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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIV - marzo 2022

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La campagna degli operai della GKN

Lettera alla redazione

Linea del Governo di Blocco Popolare e campagna degli operai GKN

Cari compagni,

vi scrivo dopo aver sentito l’intervento di Dario Salvetti all’assemblea dell’Insorgiamo Tour che si è tenuta il 19 febbraio a Cosenza. Bisogna farlo arrivare a tutti i lavoratori che riusciamo a raggiungere! Raccontando la lotta degli operai GKN dal 9 luglio ha parlato anche di cosa insegna rispetto alla situazione prima dei licenziamenti. Ha detto che prima del 9 luglio il CdF e gli operai avevano difeso strenuamente “come un ghetto, come una fortezza assediata, ciò che chi è venuto prima di noi aveva conquistato”, compreso l’art. 18. E che quando Melrose ha cercato di schiacciarli, a quel punto sono passati al contrattacco. Ha aggiunto poi altre due cose: 1. quando Melrose ha comperato la GKN, loro sapevano che l’aveva acquistata per chiuderla, ma saperlo e muoversi d’anticipo sono due cose diverse: come giocare d’anticipo?; 2. che non è bastato firmare accordi, per i quali tra luglio 2020 e luglio 2021 avevano fatto scioperi e 40 incontri sindacali, con cui l’azienda si impegnava a non licenziare o a comunicarlo con largo anticipo.

Con parole sue e raccontando dall’esperienza della GKN, Dario Salvetti ha di fatto confermato la linea che la Carovana del (n)PCI promuove dal 2008 e a cui il P.CARC nel 2014-2015 ha dedicato una campagna specifica, la campagna “Occupare e uscire dalle fabbriche”: formare organizzazioni operaie che agiscono dentro e fuori le fabbriche. Ecco cosa diceva il volantino centrale di quella campagna, che abbiamo diffuso in un certo numero di fabbriche (ma non abbastanza!):

Per ogni padrone l’azienda è il suo capitale, gli serve a produrre profitti: se un’azienda non produce profitti, per il padrone non ha senso che esista, va chiusa; se produce profitti ma lo stesso capitale può produrre profitti maggiori impiegandolo in altri modi (in particolare ora nella speculazione finanziaria), anche in questo caso l’azienda è condannata.

Ma ogni azienda è anche altro. È un centro di produzione di beni e servizi con specifiche competenze, attrezzature, conoscenze e relazioni. È un collettivo di lavoratori capace di svolgere un’azione politica, sindacale e culturale. È (o può facilmente diventare) un centro di orientamento, di aggregazione, di organizzazione e di direzione delle masse popolari della zona circostante.

In ogni fabbrica oggi è il padrone che si occupa del futuro dell’azienda. Se ne occupa da padrone! Cioè pensa cosa fare per ricavare più soldi dalla fabbrica vendendola, delocalizzandola, facendo crescere il corso (il prezzo) delle azioni con la distribuzione di utili agli azionisti (a scapito dei salari, degli investimenti in ricerca e sviluppo, della sicurezza e dell’ambiente, ecc.), facendo circolare voci e con altre manovre, spremendo di più gli operai, alzando i prezzi di vendita.

Bisogna che gli operai e gli altri lavoratori inizino a occuparsi loro del futuro dell’ azienda. Non aspettare che il padrone attacchi. Quanto prima iniziano, tanto più forti sono: perché il padrone non ha ancora pronto un altro modo di impiegare il suo capitale, ha bisogno che la fabbrica funzioni, deve ingoiare che i lavoratori si organizzino.

1. Bisogna costituire in ogni fabbrica organismi operai che si occupino sistematicamente della salvaguardia delle aziende prevenendo le manovre padronali per ridurle, chiuderle o delocalizzarle, studiando in collegamento con esperti affidabili quale è il futuro migliore per l’azienda, quali beni e servizi può produrre che siano necessari alla popolazione del paese o agli scambi con altri paesi, predisporre in tempo le cose. Questo è il primo passo: lo chiamiamo occuparsi della fabbrica.

2. Ogni organismo operaio deve stabilire collegamenti con organismi operai di altre fabbriche, mobilitare e organizzare le masse popolari, i disoccupati e i precari della zona circostante a svolgere i compiti che le istituzioni lasciano cadere (creare lavoro e in generale risolvere i problemi della vita delle masse popolari), a gestire direttamente parti crescenti della vita sociale, a distribuire nella maniera più organizzata di cui sono capaci i beni e i servizi di cui la crisi priva la parte più oppressa della popolazione, a non accettare le imposizioni dei decreti governativi e a violare le regole e le direttive delle autorità. È il contrario che restare chiusi in fabbrica ed è il salto decisivo: lo chiamiamo uscire dalla fabbrica.

A questo punto l’organizzazione operaia non è più un organismo principalmente sindacale. Diventa un organismo politico e pone alle masse popolari, ai capitalisti e alle loro autorità una questione politica, di governo del paese: chi comanda”.

Il CdF e gli operai della GKN stanno dando conferma pratica della linea del Governo di Blocco Popolare che stiamo attuando, che indichiamo a tutti i lavoratori per porre rimedio almeno agli effetti peggiori della crisi e a tutti gli organismi del movimento comunista cosciente e organizzato per far avanzare la rivoluzione socialista nelle condizioni concrete del nostro paese.

Una compagna del Partito dei CARC