’avvenire” che avvolgeva i comunisti nel 1923 (disgregazione del PSI e avvento del governo fascista). In quel testo Gramsci indica due compiti determinanti per realizzare l’unità dei comunisti necessaria a costituire un partito comunista all’altezza dei propri obiettivi: conoscere il terreno in cui i comunisti operano, assumere la concezione comunista del mondo come base dell’unità del partito.

La Carovana del (n)PCI ha tradotto questi due compiti nelle condizioni attuali e li ha ulteriormente sviluppati arrivando a concludere che la conoscenza necessaria ai comunisti per avanzare nella loro lotta attiene:

1. alla concezione comunista del mondo,

2. al bilancio dell’esperienza della prima ondata del movimento comunista nel nostro paese,

3. all’analisi del corso delle cose,

4. alla definizione della linea per instaurare il socialismo.

In particolare il problema principale che oggi i comunisti italiani devono risolvere non è una questione organizzativa, ma la questione della teoria. Il partito comunista è l’unione di quelli che assimilano, sviluppano e applicano in Italia nelle condizioni italiane di oggi e nell’attuale contesto mondiale la concezione comunista del mondo, che comprende il bilancio dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria.

La lettura con il materialismo dialettico dell’esperienza storica del primo movimento comunista dice chiaramente che il motivo della sconfitta dei comunisti nostri predecessori non sta nella forza del campo nemico, ma nella debolezza del nostro campo. Questo bilancio è confermato su tre piani diversi.

- Sul piano filosofico secondo cui il fattore interno che deve svilupparsi (in questo caso il partito) è il motore dello sviluppo del processo rivoluzionario e la sua azione è in dialettica con i fattori esterni (in questo caso le iniziative del nemico) ma solo nel senso che il partito deve tenerne conto, deve conoscerli per poterli affrontare (difendersi e avvalersene), ma assolutamente non nel senso che le iniziative del nemico modificano sostanzialmente un processo (la trasformazione grazie al partito della resistenza spontanea delle masse popolari in una forza cosciente e organizzata capace di prendere e tenere il potere) che è interno e proprio delle masse popolari e del rapporto tra esse e il partito comunista.

- Sul piano storico e qui in due sensi. Nel senso generale: le classi nuove si sono sempre affermate nonostante la forza all’inizio superiore delle vecchie classi dominanti. Nel senso particolare relativo al corso della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria. E qui abbiamo una dimostrazione in positivo e una in negativo. In positivo: la Russia era l’unico paese il cui partito comunista aveva assunto la scienza comunista come base dell’unità del partito, l’aveva sviluppata a un livello superiore (il marxismo-leninismo) adeguato ai tempi, cioè all’ingresso del capitalismo nella sua fase imperialista e aveva praticato la lotta tra due linee per applicarla nella mobilitazione della classe operaia e delle altre classi popolari a fare la rivoluzione socialista. Grazie a questo le masse popolari organizzate hanno preso il potere nel 1917; nei successivi quarant’anni (1917-1956) hanno resistito vittoriosamente a tre aggressioni delle potenze imperialiste (guerra civile 1918-1921; aggressione con alla testa Churchill e i Gesuiti dei papi Pio XI e XII fatta di sanzioni, boicottaggi, complotti e assassini di dirigenti comunisti; aggressione militare capeggiata dall’Asse Berlino-Roma-Tokyo (1941-1945) dall’aderire pienamente alla quale fu in larga misura il movimento comunista a dissuadere le altre potenze imperialiste (che invece si erano associate a Roma e a Berlino nel soffocare la rivoluzione spagnola); in soli 20 anni (1921-1941) hanno costruito un paese potente nel campo produttivo, scientifico e tecnologico; lo hanno rapidamente ricostruito dalle distruzioni causate dall’aggressione nazista e hanno resistito alla nuova aggressione di tutte le potenze imperialiste (la “guerra fredda”) promossa da Churchill dopo il 1945. In negativo: 1. nel contesto della situazione rivoluzionaria in sviluppo creata dalla prima crisi generale del capitalismo per sovrapproduzione assoluta di capitale e rafforzata dalla guerra imperialista 1914-1918, nei paesi imperialisti dell’Europa e dell’America del nord la rivoluzione socialista non si è sviluppata fino a vincere perché nessuno dei partiti della Seconda Internazionale aveva fatto propria e sviluppato la scienza comunista a un livello adeguato ai tempi (già F. Engels era consapevole del ritardo) e anzi il più autorevole di essi, il Partito Socialdemocratico Tedesco, si era impantanato nel revisionismo promosso da E. Bernstein; 2. il rallentamento e poi la decadenza dell’URSS dal 1956 fino alla sua dissoluzione nel 1991 fu frutto non della “guerra fredda”, ma principalmente di precise decisioni del partito sovietico: l’adozione della concezione e della linea del revisionismo moderno (1. lo Stato di tutto il popolo, ossia la rinuncia alla dittatura e alla democrazia proletarie; 2. l’instaurazione del socialismo senza rivoluzione socialista, grazie al corso oggettivo delle cose [il carattere sempre più collettivo delle forze produttive e del sistema di rapporti sociali] e al prestigio del socialismo; 3. l’abbandono da parte dei paesi socialisti del ruolo di base rossa mondiale della rivoluzione proletaria).

- Sul piano pratico: se tutto dipendesse dalla forza del nemico, allora saremmo condannati alla sconfitta, ma l’esperienza del proletariato che ci precede smentisce tutto ciò. Le sconfitte ci sono state, ma da esse apprendiamo per avanzare, comprendiamo errori e limiti per correggerli e superarli.

A quelli che oggi vogliono l’unità dei comunisti poniamo dunque una riflessione: non molti decenni fa i comunisti erano organizzativamente uniti; essi si sono divisi a causa delle concezioni errate che si sono affermate nelle loro file (il revisionismo moderno) e della linea sbagliata che hanno adottato (la via pacifica al socialismo, le elezioni come strumento principale di affermazione, ecc.). Quindi, non è dall’unità organizzativa che nasce la linea giusta. Al contrario è dall’elaborazione e applicazione della linea giusta (tanti o pochi che siano quelli che la elaborano) che nasce l’unità organizzativa.

L’unità organizzativa dei comunisti è il risultato dell’applicazione della linea giusta. Che tipo di unità può esserci in mancanza di una linea giusta?

Su cosa deve fondarsi la linea giusta in parte l’ho detto sopra: in estrema sintesi sulla concezione comunista del mondo ossia sulla comprensione, assunzione e applicazione del marxismo-leninismo-maoismo.

Dunque, lottare per l’unità dei comunisti significa, anzitutto, lottare per la concezione e la linea necessarie a fare concretamente la rivoluzione socialista sulla base delle condizioni particolari del nostro paese e dell’attuale contesto mondiale (seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale e condizioni del MCCO nel mondo: non c’è paese in cui non ci sono gruppi e organismi di persone che sinceramente si dichiarano comunisti, lascito della prima ondata o frutto della nuova crisi). Questo implica che è necessario sviluppare un dibattito serio, franco e aperto tra gli aspiranti comunisti nel nostro paese e, nella misura consentita dalle nostre forze, anche nel resto del mondo. Sintomi di interesse per un dibattito del genere ci sono in un numero crescente di paesi esteri. L’intervista della rivista nordamericana (USA-Canada) kites al Partito dei CARC e quella a un membro del CC del nostro partito sono un esempio, la partecipazione di esponenti della Carovana del (n)PCI alla conferenze di Alex Chamán Portugal di IPnews (Bolivia) un altro.

Infine le difficoltà relative allo sviluppo di un dibattito franco e aperto sulla concezione del mondo, sul bilancio dell’esperienza, sul corso delle cose e sulla linea non sono di ostacolo all’unità nelle lotte rivendicative, nelle proteste e denunce, nelle lotte per rendere il paese ingovernabile dai vertici della Repubblica Pontificia. Questa unità, attenzione, non è un ripiego, anzi! È uno specifico e importante ambito di sviluppo del dibattito e della lotta ideologica poiché è nella pratica e nel suo bilancio che ricaveremo le conferme di una data linea, la giustezza di una data operazione, gli insegnamenti dell’applicazione di quel dato principio mutuato dall’esperienza storica dei comunisti che ci hanno preceduto. È nelle lotte rivendicative, nelle proteste e denunce, nelle lotte per rendere il paese ingovernabile dai vertici della Repubblica Pontificia condotte unitariamente che si espanderà il legame tra il partito e le masse popolari.

Lottare per l’unità dei comunisti è giusto e necessario!

Lottiamo, dunque, per conquistare la linea giusta per adempiere ai nostri compiti!

Rosa L.