La Voce 68 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIII - luglio 2021

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Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)PCI

Note su Il ruolo dell’individuo nella storia e la libertà di pensare e agire

Cari compagni della redazione,

vi mando alcune riflessioni frutto dello studio di Il ruolo dell’individuo nella storia di Plekhanov.(1) Per me lo studio di questo libro è stato uno spartiacque nel modo di concepire e organizzare la mia militanza rivoluzionaria. Ritengo che quello che ne ho tratto io possa servire anche ad altri: in particolare a quei compagni che nella militanza e in altri aspetti della vita stanno affrontando situazioni complicate, crisi di crescita e contraddizioni, ma non solo a loro.

Quante volte abbiamo letto che il comunismo è il movimento reale di trasformazione dello stato presente delle cose? È la contraddizione intrinseca al capitalismo tra il carattere collettivo raggiunto dalle forze produttive e la proprietà privata di esse che rende inevitabile per l’umanità passare dalla società capitalista alla società comunista.(2)


1. Il libro di Plekhanov in Italia è edito anche con il titolo meno preciso Il ruolo della personalità nella storia.


2. Perché il comunismo, attraverso la gestione pubblica e pianificata delle attività produttive, rende i rapporti tra gli uomini nelle attività produttive coerenti con il carattere collettivo già raggiunto da esse.


Una delle questioni che emerge ogni volta che si ragiona sul rapporto tra i singoli e lo sviluppo generale delle cose è la seguente: l’attività del singolo è o no un anello decisivo della catena degli eventi che compongono lo sviluppo dell’umanità?

Da questa domanda parte anche Plekhanov nel suo libro. La risposta che Plekhanov dà è che tra le condizioni necessarie affinché la trasformazione dello stato delle cose avvenga, c’è l’attività che il singolo individuo svolge. Essa ha tanto più peso, è tanto più efficace quanto più il singolo è consapevole del movimento oggettivo entro cui opera e quanto più nella sua attività egli opera in conformità alle leggi proprie del movimento oggettivo.

È quando hanno capito questo e animati dalla certezza di questo che gli uomini sono stati capaci delle più grandi imprese! Nella prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria (1917-1976) essi hanno portato alla vittoria le rivoluzioni socialiste e le rivoluzioni di nuova democrazia e hanno dato impulso alle dure lotte con le quali nel resto del mondo, in particolare nei paesi imperialisti, hanno strappato grandi conquiste alla borghesia. Quindi la comprensione della necessità e la certezza di essa aprono alla forma più alta di libertà d’azione alla quale un individuo può accedere. Non esiste libertà se non sulla base della conoscenza della necessità, in altre parole “la libertà non è altro che la necessità penetrata nella coscienza”: il reale diventato pensiero che guida l’azione.

Seguendo le indicazioni che Plekhanov dà nel suo scritto, ritengo che ci sono almeno tre angolazioni in cui inquadrare questo concetto e rispondere alla domanda: “ma che cos’è questa ‘necessità penetrata nella coscienza’”?

1. Se per necessità intendiamo la via in cui l’umanità è inserita oggettivamente e che la porta al comunismo (condizioni oggettive) e per coscienza intendiamo l’assimilazione (a vari livelli) della scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia (condizioni soggettive), allora la sintesi e l’espressione più alta di “necessità penetrata nella coscienza” non può essere un singolo individuo (che infatti da solo non è in grado di fare), ma è il partito comunista. Il partito è un intellettuale collettivo, la forma più alta di coscienza della classe operaia. Certamente esso è costituito da singoli soggetti - che individualmente sintetizzano ognuno livelli più o meno alti di coscienza - i quali grazie al collettivo/partito non solo hanno superiori strumenti per elevare la propria coscienza individuale, ma grazie alla partecipazione e compenetrazione nell’intellettuale collettivo diventano ognuno qualcosa di più di sé stesso. In questo senso quindi se la libertà reale consiste nella “necessità penetrata nella coscienza”, oggi per un proletario la più alta forma di libertà è essere membro del Partito. Il Partito è la sintesi tra necessità e libertà.

2. Confondere o limitare ai singoli individui la funzione dell’individuo nella storia, in fin dei conti significa ricadere nella concezione borghese della storia, secondo la quale sono i grandi uomini a fare la storia. Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao e altri “individui” hanno avuto il pregio di sintetizzare, al livello più alto tra gli uomini e le donne dell’epoca in cui hanno vissuto, il livello di coscienza (legame tra libertà e necessità) raggiunto dall’umanità. Questo non vuol dire che sono dei “geni” o degli “illuminati”: senza i moti rivoluzionari, le elaborazioni scientifiche precedenti da cui è partito, senza il confronto con altri intellettuali della sua epoca e soprattutto senza un legame, uno studio e uno scambio con la classe operaia, Marx sarebbe stato Marx? Senza la teoria marxista, l’intervento nella classe operaia, i movimenti rivoluzionari russi e il contributo in termini di elaborazione da parte dei compagni del suo partito, Lenin sarebbe stato Lenin? Stesso discorso vale per ognuno degli altri. Quello che distingue Marx, Lenin e ognuno degli altri dirigenti del movimento comunista è il fatto di aver compreso più e meglio di altri che la libertà sorge dalla comprensione profonda della necessità storica.

3. I comunisti sono l’agente esterno che porta la coscienza agli operai, sono quelli che in qualche modo alimentano il processo di “penetrazione della necessità nella coscienza degli operai”. Dato che di fatto sono inseriti nel processo di sviluppo dell’umanità e nella società sempre più collettiva e interconnessa di oggi, gli uomini e le donne delle masse popolari hanno già degli elementi di questa necessità che, in qualche modo, formano la loro coscienza (il senso comune). Sarebbe quindi stupido pensare che la necessità non si manifesti già in qualche forma (confusa, parziale e contraddittoria) nella coscienza degli operai e delle masse popolari: questo perché le masse popolari sono inserite nella necessità e sono uno dei fattori decisivi in cui essa si manifesta. Su questo i comunisti devono far leva. In questo senso la linea di massa (3) assume un significato ancora più profondo come strumento di direzione: valorizzare i prodromi del comunismo nei singoli, nei gruppi sociali e nella società intera.


3. La teoria della linea di massa, principale metodo di lavoro e di direzione del partito comunista, è uno dei principali apporti del maoismo al pensiero comunista. Consiste nell’individuare in ogni situazione le tendenze positive e negative esistenti tra le masse e intervenire per sostenere quelle positive e combattere quelle negative; nell’individuare in ogni situazione la sinistra, il centro e la destra e intervenire per mobilitare e organizzare la sinistra affinché raccolga intorno a sé il centro e isoli la destra; nel raccogliere le idee sparse e confuse delle masse, elaborarle tramite il materialismo dialettico e la conoscenza del movimento economico della società, ricavarne un’analisi della situazione, tradurla in linee, criteri e misure e portarle alle masse perché le riconoscano come proprie e le attuino.


Quali sono le implicazioni di questo per quanto riguarda ogni compagno nel suo rapporto con il Partito?


- Ognuno di noi è oggetto e soggetto della rivoluzione, cioè affronta, a livelli e in modi differenti, una lotta inerente al rapporto tra l’individuo e il collettivo, tra il singolo compagno e il Partito. Questo aspetto attiene alla lotta tra vecchio e nuovo e alla riforma intellettuale e morale (RIM) dei comunisti. La tendenza arretrata, il vecchio mondo, ci spinge a mettere al centro lo scontro e l’insofferenza personale verso i dirigenti, verso i diretti, verso le masse popolari e verso la possibilità di fare la rivoluzione socialista: in definitiva ci spinge contro il Partito.

Decisiva in questo scontro è la comprensione della funzione dell’individuo nella storia. Il Partito, così come la rivoluzione, non è un’entità metafisica e perfetta, che si sviluppa in modo meccanico o spontaneo trascinato dal corso oggettivo delle cose, al di là delle azioni degli uomini e delle donne che lo compongono. L’azione dei compagni e delle compagne è una delle condizioni perché il Partito sia all’altezza dei suoi compiti. La lotta alle nostre concezioni arretrate, in questo senso, è lotta alle concezioni arretrate che esistono nel Partito, cioè è lotta per sviluppare il Partito e per far avanzare la rivoluzione socialista (cioè per realizzare la necessità). Questo dobbiamo innanzitutto mettere a fuoco quando in noi sorge insofferenza verso il Partito, i dirigenti, i diretti o le masse. Mettere al centro noi stessi, invece, significa staccare la libertà dalla necessità, prediligere le libertà individuali (proprie dello stato animale o dei privilegi di cui godiamo nella società attuale: le tre trappole illustrate in La Voce 54) rispetto alla libertà di realizzare il movimento oggettivo in cui siamo comunque coinvolti (la libertà che coincide con la necessità).


- Il Partito è tanto più all’altezza dei suoi compiti quanto più i quadri e i compagni che lo compongono studiano, ragionano e agiscono per farlo avanzare, farlo crescere e svilupparlo. Il Partito, così come i singoli che lo compongono, non è buono o non buono a seconda dei momenti. Esso ha una funzione storica, fare dell’Italia un paese socialista, e tutti gli uomini e le donne che lo compongono sono una delle condizioni perché sia all’altezza della situazione. L’azione cosciente e organizzata dei comunisti è parte delle condizioni attraverso le quali la necessità si esprime e si realizza. Nell’individuo che ha compreso la necessità ma la vede come una limitazione della sua libertà, verrà meno la possibilità di accedere alla libertà, cioè di agire coscientemente a realizzare la necessità. Ma la necessità resterà tale, per cui forgerà e porterà sempre più individui a contribuire al suo sviluppo. L’inerzia del singolo che è consapevole della necessità può rallentare la realizzazione della necessità, ma assolutamente non è in grado di rimuoverla. Detto in altri termini, abbandonare il Partito, la causa e prendere tempo è solo un’illusione: la necessità è tale e chiamerà sempre ciascuno a muoversi nella sua direzione. Un importante antidoto agli arretramenti è la trasparenza verso il Partito. Tenere dentro di sé i dubbi, accumulare le insofferenze e non mettere in gioco l’azione individuale per superare i limiti e le contraddizioni che ci creano insoddisfazione, apre le porte ai passi indietro, all’arretramento e all’abbandono. Questi cedimenti finiscono sempre per nuocere al nostro ruolo attivo e per far venire meno il Partito alle sue responsabilità: la sua attività è prodotto anche della nostra azione e del nostro contributo sia per gli aspetti positivi che per quelli negativi (le tre direttrici illustrate in nota 8 dell’articolo Migliorare il nostro studio per diventare comunisti di tipo nuovo, pag. 67 La Voce 62).

Disertare dal ruolo dei comunisti non significa liberarsi di un “problema”. Significa rinunciare all’opportunità di esercitare la più alta forma di libertà possibile in questa società: fare la rivoluzione socialista. Questo concetto è ben spiegato da Plekhanov quando afferma che la conciliazione tra coscienza e corso oggettivo della realtà è possibile e consiste nel coniugare la consapevolezza della necessità con la più energica azione pratica: quando la comprensione della necessità storica coincide con l’agire del singolo, si ha la più alta forma di libertà, quella che per i soggettivisti e liberalisti è assenza di libero arbitrio e adesione totale al Partito.


- Il comunista è uno degli strumenti della necessità storica: è uno strumento tanto più efficace quanto più la sua situazione sociale se è un proletario o la RIM e la pratica dei percorsi di Critica-Autocritica-Trasformazione se proviene dalle classi non proletarie o dalla borghesia imperialista, ne hanno plasmato il carattere, l’intelletto e la morale. Così, infatti, egli non solo serve da strumento della necessità (dello sviluppo dell’umanità), ma ha anche il desiderio, la volontà, l’aspirazione di servire da strumento di quella necessità. La combinazione di questi due aspetti (servire da strumento della necessità e desiderio di farlo) fa sì che la necessità diventa libertà.

Per assolvere fino in fondo al ruolo di strumento della necessità ogni individuo si scontra con ostacoli che frenano l’energia di chi non l’ha ancora fatta finita con il contrasto tra idee e attività (tra teoria e pratica). Liberarsi significa far sì che la nostra attività sia espressione cosciente della necessità, della rivoluzione socialista. Gli individui che sono consapevoli della necessità e alimentano coscientemente questo processo con una pratica vigorosa e creativa, sono quelli che maggiormente possono ritenersi e sono liberi: perché la loro libertà individuale o di gruppo consiste nel porre le condizioni della libertà universale. Siamo strumenti della nostra causa e dobbiamo agire di conseguenza.

Quanto all’individuo che ha compreso la necessità ma vi si oppone coscientemente, questa sua opposizione è destinata a indebolirsi perché non ha nulla a che fare con il corso oggettivo dello sviluppo dell’umanità. Egli si rassegnerà tanto più all’ineluttabilità della necessità, quanto più le circostanze che la generano si manifesteranno. Gli irriducibili pagheranno le conseguenze delle loro resistenze, nel senso che saranno travolti dalla necessità contro la quale potranno opporre solamente la forza della disperazione, l’egoismo della propria condizione privilegiata o l’arretratezza della propria vita animale.


Il mondo non arriverà al comunismo in maniera spontanea, serve il lavoro dei comunisti. L’umanità continuerà a porre le condizioni perché il comunismo si realizzi, ma è necessario che sempre più uomini e donne si prefiggano tale obiettivo e si organizzino per realizzarlo. Questa è la nostra libertà, la più ampia libertà che una persona può raggiungere.

Samuel W.